Era inverno, stavo tornando in una valle bresciana dove lavoravo. Più o meno due volte la settimana mi recavo a casa. Erano una cinquantina di chilometri e li percorrevo volentieri per vedere la mia fidanzata. Durante il ritorno notturno attraversavo una zona battuta da lucciole e trans. Nei pressi di Brescia, a Cazzago San Martino sulla statale, si trova un distributore di benzina ben noto ai puttanieri, che, all’approssimarsi della notte, serpeggiano sulle strade alla ricerca di avventure con transessuali e travestiti. Ogni volta che transitavo in quella zona osservavo quelle misteriose creature; una curiosità morbosa, attrazione e repulsione allo stesso tempo mi abbracciava. Di vista li conoscevo tutti; esseri umani che vendevano i loro corpi eramfroditi al ciglio della strada. Alcuni erano veramenti belli, più affascinanti e sensuali di tante donne. Ai bordi della strada sembravano presenze imperiose e forti. Alti, slanciati su vertiginosi tacchi. Il distributore di notte era un arena affollata da quattro o cinque trans e da carnefici che giravano attorno alle vittime con le loro vetture. I trans erano abbaggliati dai fari, occhi meccanici dei conducenti che dovevano saggiare le qualità fisiche delle loro prede. D’inverno si coprivano con pellicce pronte ad essere aperte per svelare le loro grazie, seni rifatti al silicone di differenti dimensioni, ma tutti sodi e perfettamente circolari; pube coperto da sottili mutandine e gambe sinuose, lunghe, obelischi muscolosi e perfetti. Avevano sguardi sensuali e sicuri allo stesso tempo. Passavo, guardavo incuriosito e poi giravo a destra per la valle. Non entrai mai nel parcheggio fino alla notte in cui vidi un trans che era più bello della donna più bella. Rimasi affascinato, folgorato. Feci una brusca inversione e mi gettai nel parcheggio del distributore. Davanti a me c’era un’altra vettura; a bordo quattro ragazzi. Quel corpo giunonico si chinò, i muscoli delle gambe si stirarono, i glutei si protesero in fuori. Lei ascoltò la richiesta dei ragazzi poi si alzò e abbassò la mini mostrando le natiche; mi si bloccò il respiro in gola e un brivido mi fece solletico ai genitali. La mutandina sottile mostrava il pube dal pelo curato, corto, castano. La mia eccitazione mi terrorizzò, perchè era troppo intensa, istintiva e la ragione non riusciva a spiegare quel fenomeno inatteso e non calcolato. Fino a quel momento avevo avuto rapporti solo con donne, come poteva eccitarmi un uomo che tentava di scimmiottare la natura femminile con uno stupido travestimento? Non mi erano mai piaciuti gli uomini e nemmeno oggi mi eccitano. Ma forse compresi subito che non mi trovavo di fronte ad un uomo ma ad una creatura aliena, che occupa uno spazio indipendente nel mondo della sessualità, che credevo, fino ad allora, bidimensionale.
La macchina se ne andò fra le risa dei giovani che la occupavano. Non so perchè ridevano, forse per mascherare la loro codardia ed il loro desiderio. Subito mi accostai all’ermafrodita. La guardai bene in viso, era stupenda. Il viso delicato, angelico, raffinato, due occhi che brillavano come aquamarine preziose, una bocca carnosa e gentile. ‘Quanto vuoi?’ le chiesi. ‘Trenta la bocca, 50 scopare.’ La caricai in macchina immediatamente; non avevo mai visto una creatura così bella. Mi stupii della mia decisione e mi chiesi cosa stessi facendo e soprattutto cosa avrei fatto una volta che mi fossi fermato solo con lei. Vedevo solo un seno bellissimo, un culo che nemmeno l’immaginazione più fervida avrebbe partorito, gambe liscie e lunghe, ma in mezzo alle gambe…insomma aveva quello che anch’io possedevo. In verità se mi era sempre piaciuto massaggiare la mia verga forse non mi sarebbe dispiaciuto palpare quella di un’altro. La mia parte razionale fu prevaricata da un brivido irrazionale. Lei mi condusse lontano un paio di chilometri dal distributore, m fece fermare in una stradina sterrata lambita da prati. Intorno il silenzio della notte e fra le lamiere solo noi due. Si spogliò, rimase con un delizioso perizoma, con quel filo nero che spariva come un falco in quella impervia vallata. La guardai. ‘Come ti chiami?’ chiesi con un filo di imbarazzo. ‘Paola, vengo dal Brasile, ho ventitré anni’ rispose con voce nasale. ‘Cosa vuoi fare?’ replicò. ‘Vorrei toccarti, posso?’. ‘Certo amore’ rispose. Si spogliò. Un corpo delizioso, privo di imperfezioni, natiche liscie e tonde, vellutate e prominenti, un seno piccolo con fragole scure. Pelle morbida come la seta. La toccai: prima il seno, morbido come quello di una ragazzina, poi le sfiorai il viso, e lei mi mostrò il suo vanto, le sue natiche robuste, dolci emisferi vellutati, sintesi di geometria e plasticità. Le toccai avidamente, stropicciai con le dita quella carne, percorsi le sponde che dolcemente conducevano al pozzo della gioia, già umido, palpai le grinze della pelle, che come in un vortice spariscono nel pertugio stretto e affondai il dito in quel canale perfettamente circolare, muco e burro, calore e umore sul mio dito. E lei piegata sul mio cazzo iniziava a tintinnarlo con la punta della lingua.
Le massaggiai lo scroto levigato fino a sentirmi in mano il suo pene, piccolo e molle.. Avevo in mano un pene che non fosse il mio, mai e poi mai avrei creduto che nella mia vita potessi arrivare ad una esperienza simile. Ma questo pensiero si accompagnava alla piacevolissima sensazione nata da quel tocco. La pelle scivolava su quel membro assonnato, il prepuzio, piccolo stretto faceva capolino, sembrava un musetto innocente, ignaro di quel che accadeva. Paola mi guardava con gli occhi di una bambina che voleva godere. Si sdraiò sul sedile e divaricò le gambe. ‘Vieni qua a scoparmi.’ Mi accolse fra le sue coscie e con una mano appoggiò la mia cappella al suo sfintere. Si passò un dito sulla lingua scura e si inumidì il bucchetto, con un colpo solo lo penetrai. Il suo cazzo si strofinava sulla mia pancia. Intanto che mi affondavo in lei le baciavo il collo e con una mano mi tastavo l’uccello in prossimità di quel buco divaricato, aperto, che mi accoglieva. L’eccitazione era talmente intensa che presto rrivò il momento di godere nel culo di quella dolce bambina. Godevo e la guardavo, bella e delicata come la sua pelle. Le baciai il collo e poi dopo essermi soffermato un poco in lei estrassi l’arnese ormai barzotto. Paola mi guardava e sorrideva. Il suo cazzo era duro, eccitato. Lo strinsi fra le mani, lo sentivo palpitare. Che bello stringere un cazzo, sentire la sua durezza e la vellutata delicatezza del prepuzio. La masturbai fino a farla venire, mantre con un dito le massaggiavo la caverna umida del suo culo.
Ripassai più volte, in seguito, da quel distributore, ma Paola non c’era più. La cercai e la ricercai, niente, non l’ho più trovata. Qualcuno ha rapito la sua bellezza, sprecata per essere donata a chiunque sulla strada. Ciao Paola.
grammaticalmente pessimo........
Ciao Ruben, sei un mito! Hai un modo di scrivere che mi fa eccitare! La penso esattamente come te. Se…
Ti ringrazio, sono felice che ti piacciano. Vedremo cosa penserai dei prossimi episodi, quando si chiuderà anche la sottotrama di…
Davvero molto bello. Piacevole come gli altri e decisamente pregno di sentimenti espressi senza risultare melensi o ripetitivi. D'impatto leggiadro,…
Come ti ho detto, in pochi e poche sanno sa scrivere in maniera così eccitante sia dare un senso ad…