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Racconti di Dominazione

Una donna nuova II

By 4 Maggio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Il mattino dopo iniziò per Barbi una nuova fase della sua vita, si svegliò accanto alla signora con la sicurezza che tutto quello che ricordava del giorno prima era successo sul serio e con una strana gioia che piano piano si stava impossessando di lei. Si toccò le tette, un pò doloranti, e sentì una fitta allo stomaco e un sottile calore in mezzo alle cosce, sfiorò i capezzoli che divennero subito duri e la sua figa finì col bagnarsi del tutto.
Si alzò con cautela, per non disturbare la signora, e scese al piano terra, andò in camera sua, si guardò allo specchio e vide per la prima volta il suo corpo eccitante e seducente, cercò di immaginare come lo vedeva la signora, la sua Padrona, e pensò a cosa poteva fare per rendersi ancora più desiderabile da lei. Era incredibile: oggi il suo unico, grande desiderio era piacere alla sua Padrona, soddisfarla in tutto, piegarsi ai suoi capricci, farsi bella per attirare sempre di più le sue voglie. Con suo stupore, aveva scoperto quanto si sentisse a suo agio ad essere chiamata schiava, si stava convincendo che il suo desiderio di essere sottomessa fosse sempre stato dentro di lei, ma non era ancora uscito fuori perché non aveva incontrato una persona come la sua signora, che ora, con naturalezza, chiamava Padrona.
Indossò con cura la sua divisa, ci mise più del solito a prepararsi, voleva essere perfetta, poi andò in cucina e preparò una ricca colazione per la sua Padrona. Si avviò verso la camera al piano di sopra, entrò senza far rumore, nella penombra poggiò il vassoio sul comodino e vide la sua Padrona che dormiva scoperta e poggiata su un fianco, con una gamba stesa e l’altra piegata. La guardò per la prima volta completamente nuda, con le sue spalle ben fatte, le braccia magre, le cosce toniche e il sedere tondo: in quella posizione si vedeva bene, osservò il solco fra le natiche fino a giù dove iniziavano i peli pubici e, una volta di più, si rese conto che la sua Padrona era proprio una bella donna, era davvero contenta di poter dare piacere a quel corpo così affascinante e sensuale. Si chiese come avrebbe fatto ad obbedire al suo ordine della sera prima senza svegliarla: si chinò, si appoggiò lentamente sulle mani e avvicinò il viso al suo sedere, con una mano allargò le natiche e iniziò a leccare il buchino stretto, a fare ampi giri tutt’intorno al fiorellino con la lingua, picchiettando dolcemente sull’apertura, lentamente scese più in giù, facendosi strada fra i peli e arrivando con fatica a leccarle la figa. Iniziò a spingere con la lingua, allargando le grandi labbra con due dita. Finalmente la sua Padrona si svegliò, si girò a pancia in su stirando le braccia, facendo finta di non interessarsi al lavoro di Barbi, quando, in realtà, si stava godendo quel meraviglioso risveglio. Le gambe leggermente divaricate della sua Padrona permisero a Barbi di continuare il suo lavoro con facilità, si gettò sulla figa con un desiderio intenso di quel succo profumato, voleva imparare in fretta i movimenti per farla godere: infilò la lingua e due dita nell’apertura della vagina, leccava e mordicchiava le piccole labbra, immerse negli umori copiosi il naso, succhiava il clitoride con intensità sempre crescente e spingeva le dita in profondità. E proprio lì, in fondo, sentì le contrazioni dell’orgasmo arrivare, fu una sensazione bellissima, la sua Padrona stava godendo con le sue dita e la sua lingua, accelerò i movimenti al ritmo delle contrazioni e sentì i mugolii e i gemiti della sua Padrona e un fiume di liquido denso le finì in bocca. Non aveva intenzione di perderne neanche una goccia, continuò a passare la lingua su quelle labbra profumate a lungo, non avrebbe voluto fermarsi mai.
“Ah… ah… brava Barbi, lecca tutto, pulisci per bene, sì, così!”
Quando si ritenne soddisfatta, si staccò e guardò la sua Padrona sorridente.
“Buongiorno, Padrona. Ha dormito bene?”
“Sì, bene. è pronta la mia colazione?”
“Certo, eccola.”
“Com’è brava la mia cameriera, la mia piccola schiava. Se oggi avrò un po’ di tempo, ti comprerò un regalo, sempre se sarai ubbidiente. Per esempio, potresti cominciare col togliere quelle inutili mutandine, voglio che non indossi biancheria intima, così quando metterò la mano sotto la tua divisa ti troverò già disponibile.”
“Come desidera.”
“Poi voglio che durante la giornata, quando non ci sono, dedichi molto tempo al tuo corpo, lo devi curare e coccolare, la tua pelle deve essere sempre morbida, soffice e profumata. Inoltre, voglio che ti masturbi spesso, voglio trovarti sempre bagnata ed eccitata, pronta per qualsiasi cosa voglia fare con te. Se non rispetterai queste regole, sarai punita. D’accordo?”
“Sì, Padrona.”
“Ti piace chiamarmi Padrona, vero, schiava?”
“Sì, perché lei è la mia Padrona.”
“Che cosa significa per te?”
“Che può fare di me quello che desidera ed io non posso oppormi, devo solo soddisfarla.”
“Sei davvero una puttanella, sei nata per essere schiava. Non preoccuparti, avrai quello che desideri. Ora vai a fare il tuo lavoro, sto facendo tardi.”
La giornata trascorse per Barbi molto lentamente, quando la sua Padrona la lasciava sola le ore non scorrevano mai, pulì casa per bene e poi si dedicò al suo corpo, come le era stato ordinato: fece un bel bagno, si spalmò una crema profumata, massaggiò le cosce e le braccia. Quando arrivò al seno, si eccitò subito, pensando alle mani della sua Padrona, e, lentamente, scese verso la sua fighetta già bagnata. Si accarezzò dolcemente il grilletto e poi tutto intorno, fino all’ano, il suo piacere cresceva e per calmarsi decise che doveva avere un orgasmo: infilò un dito della mano sinistra nel buchino di dietro e con l’altra mano si dedicò alla passera, si massaggiò delicatamente ripensando al giorno prima e provò un orgasmo intenso e lungo.
Finalmente arrivò la sera e la sua Padrona fece ritorno a casa. Le corse incontro felice.
Lei non sembrava ben disposta, ma Barbi aveva aspettato quel momento per tutta la giornata. La salutò, posando per terra una grande busta scura.
“Ciao, Barbi. Stasera sono molto stanca, non credo che riuscirò a darti retta.”
“Certo, Padrona. Non è un problema.”
“Ho già cenato, vado in camera mia.”
Sul volto di Barbi si disegnò un’espressione di delusione che non sfuggì alla sua Padrona. In realtà, non era stanca, ma voleva divertirsi un po’ con lei.
“Che hai? Qualcosa che non va?”
“No, nulla.”
“Ci sei rimasta male, povera la mia schiavetta: mi ha aspettato tutto il giorno e non vedeva l’ora di essere maltrattata un po’, vero?”
“No, Padrona. Io non voglio niente. Faccio quello che lei mi dice.”
“Non dire le bugie, tesoro. Te l’ho già detto che non mi piacciono, vuoi farmi arrabbiare?”
“No, la prego, non se la prenda.”
“Mi dispiace, ma me la sono già presa. Innanzi tutto vediamo se hai seguito le mie istruzioni.”
Così dicendo, la spinse con forza contro la parete e iniziò a palparla dappertutto, il viso, le braccia, le cosce.
“Bene, dici le bugie, ma segui le regole. Sei morbida e hai un buon odore. Ora controlliamo la cosa più importante.”
Dalle cosce salì su verso la figa e, soddisfatta, notò che aveva levato lo slip. Sfiorò i peli pubici e prese a tirarli forte in più punti, guardando le smorfie sul viso di Barbi. Poi si fece largo fra i peli e arrivò alle grandi labbra, le scostò e infilò due dita nell’apertura. Entrarono in un attimo, la sua schiava era eccitata e pronta alla penetrazione, ma non voleva darle soddisfazione, non la prima sera.
“Tesoro, ma allora ti piace anche disubbidire, ti ho detto di farti trovare aperta e bagnata e invece guarda che trovo: sei solo umida, non entrano neanche le dita. Ti è bastato un giorno per approfittare della mia tolleranza, ma stasera capirai cosa vuol dire seguire le regole. Sali in camera mia, spogliati e aspettami in piedi vicino al letto.”
Barbi corse in camera della sua Padrona, non voleva farla arrabbiare, non capiva perché la sua figa non si fosse bagnata, lei si sentiva così eccitata! Non si fece altre domande, entrò in camera e si tolse tutto.
La signora era al settimo cielo. Forse stava sognando e presto si sarebbe svegliata o forse era tutto reale e non riusciva a rendersene conto sul serio, in ogni caso, era più che decisa ad ottenere da Barbi quello che aveva sempre desiderato, e la ragazza le dava tutti i motivi per credere che ci sarebbe riuscita.
Si incamminò verso le scale, portando con sé la busta, quella sera non ne poteva fare a meno. Entrò nella stanza, Barbi era nuda come le aveva ordinato, le sembrò ancora più eccitante del giorno prima. Senza una parola, si avvicinò al suo comò e prese un foulard nero da un cassetto, andò dietro alla ragazza e le bendò gli occhi. Con sua grande stupore, Barbi non disse niente, stava imparando così in fretta che quasi le dispiacque: così non poteva punirla. Ma motivi per punirla, in fondo, si potevano trovare in ogni momento. Restando dietro di lei, avvicinò le labbra sul collo di Barbi, sfiorando la pelle e facendole venire i brividi col calore dei respiri. Introdusse una mano in mezzo alle sue cosce e spinse di lato, per farle capire di allargare le gambe, poi le accarezzò le grandi labbra, aveva la figa aperta e bagnata, le infilò subito tre dita dentro e le girò, sentendo l’apertura che cedeva docilmente. Quindi, le tolse e passò al buco di dietro, provando a forzare subito con tutte e tre le dita già lubrificate dagli umori vaginali, ma la resistenza fu notevole, quindi si fece strada con un dito solo. Giocò un po’ con i buchi, prima uno e poi l’altro, quando si accorse che il piacere di Barbi stava crescendo troppo, si fermò, non voleva far finire tutto subito.
“Mettiti sul letto a quattro zampe, con i piedi fuori, e allarga le gambe per bene.”
Barbi non se lo fece ripetere, era già molto eccitata e le piaceva ubbidire alla sua Padrona, immaginava quello che sarebbe potuto succedere in modo molto vago.
“Ora, Barbi, ascoltami bene: devi rimanere in silenzio, non voglio sentire la tua voce fino a che non sarò io a dirti che puoi parlare. Se non ci riuscirai, sarai punita e dovrò metterti una benda anche sulla bocca, ma non è una cosa che vorrei fare, spero che tu riesca a controllarti da sola. D’accordo?”
“Sì, Padrona.”
La signora si tolse la gonna e la camicia, restando con reggiseno e tanga. Poi si avvicinò alla busta e ne estrasse una lunga bacchetta di plastica nera, piatta e larga, la soppesò e ne provò la flessibilità: era più morbida del righello del giorno prima, ma più ampia e pesante. Si avvicinò a Barbi e le accarezzò nuovamente il sedere, immerse le dita nella figa e bagnò per bene l’ano. La ragazza respirava piano, con la benda non si poteva rendere conto di niente, sentiva solo dei rumori che si amplificavano nelle sue orecchie senza farle capire da dove provenissero, l’unica cosa che capiva bene erano le dita della sua Padrona che entravano e uscivano dai suoi buchi. All’improvviso, senza che potesse riflettere, sentì un fruscio sordo e subito dopo un colpo, violento, pieno, grave, sulle sue natiche. Non disse nulla, non ne avrebbe avuto la forza. Riprese fiato e sentì un altro fruscio, un altro colpo, stavolta su una natica sola, poi in altro e un altro ancora. Era un dolore acuto, intenso, che le prendeva anche lo stomaco, non aveva mai provato una sensazione simile, sotto la benda sbarrava gli occhi ad ogni colpo, stringeva le lenzuola con le mani, si costringeva a non urlare, per non deludere la sua Padrona, ma il dolore era così forte, così penetrante che al decimo, forse quindicesimo colpo, non riuscì a trattenersi e gridò.
“Aah!!”
”Barbi, tesoro, non ci sei riuscita. Che peccato, ero sicura che l’avresti sopportato. Ti abituerai. Per ora, avrai la tua punizione, ma non ti voglio mettere un bavaglio, mi voglio fidare di nuovo di te, sei contenta?”
“Sì, Padrona, grazie. Mi perdoni, non accadrà più.”
“Brava. Ora chiedimi di essere picchiata ancora, dimmi che sei solo una schiava e ringraziami per quello che ti faccio.”
Aveva le chiappe in fiamme, le sentiva pulsare per il sangue che affluiva in maggior misura e le bruciavano, ma la sua figa era fradicia, era dolorante ed eccitata, non poteva dire di no alla sua Padrona e voleva prolungare quel dolce tormento.
“La prego, mi picchi ancora, mi colpisca più forte, la sua schiava vuole essere punita.”
Dalla sua bocca usciva un filo di voce, ma la signora era sicura che Barbi fosse sincera, voleva davvero altri colpi. L’avrebbe accontentata subito. La picchiò di nuovo, senza più fare caso a dove cadevano le bacchettate, sulle gambe, sulle natiche, sulla figa bagnata, sulla schiena.
“Ti piace, vero, puttanella?”
“Sì, grazie, Padrona, ancora, ancora…”
Ora Barbi si agitava ad ogni colpo, non riusciva più a stare ferma, credeva che non avrebbe sopportato ancora dolore finché non arrivava un altro colpo e sul suo viso cominciarono a scendere lacrime calde e salate. Era una tortura, una tortura senza tregua, le faceva male tutto il corpo, i muscoli erano senza forze, la pelle in fiamme e i nervi tesi, ma si sentiva in balia di quei colpi, voleva finissero subito e insieme che non finissero mai. All’improvviso, senza motivo, la signora si fermò. Ansimava e ammirava il suo lavoro.
“Oh, Barbi. Il tuo corpo è una delizia, mi piace da impazzire così rigato, rosso e imperlato di sudore.”
Si sedette accanto a lei, le accarezzò i capelli bagnati e appiccicati alla fronte e la fece calmare. Barbi era rimasta senza fiato, piangeva in silenzio per non contrariare di nuovo la sua Padrona, non si era ancora mossa dalla sua posizione.
“Tesoro, calmati. Vieni qui, stenditi accanto a me.”
Barbi si girò su un fianco, sentì i seni della sua Padrona contro la schiena e il ventre contro il sedere, fu un sollievo e un dolore insieme, desiderava quell’abbraccio, sentire il fresco della sua pelle, ma, subito dopo, il bruciore si fece più intenso e iniziò a singhiozzare.
“Credo che per oggi possa bastare, non sapevo quanto avresti potuto sopportare, ma è più di quanto avessi immaginato. Sei stata bravissima e meriti un regalo.”
Si stava realmente affezionando a quella ragazza, era entrata con discrezione e allegria nella sua casa e nella sua vita e, in così poco tempo, si era impadronita con prepotenza dei suoi pensieri. Riflettendoci, pensava a lei continuamente, a quello che le avrebbe fatto, al suo corpo, alle sue reazioni e ai suoi occhi attraenti e docili. Non sapeva quanto lontano sarebbero andate, ma aveva intenzione di godersi quella situazione finché avesse potuto.
Le tolse la benda, la girò e le loro labbra si unirono in un lungo bacio appassionato, intrecciarono le lingue, si sfiorarono le labbra. Poi la signora si staccò da lei.
“Tutto bene?”
“Sì, grazie, Padrona. Non potrebbe andare meglio.”
Le sorrise e, con calma, infilò una mano fra le cosce di Barbi, che le allargò subito, dimostrando il bisogno di quelle carezze, del calore del contatto, dopo la violenza delle percosse. La signora lo capì e ne fu compiaciuta: era la prova che Barbi si eccitava anche quando era maltrattata, la violenza stimolava la sua sessualità e, a giudicare dallo stato in cui trovò la sua figa, lo stimolo era decisamente intenso.
Accarezzò la vagina di Barbi a lungo, senza fretta, avanti e indietro, scoprendo i punti più erogeni, le stuzzicava il clitoride, lo stringeva fra le dita fino a farle male, la faceva sussultare con cambi repentini di direzione, le infilava con forza le dita dentro. I respiri di Barbi si stavano facendo sempre più profondi e accelerati, allora si fermò, si alzò dal letto, lasciandola confusa e agitata per l’orgasmo più volte strozzato e frugò nuovamente nella busta scura. Barbi seguiva i suoi movimenti e guardava le sue mani curiosa, ma la signora fu più rapida del suo sguardo: salì veloce sul letto, si inginocchiò fra le sue gambe e in un attimo Barbi sentì la figa piena come non le era mai capitato. Ebbe solo il tempo di chiudere gli occhi e respirare a fondo che qualcosa iniziò a muoversi dentro di lei. Era un vibratore grosso e lungo, sembrava vivo, lo sentiva allungarsi e tirare, spingeva contro le pareti della sua vagina, si faceva spazio ovunque. Barbi iniziò a gemere, sempre più forte, non riusciva più a ragionare, l’eccitazione la stava portando al limite, perdeva contatto con la realtà. Senza aprire ancora gli occhi, cominciò ad ondeggiare e a gridare, a spingere il bacino verso quell’ aggeggio che la stava facendo impazzire. Avrebbe voluto toccarsi, ma sentiva i muscoli completamente abbandonati al piacere. Non sentì neanche la sua Padrona che si alzava ancora dal letto, andava di nuovo a cercare nella busta e prendeva un altro oggetto, una specie di divaricatore anale: un cono di metallo non continuo, fatto da una successione di anelli sempre più larghi, ad un centimetro di distanza l’uno dall’altro, la cui punta aveva la forma di una palla di due centimetri di diametro. Era convinta che Barbi non avesse grosse esperienze di sodomizzazione, così prese un flacone di crema idratante e spalmò bene ogni anello del suo gingillo. Fece girare Barbi, non oppose alcuna resistenza, sembrava un grande morbido pupazzo scosso da fremiti intermittenti, le allargò le chiappe e le cacciò nel buco la prima pallina: Barbi si fermò di colpo, sorpresa e un po’ preoccupata, il contatto freddo con il giochino della signora l’aveva stupita, si girò verso la sua Padrona.
“Piccola, ti piacerà, vedrai, rilassati e pensa a quello che ti sta facendo il tuo amichetto nella passera.”
Barbi non riuscì a vedere cosa stesse usando la sua Padrona per penetrarla, non poteva immaginare, si rilassò e riprese a godersi il vibratore piantato nella figa. La signora spinse nuovamente nel buco e un anello più largo si fece strada nelle viscere della ragazza. Barbi emise un grido e si voltò di nuovo per rassicurarsi negli occhi della sua Padrona.
“Non ti ho fatto male, vero?”
“N.. no, signora. è che…”
“Fai silenzio, adesso, e calmati. Ti assicuro che ti piacerà. E comunque, non smetterei in ogni caso: voglio allargarti questo buchino e lo farò, che ti piaccia o meno. Ti consiglio di abituarti in fretta e, magari, presto proverai lo stesso piacere che provo io a vederti con questo splendido oggetto che ti esce dal culo.”
Barbi iniziò a chiedersi che intenzioni potesse avere la signora, cosa volesse fare al suo stretto buchino.
“Padrona, la prego, non l’ho mai fatto dietro. La prego…”
“Si vede, piccola, inizierai adesso. Dovresti ringraziarmi per tutto il tempo che perdo con te, per renderti ancora più sensuale. Vedrai come sarà eccitante il tuo culo quando avrò finito! Se non ti sta bene, posso levarti il vibratore, così sentirai solo dolore e avrai davvero qualcosa di cui lamentarti.”
“No, Padrona. Mi perdoni.”
“Brava. Adesso fai un bel respiro e rilassa i muscoli. Puoi sentire meno dolore se spingi e non opponi resistenza.”
Barbi cercò di concentrarsi il più possibile, ma non era semplice, stava cominciando ad agitarsi e anche il vibratore le faceva meno effetto, pensava al suo buco stretto e si chiedeva quanto dolore avrebbe provato. La signora iniziò a girare il divaricatore, spingendo lentamente, pochi millimetri per volta, finché un altro anello si fece largo nell’apertura, ma non lo spinse tutto dentro, lo lasciò fuori per metà per allargare meglio il buco. Barbi era tesa, sentiva un po’ di dolore, ma il piacere della situazione aveva ancora il sopravvento. E fu così fin quando la signora spinse tutto il secondo anello, ma arrivati al terzo, il dolore fu più forte, la signora non le diede il tempo di adeguarsi al nuovo diametro che subito spinse il quarto, lasciandolo ancora per metà fuori, godendosi lo spettacolo dell’ano allargato e teso, mentre lo girava in un senso e poi nell’altro per far cedere i muscoli. Barbi non ce la fece più, iniziò a gridare e a muoversi lontano da quello strumento, ma la signora la teneva stretta in posizione con un braccio intorno alla vita.
“Ah… basta, la prego, basta!”
“Stai ferma, così sentirai solo più dolore, stai ferma.”
Si fermò, senza che si fermassero i suoi gemiti e il suo respiro affannato, faceva troppo male, voleva che smettesse, ma non poteva chiederlo di nuovo. Alla fine, entrò anche tutto il quarto anello, per qualche secondo la signora rimase ferma e poi cominciò a tornare indietro: quarto, terzo, secondo. Barbi continuò a sentire dolore, ormai il buco era indolenzito e infiammato, però tirò un sospiro di sollievo, sperava che fosse tutto finito. E si sbagliava: arrivata alla pallina in punta, la signora ricominciò tutto il percorso, stavolta in rapida successione, spinse fino al quarto anello senza sosta e poi tornò indietro e così via per un numero di volte che a Barbi sembrò infinito. Senza più controllo, Barbi si agitava e gridava, ad ogni anello sentiva uno strappo e ancora dolore, il buco bruciava e tirava, non riusciva più a sopportare quella penetrazione. Dopo qualche minuto, successe una cosa inaspettata: il suo buchino si stava abituando a quelle penetrazioni, era già più elastico e opponeva meno resistenza, così Barbi iniziò a provare un sottile piacere ad essere deflorata in quel modo. Non riusciva a crederci, si stava eccitando nuovamente senza pensare troppo al dolore. La signora lo capì, dai suoi movimenti che ora erano diretti verso il divaricatore e dai suoi gemiti che non erano più lamenti. Prese a godersi lo spettacolo del culo di Barbi che si agitava cercando la penetrazione e del buco che cedeva al piacere. Liberò la vita della stretta del braccio e con la mano libera spinse il vibratore più in profondità nella figa, accompagnando l’eccitazione di Barbi, la quale, senza più freni, si abbandonò alla forza dell’orgasmo che la sconquassò davanti e dietro, arrivando in ogni centimetro del suo corpo, mandandola in estasi.
La signora aspettò qualche minuto, lasciando che riprendesse fiato, poi estrasse il divaricatore dal culo, la fece rigirare ed estrasse anche il vibratore, spegnendolo.
“Non hai niente da dirmi?”
“Sì, Padrona: non so come ringraziarla. è stupendo quello che mi fa sentire, le sono grata per avermi scelta come sua schiava.”
“Sono contenta che ti sia piaciuto, perché ho in mente un bel po’ di giochetti da fare con il tuo corpo. Sappi che sei arrivata ad una dilatazione anale di circa sei centimetri, il tuo buco cede facilmente, ma ho intenzione di renderlo sempre più elastico, senza, per questo, trascurare la tua fighetta.”
Riprese ad accarezzarle i capelli, teneva il viso molto vicino al suo, spingendosi ogni tanto a darle un bacio sulle labbra.
“Ora ti concedo ti avvicinarti di nuovo alla mia figa. Voglio che usi questo stesso vibratore, ma devi essere molto brava, ho voglia di venire nella tua bocca.”
La signora allargò le gambe, fra le quali si stese Barbi e iniziò subito a passare la lingua con gusto, con grandi leccate fra la figa e l’ano, su e giù, mentre prestava attenzione ai respiri e ai mugolii della sua Padrona.
“Mmhh… brava! Così, stai davvero imparando in fretta. Ora prendi il vibratore, accendilo e infilalo dentro.”
Barbi prese il vibratore, lo leccò per bene, dalla punta fino alla base, poi lo accese e lo introdusse lentamente nella figa, un centimetro per volta, facendo aumentare nella sua Padrona il desiderio di essere penetrata.
“Avanti, Barbi, tutto dentro, ma non con la mano, voglio che me lo infili tenendolo nella bocca.”
All’inizio Barbi non capì quello che le stava chiedendo, poi obbedì senza riflettere e si spiegò il perché di quella richiesta: così le sarebbe stato più difficile seguire i movimenti della sua Padrona, assecondarla fino a portarla all’orgasmo. Ma non voleva deluderla, voleva dimostrarle quanto potesse essere brava, così iniziò a spingere in fondo il vibratore tenendolo con i denti, accelerando e diminuendo i movimenti. Dopo un po’, la sua Padrona cominciò a gemere più forte e Barbi capì che stava riuscendo a farla godere, seguì i suoi mugolii, spinse cercando di non perdere il ritmo, sentiva le labbra dolerle per la tensione e per il riflesso delle vibrazioni, ma non aveva intenzione di cedere. Non dovette resistere a lungo, la sua Padrona, ad un tratto, si bloccò, sentendo l’orgasmo arrivare così forte che le impedì di respirare, esplose in un grido e abbandonò il suo corpo ai fremiti, senza riuscire a controllarsi. Era sicuramente l’orgasmo più forte che avesse mai provato, forse perché si era eccitata tantissimo. Pensò che aveva desiderato per anni di fare sesso in quel modo e, per una volta, la realtà aveva superato l’immaginazione.
Ci mise un po’ a riprendere contatto con la realtà, sentì Barbi che le leccava ancora la figa, senza togliere il vibratore.
“Ah, Barbi. Sei davvero unica. Non ho mai goduto tanto. Ora ho solo voglia di fare un bel bagno e di riposare. Vuoi infilarti nella vasca con me?”
Barbi si tirò su, guardò la sua Padrona con un’espressione di pura soddisfazione negli occhi, poi scese dal letto e andò in bagno a preparare la vasca.

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