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Racconti Erotici Etero

una storia come un’altra

By 26 Giugno 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

“Buongiorno amore, uscito presto oggi eh? Peccato, a darmi piacere ci penserò io”
I sensi di Marco assopiti dalla noiosa riunione di lavoro si risvegliarono immediatamente.
Voleva risponderle, ma il rumore dei tasti di quel vecchio telefono malandato si sarebbe notato subito.
Rimise il telefono in tasca e si maledisse per non essersi comprato un touchscreen.
La riunione era già difficile da seguire prima, ma ora il pensiero di quelle mani, di quel corpo, di quei respiri, si stava facendo invadente. Chissà cosa stava facendo la sua donna……
Magari era ancora nel letto, tra le lenzuola, con un cuscino tra le gambe a sostituirlo e le mani ad accarezzarsi seni e ventre, mentre si contorceva per il piacere come un serpente. Oppure era in doccia, a giocare con l’acqua sul suo clitoride e sui suoi capezzoli, o in salotto ad usare il bracciolo del divano come se fosse una sella, o semplicemente seduta, davanti al pc, a leggere o guardare qualcosa, con 2 dita piantate nella fica, ad urlare il suo piacere… senza di lui.
Tutti questi pensieri resero ben evidente la sua eccitazione, per evitare l’imbarazzo di essere notato dagli altri si tolse la giacca e l’appoggiò sul ventre. Basta distrarsi.
Terminata finalmente la riunione prese il telefono per risponderle, ma prima di inviarle la risposta cambiò idea, farle una sorpresa era meglio.
Driiiiiiiiiiin.
Laura corse subito al campanello, poi ricordatasi improvvisamente della sua nudità torno in bagno a prendere l’accappatoio per coprirsi, legatoselo stretto in vita tornò alla porta. Sorpresa!! Il suo uomo era rientrato. Si avvicinò per baciarlo, ma lui l’anticipò, la prese per i fianchi, la fece girare e la spinse in avanti. Con un calcio si chiuse la porta alle spalle, la piegò sul tavolo, sollevò l’accappatoio e si fermò ad osservarla.
Lei sorpresa ed eccitata già si aspettava una penetrazione violenta, pensava di sentirselo entrare dentro di colpo da un momento all’altro, sperava di sentirsi riempire, aprire, sfondare. Lo desiderava. Si girò stranita,delusa. Quei bellissimi occhi marroni la stavano fissando beffardi.

Senza darle il tempo di rispondere lui l’abbassò in ginocchio, si slacciò i pantaloni e li calò quel tanto che bastava per far uscire fiero il cazzo. Afferrandola per i capelli se l’avvicinò. Gli dava un senso di potere pazzesco vederla ai suoi piedi, guardarla dall’alto in basso, guidarla nei movimenti. Spingerla e ritrarla, toglierle l’aria e restituirgliela.
E per lei quella sottomissione era più eccitante dell’atto in sé, non doveva decidere, non doveva pensare, solo godere. E così stava facendo. Sì, perché una donna gode del piacere del proprio uomo.
Il piacere fisico di avere un cazzo in bocca e sentirlo tra le labbra e contro il palato e sotto la lingua, è tanto, ma non è paragonabile al piacere mentale di sentir sfuggire quel breve gemito o di alzare gli occhi e leggere l’estasi sul suo volto.
Laura era presa da tutte queste sensazioni, e da tutti quei pensieri quando le mani di lui la strinsero e la spinsero più del dovuto. Sentì l’aria mancarle, il cazzo spingersi fino alla gola e iniziò a tossire. Lui era troppo preso per fermarsi ora e le vibrazioni dovute ai colpi di tosse lo mandarono su di giri. Affondò le dita tra i capelli, se la strinse contro un’ultima volta e si svuotò dentro di lei. Lunghi fiotti di caldo sperma le invasero la bocca, serrò le labbra per non farsene sfuggire nemmeno una goccia, e si sentì soddisfatta.
Aggrappandosi alle sue gambe si sollevò in piedi, lo prese per la camicia e se lo portò in camera da letto.
Si sdraiò sul letto spalancando le gambe, lo attirò verso di sé e affamata più che mai iniziò a baciarlo. Con le mani stava percorrendo tutto il suo corpo, sedere, schiena, spalle, petto, viso, strinse le dita attorno alla sua testa e ne forzò la discesa, lui si lasciò guidare. Con la lingua percorse la sua pelle, senza avere il tempo di soffermarsi però. Arrivato all’inguine sollevò la lingua e fece forza per liberarsi dalla presa. Sollevata la testa osservò il suo viso quasi deluso, ne sorrise e si rifiondò fra le sue gambe. Quell’odore di femmina, quell’eccitazione erano irresistibili per lui. Con la lingua percorse ogni centimetro di pelle, si soffermò sul clitoride ruotando la lingua, premendola, giocando a cambiarne la stimolazione. Sentì le cosce di lei stringersi, i muscoli tirarsi, la schiena inarcarsi. E si fermò.
Non poteva fermarsi ora. Serrò le cosce attorno alla testa di Marco per ricercare quel contatto che le stava donando sensazioni così forti. Ma lui riuscì a sfuggirle, si sollevò e si mise in ginocchio davanti a lei, fissandola con aria quasi di sfida. Non era capace di notare quello sguardo ora, troppo presa dalla ricerca del piacere. Allungò una mano per arrivare a lui, ma le scappò. Si accontentò quindi di appoggiare le dita sul clitoride. Le fece scendere fino alle labbra, scostandole delicatamente per raccogliere gli umori, poi risalì. Piccoli movimenti circolari erano la causa di tutti quei brividi che la stavano scuotendo. Marco restò a godersi lo spettacolo qualche attimo, ma non avere più il controllo del suo piacere non poteva accettarlo. Appoggiò le sue mani su quelle di lei, iniziò a forzare i movimenti, più pressione, più forza, più velocità. Poi carezzandola delicatamente strinse le sue dita attorno ai polsi della sua donna. Le spostò le mani, gliele fece scorrere sul corpo fino a portarle oltre alla testa, poi recuperò il laccio dell’accappatoio e la legò al letto. Nel frattempo lei aveva serrato le gambe, contraendo le cosce riusciva a darsi quel piacere sufficiente per star bene, ma non per raggiungere l’orgasmo. Una volta legatala Marco portò immediatamente le mani alle sue cosce, le spalancò con forza. Lei era sua. Solo lui poteva farla godere.
Se voleva.
Quando voleva.
Davanti agli occhi si ritrovò due grandi labbra gonfie e arrossate da cui sporgevano le due piccole labbra. Dove queste si congiungevano un clitoride pulsante e lucido richiamava la sua attenzione. Si avvicinò per osservare meglio. Un forte odore di donna lo raggiunse, fece un respiro profondo e lo fissò nella mente. Il calore che quel fiore sprigionava era pazzesco. Appoggiò la lingua al clitoride e le riservò lo stesso trattamento di prima. Sentirla scuotersi sotto i suoi colpi di lingua però non gli permisero di mantenere il controllo, affondò col viso tra quelle cosce frementi. La penetrò con la lingua e iniziò a scoparla così, lei prese a muoversi per strusciare quel magico bottoncino contro il suo naso, contro il suo mento contro le sue labbra, contro qualunque cosa potesse farla godere. E venne. Venne ansimando, gemendo, strillando tutta la sua eccitazione. Mentre ancora era persa nel suo mondo, scossa da tremiti e pervasa da brividi sentì qualcosa affondare in lei. Per la sorpresa spalancò gli occhi. Marco non aveva resistito, le era salito sopra e l’aveva penetrata e ora la stava scopando come se non facesse l’amore da mesi. I movimenti erano veloci, confusi, non c’era ritmo, non c’era costanza. Solo passione. Era tutto molto selvaggio. Le mani di lui vagavano ovunque, non riuscivano a decidere se era meglio palparle un seno, accarezzarla sul ventre, sulle braccia, sul viso, afferrarla per i capelli. E la bocca si alternava tra dolci baci a feroci morsi di lussuria.
Lei sentiva il cazzo spingersi sempre più a fondo tra le pareti, quei movimenti scomposti lo facevano premere su un punto diverso ogni volta, modificando angolazione e profondità. Si sentiva così completamente stimolata, solo una cosa le mancava. Il clitoride gonfio non riceveva le dovute attenzioni. Così con le gambe si aggrappò a lui, gli si spinse contro fino a sentire il pube a contatto col suo e iniziò a strusciarsi incontrollatamente. L’orgasmo partì da lì e la scosse completamente. Le contrazioni della fica dovute a quell’enorme piacere provocarono presto lo scombussolamento totale dei sensi di lui. Una, due, tre spinte finali. E si svuotò dentro di lei.
L’orgasmo era stato intenso, travolgente, bello, ma non aveva appagato nessuno dei due.
Per vergogna forse nessuno dei due lo disse però.
Marco slegò Laura, le fece un leggero e dolce massaggio ai polsi, e dopo un dolce bacio andò ad aprire la doccia. Tornò a prenderla non appena l’acqua aveva raggiunto la temperatura giusta. Si infilarono sotto quel getto di acqua tiepida insieme e iniziarono a insaponarsi a vicenda.
La visione Marco rosso in volto per l’atto appena concluso e della sua pelle lucida per l’acqua riaccesero in Laura tutta la voglia che cercava di placare con quella doccia. Restò all’angolo della doccia ad ammirarlo insaponarsi e sciacquarsi, e quando fu il suo turno si riempì le mani di sapone e se le passò su tutto il corpo indugiando a lungo sui seni. Fece scorrere il dito a percorrerne il perimetro, si soffermò sui capezzoli fino a farseli indurire, poi scese lungo il ventre, chiuse gli occhi e si dimenticò del mondo fuori. Fece scorrere il palmo aperto sulla vulva, prestando ben attenzione a non perdere mai il contatto con quella zona per lei così erogena, dove si congiungevano le piccole labbra. Scese poco più giù con la mano e due dita le furono immediatamente dentro. Un lungo sospiro, la bocca spalanca e la testa all’indietro furono gli unici segnali che potè cogliere Marco. Quelle gambe serrate non gli permettevano di vedere nulla di tutto ciò, ma non era necessario per eccitarlo nuovamente, ci era riuscita anche così. Il suo cazzo svettava dritto e impertinente, ma non voleva ancora interrompere quello spettacolo. Afferrò il pene poco al di sotto del glande, lo strinse tra le dita e iniziò un lento su e giù. Laura continuava imperterrita col suo autoerotismo, chissà se pensava ancora a Marco. Impaziente di godere di nuovo piantò le dita in fondo, le piegò formando una specie di uncino e iniziò a muoverle dentro senza sfilarle. I suoi respiri accelerarono in fretta e le gambe smisero di sorreggerla. Fu Marco a cingerla alla vita con un braccio. Quel contatto fu come una doccia gelata, si risvegliò immediatamente dal suo stato di trance, tornò al mondo reale e sfilò la mano. Tra un bacio e un morso sul collo fu lui a pregarla di continuare. Le dita ripresero il loro posto, ma i movimenti erano rallentati. Marco allungò una mano fino al sapone, ne fece cadere un po’ sulla schiena di lei e poi iniziò a massaggiarla. Con delicati e lenti movimenti percorse tutto il suo corpo, le spalle, le braccia, i seni, il ventre, i lombi, le cosce. Ma un dito birichino voleva osare di più. Si andò a posare tra i suoi glutei e iniziò a massaggiare l’ano e a forzarne l’ingresso. Così presa dal suo piacere Laura non se ne accorse, oppure non le stava dispiacendo. Così si fece coraggio, insaponato un po’ il cazzo e presa bene la mira si appoggiò a lei, la prese per i fianchi e iniziò a spingersi dentro forzandone l’apertura, con lentezza esasperante. Ma con decisione. Laura iniziò a lamentarsene, ma non fece nulla per ribellarsi e sottrarsi alla sua presa. Si sentiva violata, aperta, lo sentiva infilarsi e appropriarsi di lei un centimetro alla volta. Si sentì veramente posseduta. Il dolore c’era, innegabile, ma non era poi così tanto. Una volta che il pube di lui si trovò a contatto col suo sedere capì che era finito. Aveva un cazzo nel culo, per la prima volta. Era sua.
Gli chiese di muoversi con delicatezza e così lui fece, piccoli movimenti per farla abituare con calma. Fu lei ad andargli incontro, sorprendendosi di sé stessa. Lui capì che ora poteva iniziare. Accelerò i colpì, ampliò i movimenti e le sussurrò di riprendere quello che stava facendo. Lei obbedì.
Ora aveva due dita davanti, un cazzo dietro, e stava godendo. Tanto. Non riusciva più a distinguere da dove le arrivasse il piacere, ma gliene importava poco. Cominciò a muoversi veloce contro di lui. Preso dalla foga la spinse a 90, si piegò su di lei e afferratola per le spalle modificò le spinte in affondi poderosi. Ogni colpo era un urletto che sfuggiva a lei. I rumori che producevano i contatti tra i loro corpi era musica. Un ritmo sostenuto in costante crescita. Non durò però all’infinito. Il piacere di possederla era troppo perché Marco continuasse a lungo. Cessò improvvisamente la sua corsa cercando di spingersi più a fondo possibile. E venne. Insieme a lei.

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