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Racconti Erotici Etero

La fine di una passione

By 8 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Questo è un racconto sentimentale, basato su una storia inverosimile, cioè che potrebbe accadere, nulla di erotico è contenuto in questo racconto, ma solo ciò che è puramente passionale. Avvenimenti o luoghi che verranno citati saranno assolutamente irreali, ad eccezione di me ed Estrin. Continuerò a scrivere sul nostro rapporto, ma non in questo modo. Siccome non ho mai scritto un racconto sentimentale vorrei provare e vorrei che voi esprimeste i vostri commenti alla mia mail
koma1@virgilio.it
Grazie a tutti.
Koma1

Estrin ed io compimmo il passo più importante della nostra vita: il nostro matrimonio.
La celebrazione avvenne nel migliore dei modi, con molti invitati. Luna di miele bellissima, in molti luoghi di rinnomata bellezza: Londra, Parigi, Madrid, con capolinea a NEW YORK. Vantavamo entrambi un buon modo di parlare le lingue, soprattutto l’inglese, e questo ci servì molto. Ritornammo a casa dopo le tre settimane previste. Arrivammo prima nella casa di lei.

Estrin come sempre era pronta per fare l’amore con me, ma questa volta mi aveva detto:

-Voglio un figlio, qualcuno a cui lasciare qualcosa un giorno, qualcuno da curare e da assistere. Il mio istinto di donna e di mamma chiede questo, vuoi?-

La mente pensava ad altro e quella proposta, detta nel momento di una nostro completo relax mentale e psicologico, mi allettava ma allo stesso tempo mi sconvolgeva. Come mai voleva un figlio? Forse le mancava qualcosa, forse amorevolmente l’avevo delusa, o forse era uno stato fisiologico proprio della donna desiderare un figlio? Le domande che mi creai nella testa furono queste, ma da subito mi resi conto che presto le risposte sarebbero venute, purtroppo delle risposte che Estrin pagò a sue spese.
Risposi al quesito della mia ragazza:

-Estrin, se vuoi un figlio non sarò di certo io a negartelo!-

La sua bellezza in quel momento divvenne più giuliva, accentuata dall’espressione gioiosa che aveva acquisito.

-Facciamolo ora, spogliami e facciamo l’amore.-

Senza pensarci la spogliai del vestito e lei fece lo stesso. Sempre stimolando le nostre passioni, giocavamo entrambi oralmente, come abbiamo sempre fatto, e poi cercavamo entrambi di non deludere l’altro, regalandoci a vicenda degli intensi orgasmi veramente vissuti e veramente approvati. Ciò che lei faceva con me non era sesso, era amore!
Mi diceva sempre che per lei fare sesso e fare l’amore sono sempre state due cose differenti, e aveva ragione, eccome se aveva ragione. Probabilmente se fossi stato con lei solo perchè era bellissima o solo perchè i suoi capelli emanavano una luce così forte che accecava, probabilmente non l’avrei gustata a pieno, forse non avrei avuto quelle sensazioni, quelle soddisfazioni che solo due persone innamorate sono capaci di scambiarsi. Io amavo veramente Estrin, la desideravo non per fare l’amore con lei, ma solo per avere la convinzione che qualcuno sarebbe stato disposto a scaldarmi se mai io avessi avuto freddo, a consolarmi con una carezza sul viso se mai avessi avuto momenti di sconforto. Ricordo ancora quando uscivamo insieme, lei avvolgeva il mio braccio in una stretta dolce, calma e gentile, che mi rendeva felice e sereno; buttava la sua testa sulla mia spalla e camminavamo. In piazza vedavamo le coppiette novizie e rivolgendoci lo sguardo a vicenda, sorridevamo, pensando a noi, magari qualche anno prima, o addirittura nella prima volta.

La nostra vita da coniugi prevedeva adesso un altro individuo da curare e mantenere, ma ciò che mi faceva felice era che la mia Estrin era felice. Notavo la sua soddisfazione vedendo nel monitor dell’ecografia i primi segni del feto che cresceva. Nel ventre di Estrin viveva in condizioni ottimali, come del resto viveva in condizioni ottimali il mio pene in fase di ingresso, quando facevamo l’amore. Il feto era una bambina.

Parlando e commentando sulla bambina, ideavamo preparativi per la sua camera, la sua culla e tutto il resto. Venne il momento del concepimento. Ricoverarono Estrin in ospedale per l’intervento di estrazione del feto, vi era una sofferenza fetale e bisognava operare con un cesareo. Ci furono delle complicazioni, riuscirono a far nascere la bambina, ma non riuscirono a salvare Estrin. Perse troppo sangue e non sopravvisse. Uscirono tutti i medici dalla camera e l’ostetrico parlò con me.

Togliendosi la maschera e abbassando per un momento il capo mi disse:

-Signore, mi spiace, ma sua moglie non sopravviverà all’intervento. Purtroppo c’è stata una sofferenza fetale e sua moglie ha deciso di salvare la bambina. Nell’intervento le complicazioni sono state imprevedibili, sua moglie ha perso molto sangue e… l’integrazione proteinica non riuscirebbe in tempo per una ripresa fisica. Sono dolente, ma ormai non c’è più niente da fare per lei.-

In quel momento cambiai espressione. L’immagine di un uomo su cui cade il mondo addosso era impressa sul mio volto.

-Come sarebbe complicazioni…Quanto le rimane da vivere?-

-In queste condizioni non mi riesce di stabilirlo!-

-Posso entrare ora!-

-Certo, capisco la sua condizione, rimanga per quanto tempo lei lo ritienga opportuno!-

Entrai dalla mia stella, ormai cadente. Il suo viso era sempre bellissimo, come la prima volta che la vidi, con una piccola differenza, adesso l’amavo di più di allora, soprattutto consapevole che l’avrei persa per sempre. I suoi occhi erano chiusi, in un’espressione agonizzante. Le presi la mano e lei aprì gli occhi, girandosi verso di me.

-Ciao Estrin, adesso abbiamo una figlia, sei contenta?-

-Si, moltissimo, ma non potrò bedare a lei, questo compito spetta a te. Hai sentito i medici cosa hanno detto, per me non c’è più niente da fare. D’altro canto non possono esistere due dee per un solo angelo.-

Piangevo.

-Ma una dea e una stella si. Nel mio cuore c’è posto per entrambi.-

-Come sei dolce. La mia consolazione sarà che ho sposato un uomo fine e sensibile. Non mi rimane molto tempo, fammi una promessa: Tratta nostra figlia come hai trattato me. Difendila da chi non la merita e proteggila. Chiamala Annelise. Sento che sto per morire, promettilo, per favore.-
Piangevo in modo incontrollabile, come lei.

-Dai non piangere. Altrimenti piango anche io.-

Mi avvicinai al suo volto per baciarla.

-Estrin, Ti prometto che proteggerò Annelise da tutti, che la crescerò nel migliore dei modi, diventerà bellissima, come te, amore mio!-

-Ah, mi hai reso felice, adesso posso andare. Ti aspetterò lassù, ti aspetterò impazientemente.

-Estrin, no. Rimani. Come farò senza di te!-

Carezzandomi il volto con la sua mano:

-Hai Annelise, mi hai fatto una promessa.-

Facendo un sorrisetto dolcissimo mi disse le sue ultime parole:

-Addio, Victor.-

La mano che mi carezzava il volto ricadde sul suo corpo. Mi abbandonò girando il volto sul lato opposto a me. Mi appoggiai su di lei ormai inerme ad ogni stimolazione e mi abbandonai al dolore più forte che avessi mai provato. Le mie lacrime scendevano sul suo viso e andavano a finire sul cuscino bianchissimo. I suoi capelli carezzavano dolcemente i miei mentre io baciavo la sua bocca, i suoi occhi e la sua fronte. Quando divvenni più calmo lasciai la stanza, rimpiazzato dai medici addetti alle camere mortuarie. Il lettino che la ospitava venne portato via e io le diedi un ultimo sguardo, stillando un’ultima lacrima.

-Signore, mi spiace moltissimo, sono dolente, so cosa prova, ma si calmi, si riposi e inoltre, se questo la può consolare, ha una bellissima bambina in incubatrice che la aspetta!-

-La tua vita è vuota dentro, quando scopri che una persona che ti ama più della sua stessa vita scompare da vicino a te.-

-E’ comprensibile, ma…-

-Dottore, non cerchi di consolarmi, tanto le sue parole non la riporteranno indietro.-

-Ma potrebbero calmare lei, in alcune situazioni le parole a volte sono di molto aiuto.-

-Ha ragione, mi scusi, sono agitato, tutto è successo in fretta, e…sono rimasto un pò stranito, nel vedere mia moglie morire.-

-E’ normale, ma adesso vada a riposarsi, ne ha bisogno e dopo vada a trovare sua figlia, le porterà conforto.-

-Grazie ancora per la comprensione, arrivederci dottore.-

-Arrivederci.
Si dirigeva verso una delle porte di fronte me e prima di girare:

-A proposito, permette una parola!?-

-Mi dica!-

-Aveva una moglie bellissima. Complimenti.-

Un sorrisetto scherzoso cambiò la sua espressione seria di poco prima. Dopo di che, entrò nella porta a svolgere le sue commissioni.
Pensavo ad altro in quel momento, capii quanto ero veramente innamorato di Estrin. Vederla morire rafforzò il mio amore per lei, infatti non mi risposai con nessun altra. Vivevo ormai solo per Annelise, e indirettamente solo per Estrin. Avevo fatto una promessa, che in quella situazione divenne una delle mie poche ragioni di vita: In quell’occasione era morta una parte di me e di ragioni di vita ormai ne avevo ben poche.

Annelise mi aspettava, dovevo andare da lei, avendo il pensiero fisso su Estrin. Vidi la mia bambina per la prima volta; era bellissima!

Non mi sento di parlare del funerale di Estrin.

Crebbe bene la piccola Annelise. Le raccontavo di sua madre e lei mi ascoltava con molta attenzione. All’età di 16 anni mi vide disteso sul letto, mentre sistemavo una delle fotografie sul comodino con me ed Estrin insieme, la fotografia era del nostro matrimonio.

-Papà, eravate bellissimi nel vostro matrimonio; la mamma ha un’espressione felice.-

-Era felice con me, per lei ero tutto, che ti dico sempre io, spero che tu trovi un ragazzo serio, con cui passare la tua vita.-

-Papà, me lo hai già spiegato, non ti preoccupare, al momento opportuno saprò chi scegliere.-

-Brava la mia Annelise.-

-Posso farti una domanda?-

-Certo, dimmi.-

-Papà, come mai la mamma ha deciso di sacrificarsi per me?-

-Anne, sono cose che adesso non puoi capire. La risposta arriverà quando avrai anche tu un figlio.-

-Va bene. Vado con le mie amiche di scuola ad una cena. Vengo tra un paio d’ore. Ciao papà.-

-Divertiti Anne.-

Era allegra e spensierata la piccola Annelise, adesso non più troppo piccola. La sua somiglianza a sua madre la rendeva bella e sensuale, per la sua età, ma non aveva ancora scelto nessun fidanzato, o almeno io sapevo così. Io intanto invecchiavo e lei cresceva.

Il suo primo fidanzamento a 24 anni fu anche il suo ultimo, nel senso che con questa persona passò tutta la sua vita. Mi aveva detto che me lo avrebbe fatto conoscere e io non stavo più nella pelle, mi dava soddisfazione il fatto che Annelise si fosse fidanzata e che mi avrebbe fatto conoscere il suo ragazzo. Dovevamo cenare insieme. Da una bellissima BMW uscì Annelise, mentre dalla parte di guida uscì un giovane alto, castano chiaro. Un ufficiale della Marina Mercantile con tanto di divisa. Prese sottobraccio Annelise e la portò verso la porta di casa. Entrò Annelise che mi salutò, seguita dal giovane.

-Philip, questo è mio padre.-

Il giovane mi strinse la mano, portando prima il suo cappello militare sotto il braccio e scandendo la voce:

-Piacere signore!-

-Anne, la cena è pronta. Se vogliamo mangiare!-

-Si papà, mettiti comodo, adesso faccio io la donna di casa.-

Philip gradì la breve cena. Discutemmo su argomenti che ci capitavano al momento e continuavamo a scambiarci commenti. Arrivò il momento della loro passeggiata.

-Annelise, aspetta in macchina. Dico una cosa a tuo padre e poi torno!-

-Vado.-

Aspettando che Anne usci dalla porta, il ragazzo mi disse:

-Signore, io e sua figlia ci vogliamo bene. Sua figlia è molto dolce, molto carismatica, molto bella, ed è per questo che io ufficialmente e civilmente le chiedo se può concedermi…la mano di Annelise! Sappia che la mia intenzione è di portarla all’altare vergine, non consumeremo il nostro matrimonio a meno che non sia Annelise a chiedermelo. La rispetto come rispetto lei e credo che non farei nulla contro la sua volontà. Credo di averle detto tutto. A lei la risposta.-

-In questo poco tempo in cui siamo stati insieme mi hai dimostrato di essere un ragazzo serio che rispetta i genitori della ragazza che sta per sposare, la mia risposta non può essere che positiva. Hai tutta la mia approvazione.-

-Grazie signore.-

Si rimise il cappello in testa e mi abbracciò in modo molto affettuoso, come un vero figlio. Mentre andava via si girò di nuovo e mi disse:

-Posso chiamarla papà!-

-SI.-

-Grazie di nuovo, papà!-

Il suo volto assunse un’espressione nuova, commossa. Era un ragazzo a cui erano morti entrambi i genitori e aveva bisogno di molto affetto, in parte regalatogli dalla mia Annelise, in parte regalatogli da me, come genitore acquisito.
Si sposarono dopo un mese a quella parte.

Fui fiero di portare mia figlia all’altare, lei indossava lo stesso vestito della madre ed era come lei bellissima, la vedevo in un viso dolcissimo, la mia bambina che si spostava, che emozione. I graduati da parte di Philip furono molti e nel momento del bacio tutti incrociarono le spade come a costruire un ponte e aspettarono che i due uscirono dalla chiesa. La festa fu egualmente bellissima e riusci benissimo. I due dopo le feste partirono per la luna di miele e ritornarono dopo quattro settimane. In un primo momento gli ospitai io.

Loro dormirono nella stanza degli ospiti mentre io dormii nella stanza matrimoniale. L’indomani sarebbero passati nella stanza dove attualmente ero, mentre io sarei passato nella stanza dove erano attualmente loro. Mi addormentai annebbiato da questi pensieri e pensando al quadretto di me e di Estrin che era sul comodino.

Mi trovai in una stanza bianca vestito completamente di bianco. Avevo un completo bianco e gli occhiali scurissimi bianchi con le lenti nere. Arrivò un uomo senza faccia e volto inespressivo.

-Lei venga con me!-

-Certo, la seguo.-

Non mi resi nemmeno conto di ciò che dissi, forse stavo sognando. Mi trovai vicino una carrozza bianca e dorata. Aprì la porta lo stesso uomo che mi aveva accompagnato, dopodichè se ne andò facendomi una specie di inchino. Dalla carrozza usci qualcuno che non riuscii a riconoscere. Era una donna, me ne accorsi dalle sue nudita. Alzò il velo dal suo viso e mi accorsi che la donna splendida era Estrin. Era vestita con un vestito bianco trasparente che le lasciava vedere le sue nudità, cinta d’oro, collana di un fascio di seta bianco con una perla al centro, orecchini con una croce d’oro, ombretto e rossetto di color argento e guanti che arrivavano fino a poco sopra i gomiti.

-Ciao Victor, ti trovo molto bene.-

-Estrin, amore mio. Come mai sei vestita così, dove siamo, io stavo dormendo, ti sto sognando per caso?-

-La nostra Annelise come sta?-

-Sta bene, si è sposata da poco con un bravo ragazzo.-

-Amore mio, credo che adesso Annelise dovrà trovare la forza per vivere da sola!-

-Cosa vuoi dire?-

-TU non stai sognando, tesoro. E Annelise domani scoprirà di essere orfana di entrambi i genitori.-

-Vuoi dire che…-

-Si, mi spiace per te… so che saresti voluto restare ancora, ma il disegno divino non te lo ha permesso, tutti vorrebbero rimanere ancora, ma non è consentito loro scegliere.-

-Non sono dispiaciuto affatto, dopotutto in tutto questo c’è qualche cosa di positivo.-

-E cioè!?-

-L’angelo ha rincontrato la sua dea.-

-Riesci sempre a stupirmi.-

Mi avvicinai a lei per baciarla. Lei mi strinse i fianchi e mi baciò sulla bocca.

-Victor, te lo avrei promesso che ci saremmo rincontrati.-

Non riuscii a trattenere una lacrima.

-Dai, non piangere. Aspetta…-

Prese la mia lacrima con le dita, le trofinò e ne uscì una perla biachissima.

-Estrin, adesso staremo insieme per sempre.-

-Amore mio, per molto tempo sono stata sola, quanto tempo ti ho aspettato, quanto tempo ti ho osservato. Adesso che sei qui non ti lascerò mai più.-

Salimmo sulla carrozza e andammo nel nostro alloggio nel paradiso. Il nostro castello d’argento era circondato da ambienti verdissimi, acque limpidissime e alberi altissimi. Anche le altre anime avevano ambientazioni uguali e divisi per coppie.

Tutto era rigorosamente bianco. Andammo in camera da letto. Estrin si mise seduta e aspettò.
Io mi distesi sul letto.

-Estrin, vieni qui amore mio. Vieni accanto a me.-

Avevo voglia di fare l’amore con lei, nessuna dominazione, nessuna violenza, solo amore candido, puro, passionale.
Notai sul tavolino vicino al letto delle rose bianche in un vaso. Ne sfilai una dal mazzetto e la strofinai sulle mie labbra. La superficie morbidissima della rosa era notevole, come la seta.

-Estrin, voglio di nuovo dimostrarti quanto ti amo. Distenditi sul letto.-

Estrin si distese sul letto. Chiuse gli occhi. Ammiravo il suo corpo. Strofinai la rosa sul suo viso e lei gemeva. La passai sul suo seno e lei respirava, scendevo giù fino al ventre e la carezzavo. La sua pelle sempre freschissima e rosea. Cambiai la rosa con le mie labbra e lei apprezzò molto, aprendosi sempre di più a me. Continuavo per ancora breve tempo fin quando facemmo l’amore completo.

Le carezze che le rivolsi furono molte. Spostando i suoi capelli dalla sua fronte mi accingevo a baciarle il viso tutto.

-Mi mancava il tuo sapore. Mi mancavi tu. Ti desideravo, tutte le notti da quando me ne sono andata, pensavo a te, più pensavo a te e più avevo voglia. Poco fa, mi hai fatto capire di non essere più sola.-

-Anche io avevo un vuoto, che ho colmato solo ora, da quando mi hai lasciato. Non facevo altro che pensarti, meditavo sulle nostre fotografie, per mantenerti viva, nei miei ricordi.-

-Victor, dimmi qualcosa di dolce.-

-Adesso, così?-

-SI-

-Va bene, ti dico la cosa più dolce che mi viene in mente. Ma te la devo dire molto vicino, altrimenti svanisce.-

-Dai, dimmela.-

-Dunque, la cosa più dolce che mi viene in mente adesso è:una cosa che ha sei lettere, che ti appartiene: il tuo nome, Estrin! Non credo di aver trovato qualcosa di più dolce nella mia vita.-

-Non riesco a trattenere le lacrime, perdonami, ma mi commuovi sempre.-

-Dai non piangere.-

-Hai ragione, scusami. Chissà adesso cosa starà facendo Annelise.-

Annelise stava facendo l’amore con il suo fidanzato, gemeva di piacere nel solo sfiorare la carne di Philip e anche lui faceva lo stesso. A volte tramite loro mi ricordo dei bellissimi rapporti con Estrin, ricordo le emozioni che provavamo scambiandoci un bacio innocente, una passione che ci investiva tutti e che ci manteneva in qualche modo uniti. Annelise stava perdendo la verginità con un ragazzo che la meritava a 24 anni, come sua madre con me, mentre spiccava nella sua stanza la foto dei suoi genitori che erano teneramente abbracciati: Io ed Estrin nel giorno più felice della nostra vita, il nostro matrimonio.
La mattina dopo ci furono momenti di atroce sofferenza per Annelise e Philip, ma questa è un’altra storia.

Ammetto di non aver scritto un racconto sensuale di gran classe, ma è il mio primo e, come si usa dire:”C’è sempre una prima volta”.

Gradirei, come spiegato su, dei commenti da parte dei lettori tutti. La mia mail la trovate in cessione al sito de “I racconti di Milu”.

Victor Koma1

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