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Racconti Erotici Etero

Il ballo a palazzo

By 25 Gennaio 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Fin da quando ero bambina sognavo di partecipare ad una festa in maschera. Per quanto odi il carnevale, avere la possibilità di andare a Venezia, per lavoro, ed essere invitata ad un ballo in maschera &egrave stata un’opportunità alla quale non sono riuscita a rinunciare. La regola del palazzo che avrebbe ospitato questa serata esclusiva &egrave una sola e molto semplice: tutti in maschera, nessuno escluso. Nessun cameriere, o invitato, o addetto ai lavori, o usciere avrebbe potuto prendere parte ai festeggiamenti senza maschera. Per una sera tutti uguali, per una sera il ricco e il povero, il lavoratore e l’invitato sarebbero stati tutti allo stesso livello.
Il mio lavoro sarebbe stato molto semplice: accompagnare degli ospiti prestigiosi alla serata e assicurarmi che tutto venga fatto a regola d’arte. Colpo di fortuna ulteriore ‘e certamente non sperato ‘ l’azienda per la quale lavoro mi avrebbe fornito anche il costume. Avrei così evitato lunghissime file in atelier dovendomi ‘accontentare’ degli ultimi capi rimasti.
Invece, arrivata in hotel, trovo all’interno dell’armadio un meraviglioso costume d’epoca, nero e bordeux, con ricami in pizzo. Un costume, per fortuna, non troppo gonfio ed eccessivo, vista la mia altezza non proprio da watussa. Il solo tocco di quella stoffa mi provoca dei brividi incredibili’ Immagino il mio corpo nudo a contatto con il corsetto, la lunga gonna a terra che sfiora le mie gambe e le mie cosce, il rumore delle vesti che mi rende sensuale, donna, bellissima, e assolutamente sconosciuta a tutti. Insieme al costume trovo anche un paio di tacchi altissimi e della giusta misura ‘una vera e propria scoperta- e una maschera, nera e bordeux, utile a coprire il viso e a celare la mia identità, come da regolamento della festa. Mi sembra tutto perfetto. Guardo l’orologio e mi accorgo che ho ancora il tempo per un lungo bagno, per rilassarmi, per prepararmi per la grande serata. L’acqua &egrave bollente e i Sali profumati inebriano i miei sensi. Mi lascio accogliere da quel tepore che invade il mio corpo, provocando lunghi e profondi brividi di piacere. La mia mente si sta totalmente svuotando e le mie mani corrono lungo il mio corpo, sui polpacci, sulle gambe e sulle cosce. Arrivano all’inguine e in un attimo sono sulle labbra, dischiuse e calde, non solo per l’acqua nella quale sono immerse. Le mie dita scivolano dentro di me, procurandomi un dolcissimo e lieve piacere lungo tutto il corpo, fino ad irradiarsi nel cervello. Indugio sul clitoride, carico di umori nonostante l’acqua. I piccoli movimenti circolari si fanno sempre più audaci su di me e io non desidero altro che lasciarmi andare ad un orgasmo profondo e intimo. Tiro indietro la testa e i capelli si bagnano, il bacino si tende e le gambe si irrigidiscono: l’orgasmo arriva all’improvviso, e io mi lascio invadere dalla sua potenza, dai suoi brividi. Vorrei rimanere per sempre immersa qui, ma c’&egrave una festa che mi attende ed io non voglio perderla.
Avvolta in una spugna bianca e profumata, entro in camera da letto e noto un pacchetto sul letto che prima non c’era: &egrave raso nero, con un fiocco rosso, proprio come il vestito che indosserò questa sera. Chi lo avrà portato? Possibile che non mi sia accorta di niente? Una volta sciolto il nastro, la mia sorpresa &egrave assoluta: il pacchetto contiene della biancheria intima di pizzo nera, un reggiseno di strabiliante fattura e un perizoma del medesimo tessuto. Sembrano cuciti a mano e riportano, in due punti piccoli e quasi invisibili, due minuscoli fiocchetti boredeaux. Cerco il biglietto che accompagna il pacchetto e ne trovo uno, vergato a mano, con una calligrafia senza tempo: ‘per un meraviglioso vestito ci vuole il giusto intimo. Spero di avere fatto la giusta scelta’. Non ci sono iniziali, non c’&egrave nessun elemento che possa farmi capire chi si &egrave premurato di farmi avere questo splendore.. Venezia &egrave la città delle sorprese e io amo farmi sorprendere. La prima cosa che faccio &egrave truccarmi in modo accurato, dando molto risalto agli occhi e alle labbra: mi piace pensare che attraverso i fori della maschera si possa individuare un particolare inedito, e desidero che la mia bocca parli al posto delle mie parole.
La biancheria sembra essermi stata dipinta addosso: mi sento donna, femmina, sensuale, incredibilmente bella e mi rendo conto di non avere mai provato una sensazione del genere.
Indossato il costume sembro davvero un’altra persona. Nessuno può riconoscermi, i miei ospiti non conoscono la mia maschera ma io conosco la loro, così che io non abbia problemi nel caso in cui dovesse capitare loro qualche cosa. Allaccio la maschera dietro alla mia testa, incastrando i nastri nell’acconciatura e sono pronta. Pronta a vivere una serata incredibile, che, sono sicura, ricorderò nel tempo.
Arrivata al palazzo, lascio all’ingresso l’invito che mi &egrave stato dato ed entro nella navata principale: quello che vedo attorno a me quasi mi lascia senza fiato, senza possibilità di dire nulla. Ci sono dei costumi meravigliosi tutto intorno a me, sembra di stare in un’altra epoca, in un altro mondo. Chi saranno tutte queste persone? Quali le loro vite? Quali i loro nomi? Per una sera niente di tutto questo mi interessa, desidero solo farmi travolgere dalla magia, rispettando comunque il mio lavoro. Continuo a camminare per i saloni sentendomi una gentildonna d’altri tempi. Nonostante le maschere, mi rendo conto di avere molti sguardi puntati addosso: in effetti indosso un costume bellissimo e nessuno può sapere che io sia lì per lavoro. Non c’&egrave nemmeno il mio capo, che ha dovuto presenziare ad un altro evento, sempre nella stessa città. Ci sono io, i miei brividi, le mie emozioni e la mia crescente eccitazione. Si, sono eccitata e il perizoma che indosso ne sta subendo le conseguenze: incastrato fra le mie labbra ed il mio culo &egrave pregno dei miei umori di donna d’altri tempi. Sembra quasi che io possa sentirne l’odore.
All’improvviso mi sento tirare da una mano forte e decisa, una mano vestita con un guanto di seta nero che mi attrae a se dietro ad un pesante tendaggio di broccato. Lascio andare un grido, ma un’altra mano, vestita con il medesimo guanto si appoggia con ferma gentilezza sulle mie labbra. Cerco di capire che cosa stia succedendo, ma la sola cosa che riesco a vedere &egrave una imponente figura maschile, che indossa un abito blu scuro e d’oro, con un lungo mantello con cappuccio. Indossa anch’egli una maschera, e quello che mi colpisce, a parte l’assoluta profondità degli occhi, &egrave il naso importante ‘ che però non stona affatto con la figura possente che ho davanti – e un profumo inebriante e buonissimo.
L’uomo mi tira a se e siamo occhi negli occhi. Mi sembra che le maschere non possano nascondere questo desiderio improvviso che ci lega, che ci tiene stretti dietro questa tenda. Sento le sue mani sul mio corsetto, lungo la schiena, e la sua voce suadente con un accento che non riesco a riconoscere mi dice solamente: ‘Ti desidero. E’ da quando hai messo piede qui dentro che sento di volerti. Tu non mi conosci. Non saprai mai chi sono. Puoi decidere di lasciarti andare, e sarà per te un’esperienza bellissima, oppure dirmi di no, e ti sembrerà solo un sogno dal quale ti sei svegliata’.
Se mi avessero buttato addosso una secchiata di acqua fredda la mia sorpresa sarebbe stata minore. C’era qualche cosa nella sua voce, qualche cosa nel suo modo di fare e di muoversi che catalizzava tutta la mia attenzione, tutto il mio corpo, tutta la mia anima. Era un perfetto sconosciuto ‘ e tale sarebbe rimasto ‘ e mi chiedeva di lasciarmi andare. E i miei ospiti? E il mio lavoro? E se qualcuno ci avesse scoperti? Eppure’ Eppure era chimica, magnetismo quello che mi inchiodava in quell’ansa del palazzo lontana da occhi indiscreti, dietro ad una tenda di broccato rosso. Non credevo alle mie parole, quando dalla mia bocca esce un flebile ma assoluto ‘si, lo voglio’.
La sua bocca &egrave su di me in un attimo ed il suo sapore &egrave buono, dolce. Sa leggermente di alcolico, ma non così eccessivo da dare fastidio. La sua lingua dischiude i miei denti ed &egrave dentro di me. Ci mordiamo le labbra con desiderio, a cercarci a vicenda. Sento le sue mani che si fanno audaci sul corsetto del mio abito, mentre le mie cercano un passaggio nel suo mantello. Lentamente sento che sta slacciando i nastri della parte posteriore del mio abito’. Mi desidera. E io desidero lui. La sua bocca sfiora il mio collo, il mio petto, fino a baciare i seni al di sopra della stoffa, mentre le mie mani slacciano ad uno ad uno i bottoni della sua giacca. ‘E se qualcuno ci vedesse, domando io?’.
‘qui non ci troveranno. Non fare domande, mia bella signora, godi e basta’.
Quelle mani gentili e decise sulla mia schiena che lentamente iniziano a sfilare dalle asole i nastri, allargando il corsetto e mettendo in mostra il reggiseno di splendida fattura. Sento le sue mani sul mio petto, sul mio seno, disegnare il profilo del pizzo. Lo scorre per poi scivolare con le sue dita all’interno e raggiungere i miei capezzoli, che in un attimo divengono duri come due spilli. Li prende con gentilezza fra le sue dita, ci gioca, li sfiora e all’improvviso li stringe e li rilascia, togliendomi il fiato per qualche istante.
‘Sei sicura di volere che io vada avanti?’ Mi domanda.
‘Si. Sono sicura. Ti prego’ Non fermarti”
‘Si. Sono sicura. Ti prego’ Non fermarti”
Le sue mani si fanno più audaci sul mio seno ed io sento tutta la sua potenza addosso a me. Gioca con i capezzoli come fossero suoi ed io lo lascio fare. In un attimo la sua bocca &egrave su di loro, succhiandoli, assaporandoli , saggiando la loro consistenza e la loro resistenza agli attacchi delle sue labbra. Mi strappa un grido, a metà fra il dolore e il piacere, ma in un secondo lascia la mia bocca affogare nel suo collo. Assaggio la sua pelle ed ha un sapore intenso e buonissimo. Sento un desiderio mai provato prima crescere dalla punta dei piedi ed arrivare al centro della mia pancia. Sono come pugni improvvisi le vampate di piacere e di eccitazione che mi stanno riempiendo il ventre. La sua bocca tormenta generosamente il mio seno, ma non si ferma a questo. Lentamente, lasciando scivolare sempre di più il corpetto, scende lungo l’ombelico, ne delinea il contorno e con un gesto rapido e gentile lascia scivolare a terra la mia veste. Eccomi di fronte a lui, con la mia bellissima biancheria nera, il reggicalze e le autoreggenti ed un paio di vertiginosi tacchi altissimi. E’ così che mi vede ed &egrave a quel punto che fa un passo indietro, per ammirare tutta la mia figura. Io mi lascio guardare: so che non conoscerà mai la mia identità, né mai io la sua, ed &egrave questo dettaglio che rende il tutto ancora più eccitante. Il mio misterioso uomo si avvicina nuovamente a me e sento le sue mani sulle mie forme, sulle spalle, sulle braccia, sui fianchi. Scende giù lungo le cosce, i polpacci e i piedi e si china a terra. Una volta accucciato a terra prende con eleganza il mio vestito e lo stende a terra; poi si toglie il mantello, lo piega in due e lo appoggia al di sopra del mio vestito, quasi a fare un letto di fortuna.
Mi porge una mano e mi chiede di distendermi a terra. Io sono come ipnotizzata da quest’uomo e mi accomodo su questo giaciglio che &egrave molto, molto più comodo di quello che pensassi e mi lascio guidare dai suoi movimenti, dai suoi gesti, dal suo fascino. Le sue mani corrono sulle mie cosce e quel tocco sono mille brividi per me. Una volta arrivato all’inguine, sfiora la stoffa del mio perizoma, ormai fradicio di umori e di eccitazione e vedo il suo viso avvicinarsi. Vuole sentire il mio odore di donna e di femmina e sento che fa un respiro profondo: non vuole perdere nemmeno un grammo della mia essenza, la vuole tutta per se ed io sono pronta a concedergliela. Tutta. Senza vincoli. Le sue mani sfiorano i bordi del perizoma e questo lento trattamento &egrave per me una tortura che non fa che aumentare il mio desiderio, il mio piacere. Le sue dita sono fredde ed &egrave proprio il contrasto con il mio corpo caldo e voglioso a rendere tutto ancora più eccitante. Finalmente si inserisce al di sotto della stoffa e sfiora la mia intimità, mandandomi in estasi. Sento le sue dita impregnarsi dei miei umori e scivolare dentro di me facendosi strada fra le mie labbra: le grandi, carnose e ricoperte di una sparsa e curata peluria, e le piccole, che sembrano quasi due petali di fragola. La sua mano esplora la mia fighetta con maestria e io sento di essere totalmente in suo potere. La sua mano non &egrave rapida, ma lenta, come a voler saggiare la mia consistenza, come a voler sentire ogni centimetro del mio corpo. Arriva fino al mio buchino, che &egrave stretto e lentamente si fa strada dentro di lui. Lo sta lubrificando con gli umori del mio corpo e a me sembra di impazzire. Lentamente sfila via il mio perizoma e allora sono completamente nuda davanti ai suoi occhi. La sua lingua, in un istante, &egrave su di me, a raccogliere i miei umori, a giocare con il clitoride che deve essere turgido e rosso. Segue il profilo delle labbra, le esplora, le lecca, le accarezza, le succhia. Sento la punta della sua lingua, beffarda e sbarazzina, che compie movimenti rapidi su di me. Sento la parte piatta, più calda e avvolgente, che provoca brividi profondi sul mio corpo. Le sue mani allargano le mie labbra ed io posso avvertire il soffio del suo caldo fiato su di me.
‘Apri le gambe. Aprile ancora di più’. Quello che ha l’aspetto di un ordine per le mie orecchie &egrave musica, così divarico ancora di più le mie gambe. Immagino ciò che voglia farmi ed io non vedo l’ora. Invece, con mia grande sorpresa, si alza e rimane a guardarmi qualche secondo. ‘Sei bellissima. Sembri un dipinto’. Quella voce, quelle parole inebriano i miei sensi.
Mi fa cenno di alzarmi ed io sono in piedi, davanti a lui. Prendendomi per le spalle mi appoggi addosso al muro, accanto alla grande finestra del palazzo. Sento che si sta slacciando i pantaloni ed in un attimo il suo membro eretto &egrave addosso a me. Posso sentirne la prestanza, la rigidità. Le mie mani vogliono toccarlo ma lui me lo impedisce. Vuole essere lui a metterlo dentro di me ed &egrave così che me lo infila dentro. Lo sento aderire alle mie labbra che lo risucchiano, che lo accolgono con desiderio ed eccitazione.
Sentirlo dentro di me mi provoca i brividi: &egrave un perfetto sconosciuto e stiamo scopando durante una prestigiosa festa a palazzo.
Mi pare impossibile, eppure quel pensiero tormenta la mia mente e fa salire l’estasi alle stelle. I suoi colpi sono forti, decisi, maschili. Sento il suo desiderio crescere, mentre il mio bacino aderisce perfettamente al suo corpo, per farlo entrare ancora più dentro di me. Intanto le sue mani sono sul mio sedere: lo stringono, sento le sue dita affondare nella mia carne come a volerla portare via, mentre il vigore dei suoi colpi aumenta sempre di più.
‘Senti come ti sto scopando’, mi dice senza ritegno, come se non fosse più il gentiluomo di prima. E quelle parole hanno il potere di accendere i miei sensi ancora di più. ‘Si. Scopami ancora. Scopami profondamente’. Anche l’uomo sconosciuto sembra essere preso in contropiede da queste parole, tanto che i suoi affondi si fanno ancora più forti, fino a che non lo sento irrigidirsi e finalmente venire. Sentirlo così mi manda in visibilio e anche io mi lascio andare ad un orgasmo potentissimo e prolungato. Lui si muove ancora in me e io addosso a lui: vogliamo prolungare quella sensazione il più possibile. Sono gli ultimi brividi quelli più profondi, quelli che ci lasciano senza fiato, addosso l’uno all’altra. Sento il suo respiro affannoso sul mio collo, mentre lui può avvertire il mio odore di femmina sul suo corpo. Rimaniamo così ancora qualche istante, giusto il tempo di riprendere il contatto con la realtà.
Ci guardiamo, maschere nelle maschere. Lui si ricompone, mi porge da terra il vestito e, senza dire una sola parola, mi aiuta a indossare nuovamente il mio costume. Prima di andare via, di allontanarsi definitivamente da me, mi sussurra qualche cosa che non dimenticherò mai, e che sarà il ricordo più bello di questo viaggio di lavoro a Venezia ‘spero che il mio regalo ti sia piaciuto. Lunedì, in ufficio, desidero avere un report dettagliato della serata. In ufficio da me. Alle 9’.
Rimango senza parole, con gli occhi sgranati. Ho scopato con il mio capo. Ed &egrave stato meravigliosamente eccitante.
E dunque, il lunedì in ufficio era alla fine arrivato. Durante il tragitto, la mia mente aveva ripercorso il discorso che avrei fatto al mio capo decine e decine di volte, immaginando inflessioni, immaginando sguardi, desiderando che non trapelasse nessun tipo di emozione, soprattutto di fronte ai miei colleghi. Io non avrei mai e poi mai immaginato che quel gentiluomo con lo scuro mantello potesse essere proprio lui, Fabio, il mio capo ufficio. Sapevo per certa che non avrebbe preso parte al ballo in maschera, perché avrebbe dovuto presenziare ad un altro impegno mondano, sempre a Venezia. Se anche solo avessi avuto la vaga idea che dietro quella maschera potesse celarsi lui, giuro, non avrei ceduto. Io non sono attratta da Fabio, continuavo a ripetermi, non mi piace, né fisicamente né psicologicamente. Non &egrave il mio tipo e soprattutto non ho nessunissimo interesse nei suoi confronti.
Forte di quei ragionamenti mattutini, avevo varcato la soglia dell’ufficio super puntuale. Non volevo dare a Fabio nessuna possibilità di appello, né di ramanzina. Perciò, avevo deciso di indossare un tailleur al ginocchio, calze velate, una camicetta bianca con il collo alla coreana e una giacca in tinta con la gonna. Ero la perfetta project manager, senza alcun tipo di velleità. Unico vezzo che mi ero concessa, uno smalto rosso Chanel, unico ricordo della mondanità veneziana.
La prima a salutarmi fu la ragazza del front office, che mi sommerse di domande sul mio costume, su Venezia, sul carnevale e su mille altri dettagli che io avevo completamente rimosso. Aggiunse che ero molto bella con quel vestito ‘giusto quello che mi ci voleva- e che Fabio aveva già chiesto di me, per chiudere la pratica. Quelle parole mi gelarono il sangue, potevano prestarsi a mille interpretazioni diverse e io, per nessuna ragione, dovevo dare a vedere il mio turbamento.
Così, poggiai il cappotto in stanza e con passo sicuro, stretta nel mio alto decolté, mi avviai verso la stanza del capo. Ero nervosa e agitata, non sapevo che cosa avrei dovuto fronteggiare, ma non potevo darlo a vedere.
Bussai.
‘Avanti’. La sua voce mi sembrava gentile e rilassata e già questo deponeva a mio favore. Mi accomodai sulla sedia di fronte alla sua scrivania e con calma e gentilezza lo salutai dicendo semplicemente ‘Buongiorno, Fabio’.
Lui alzò lo sguardo su di me e sorrise, senza però lasciare trapelare assolutamente niente: nessuna emozione, nessuna allusione e questo mi convinse a rilassare i muscoli e a posare tutti gli incartamenti sulla scrivania. Parlammo in maniera molto professionale di come era andato l’evento, di quanto fosse rimasto soddisfatto il cliente e di quanto eravamo stati in gamba con le spese, in maniera tale da riuscire a guadagnare più del previsto da quella vicenda. Non mi resi conto che, in realtà, ogni sua affermazione celava un doppio senso che io non volevo cogliere. Perciò mi convinsi fermamente del fatto che, come stavo chiudendo il faldone, così stavo archiviando anche un episodio che non si sarebbe dovuto ripetere mai più.
Mi alzai dalla sedia, con calma e grazia, e prima di richiudermi la porta alle spalle Fabio mi disse:
-‘Il nero ti dona. Il pizzo ti esalta. E con quel trucco eri semplicemente favolosa’. Altro che archiviare!! Fabio non aveva dimenticato nessun dettaglio e io mi sentii all’improvviso il vuoto nella pancia e le gambe tremare. Non ero più sicura e decisa sui miei trampoli e fui costretta a fare leva sulla maniglia della porta per non cadere a terra. Farfugliai qualche cosa e mi rintanai nella mia stanza, sperando che quella giornata non mi riservasse altre sorprese.
Le ore trascorrevano lente, fino a che non sentii il passo spedito di Fabio lungo il corridoio; entrò nella mia stanza senza bussare e, come un ordine perentorio, mi disse: ‘metti il cappotto, andiamo da un nuovo cliente’. Voleva portare me da un nuovo cliente? E che cos’era quella novità? Per un momento lo guardai con la faccia a punto interrogativo, ma il suo tono di voce non ammetteva repliche. Indossai la sciarpa, indossai il cappotto e lo seguii in macchina.
Era stranamente taciturno, ma lo vedevo sorridere in maniera impercettibile. Avrei giurato che aveva qualche cosa in testa, ma non avevo la più pallida idea di che cosa. Quando varcò il cancello, mi resi conto che il cliente doveva essere il proprietario di una catena alberghiera di lusso: quel nome risuonava in tutto il mondo come un marchio di estrema garanzia di qualità e successo e, confesso, era la prima volta che accedevo ad una delle sue strutture. Giardino curatissimo. Personale impeccabile. Stavo per scendere dalla macchina, quando Fabio mi prese per un polso e, avvicinandosi pericolosamente alle mie labbra, mi sussurrò: ‘diciamo che questo &egrave il mio modo per dirti grazie’. E mentre mi diceva queste parole, l’altra mano si posò sulle mie cosce, scostando il bordo della gonna. Io ero paralizzata, ma anche estremamente eccitata da questa situazione. Sentire di nuovo quel tocco scatenò milioni di fantasie in un secondo. Quel tocco che lentamente saliva e che scoprì il bordo delle mie calze autoreggenti. Lo sfiorò, facendo saltare l’elastico sulla mia pelle bianca.
‘Molto bene’, aggiunse semplicemente. E mi disse di scendere.
Io ero turbata, eccitata, impaurita, ma non potevo negare che lo slip che indossavo si stesse lentamente impregnando di umori. Speravo che Fabio non avesse modo di verificarlo, ma’ Non ne avevo la certezza.
Ci fecero accomodare nella stanza del direttore, dietro ad un tavolo di radica dal profondo bordo sporgente. Questo permise al mio capo, per tutto il tempo del colloquio, di tenere una delle due mani sulla mia coscia: la accarezzava, ne saggiava la consistenza, saliva e scendeva a suo piacimento. Dall’esterno non lasciava trapelare nulla, e io ero convinta che il cliente, prima o poi, si sarebbe accorto di qualche cosa. La sua mano percorreva il profilo della mia gamba, che mi costrinse a scavallare e ad allargare. Avvertivo mille brividi sulla mia pelle: desideravo si fermasse, ma desideravo anche che non lo facesse. In realtà’ provavo l’incontenibile desiderio che le sue dita sfiorassero la mia intimità, al di sopra dello slip che avevo indosso. E, come a leggere il mio pensiero, lo fece, e io mi sentii morire. Era una situazione surreale: davanti a noi un potenziale cliente milionario che sembrava pendere dalle sue labbra. La sua mano sulla mia fighetta e la mia eccitazione alle stelle. Lentamente si fece strada dentro di me, ma non in profondità, sulla superficie delle mie labbra e attraverso la stoffa dell’intimo da me indossato. Sentivo la stoffa e sentivo le sue dita e io volevo semplicemente cedere. Cedere e godere, si, anche davanti al cliente.
Allargai le gambe un po’ di più, sedendomi in maniera più eretta sulla sedia: se proprio doveva accadere, sarebbe dovuto accadere con il massimo godimento per entrambi. Sentii le sue dita che iniziarono a scostare la stoffa dei miei slip e, finalmente, a farsi strada dentro di me. Ero un lago di umori e la sua mano sembrava trarre profondo godimento da questo.
Ad un certo punto, fui costretta a slacciare i primi due bottoni della mia camicetta, perché sentivo mancarmi l’aria. Così, diedi modo anche a Fabio di vedere il mio decolté, di captare il reggiseno che avevo indosso, e di immaginare che cosa ci fosse sotto. I miei seni erano turgidi al solo pensiero, i miei capezzoli duri come spilli. La mia mente continuava a ripetermi che ero una vera puttanella a comportarmi così, ma la situazione mi eccitava e mi rendeva ardente di desiderio. Ogni tanto intervenivo nel discorso, cercando di camuffare la mia voce. E ogni volta che aggiungevo una frase, una parola, spiegando meglio dettagli logistici, sentivo la mano di Fabio penetrarmi più a fondo, quasi volendo mettermi alla prova. Lo sentivo fra le mie labbra, giocare con le grandi e con le piccole, sconvolgere e torturare il mio clitoride per provocare in me una reazione evidente. Quando stavo per cedere, il nostro cliente disse: ‘mi avete convinto. Accetto la vostra proposta’. Fabio fu rapido a sgusciare fuori da me e a stringere la mano al mostro sacro dell’hotellerie, e la prima cosa alla quale pensai fu: ‘gli sta stringendo la mano con quella che &egrave pregna dei miei umori!. Sapevo che non era un caso, sapevo che desiderava esattamente arrivare a quello: il mio nettare suggellava un accordo milionario.
Usciti dalla stanza, dissi a Fabio: ‘sai dove si trova la toilette? Avrei bisogno di darmi una rinfrescata’.
– ‘Vieni’. Disse. ‘Ti accompagno io’.
‘Vieni’. Disse. ‘Ti accompagno io’ e lentamente passammo per saloni di incredibile bellezza, pervasi di storia e di arte. Mi sembravo una bambina in gita scolastica, ero affascinata e ammirata da quello che mi circondava, ma allo stesso tempo avevo davvero un impellente bisogno di andare in bagno. ‘Prego, da questa parte’, mi disse e feci distrattamente a tempo a capire che stavamo si entrando alla toilette, ma’ A quella degli uomini’. Feci per dire che, forse , c’era stato un errore, ma lui, con un sorriso sornione, spalancò una delle porte e mi fece entrare. Eravamo chiusi, in un hotel cinque stelle, dentro al bagno degli uomini, io e lui.
La prima cosa che fece, senza troppi complimenti, fu quella di slacciare la mia camicia del tutto e affondare le sue mani e la sua bocca sui miei seni, che, lo ammetto, desideravano da ore quel contatto. Non potei soffocare un gemito di piacere, salvo poi rendermi conto che, qualcuno, avrebbe potuto sentirci. Le sue mani stavano torturando i miei capezzoli che maestria e con ardente desiderio: li stringevano, li torcevano e le sue labbra li succhiavano. Sembrava un assetato che arriva alla sua oasi nel deserto e io mi lasciai andare. Stava succedendo di nuovo, ed io non potevo ‘e non volevo- farci proprio nulla. Sentivo le sue mani frugare il mio corpo in ogni dove: mi sentivo eccitata, desiderosa, pantera e donna, puttana e regina. All’improvviso, la porta del bagno esterno si spalancò e sentimmo dei passi avvicinarsi al bagno accanto al nostro: qualcuno era entrato e avrebbe clamorosamente potuto sentirci. Fabio non si perse d’animo, in un lampo mi sfilò la gonna e mi fece accomodare sul water, in maniera tale che i miei piedi non fossero visibili all’esterno. Con un gesto deciso allargò le mie gambe e la sua bocca fu su di me. Io mi sentii persa: non riuscivo a trattenere i gemiti di godimento, ma dovevo faro, altrimenti il nostro vicino si sarebbe accorto di tutto. Sentivo la sua lingua agitarsi dentro di me, sulle labbra esterne, ricoperte da una rada peluria, e su quelle interne, morbide e dolci di umori. Ne percorreva la lunghezza con la punta della sua lingua e poi con la parte piatta, alternando colpi e lente pennellate. Poi, senza preavviso, guizzava sul clitoride, togliendomi il respiro.
Mi guardava, consapevole che se avessi emesso un fiato, saremmo stati scoperti. Mi lasciai andare al piacere, lasciandomi invadere da quella lingua calda, avvolgente. Non appena il nostro vicino ebbe terminato le sue necessità, Fabio mi prese nuovamente i fianchi e mi fece mettere in piedi. Questa volta sentii le sue mani sul mio sedere, salire e scendere, lentamente allargarlo, passarci in mezzo le sue dita e capire quanto fossi dilatata. Si mise alle mie spalle, cosicch&egrave potessi sentire la sua prepotente erezione mentre le sue mani continuavano a scorrere sul mio corpo. Ad un certo punto, sentii che si stava slacciando i pantaloni: caddero a terra e li appoggiò sul water. Mi fece voltare e sedere nuovamente. Avevo intuito di che cosa ‘avesse voglia’ e, a quel punto, non mi tirai indietro. Glielo presi in bocca tutto, in un solo colpo e questa volta fu lui a lasciarsi andare in un grido di piacere. La sua erezione era davvero prepotente e la sentivo crescere nella mia bocca mano mano che ne succhiavo la grandezza, la consistenza. Sentivo la sua cappella gonfiarsi nel mio palato, mentre le sue mani continuavano a tormentare i miei capezzoli che, grazie a quel trattamento, erano ormai diventati quasi viola e molto doloranti. Eppure lui sapeva come toccarmi e ogni volta avevo la sensazione che mille spilli stessero entrando nella mia carne per farmi godere. La sua asta scivolava lungo il mio palato, mentre la mia lingua a volte ne percorreva la lunghezza, a volte indugiava invece sulla rosa cappella, dalla quale uscivano alcune gocce. Le raccoglievo con la punta della lingua, arricciandola e portandone il succo prima sulle mie labbra, e poi giù per la gola; dopo di che il trattamento riprendeva senza sosta. Volevo portarlo all’apice del piacere, volevo trarre il maggior godimento ed eccitazione da quella situazione che, al solo pensiero, mi faceva tremare le vene nei polsi. Continuai a succhiarlo per minuti che mi sembrarono durare un’infinità: vedevo il suo viso contorcersi dal piacere e dagli spasmi di un orgasmo che stava violentemente ricacciando indietro. Poi le sue parole, che mi colpirono come uno schiaffo sulla faccia.
‘Voglio che tu faccia una cosa per me. Continua a succhiarmi, ma intanto masturbati. Voglio vedere la tua mano che affonda nel tuo corpo,, la voglio vedere bagnata, grondante. Voglio che non ti risparmi. E voglio che mentre lo fai, mentre mi succhi e ti masturbi, mi guardi’.
Quelle parole accesero i miei sensi in maniera molto violenta: iniziai a fare quello che mi chiedeva, così come me lo stava chiedendo, con forza, con passione, con desiderio, con femminilità. Volevo che godesse, volevo che scoppiasse di desiderio. E così, mentre la mia bocca avvolgeva la sua erezione e lasciava alla lingua il compito di portarlo all’apice del piacere, la mia mano si stava facendo strada nella mia intimità. Io sapevo esattamente dove toccarmi per esplodere, quanta pressione esercitare sul clitoride, come ruotare le dita attorno a lui. Questa assoluta padronanza della mia intimità mi faceva tremare le gambe, desideravo esplodere in un orgasmo potente, ma mai prima di Fabio. Era per lui ce mi stavo concedendo in questo modo, che mi stavo esponendo con così tanta forza: il suo corpo si stava contorcendo di spasmi di piacere, non avrebbe più sopportato di andare oltre.
Un grido in gola gli si strozzò quando la mia lingua, con la sua punta impertinente, cominciò a volersi intrufolare nel buchino del glande. Fu come un segnale per lui e per il suo orgasmo, che esplose irrefrenabile nella mia bocca. Il suo liquidi mi inondò il palato e il viso, perché troppo violento per essere contenuto. Sentivo il suo liquido caldo scivolare lungo il viso e sul corpo, sul petto, sembrava non finisse mai. Un fiotto ancora, poi la quiete. E fu quello il segnale che diedi a me stessa per esplodere a mia volta, per stringere nuovamente la sua carne nella mia bocca e farlo fremere all’improvviso. Anche io venni con forza, con passione, con un vibrante desiderio represso.
Ci guardammo sfiniti, nudi, pregni ognuno degli umori dell’altro. Le sue mani percorsero il mio corpo raccogliendo i suoi resti e le portò alla mia bocca: niente doveva andare sprecato. Niente si doveva perdere. Leccai avidamente le sue dita, e sentii ancora quel sapore forte e aspro che mi aveva poco prima inondata. Prese i miei slip da terra e se li infilò in tasca.
Questi saranno il mio souvenir, aggiunse, non prima di avermi dato una sonora sculacciata sul culo.

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