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Racconti Erotici Etero

Così per caso …

By 8 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Avevamo fatto un buon lavoro, valutai, osservando le pareti appena tinteggiate. Ero veramente contenta perché ero riuscita a dare quei tocchi personali ai colori. Quanta fatica, però. Non solo fisica, ma soprattutto la fatica di dover convincere, di volta in volta, quei due testoni, mio marito Franco ed il suo amico Carlo, per l’aggiunta di questo o di quel colore da me preferito. Era stata una settimana di continue discussioni, sfociate talvolta in autentiche diatribe. Sospirai, sorridendo. Mi resi conto che dovevo essere stata insopportabile in quei giorni, soprattutto con Carlo che si era reso così disponibile per darci una mano, durante quelle calde giornate d’Estate, rinunciando alle sue amate nuotate al mare. Alla fine, però, avevano convenuto che le mie scelte erano state giuste (forse solo per accontentarmi, o per la gioia che tutto era finalmente finito, mi sorse il dubbio). Ad ogni modo, non m’importava più di tanto. Avevo fatto una doccia rigeneratrice e mi abbandonai allo schienale del divano, che avevamo appena ricollocato nel salone. Fortuna che avevamo terminato, perché il caldo era veramente insopportabile, quel giorno. Pochi giorni ancora e saremmo partiti per le vacanze di ferragosto, pensai. Strofinai il capo bagnato con l’asciugamano di lino e lo avvolsi intorno alla testa a mo’ di turbante. Solo allora mi resi conto che il mio abbigliamento era rappresentato unicamente dalla vestaglietta di seta di colore avorio, che avevo acquistato cinque anni prima durante il viaggio di nozze. Valutai le mie gambe di trentenne, lisce e ben modellate; toccai il seno turgido, sodo. Era divenuto più voluminoso e compatto, durante quegli anni, pensai con soddisfazione. Franco aveva una vera passione per il mio seno, tanto che sarebbe stato capace di trascorrere delle ore a giocarci, a baciarlo, ad accarezzarlo, a succhiare i capezzoli, come, forse, solo lui sapeva fare. Io, comunque, avevo notato che solitamente lo sguardo degli uomini, dopo aver dato una languida scorsa al mio corpo, si soffermava, piacevolmente, proprio su di esso. Qualche volta, avevo provato un intimo piacere per quelle occhiate, in specie quando queste mi erano state rivolte con discrezione. Scacciai quei pensieri e richiusi la vestaglia, sentendo i passi che si avvicinavano dal corridoio. Mio marito entrò sbuffando. Era madido di sudore ed imbrattato di pittura sin sopra i capelli. esclamò sprofondando sul divano. .

Lo accarezzai, con comprensione.

, protestò

domandai, malcelando un sorriso divertito.

rispose, scoppiando a ridere.

Solo allora mi guardò e si rese conto del mio abbigliamento.

mi affrettai a dirgli, tentando di alzarmi.

domandò, tirandomi di nuovo giù per un braccio.

lo ammonii, ben capendo le sue intenzioni. Per tutta risposta, insinuò la mano nella vestaglia e mi accarezzò il seno. Sospirai. gli rammentai.

mi rassicurò con voce rauca.

Le sue carezze divennero insistenti. Le mani scivolavano, sapienti, per tutto il mio corpo. conoscendone ogni segreto, ogni intimo tocco che poteva farmi vibrare. Mi abbandonai sullo schienale e lo lasciai fare, vinta. Mi sfilò la vestaglia e rimasi nuda; lui mi sollevò con forza, e mi sedette sulle sue gambe. Ci baciammo a lungo, freneticamente, mentre giocherellava con le dita tra i peli del mio pube, facendo scivolare la sua lingua dalla bocca ai seni, alternativamente. Sentivo il pene, duro, che si comprimeva sotto le cosce, ostacolato dal peso del mio corpo. Allargai le gambe, gli sbottonai i pantaloni e tirai fuori il membro. lo strofinai sul mio sesso; insinuai la mano sinistra sotto e sollevai, mettendo a nudo tutti i suoi attributi. Lo masturbai dolcemente, dapprima, poi con foga, come piaceva a lui. Mi girai su me stessa e m’ inginocchiai. seguitando a masturbarlo. Lui mi accarezzò sulla nuca, poi indirizzò lentamente il mio capo verso il pene, facendomi scivolare l’asciugamano dal capo.

< Dai! > mi invitò, ansimante, con un filo di voce.

Mi trovai a pochi centimetri dal suo membro, però non avevo nessuna voglia di farlo e lui lo sapeva. Lo avevo sempre rifiutato e questo era stato, per il passato, oggetto di numerosi litigi. Era più forte di me, forse per l’educazione severa, moralista, bigotta che avevo ricevuto; per la scarsa (nessuna in verità) esperienza sessuale che avevo avuto ma, comunque sia, era una cosa che rifiutavo. Franco sembrava essersi arreso e, solo di tanto in tanto, mi riproponeva la cosa.

< E dai! > ripeté con tono supplichevole.

Sospirai e feci scivolare la lingua per tutto il pene, delicatamente. Assaggiai, cauta, lo sperma sulla punta, mentre continuavo a masturbarlo. Dopo alcuni, lunghi istanti di esitazione, mi resi conto che prima o poi avrei dovuto cedere e fare quell’esperienza. Lui capì che, diversamente dalle altre, questa volta, ero indecisa e stavo per cedere. Emise un gemito e spinse con forza la mia testa verso il membro. Aprii la bocca e lui venne. Venne prima che io potessi iniziare Lo sperma mi bagnò le labbra, m’inondò la mano e in pochi istanti fu tutto finito. Lo baciai sulla bocca un po’ delusa, in verità. In fondo ero stata sul punto di farlo e la cosa non mi era sembrata, poi, così sgradevole.

< E tu? > mi domandò, premuroso.

< Non ti preoccupare. Sarà per la prossima volta > lo rassicurai. Ma ero eccitata. In quell’istante entrò Carlo ed ebbi appena il tempo di ricompormi, alla meglio.

< Cos'è, il riposo del guerriero? > indicò mio marito, sfinito e scomposto sul divano. Carlo aveva avvolto un asciugamano intorno alla vita.

< Hai finito? > disse Franco.

< La doccia è tutta tua! > gli rispose, sedendosi accanto a me.

Mio marito si alzò, barcollando. annunciò. E quando parlava di bagno distensivo, voleva dire che, minimo avrebbe trascorso un’ora abbandonato nella vasca. Salutò con un cenno della mano e si dileguò.

< Ma che ha fatto? > mi domandò Carlo preoccupato.

< E' stanco del lavoro. > tentai di giustificare. Ma lui parve non crederci e mi guardò sospettoso. Il suo sguardo scivolò sul mio corpo e si illuminò.

< Sei sporca di pittura'> osservò. < Non la avevi già fatta la doccia? > mi chiese sarcasticamente.

< Quanto sei stupido. > riuscii solo a dire, arrossendo.

Carlo scosse la testa. < Non volevo mica offenderti. > sembrò scusarsi. Lo guardai mortificata e ricordai quante volte, in quei giorni lo avevo maltrattato.

< Sono proprio impossibile, vero? > dissi per scusarmi, accarezzandogli un braccio.

< No, sono io permaloso, come al solito. > sorrise mestamente. < Proprio per questo mio carattere, ho sempre rotto con le ragazze, lo sai. >

< Non ti meritavano, ne sono certa. > lo consolai.

< Lo pensi davvero? >

< Sicuro. > affermai, convinta. Gli presi la mano, e gliela strinsi con forza, portandola sulle mie gambe, in un impeto di protezione.

< Tuo marito è veramente fortunato. > Mi lisciò il ginocchio, volgendo il capo verso la finestra semichiusa. < E' bello stare qui in penombra. Ho sempre amato stare al buio. >

< Già. > convenni, mentre lui seguitava a carezzarmi; ma la sua mano era salita qualche centimetro più su, notai con un certo disagio. Adesso si stava dando da fare sulla mia coscia e scivolava lentamente sempre più sopra. Seguitava a parlare, sempre con la testa rivolta dall’altro lato, in modo da non guardarmi, ma ormai non riuscivo più a seguire i suoi discorsi. In fin dei conti, ero su un divano, seminuda, accanto ad un uomo, anche se si trattava di Carlo, che avevo sempre considerato un amico e soltanto un amico. Ed anche lui era seminudo. L’asciugamano, oltretutto, si era allentato, intorno ai fianchi e lasciava intravedere il sesso, sbirciai. Portai la mano a protezione delle parti intime, verso cui Carlo si era approssimato pericolosamente. tentai di dissuadere ogni suo altro possibile tentativo.

< Senti come canta. E' disteso e rilassato. E se lo conosco bene, ne avrà ancora per molto.> mi rispose, convinto. Si girò, guardandomi negli occhi, tolse la mano dalla mia coscia. si giustificò

< Di cosa? > finsi di non capire.

< Non vorrei che tu avessi pensato'>

< Ma no. > affermai fermamente, per fugare ogni suo dubbio. Ero la solita malpensante, mi rimproverai. Mi sentii come un verme per aver dubitato di lui. < Tu sei un nostro amico. Un vero amico > rafforzai.

< Meno male! > sospirò lui. Abbandonò il capo all’indietro, fissando il soffitto. < Sai, mi dispiacerebbe perdere la tua amicizia. > mi cinse le spalle, accostandomi a sé e battendo leggermente la testa contro la mia, con fare affettuoso.

< Anche a' noi > risposi. Ma fui assalita da una nuova angoscia, perché la sua mano, dalla spalla, scivolò lentamente verso il mio seno. Ancora una volta, il suo sguardo era rivolto altrove, mentre mi carezzava. Stavolta, le dita si fecero ardite, insinuanti. .Scostò la vestaglia ed inserì la mano nella scollatura, roteò sapientemente intorno al seno, poi si soffermò sul capezzolo destro, titillandolo. Stavolta’

< Ti ha mai tradita? > esordì, bloccando la mia prevedibile reazione.

< Chi? > gli chiesi allarmata

< Franco >

< No .Almeno, credo di no. > affermai, preoccupata. < Perché mi fai questa domanda? > Ero sconcertata. Carlo era uno dei migliori amici di mio marito e sapevo che erano stati protagonisti, nel passato, di tante avventure galanti insieme. Questo, prima del nostro matrimonio, per quello che sapevo.

< Perché, sai qualcosa che io non so? >

< Ma, sai'io' > balbettò con un certo impaccio.

< Se sei a conoscenza di qualcosa, devi dirmelo. > dissi, furiosa.

< Ma è un mio amico e io' < Poco fa hai detto che ritieni anche me tua amica, è così? >

< Certo, > affermò prontamente < forse ancora più di lui. >

< E allora? Se mi dici qualcosa non gli riferirò niente, sta tranquillo. > Rimasi in trepidante attesa, mentre lui sembrava indeciso. < Dimmelo, dai! > incalzai. Ero così presa, che quasi non realizzavo che le sue carezze erano diventate libidinose e scorrevano sul mio corpo rapide e vogliose. Anzi, me ne rendevo perfettamente conto, ma se quello era il modo per strappargli la verità, ero ben disposta a lasciarlo fare. Tuttavia, gli bloccai la mano che in quel momento era scesa dal mio fianco verso l’addome e si protendeva verso il pube. < Allora? > insistei, con tono provocatorio e colmo di lusinghe; allentavo la presa, di tanto in tanto, facendolo avvicinare al suo obiettivo.

< Come vuoi. > disse, dopo un profondo sospiro. < L'anno scorso, siamo stati a Firenze per tre giorni, io e tuo marito, ricordi? Per quella faccenda degli aggiornamenti. >

< Si, che lui si scocciava di fare'E allora? > Carlo titubò per qualche istante, poi spinse la mano con decisione tra le mie cosce ed entrò con le dita nella vagina. Deglutii, imbarazzata, mentre lui le inseriva ancora più in profondità. < Che successe, a Firenze? > domandai, ansimando. Non volevo concedergli di più e glielo dissi, stavolta: < Non si và avanti, finché non mi dici tutto, chiaro? > Per tutta risposta, scostò l’asciugamano che lo ricopriva e rimase completamente nudo.

< Con noi, vennero anche due nostre colleghe di lavoro >

< Chi? > gli domandai, furiosa.< Quali colleghe sono venute? >

< Io sono sicuro che dirai tutto a tuo marito e mi farai litigare. >

< Non gli dirò nulla. > cercai di rassicurarlo. < Sarà un nostro segreto, te lo giuro. >

< Segreto per segreto'> lanciò, ambiguo. < 'voglio una garanzia da te >

< Cosa?' > feci appena in tempo a formulare la domanda, che aveva già guidato la mia mano sul pene. < Mi stai ricattando. >

< Ma no. > sminuì lui. < Io voglio veramente dirti tutto, aiutarti'ma possiamo anche non farne niente.>

< Bell'amico, che sei! > lui rimase muto, in attesa. Compresi che il suo era un ultimatum, così lo masturbai. Da quel momento Carlo divenne loquace, come non l’avevo mai sentito, anche se alternava le parole ai fatti. Prima, mi rivelò della cena che avevano fatto insieme alle colleghe, lo stesso giorno che erano arrivati. Seguitò con il rivelarmi che, dopo cena, si erano recati tutti e quattro in albergo, nella stessa stanza. A quel punto, si interruppe.

< E poi? > gli domandai; lui seguitò nel suo mutismo, ma fu sin troppo eloquente, quando mi sospinse per il capo, adagio, ma inesorabilmente verso il suo sesso. Affondai subito la mia bocca e diedi una prima succhiata. Mi fermai, guardandolo con intendimento e lui riprese a parlare. Mi svelò che avevano fatto l’amore con quelle due, prima separatamente e poi insieme, scambiandosele più volte. Il suo racconto diventava ricco di particolari, a mano a mano che glielo ciucciavo. Già, stavo facendo nella maniera più naturale quello che Claudio mi aveva sempre richiesto e che gli avevo ogni volta rifiutato. Non capivo se lo stavo facendo per costrizione o per puro gusto. Ciò che mi era chiaro, era il fatto che non mi dispiaceva, non mi disgustava affatto. Anzi, mi rendevo conto, via via, che mi piaceva sentire Carlo ansimare di piacere, mentre giocavo con il suo pene in bocca, mentre lo masturbavo e glielo poppavo. Lui, adesso, mi raccontava la loro avventura a tutto spiano, ma io non lo ascoltavo più. Avrei voluto ingoiare interamente quel membro, che si scuoteva sotto i miei colpi di lingua. Mi sentivo presa in quel vortice di piacere e di goduria, mai prima d’ora provati. Rotolai sul pavimento e gli tesi le braccia. Carlo mi fu subito addosso. Mi baciò e morse i capezzoli tesi, avidi di carezze, assetati di libidine. Infine, mi penetrò lentamente; affondò con alcuni colpi d’anca lenti e vigorosi, finché trovammo la giusta cadenza e ci muovemmo insieme, con ritmo crescente. La frequenza divenne ossessiva, martellante. Sussultavo sotto i suoi fendenti, mentre le nostre lingue si cercavano, si lisciavano; mi avvinghiai con le gambe al suo corpo, così da sentirlo nelle più intime profondità. Carlo emise un profondo sospiro e s’irrigidì, nello stesso istante in cui un turbinio di violente, dolci sensazioni, esplosero dentro di me. Annaspammo per alcuni istanti e venimmo insieme.

Restammo per diversi minuti ancora, in quella posizione, a baciarci teneramente.

Dopo quella volta, non è accaduto più nulla tra me e Carlo. Almeno, non abbiamo più avuto un’occasione del genere.

Per quanto riguarda mio marito, credo non si sia accorto di nulla ed io, da mogliettina comprensiva, ho preferito cancellare dalla mente la storia delle due ragazze a Firenze.

Ah, di una cosa si è reso conto Franco: dopo quel giorno, ad ogni momento propizio, non perdo occasione di fargli sentire la mia bocca succhiarlo dove piace a lui. Non provo più ripulsa o disgusto, anzi’prediligo!

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