Finalmente. Finalmente i miei sogni iniziano a prendere forma, un passo alla volta, lentamente.
Sono uno studente di legge e ho appena concluso il terzo anno con ottimi voti; mi chiamo Mattia ed ho 24 anni.
Ogni volta che da ragazzino pensavo al mio futuro, mi vedevo con un bell’abito firmato in un’aula di tribunale mentre difendevo animatamente clienti ricchissimi e pronti a riempirmi le tasche di denaro non appena avessi vinto le loro cause. Ancora oggi quello è il mio obiettivo e giorno dopo giorno, da anni, sto lavorando affinchè accada.
Mio padre ha giocato un ruolo fondamentale nella mia crescita professionale: è molto amico, fin da piccolo, di quello che è considerato il miglior legale della città, se non forse dell’intero paese, Federico Rattarelli. Erano cresciuti insieme, quarant’anni fa abitavano a due isolati di distanza, hanno frequentato le stesse scuole e coltivato la loro amicizia nel tempo senza perdersi mai di vista.
Ora, grazie a questo loro rapporto ho la possibilità di iniziare finalmente a lavorare in uno Studio Legale, il migliore, al servizio dell’avvocato Rattarelli nelle vesti di Assistente Legale, combinando lavoro e sessioni di studio per completare il corso e diventare a mia volta avvocato. Probabilmente finirò di studiare più tardi di quello che mi ero previsto, ma l’opportunità di imparare il mestiere da Federico e la voglia di mettermi in gioco hanno molto più valore di qualsiasi altra cosa.
Mi presento alle 9.00 puntualissimo al sedicesimo e ultimo piano del grattacielo dove una svogliata receptionist mi indica l’ala in cui recarmi. Solo in quel livello dello Studio vi erano una ventina di avvocati, i più alti di rango probabilmente, quindi districarsi tra sale conferenze, uffici dei manager e quelli dei vari assistenti non è molto semplice. Ecco una targhetta con il nome di Rattarelli che dice di proseguire verso sinistra. Un altro lungo corridoio luminosissimo ed in fondo ad esso un’ulteriore reception, a cui mi avvicino e noto che non è presidiata da nessuno nonostante il pc sia acceso e alcuni fogli sparsi sulla scrivania.
Voce femminile:’ Mattia Spitti? Sei in ritardo di quattro minuti, l’avvocato ti aspetta nel suo ufficio, esattamente di fronte a te, e può dedicarti esattamente undici minuti.’
Mi volto verso la voce e vedo questa signorina camminare rapidamente verso di me, superarmi e sedersi alla reception. Ha un bel viso, occhi color nocciola e capelli lunghi castani che le svolazzano tutt’attorno. Ho il tempo di guardarla solo un secondo prima che il suo sguardo interrogativo, quasi aggressivo, torni su di me quasi a chiedermi che cavolo facessi ancora piantato di fronte a lei. Subito mi avvio e busso alla porta in legno massiccio sulla quale non si può fare a meno di notare la pesante targa placcata d’oro in cui affiora il nome del legale che sto per incontrare.
Rattarelli:’ Entra’.
Io:’Buongiorno avvocato Rattarelli, sono Mattia Spitti, il figlio di Massimo.’
Rattarelli:’ Si si so chi sei, siediti qui non ho molto tempo’
Col dito indica la poltrona di fronte a lui; sta pigiando freneticamente tasti al computer seduto ad una meravigliosa scrivania. Non mi ha ancora degnato di uno sguardo, ho fatto in tempo a chiudere la porta, accomodarmi sulla poltroncina e lui è ancora immerso nel suo lavoro. Mi guardo attorno e l’agitazione del momento cresce quando noto che mi trovo all’angolo dell’edificio e le vetrate permettono di vedere tutta la città di sotto, a non so quanti metri più in basso, e la luce invade la stanza senza alcun ostacolo.
Alcune goccioline iniziano a far capolino sulla mia fronte, vorrei togliermi quella cravatta troppo stretta e alzarmi per andare ad ammirare il più vicino possibile lo spettacolo che si presenta al di là dello strato di vetro che mi separa dal vuoto.
L’avvocato praticamente non mi conosce, ci siamo visti un paio di volte durante l’ultimo anno. La prima di queste era venuto a trovare mio padre e ai due vecchi amici era balzata alla mente l’idea di inserirmi in qualche modo nello Studio, anche per il più umile dei lavori. La seconda volta era venuto soprattutto per sapere qualcosa su di me e per dirmi che da lì ad un paio di mesi sarei potuto entrare al suo servizio. Già sapevo che Assistente Legale significava essere come un segretario, svolgere le pratiche più noiose e sistemare enormi montagne di documenti, ma la cosa mi rese così felice che quella sera, la ricordo bene, portai la mia ragazza ad una festa a cui ci divertimmo come pazzi assieme ai nostri amici, bevendo qualsiasi cosa ci mettessero nei bicchieri.
Rattarelli:’Bello vero? Questo ufficio è quello con la miglior vista e l’unico da cui si vede il lago. Non vorrei apparire presuntuoso ma credo di essere l’unico in città che riesce a scorgerlo.’
Il Capo mi fece tornare alla realtà. Mi giro e noto i suoi occhi severi e la mandibola squadrata, aggressiva che non accenna minimamente al sorriso. I suoi cinquantanni fanno capolino solamente tra i capelli con qualche macchia che tende al grigio.
Rattarelli:’Spitti ascolta, io ora devo andare in aula. Ho poco tempo. Rivolgiti sempre ad Alessia, la mia segretaria che hai conosciuto poco fa qui fuori. Lei ti darà subito il tuo primo incarico e ti mostrerà il tuo ufficio qui affianco. Dai dai dai, qui si lavora sodo e non c’è tempo per le chiacchere, si comincia alle 9.00 tutti i giorni, spesso anche alle 8.00 o alle 7.00 se vi è necessità e non si sa mai quando si finisce. Ieri sera sono tornato a casa alle 23.00. A volte non torno neanche. Vedrai che se questo è quello che vorrai fare lo capiremo in pochi giorni. Ora vado.’
Mentre parla mi guarda e gesticola calorosamente ma i suoi occhi rimangono freddi e glaciali. Penso sia l’uomo più duro e determinato che ho mai incontrato. Rimango stupito perchè mi hanno assegnato un ufficio tutto mio e poco dopo mi spavento sentendo l’enorme quantità di tempo che si passa tra quelle mura. Sapevo fin dall’inizio che la professione a cui aspiravo mi avrebbe occupato al cento per cento, ma per qualche motivo speravo non fosse così anche per gli Assistenti. Soprattutto lo sperava la mia ragazza, Marta.
L’Avvocato si alza, prende la valigetta posata poco distante e poi torna verso di me tendendo la mano.
Rattarelli:’Benvenuto alla Top Legal Service Management!’ Mi dice entusiasta mentre gli stringo la mano. Rapidamente afferra il cappotto ed esce, lasciandomi solo nel suo ufficio.
Un po’ intimorito esco dopo qualche secondo e mi avvicino alla reception.
Io:’Salve, piacere Mattia.’
Alessia:’Salve Mattia, io sono Alessia la segretaria dell’Avvocato, di conseguenza dovrò darti le prime indicazioni, seguimi.’
Si alza e si avvicina ad una porticina dietro di lei. Indossa uno splendido vestito azzurro, attillato e stando dietro di lei non posso far altro che guardarle il culo. Mi piace. Ora la posso guardare almeno. E’ di poco più alta di me grazie a dei tacchi piuttosto alti, messa bene fisicamente, ad occhio sembra sia una sportiva. Ha delle belle gambe, corpose, non grasse, ed un seno prosperoso, una terza forse, che si intravede nella scollatura.
Ha qualche anno più di me, anche se non si nota molto. E’ palese invece la sua indole autoritaria e chiusa, quasi da maestra elementare per come mi tratta.
Mi mostra quello che sarà il mio ufficio: una stanzetta di dieci metri quadri con una piccola finestrella e una scrivania di metallo orribile. Attorno ci sono scaffali pieni di faldoni di documenti. Forse prima del mio arrivo era l’archivio personale dell’avvocato. Tutto sommato per essere un semplice Assistente poteva andarmi molto peggio.
Mi accomodo alla scrivania e ascolto attentamente la Segretaria che mi parla freddamente spiegandomi la mia prima mansione. Perchè sono tutti così freddi e apatici? E’ consuetudine dello studio trattare male i nuovi arrivati? Oppure sia Alessia che Rattarelli non vedono di buon occhio il modo in cui sono entrato lì dentro? Sinceramente preferivo non saltare alcun passaggio per guadagnarmi ogni centimetro di quel che mi spettava, ma mio padre e l’avvocato non mi avevano dato alcuna possibilità di rifiutare la loro proposta.
Alessia, splendida ragazza. Avere una collega del genere non me lo sarei mai aspettato, che fortuna! Si piega di fronte a me per indicarmi tutti i punti da compilare dei vari documenti. Porca miseria non così! La scollatura mi mostra l’incavo tra i seni, grossi e dalla pelle liscia, ambrata. Si sposta per prendere altri plichi di fogli dal tavolo e le tette si muovono danzando davanti a me, non riesco a smettere di fissarle. La situazione è talmente pazzesca che tra le gambe sento salire l’eccitazione, incontrollata, inarrestabile. Tolgo lo sguardo per fissarlo sulle sue dita che mi indicano i campi da riempire. Se guardassi un altra volta? L’ultima? Vergognandomi come un ladro alzo gli occhi tra le sue dolci forme.
SBAM!
La mano di Alessia sbatte così forte sul piano che per poco non mi viene un colpo. Arrossisco istintivamente e a fatica la guardo in viso mentre l’eccitazione fluisce, fulminea com’era arrivata. La Segretaria alza l’indice verso di me seria.
Alessia:’Spitti, non ci provare. Tieni a bada quei tuoi occhietti furbi o te ne pentirai da subito. Qui si lavora, forza, inizia!’
E mentre si girava per andarsene, un angolo della bocca si alzò a mo’ di sorriso.
Continua…
La prima settimana di lavoro nello Studio si è appena conclusa ed è stata durissima. Tutte le sere ho finito alle 20.30, tranne il giovedì, in cui il capo mi ha trattenuto fino alle 22.00 per aiutarlo nella compilazione di alcuni importanti documenti che il giorno successivo abbiamo portato in aula. Almeno in quell’occasione sono stato a diretto contatto con il lavoro vero e proprio ed ho potuto ammirare Rattarelli all’opera.
Marta è furiosa. La mia ragazza non accetta l’idea ch’io possa essere stanchissimo ogni sera e non la possa mai andare a trovare. In più ho fatto lo stupido errore di raccontarle della presenza di Alessia. La mia ragazza è gelosissima, nonostante le abbia detto che si tratta di una semplice collega; la situazione per me è molto pesante. Comincio a non sopportare più la ragazza con cui sto, sembra che di me non le importi e che pensi solamente a se stessa. E poi come si fa ad essere gelosi di una collega del proprio fidanzato, che non ha mai visto nè conosciuto, di qualche anno più grande di me e che per giunta mi tratta male?
Ah, Alessia. Posso raccontare quello che voglio ma a me stesso non posso mentire. Continuo a pensarla, non solo perchè è bella ed autoritaria, ma perchè nel mio subconscio mi intriga, così misteriosa ed affascinante.
Nei giorni passati nello studio abbiamo avuto pochi momenti d’incontro, ovvero quando le chiedevo spiegazioni per qualsiasi cosa; ma da oggi, il programma settimanale prevede che io e lei restiamo in ufficio fino alle 23.00, ogni giorno, per lavorare su un nuovo caso e avvantaggiare così il nostro superiore. Inutile dire che sono molto spaventato dalla mole di cose da fare e soprattutto perchè dovrò lavorare a stretto contatto con la segretaria.
Ci siamo. Ore 20.45.
Rattarelli esce dallo studio e torna a casa, mentre vedo entrare nel mio piccolo ufficetto Alessia.
Alessia:”Ehi allora Spitti, sei pronto per una full immersion nel caso Fantoni?”
Le sorrido di rimando, con aria sconsolata.
Io:”Purtroppo si”
Si accomoda di fronte a me distribuendo i faldoni sulla scrivania e immediatamente ci mettiamo al lavoro. Uno dopo l’altro i fogli passano prima a lei e poi a me e ogni volta, senza farlo apposta, le nostre dita si sfiorano.
Non riesco a concentrarmi molto; sarà la stanchezza della giornata, o la noia derivante da quello che sto facendo, ma trovo molto più interessante alzare lo sguardo sulle bocce della collega. Intenta a scrivere e sfogliare manuali, non si accorge di stringerle ancora di più, mettendole in risalto nella scollatura così sexy.
Ci scambiamo di tanto in tanto un occhiata, di compassione o semplice comprensione, mentre il sonno comincia a farsi sentire pesantemente.
Ci prendiamo una pausa per bere un caffè prima di tornare al lavoro per l’ultima mezz’ora.
Io:”Ci si fa l’abitudine a stare qui fino a tardi?”
Alessia:”Ahah no, non ti abitui mai. Le uniche motivazioni che ti spingono a non mollare mai sono a fine mese i soldi in busta paga. ” Ride.
Io:”Se ne vale pena, allora ci sto! Se penso che tra un po’ devo mettermi alla guida, arrivare a casa, farmi una doccia e mangiare, piuttosto sto qua e dormo sul tavolo!”
Alessia:”Cavolo, quasi dimenticavo che ho l’auto del meccanico, devo chiamare qualcuno per il ritorno.”
Io:”Ah davvero? Qualcuno tipo il tuo ragazzo?”
Alessia:”Eh no, non ho un ragazzo, vedo se l’amica che abita qui nei dintorni ha la possibilità di portarmi a casa. Se l’avessi avvisata prima, uff me n’ero dimenticata!”
Appoggia lo smartphone all’orecchio per una ventina di secondi, ma a quanto pare non riceve risposta.
Alessia:”Sta già dormendo! Dovrò prendere qualche autobus, l’idea non mi piace per niente.”
Io:”Beh, io sono in auto se ti va, ti do volentieri un passaggio!”. Mi guarda riempendosi di gioia.
Alessia:”Davvero? Sarebbe fantastico! Mi spiace disturbarti, ma sai, se posso evitare di girare da sola sui mezzi pubblici a queste ore… mi faresti un enorme favore.”
Io:”Tranquilla, nessun problema.”
Mi rivela che abita a cinque minuti da casa mia, non devo neanche allungare la strada del ritorno. Ci rimettiamo seduti a finire gli articoli, ora leggermente più rilassati. La sua aria da superiore sembra essere scemata almeno un poco, semplicemente dovevamo entrare in confidenza.
Alle 23.00 finalmente chiudiamo tutto e scendiamo nel parcheggio; l’aria estiva ancora calda e afosa ci investe, dopo aver passato 14 ore con il climatizzatore. Alessia mi segue alla ricerca della macchina che si rivela piuttosto semplice dato che né sono rimaste solo una dozzina.
Comincio a sudare, non so se per il caldo o perché Alessia si sta sedendo nel sedile accanto al mio. Nel farlo la gonna dell’abito risale di qualche centimetro lungo le cosce formose fasciate da calze trasparenti.
Alessia:”Fa caldissimo, anche a quest’ora!”
Io:”Si, non vedo l’ora di farmi una bella doccia fredda e buttarmi a letto, anzi devo stare attento a non farmi toccare da nessun tipo di lenzuolo o coperta, altrimenti col cavolo che riesco a dormire.”
Nel frattempo sono uscito dal parcheggio ed entrato in tangenziale, ma quando vado per mettere la quinta, sfioro inavvertitamente il ginocchio della collega.
Alessia fa finta di nulla, o così sembra, tant’è che lascia la gamba dov’è.
Alessia:”Beh, perché? Dormi nudo?” Si gira verso di me e ride.
Io:”No, ma con questo caldo faccio fatica a tenere i boxer di notte…non ho neanche un ventilatore in camera.” Le sorrido a mia volta, in questo gioco innocente che ci sta avvicinando, come fossimo amici da sempre.
Alessia:”Ma dai, spero tu dorma da solo allora!”
Nella mia testa prende forma una domanda, intrigante, forse troppo fuori luogo, forse esagerata per il delicato rapporto che stiamo instaurando. Semplicemente ho smesso di pensare con la testa, ma è il mio uccello che ha preso il sopravvento.
Glielo chiedo, fanculo.
Io:”Si, da solo. Vivo ancora con i miei, ho un fratello minore ma ha la sua stanza… E tu invece? Come dormi? E con chi?”
A mo’ di battuta riesco ad esprimere quello che avrei creduto di non riuscire mai a dire.
Alessia:”Ehi, che curioso! Vivo da sola da un paio d’anni, quindi non ho problemi di nessun tipo. Tranne che mi devo arrangiare per qualsiasi cosa, dal bucato al cibo. Ma scusa, non mi dicevi di avere una ragazza?”
Io:”Ehm si certo, ma è una relazione abbastanza instabile. Io di certo non me la sento di fare un passo grande come la convivenza con una persona così lunatica”.
Noto come abilmente evita di rispondere alla mia domanda, per di più ricordandomi di Marta, alla quale nelle ultime ore non avevo minimamente pensato.
La conversazione continua con altre banalità; la mia mano sfiora la sua gamba altre due volte per cambiare marcia, fino a quando arriviamo sotto il suo palazzo.
Mi saluta con un sorriso.
Alessia:”Ah, comunque con questo caldo di solito, dormo solo con le mutandine. Buonanotte!”
Afferra la borsa ed esce, chiudendo lo sportello.
Continua…
Per tutto il giorno seguente, quell’ultima frase della collega ha rimbombato nella mia testa senza darmi tregua. Non so cosa pensare. Era chiaramente una provocazione, ma lo scopo qual era?
Questa mattina Alessia mi ha nuovamente ringraziato per il passaggio, dicendomi che anche per oggi non avrebbe avuto la macchina. Senza pormi domande mi sono proposto nuovamente per accompagnarla a casa non appena avessimo finito in ufficio.
Per il resto della giornata, la ragazza è tornata seria e autorevole, senza degnarmi di uno sguardo.
Ore 20.00
La segretaria si affaccia alla mia porta.
Alessia:”Salve Spitti. Come va questa sera?”
Io:”Bene dai, e tu?”
Alessia:”Molto bene! Ascolta, oggi dobbiamo analizzare buona parte delle norme del codice civile riguardanti la proprietà privata, quindi ci serve molto spazio. Pensavo di andare in sala riunioni, dato che ormai non è rimasto nessuno nello Studio ed è libera”
Io:”Certo va bene”
Prendo le mie cose e mi alzo, seguendola nella sala riunioni dove ha già distribuito sul grande tavolo centrale una decina di libri e manuali. Mentre la osservo ancheggiare, non posso far a meno di pensare a lei che dorme nuda. La immagino stesa sul fianco, con i capelli alla rinfusa sul cuscino, i seni liberi che si alzano e abbassano al ritmo del respiro ed i capezzoli leggermente turgidi a causa del contatto diretto dell’aria, mentre uno striminzito slip, fatica a contenere i formosi glutei.
Torno alla realtà accomodandomi di fronte a lei, ci facciamo forza l’un l’altra con uno sguardo e ci mettiamo al lavoro.
Immediatamente ci accorgiamo che la temperatura nella stanza è più alta che nel resto degli uffici.
Alessia:”Non ci posso credere! Avevo segnalato il guasto di uno dei due condizionatori di questa stanza una decina di giorni fa! Ancora non è stato aggiustato! Dobbiamo per forza rimanere qui perché non c’è un altro tavolo così grande. Uff.”
Cerchiamo di ignorare il caldo, ma effettivamente per una stanza così ampia un solo splitter non basta. Piccole gocce di sudore iniziano a formarsi sulla mia fronte. Do’ un’occhiata a com’è messa la segretaria, e sembra soffrire molto la situazione.
Oltre a sudare sulla fronte, noto evidenti goccioline nell’incavo tra le tette. Sexy.
Faccio finta di nulla per non imbarazzarla, ma tra le gambe il mio uccello non può ignorare l’eccitazione di vedere una così bella ragazza tutta accaldata.
Alessia sbuffa di tanto in tanto, si agita sulla sedia e comincia a distrarsi.
La guardo divertito e le chiedo:
Io: “Ehi, cosa c’è?”
Alessia:”Non ridere! Sto morendo di caldo, non riesco neanche a concentrarmi.”
Io:”Beh spogliati no? Come fai ogni sera quando vai a letto” Le dico ridendo.
Lei mi osserva pensierosa e poi all’improvviso esclama:”Non hai tutti i torti. Tanto ormai siamo rimasti solo io e te in tutto il palazzo.”
Si alza ed esce dalla stanza lasciandomi perplesso. La mia era solo una battuta, ma adesso che cosa mi aspetta?
Trascorre qualche minuto in cui non riesco ad appoggiare la penna al foglio degli appunti, ma rimango ad osservare l’uscio aperto, in attesa. Il cazzo di marmo palpita nelle mutande, cercando una posizione meno dolorosa; con la mano lo afferro da sopra il tessuto dei pantaloni e lo muovo verso sinistra, la sua posizione naturale, godendo di quel contatto. è da settimane che non scopo, mi si raddrizza l’asta solo al pensiero della collega e di quello che può fare di là.
Ogni riflessione si annulla quando la vedo rientrare con passo rapido ed avvicinarsi con uno splendido sorriso stampato in viso.
A prima vista non sembra cambiato nulla, ma uno strano presentimento mi dice che c’è qualcosa di diverso in lei. Si siede continuando a mostrarmi il suo sorriso, lasciandomi incantato.
Alessia:”Non mi dire che non sei andato avanti con la ricerca finché sono stata in bagno, altrimenti qua non finiremo mai!”
Io:”No no figurati” Mento, squadrandola come per scoprire il mistero più remoto dietro il suo sguardo.
Un movimento del suo braccio rivela però il trucchetto: i seni si muovono, liberi, sotto il vestito attillato. Rimango di sasso. Non avrei mai immaginato che potesse togliersi il reggiseno per cercare di stare più al fresco, soprattutto perché, nel guardarla attentamente, non ho per nulla notato un abbassamento delle tette. Sono belle sode e piene, tant’è che rimangono nella stessa posizione di quando, qualche minuto prima, erano sorrette dall’intimo.
Sono bloccato nell’osservarle il petto, lei ha cominciato a scrivere su un foglio bianco facendo dondolare le bocce ed il mio cazzo continua ad ingrossarsi tra le gambe.
Alessia:”Ehi! Mattia! Si, va bene, ho tolto il reggiseno, faceva troppo caldo! Ma non credo tu non abbia mai visto due seni da fissarmi in quel modo! Dai, finiamo la prima parte così poi possiamo bere un caffè.”
Mi dice tra il divertito e l’incazzato.
Io:”Ehm, no non….scusa”
Mi rimetto a scrivere imbarazzato, il caldo mi opprime e la vergogna per essere stato beccato pure.
Finalmente concludiamo la prima parte e ci dirigiamo alla macchinetta del caffè. Il calore si fa sentire pesantemente; prendo una rivista dal tavolino e mi faccio aria alla ricerca di un po’ di tregua.
Alessia:”Starai morendo così incravattato. Aspetta che ti tolgo questo cappio.”
Inizialmente non capisco cosa voglia fare, si avvicina e mette le mani sul mio collo, sfila la cravatta ed apre un paio si bottoni della camicia. Sento l’aria accarezzarmi il petto e subito sto meglio.
Io:”Ah, grazie” Le sorrido mentre torna a sorseggiare il caffè.
Alessia:”Sto molto meglio anche io da quando ho tolto l’intimo”
Io:”Co..come..? Tutto quanto?”
Alessia:”Beh, si, dato che c’ero ho approfittato, non vedi che non ho neanche le calze?” Alza appena la gonna e mostra la gamba liscia, morbida ed ambrata.
Io:”Ah, giusto, hai fatto bene”
Rido con lei ma la voglia torna prepotentemente a farsi sentire. Spero davvero non si noti nulla nei pantaloni, altrimenti l’imbarazzo sarebbe troppo.
Alessia:”Beh dimmi qualcosa della tua ragazza!”
Io: preso alla sprovvista:”Ah, si chiama Marta e stiamo insieme da quasi due anni. Da quando ho cominciato qui non ci vediamo molto spesso e a lei questo non va giù. Non so, le cose sono un po’ strane ultimamente. Tu invece, come mai sola?”
Alessia:”Capisco..questo lavoro impegna molto. Ed è la motivazione principale per cui attualmente, e da un anno a questa parte, sono single. Ho deciso di dedicare tutta me stessa allo Studio, non c’è spazio per una relazione”
Io:”Detta così suona leggermente triste”
Alessia:”Ahah, no io sto benissimo così. Mi piace la mia vita e quello che faccio. Forse ho bisogno di un pizzico di svago però, lo ammetto.”
Il discorso si conclude e torniamo in sala riunioni. Un’altra oretta di rottura di palle e finalmente siamo fuori.
In parcheggio ci dirigiamo verso l’auto e la segretaria mi prende sotto braccio scherzando e facendo finta di dormire sulla mia spalla. Siamo esausti ma abbastanza soddisfatti dell’avanzamento dei progetti, ormai a buon punto.
Apro la porta dal lato del passeggero per permetterle di accomodarsi e poi la richiudo senza fretta. Mi siedo al volante e non posso fare a meno di notare che il vestito della collega si è alzato di molto, quasi a metà coscia. Sotto quel lembo di stoffa si trova la passera nuda di Alessia, non riesco ad ignorare la cosa e mi scappano diverse occhiate in quella direzione, nella speranza di intravedere qualcosa.
Metto in moto e parto, ed ogni volta che metto la quinta sfioro la sua gamba nuda, quasi fosse li ad aspettare un mio tocco.
Non ce la faccio a non guardarle le cosce, mi piacciono troppo; lei si accorge che indugio sui suoi arti inferiori e tira ancora più su la gonna, alludendo al troppo calore della serata.
L’uccello, nuovamente, mi si irrigidisce senza alcun controllo. Fortunatamente il buio e la posizione permettono all’erezione di non essere visibile.
Con dispiacere arrivo a casa sua e ci salutiamo, stanchi e frastornati.
Continua… Il venerdì riusciamo a concludere la mole di lavoro che ci è stato assegnato. Ogni sera Alessia si toglieva l’intimo, eccitandomi a dismisura, e permettendomi di sbirciare a poco a poco nell’incavo tra i suoi seni e le splendide gambe.
Nel weekend riesco a vedere la mia ragazza, ma l’appuntamento si rivela una lite continua e senza senso. Marta continua a ripetere che non tengo alla nostra relazione, che non la amo, e che dovrei lasciare questa mia nuova professione per dedicarmi a lei, magari facendo un lavoro che mi porta via minor tempo.
è assurdo. La amo, ma non posso sacrificare la mia vita intera, il mio sogno e le mie passioni. Non so nemmeno come può chiedermi una cosa simile.
Fortunatamente lo Studio mi ingloba di nuovo al lunedi, e con delle novità importanti.
Rattarelli e la sua segretaria, assieme ad una collaboratrice, dovevano recarsi a Roma qualche giorno per udienze ed incontri con i giudici. Quest’ultima non è riuscita a guarire in tempo da una brutta influenza e l’avvocato mi ha chiesto di sostituirla, dato che ho lavorato al caso per tutta la settimana precedente.
Qualche ora di treno e siamo a Roma, in Tribunale, e cominciamo immediatamente ad assistere Federico nelle sue mansioni, riunioni, colloqui e aule.
Verso sera ci dirigiamo stanchi morti all’hotel che era stato prenotato decine di giorni prima. Un albergo splendido, pentastellato, uno di quelli in cui pensi di non entrare mai in tutta la vita. Alessia ci è abituata con le numerose trasferte in cui segue il capo, ma per me è tutta una novità.
Alla reception però, ci comunicano che era stata fermata un’unica stanza per Alessia e collega e non ce ne sono di libere per me durante il periodo del nostro soggiorno.
Io:”Cazzo, e ora? Siamo fuori città, l’hotel più vicino sarà ad almeno cinque chilometri. Chiamo un taxi”
Alessia:”Mmm, porca miseria, mi dispiace di questo disguido. Non so come mai lo Studio abbia fermato solo una stanza per me e la mia collaboratrice. Avranno fatto tutto all’ultimo minuto, come al solito, e quindi non ci sarà stata altra disponibilità. Tra le altre mi hanno appena detto che in questi giorni a Roma c’è la famosa fiera internazionale, per questo ogni albergo è al completo”
Io:”Sono le 20.00, ho già sentito un paio di B&B ma come hai detto, sono tutti pieni.”
Alessia:”Ascolta, a questo punto non ti posso lasciare a dormire per strada. Ci adattiamo e dormiamo nella stessa stanza. Anche perché l’avvocato dorme qua e domani mattina lo dobbiamo seguire in aula, meglio non disperderci per tutta Roma.”
Sono teso ed imbarazzato. La soluzione ideale è sempre stata questa, ma la paura di dormire con la ragazza, mi ha portato ad esaminare altre opzioni.
Io:”Sembra che non ci sia altra scelta. Mi dispiace essere così invadente”
Alessia:”Non ti preoccupare, non è colpa tua”
Saliamo a depositare i bagagli e vediamo la camera, che assomiglia più ad un monolocale. Due letti singoli, separati, ma ampi e molto comodi, occupano buona parte dello spazio, mentre dall’altro lato troviamo un enorme tavolo, adatto ad ogni nostra esigenza lavorativa. Completa il tutto un grande bagno con vasca idromassaggio e pure la doccia, ed un balcone spazioso da cui si ha una vista spettacolare.
Mentre scendiamo le scale, verso il ristorante, osservo la segretaria che allegramente mi racconta aneddoti dei suoi viaggi in diverse città italiane. Indossa una maglietta elegante, attillata, e dei jeans stretti a vita alta che risaltano le rotondità.
La cena scorre velocemente, ci divertiamo assieme a Federico che si è lasciato alla spalle serietà e concentrazione per far uscire una simpatia che non conoscevo. Siamo una bella squadra, affiatata ed unita; mi sento euforico quando penso che ne faccio parte, che questa a poco a poco diventerà la mia seconda famiglia.
Dopo un paio d’ore e qualche bicchiere di liquore ci salutiamo per la notte.
Tornati in camera Alessia mi lascia fare la doccia per primo.
Sotto l’acqua bollente, non riesco a non pensare di essere completamente nudo a pochi metri da lei, ci separa solo una parete sottile. Il mio cazzo, a digiuno da giorni, si alza prepotente. Lo accarezzo, lo afferro, lo coccolo tra le dita. Ho voglia.
Toc toc.
Io:”Ehm, si?”
Alessia:”Allora? Sei li dentro da venti minuti” Ride.
Io:”Così tanto? Ho quasi finito.”
Esco, mi asciugo velocemente, e mi maledico. Non ho portato nel bagno nessun indumento, neanche le mutande. Avvolgo l’asciugamano attorno al bacino, cercando di mascherare l’erezione, ma con scarsi risultati.
Non ho più tempo, non posso aspettare che passi.
Apro la porta e vado verso il mio letto, ignorando Alessia che armeggia con la valigia.
Alessia:”Ehi, finalmente sei uscito! Ma sei senza pudore che ti mostri così mezzo nudo?” Mi dice divertita.
Mi giro verso di lei, non ho scelta visto che mi ha rivolto la parola e un po’ mi vergogno a mostrarmi a petto nudo.
Io:”Beh, ti ho detto come dormo. Spero non sia un problema per te, altrimenti mi metto su qualcosa. Come senti anche tu, nonostante la finestra sia spalancata, ci sarà un caldo pazzesco questa notte”
Mentre le parlo, continuo a sorreggere il telo a copertura delle parte intime e questo porta lo sguardo di lei direttamente sul mio uccello teso e chiaramente visibile.
Le guance si tingono di rosso ma i suoi occhi indugiano ancora qualche secondo lì.
Alessia:”Ma va…figurati. Per me non è un problema. Ehm, comunque si c’è veramente caldo.”
Si gira, si chiude in bagno e sento l’acqua scrosciare. Mi ha visto l’uccello, e l’ha visto in tiro, nascosto da un sottile strato di cotone. Sono in completo imbarazzo, chissà cosa starà pensando di me. Probabilmente che sono un porco e che mi stavo masturbando sotto la doccia. Ed ora devo anche dormire con solo i boxer addosso perché è stata l’unica scusa che ho trovato in quel momento per giustificare l’assenza di indumenti.
Tolgo l’asciugamano e metto le mutande, mi corico a letto sul fianco spegnendo la luce. Non ci penso nemmeno a coprirmi con un lenzuolo, il calore sarebbe insopportabile. L’eccitazione non si placa, Alessia è dietro questo muro sotto la doccia, nuda.
Senza rendermene conto chiudo gli occhi cadendo in un dormiveglia turbolento.
La porta del bagno si apre e Alessia compare nella stanza. Mi sveglio o quasi, ma è il rumore del suo continuo rovistare in valigia che mi fa aprire gli occhi.
L’unica illuminazione nella camera deriva dalla luce della luna che penetra dalla finestra aperta ed invade completamente gli spazi. Riesco quindi a vedere la mia collega seduta sul letto di spalle, chinata verso il bagaglio, e quasi non credo ai miei occhi. Sembra nuda. O almeno senza reggiseno. Si siete eretta sul materasso borbottando qualcosa, e riesco a scorgere chiaramente l’assenza dell’intimo sul busto, il profilo della tetta sinistra si intravede nell’ombra.
Il cazzo, che si era messo a dormire con me, inizia a crescere nelle mutande, incontrollabile, mentre cerco di restare immobile. Ogni traccia di sonno sparisce dal mio corpo e dalla mente.
è uscita così dal bagno? E se fossi stato sveglio, l’avrei vista in topless, come nulla fosse? Ma soprattutto: non si preoccupa di restare così davanti a me, che potrei svegliarmi da un momento all’altro?
Probabilmente non riesce a trovare nessuna maglia o pigiama da indossare durante la notte, forse anche a causa della mezza oscurità.
Dopo qualche secondo di immobilità, si gira ed io chiudo gli occhi per non farmi scoprire a sbirciarla. Sento che si sistema, credo sotto il lenzuolo e spero che il buio copra la mia eccitazione.
Cerco di dormire, cambiando pure posizione, ma l’asta non accenna a rilassarsi; la collega invece, dopo pochi minuti, inizia a respirare regolarmente in un sonno profondo.
Continua… Mi sveglio confuso e assonnato, inizialmente non riconosco l’ambiente che mi circonda, ma poi realizzo. Sono in un meraviglioso hotel a Roma, nella stessa stanza di Alessia che dorme quasi nuda a un metro da me. Il sole entra dalla finestra e mi permette di vederla, ancora immersa nei suoi sogni e con il lenzuolo che la copre fino all’ombelico.
Strofino gli occhi e mi alzo su un gomito per riuscire a guardarla bene. è a pancia in su, il viso rivolto verso di me con la bocca semi aperta, ma soprattutto ha i seni all’aria. Due grossi meloni perfetti, tonici e morbidi, sormontati da due capezzoli scuri bellissimi. Non ho mai visto nulla di più eccitante ed infatti ancora una volta il cazzo si alza in un secondo, duro come il marmo.
Sicuramente durante la notte si è girata e rigirata senza accorgersi di essere rimasta nuda e non posso fare a meno di continuare a guardarla desiderando di mettere mano sulle sue bocce.
Mentre la osservo inebetito, senza rendermene conto inizio a toccarmi il pacco. I boxer mi sono d’ostacolo e li abbasso senza farmi problemi. So che la collega potrebbe aprire gli occhi da un momento all’altro, ma la sensazione di libertà dell’uccello, mi fa dimenticare tutto quanto. Lo prendo in mano e comincio a giocarci, euforico, mi accarezzo prima lentamente, dalla palle alla cappella violacea, poi più veloce, sentendo l’orgasmo molto, molto vicino.
Il respiro della segretaria fa muovere le tette di poco e per me è un sogno, sto ancora dormendo? In un momento di lucidità penso bene di alzare il lenzuolo su di me in modo da non farmi scoprire se dovesse svegliarsi. Non riesco a non mollare la presa sul cazzo, è troppo tempo che non gli do sfogo, è troppo carico di voglie e troppo desideroso di esplodere. La sega continua sempre più forte, donandomi un piacere inimmaginabile dato soprattutto dalla visione e dalla presenza di Alessia. Sto per venire. Ci sono quasi, non capisco piu nulla.
Drin. Drin. Drin.
Non adesso. No! La sveglia inizia a suonare fortissima. Succede tutto in pochissimi secondi.
Mi stendo con le mani sui fianchi e chiudo il occhi, non voglio assolutamente farmi vedere mentre morbosamente la fisso con il cazzo in mano. Sento che inizia a muoversi alla ricerca del telefono per spegnere quel rumore infernale. Ma c’è un problema. Non ho fatto i conti con il mio uccello, che ho toccato talmente a lungo che inizia a spruzzare sulla mia pancia e sul mio petto, incontrollabile. Sono percorso da un orgasmo intenso e potente che mi scuote dall’interno, nonostante non mi stia più nemmeno sfiorando. Trattengo i gemiti, soffocandoli, quando vorrei grugnire di gioia e allo stesso tempo dall’insoddisfazione per quell’orgasmo comunque rovinato e non completo. Sono tutto bagnato, la sborra calda è ovunque su di me ed il lenzuolo che mi copre inizia lentamente ad assorbirla appiccicandosi alla mia pelle.
La sento muoversi ancora, cercando qualcosa nella valigia. Poi silenzio. Che mi stia osservando?
Non mi muovo di un millimetro cercando di regolarizzare il respiro. Se mi sta guardando, sicuramente noterà le macchie bagnate sul lenzuolo, proprio in corrispondenza dell’ombelico e nel centro del petto, mentre il cazzo comincia a ritirarsi con lentezza dopo aver espulso il seme.
Sembra passata un eternità e invece è solo una manciata di secondi quando la sento ciabattare fino al bagno e chiudersi la porta alle spalle.
Apro gli occhi e do un’occhiata alla situazione. Grosse macchie bagnate si vedono chiaramente sul tessuto, inequivocabili.
Alessia torna in camera a vestirsi e fino a che non esce dalla stanza, forse per scendere a colazione, non mi muovo né do segni che le facciano capire che sono sveglio.
Appena se ne va mi alzo e mi do una bella ripulita. Sono estremamente imbarazzato, anzi mi vergogno proprio per quello che è successo, ma decido di ignorare ogni cosa e far finta di nulla.
Il lavoro ci ingloba da subito in un marasma confuso di dati, articoli e leggi. Seguiamo tutto il giorno Rattarelli tra uffici ed aule di tribunale con le nostre borse colme di fogli, e per fortuna la maggior parte dei documenti di cui abbiamo bisogno sono in forma digitale nei nostri computer.
Alessia ed io ci comportiamo come al solito, come non fosse mai successo nulla. Come se non avesse dormito nuda nel letto accanto al mio e come non mi avesse visto tutto bagnato dopo l’abbondante eiaculazione. Non ero certo lo avesse notato, ma se solo aveva girato lo sguardo verso di me, lo aveva visto.
In un colloquio con un giudice sono sorte alcune complicazioni e l’avvocato ci ha ordinato di riscrivere tutta una sezione di un rapporto. Ciò significava ore e ore di lavoro che ci avrebbero occupato, con tutta probabilità, anche di notte.
Alle 18.00 io e la collega stiamo già cenando all’hotel, in modo da dedicare interamente la nostra serata al caso. Beviamo il caffè al bancone del bar e ci stiamo rilassando, quando Alessia, ridendo ad una mia battuta, si sporge pericolosamente verso di me e buona parte del suo caffè finisce sui miei pantaloni grigi, formando una macchia enorme.
Alessia:”Oddio, cosa ho combinato! Mi spiace tantissimo!”
Io:”Cazzo, che disastro.”
Alessia:”Sono una pasticciona, non ci voleva. Andiamo subito su, vedo se riesco a toglierla”
La seguo per l’albergo abbastanza incazzato per il danno, non credo possa fare qualcosa oltre a peggiorare la situazione. Appena arrivati in camera…
Alessia:”Forza, spogliati e dammi i pantaloni”
Io:”Ma…sei sicura?” Chiedo incerto sul da farsi.
Alessia:”Svelto altrimenti si secca del tutto”
Mi tolgo l’indumento e glielo porgo, restando in mutande di fronte a lei. Si sta molto meglio ora, con il caldo che fa. Glielo faccio notare in battuta.
Io:”Oh, adesso sto bene, quasi quasi lavoro senza vestiti sta sera, fa troppo caldo” Le dico avvicinandomi alla porta del bagno aperta, dove lei sta armeggiando sul lavandino.
Alessia:”Ottima idea, in effetti non ne posso più di quest’abito, resterò senza anche io” Mi guarda sorridendo. Sta scherzando, sicuramente.
Alessia:”Oggi con le macchie sei proprio sfortunato, eh” Ride.
Io:”Ehm…cosa intendi?” Preoccupato.
Alessia:”Sta mattina quando mi sono svegliata e ti ho guardato, sembrava avessi avuto un sogno bagnato, come un ragazzino, ahah”
Io:”Co..come ? Che significa?”
Alessia:”Dai, non farmi dire certe cose! Succede di solito ai ragazzini quando hanno un sogno erotico e insomma..come dire…eiaculano durante la notte senza accorgersene. Tu avevi tutta la pancia bagnata, non puoi non essertene accorto quando ti sei svegliato. Non c’è nulla di cui vergognarsi” Mi guarda sorridendo.
Mi prendo qualche secondo per riflettere su come rispondere, guardando a terra. Cazzo. Che vergogna. Devo giustificare in qualche modo la cosa.
Io:”Oddio, che imbarazzo. Beh vedi, con la mia ragazza non faccio nulla da qualche settimana…e, ehm, da solo non mi piace molto e quindi potrebbe essere che sta mattina sia successa quella cosa…”
Alessia:”Tranquillo…insomma mi dispiace per te. Qualche settimana? è terribile.”
Io:”Si, beh lasciamo perdere.”
Dopo qualche minuto finisce di pulire i pantaloni, il caffè è andato via ma resta comunque un brutto alone.
Mi faccio una doccia mentre la collega prepara il computer e fogli vari, poi tocca a lei.
Sto analizzando attentamente alcuni dati, con addosso solo una maglia e dei boxer, quando finalmente la segretaria esce dal bagno. Indossa degli slip a vita bassa, che le nascondono di poco la vagina e dietro si incuneano perfettamente tra le chiappe sode, e sopra un reggiseno a balconcino. La guardo sbalordito mentre mi si avvicina ridendo. Mette le mani sulla mia maglietta e tira verso l’alto, togliendola. Sono talmente confuso che in quel momento potrebbe farmi qualsiasi cosa e non me ne accorgerei.
Alessia:”Non dovevamo stare senza vestiti? Via questa maglia, così lavoriamo al meglio”
Io:”Tu, ehm, non metti nulla addosso?”
Alessia:”No, perché? Sento lo stesso un calore assurdo!”
Io:”No, niente, sarà solo difficile concentrarsi” Rido con lei, ma è la verità. Sono già eccitato.
Alessia:”Ehi, sciocco! Ti ricordo che sei fidanzato, se sto cosi è solo per non morire per il calore”
Dopo un’ora concentrati sulla sezione da modificare, la noia mi assale ed inizio ad osservarla attentamente. Lei continua a scrivere, non riesco a capire come faccia a stare così tranquilla mentre è quasi nuda davanti ad un collega. L’erezione torna, immediatamente, appena le guardo le tette, la pancia, il fianco e le labbra che sussurrano parole a caso.
Alessia:”Hei, sveglia! Mentre finisco il paragrafo prendi qualcosa da mangiare dal frigo bar per favore?”
E ti pareva. Proprio adesso devo alzarmi che ho il cazzo in tiro?
Non ci penso più di tanto e mi alzo, prendo due tre cose dal frigo e mi avvicino mostrandogliele. Stando in piedi di fianco a lei, vedo ancora meglio i grossi meloni fasciati dall’intimo.
Lei guarda ciò che le ho portato e non solo: nota immediatamente il rigonfiamento nei boxer e sorride divertita.
Prende una barretta di cioccolato e continua a fissarmi l’inguine.
Alessia:”Grazie. Mattia ascolta, togli quelle mutande su, non voglio farti star male. è da un po’ che vedo che ti agiti, non sono nata ieri. ”
Io:”Cosa? No no, figurati sto benissimo” Torno a sedermi aprendo un pacchetto di craker.
Mi fissa preoccupata.
Alessia:”Insomma mi fa piacere farti questo effetto, l’ho notato già alcune volte ormai, ma non per questo voglio che il tuo membro resti così soffocato. Lascialo respirare! Non è un problema, davvero!”
Non capisco dove voglia arrivare. Mi rimetto a scrivere senza dare peso alla sua richiesta, ma così facendo la collega prende l’iniziativa. Viene verso di me decisa e si inginocchia afferrando ai fianchi i boxer.
Alessia:”Non guardo, tranquillo”
Chiude gli occhi e tira verso il basso, ma nonostante io abbia alzato leggermente il culo dalla sedia, facendo forza con le mani sul tavolo, l’elastico resta impigliato all’asta.
La sua mano destra, in un secondo, segue la linea del bordo e trova l’ostacolo, liberandolo del tutto. Quel suo tocco inaspettato sulla cappella mi fa gemere, ma lei continua a far scendere l’indumento alle caviglie fino a toglierlo del tutto, per poi tornare a sedere di fronte a me.
Alessia:”Visto? è stato facile”
Dalla sua posizione non può vedere il mio uccello tesissimo cui basterebbe pochissimo per esplodere.
Io:”Beh, si. Ora sto sicuramente meglio, grazie!”
Alessia:”Figurati… certo è che dovresti dare libero sfogo ad alcuni istinti ogni tanto. Altrimenti ti ritrovi sempre in questo stato di tensione insopportabile!”
Io:”Forse si…ma ti ho detto com’è la mia situazione…”
Alessia:”Non capisco dove sia il problema per la tua ragazza. Insomma non si trova ovunque un attrezzo del genere” Ride.
Io:”Dai, così mi imbarazzi! Ahah. Comunque sono nella media come misure, niente di eccezionale!”
Alessia:”Ehm, va bene ma fidati che non è così scontato.”
Io:”Mi sento un po’ in imbarazzo ad essere nudo di fronte a te ad essere onesti.”
Alessia:”Perché? Non c’è nulla di male. Ah, dici che dovrei togliere le mutandine anche io? Ahah furbetto, va bene, ma le devi togliere tu”
Resta ad osservarmi in attesa. Non so cosa fare. Perché si comporta cosi? Mi sta provocando di continuo, portando la mia eccitazione a picchi sempre più elevati.
Io:”Mah, non so. Già faccio fatica a lavorare in queste condizioni, toglierti le mutandine e saperti nuda non vedo come possa aiutarmi”
Alessia:”Dai, che problemi ti fai? Ho molto caldo quindi starei davvero meglio senza indumenti…e poi terrei il reggiseno così non ti distrai direttamente.”
Io:”Mm, ma se mi alzo per toglierle, tu mi puoi vedere…il membro insomma”
Alessia:”Eh va beh che sarà mai…non sarà il primo né l’ultimo ahah. Facciamo così, guardami anche tu e siamo pari.”
Mi arrendo alle sue parole, desideroso di proseguire in questo gioco piccante. Nel profondo, desidero caldamente che mi veda il pacco, in tiro all’estremo, e soprattutto voglio sbirciarle tra le gambe, vedere il suo frutto proibito che da settimane cerco di scorgere.
Mi alzo senza vergogna e mi avvicino, mostrandomi in tutta la mia nudità. Il cazzo svetta di fronte a me puntando verso l’alto, il prepuzio abbassato a mostrare una cappella rossa e gonfia.
Mi inginocchio di fronte a lei e ci guardiamo, vogliosi, mentre afferro lo slip ed inizio a tirarlo giù. Solo quando lo sfilo dalle caviglie mi permetto di far scendere lo sguardo sulla sua passera e quasi vengo da quel che vedo. Alessia apre bene le gambe e si sporge all’indietro con la schiena, mostrando la figa tutta depilata, le grandi labbra semi aperte che rivelano un fiore rosa molto umido e bagnato. Wow.
Porto le mutandine alla faccia e annuso il suo profumo: sa di sesso e voglia.
Alessia:”Sai, hai un bel cazzo collega. E sembra stia per esplodere, ahah”
Io:”è proprio così infatti…Perché hai una vulva stupenda, collega” Ridiamo insieme, complici.
Alessia:”Forza ora, concludiamo la prima parte. Per il resto facciamo domani, abbiamo bisogno di dormire”
Con molta difficoltà all’una di notte finiamo. Lei non si è mai staccata dal pc, continuando iperterrita a scrivere. Io invece sono riuscito a non pensare alla sua vagina solo un paio di volte nell’arco di due ore, ma subito dopo il pensiero è tornato prepotente, assieme all’erezione che continua a torturare il mio uccello ormai allo stremo.
Alessia:”Andiamo a dormire…domani sveglia alle sette, colazione, e poi portiamo avanti questa tortura. Senti, ti spiace se dormo completamente nuda, a questo punto?”
Senza aspettare una mia risposta si alza e si avvicina al letto rimanendo girata verso di me. Che ragazza fantastica! Mi cadono subito gli occhi tra le sue cosce.
Porta le mani alla schiena e sgancia il reggiseno, togliendolo e restando nuda. Nuda di fronte a me, con un bel sorriso sulla bocca.
Per qualche secondo rimango a fissarla incredulo e lei è compiaciuta della mia reazione, soprattutto quella del mio pene che non smette di pulsare durissimo.
Ci buttiamo stanchissimi sui nostri letti. Addormentarsi è un’impresa.
Continua…
La sveglia alle sette precise ci butta giù dal letto. L’unica cosa positiva è vedere la segretaria nuda, che gira per la stanza alla ricerca di indumenti. Fa già caldo ma per scendere a colazione qualcosa addosso meglio metterlo.
Guardo il cellulare e vedo un messaggio. è Marta. Cerco di capire cosa ha scritto, strofinando gli occhi, incredulo. Dice:”Sei uno stronzo, in tre giorni non ti sei mai fatto sentire. Con te ho chiuso.”
Le rispondo cercando di capire cosa cazzo voglia da me questa donna pazzoide, ma in fin dei conti l’alternativa di liberarmi di lei mi stuzzica non poco.
Sono abbastanza giù di morale mentre siamo tutti e tre al bar dell’hotel. Una storia di due anni con una stupenda ragazza come Marta, che si chiude così bruscamente, quasi non ci credo. Sono talmente abituato ad averla vicino, ad uscire con lei e a saperla sempre disponibile che ora sento come un vuoto. Non risponde a messaggi e chiamate. Negli scorsi giorni ero troppo impegnato per pensarla o per chiamarla ogni due ore come vorrebbe lei. Oramai negli ultimi due mesi la nostra relazione si è come fratturata, lei non capisce me ed io non riesco a capire lei. Sicuramente devo mettere in primo piano la mia professione e il mio sogno!
Alessia nota che sono immerso nei miei pensieri e mi sfiora la mano con sguardo preoccupato.
Alessia:”Spitti, che succede?”
Io:”Niente niente”
Le faccio cenno con il dito, come a dirle che glielo avrei spiegato più tardi, non davanti all’avvocato. Anche se stiamo facendo colazione, sono comunque sul lavoro, con il capo lì presente, che sicuramente non apprezzerebbe una distrazione di quelle proporzioni derivante dalla mia vita privata.
Finalmente Rattarelli prende le sue cose e si incammina all’uscita dell’albergo per andare in tribunale, augurandoci buon lavoro con il rapporto da modificare.
Andiamo nella stanza e la collega inizia a togliersi gli indumenti mentre parla.
Alessia:”Forza, dimmi tutto” Abbassa i pantaloni. Sono solo le 8.30 ed il termometro segna già 29 gradi.
Io:”Mah niente…Marta mi ha lasciato con un messaggio sta mattina. Perché dice che la sto trascurando da giorni. Ora non risponde più, probabilmente mi ha bloccato il numero.”
Alessia:”Accidenti, mi dispiace. E tu come ti senti?” Slaccia il reggiseno.
Io:”Non lo so. Triste credo. Ma da una parte sollevato. Mah..cosa stai facendo?”
Alessia:”Ho caldo. Ormai mi hai già vista nuda…non credo sia un problema no? Anzi dovresti spogliarti anche tu.” Si avvicina a mi toglie la maglia, come nulla fosse.
Alessia:”Comunque non ho capito, sei triste ma sollevato?”
Io:”Si. Sono abbastanza confuso” la osservo mentre toglie anche le mutandine e si gira piegandosi. Vedere quel culetto tondo e la sua figa che spunta allegramente, un po’ di tristezza la fanno passare. Slaccio pure io i jeans e li tolgo.
Alessia:”Dai cerca di non pensarci, adesso vedrai che appena ci mettiamo al lavoro non avrai altri pensieri. Togli anche i boxer e starai già meglio. Comunque da come mi parlavi di lei, stavate passando un brutto momento no? ”
Io:”Si. Forse è meglio che sia finita e in questo modo. Devo solo metabolizzarlo.” Sfilo le mutande e il cazzo svetta fiero, finalmente libero da costrizioni. Lei mi guarda contenta, ma subito ci sediamo al grande tavolo e iniziamo a darci da fare.
Alle 11.00 siamo già stufi. O meglio, distratti. Continuo a guardarle i seni, così grossi e morbidi, con i capezzoli che si rizzano quando vengono in contatto con la superficie in legno del tavolo. Lei invece di tanto in tanto si sporge verso di me con qualche scusa, ma vedo che lo fa per guardarmi tra le gambe. Fortunatamente con il passare delle ore il cazzo trova un po’ di pace rilassandosi, per poi tornare velocemente turgido ogni volta che la collega mi sbircia.
Decidiamo di fare una pausa mangiando qualcosa. Alessia prende la sua barretta preferita e si accomoda sul letto davanti a me, a gambe larghe. La osservo mentre con indifferenza si accarezza un seno, poi la figa, guardando fuori dalla finestra e succhiando il cioccolato. Troppo eccitante.
Con una mano mangio il mio craker ma con l’altra mi accarezzo i testicoli e la base dell’asta rigida, con la voglia sempre più insistente di masturbarmi guardandola.
La segretaria, furba com’è, nota i miei gesti.
Alessia:”Mattia, ancora non ti sei liberato del tuo carico?” Mi fissa il cazzo sorridendo. “Porca miseria c’è l’hai sempre in tiro! Sei un masochista.”
Io:”Forse hai ragione. Tutto questo stare nudi mi porta ad una eccitazione insopportabile.” Mi pulsa tra le dita, tutto il sangue si è riversato tra le gambe.
Alessia:”Sai un po’ mi fa piacere fare questo effetto… Ma come ti dicevo ieri, non mi va assolutamente di farti stare male. Dobbiamo trovare una soluzione, ora che Marta non ti aiuterà più in questo senso, (non lo faceva neanche prima) e tu non ti decidi a sfogarti!”
Io:”Non ti preoccupare…tanto domani è l’ultimo giorno che passiamo in questo modo. Per quanto mi faccia piacere poterti vedere nuda, e sei uno spettacolo onestamente, è una vera tortura.”
Alessia:”Ascolta, io oltre che una tua collega sono ormai tua amica. Non mi era mai successo di rimanere senza abiti di fronte a qualcuno che non fosse un mio ragazzo, ma con te tutto questo è così naturale, così spontaneo, che mi spiazza quando ci penso. Anche per questo, ti do volentieri una mano io. Così poi starai molto meglio e la mia presenza non sarà più una tortura.”
Io:”In..che, ehm, senso?” Chiedo stupito.
In tutta risposta la collega si alza dal letto e viene verso di me, si inginocchia tra le mie gambe aperte e fa una cosa che mai mi sarei sognato. Guardandomi intensamente negli occhi, mi afferra il cazzo con una presa decisa. Quasi svengo dalla sorpresa e dal piacere.
Alessia:”In questo senso. Ora rilassati.” Sussurra maliziosa.
Mi devo concentrare per capire che la segretaria del mio capo è effettivamente di fronte a me ed ha iniziato a segarmi. La mano scivola lentamente sull’asta, dalle palle fino a coprire interamente la cappella con il prepuzio. Mi tasta e accarezza con calma, come per analizzare attentamente durezza, dimensioni e vene in rilievo. Sosta maggiormente sul glande, appoggia il dito e lo ritrae, osservando come il sangue sia vivo e bollente sotto la pelle.
Con la mano sinistra prende i testicoli, li massaggia e soppesa sulle dita. La presa sul pene si fa più salda e Alessia comincia a darci dentro, facendomi godere.
Mi sdraio ancor di più sulla sedia e spalanco le gambe. Non capisco più niente, mi lascio andare alle sensazioni che mi pervadono. L’uccello di marmo si tende alla sua massima estensione e palpita esasperato nella sua mano, sono vicinissimo a venire.
La collega mi guarda dal basso soddisfatta per i risultati che sta ottenendo, consapevole del potere che ha su di me.
All’improvviso il ritmo della sega aumenta a dismisura, forsennato e implacabile. Monta dentro di me l’orgasmo, lo sento pronto e molto molto travolgente.
Io:”Ah, mm, sto per per…”
Non riesco a finire la frase che la segretaria lascia il mio uccello e mi prende le mani, che avevo abbandonate ai fianchi, e se le porta ai seni… cazzo.
Morbidissimi e sodi, sento i capezzoli duri sotto i palmi.
Io:”Ahhh……mahhh”
Godo. Il cazzo inizia a spruzzare nettare bianco, ma lentamente e con poca pressione. Erutta, e come lava di un vulcano dormiente, il seme esce e cola dalla cappella all’asta, per depositarsi sul bacino o a terra.
Resto a bocca aperta e gli occhi chiusi a palparle le bocce stupende, assaporando ogni piccolo spasmo del membro che continua a buttare fuori sperma, sempre meno copioso.
Un’altra eiaculazione soffocata, rovinata.
Quando ogni meravigliosa sensazione scema dal mio corpo e dal mio cervello, mi abbandono sulla sedia, stremato, e osservo l’uccello che si adagia sulla pancia ma non smette di sussultare interdetto.
Lei ride vicino a me contenta.
Io:”Sei una stronza…mi hai lasciato il pene proprio al culmine! ”
Alessia:”Ahah, lo so. Ma tu eri talmente carico che scommetto che è stato comunque molto bello” Ride.
Io:”Ancora una volta hai ragione. Non so se ho mai provato un sensazione così forte e potente.” Ansimo per riprendere fiato. “Sei stata fantastica!”
Alessia:”Non c’è di che! è stato stupendo vederti venire in quel modo…mmm!”
Io:”Eh ti sei divertita è? Comunque complimenti per quelle tette che ti ritrovi. Wow sono splendide” Ridiamo insieme, davvero contenti per l’ esperienza vissuta.
Alessia:”Vai a lavarti dai, tra un’ora dobbiamo aver finito tutta la relazione!”
Continua…
La nostra esperienza a Roma si sta per concludere. Alle 19.00 il treno ci aspetta alla stazione centrale per condurci verso casa. Quando sono partito non potevo immaginare che questa trasferta si rivelasse la migliore uscita della mia vita fin’ora. Anzi la cosa mi spaventava a causa della freddezza e autorità di Alessia. Invece proprio lei mi fa vivere situazioni incredibili e molto eccitanti, proprio perché siamo riusciti ad entrare in sintonia. Si è lasciata andare con me grazie alla mia timidezza e il mio timore nei suoi confronti, forse anche per l’apparente disinteresse causato dall’essere fidanzato.
Fatto sta che ogni barriera tra noi è crollata definitivamente quando abbiamo iniziato a spogliarci l’uno davanti all’altra. Ma adesso cosa eravamo? Colleghi, amici o amanti? Cerco di non pensarci troppo, sono domande che probabilmente non avranno mai una risposta.
Immediatamente la giornata ci travolge con il suo classico tram tram, la relazione che ci ha impegnato per ore viene molto apprezzata e con un’ultima udienza chiudiamo il lavoro nella capitale.
Alle 16.00 torniamo all’hotel per prepararci al viaggio di ritorno.
Alessia:”Finalmente abbiamo finito e possiamo tornare ad una routine più normale, se così si può dire per il lavoro che facciamo!”
Io:”Un po’ mi dispiace sinceramente. Mi stavo abituando a dormire nella tua stessa stanza e a vederti gironzolare con le chiappe al vento”
Ridiamo divertiti, e iniziamo a spogliarci, automaticamente, come fosse la normalità.
Alessia:”Eh immagino ahah! Ovviamente tutto questo finisce oggi, spiace anche a me ovviamente, ma non possiamo portare avanti una cosa così, sarebbe deleterio per entrambi.”
Io:”Lo so tranquilla. Basta che non torni a fare la stronza con me in ufficio!”
Alessia:”Non sono stronza, ma mi devo fare rispettare!”
Rido e mi avvicino a lei, con una mano sulla sua spalla la spingo indietro, facendola cadere sul materasso.
Alessia:”Cosa fai?”
Io:”Ti voglio aiutare come hai aiutato me ieri. Voglio liberarti dal carico. Da quanto tempo è che non ti sfoghi?” La voglio. Ma ancora più forte è il desiderio si soddisfarla e liberarla da tutta la carica sessuale che in questi giorni ha accumulato.
Alessia:”Saranno tre o quattro settimane….”
Io:”Pensavo addirittura di più vedendo quanto sono bagnate ogni volta le tue mutandine”
Mi stendo sul letto a pancia sotto e le apro dolcemente le gambe per poter accedere alla vagina, che è palesemente un lago. Lei è immobile e si lascia toccare, abbandonandosi sul materasso. Respira affannosamente a bocca aperta in attesa della mia mossa; sento che è quello che desidera da tempo ma che non ha mai avuto il coraggio di chiedere.
La figa è bellissima con le labbra spalancate e soprattutto la vagina aperta, vogliosa, pronta ad accogliere molto più di un dito; devo ancora toccarla ma noto con piacere che l’ano è umido e tutto attorno la vulva è bagnata da liquido vaginale.
Non so se sono io, oppure la situazione di questi giorni ad eccitarla in tal modo, ma trovarla così calda e disponibile mi fa innalzare del tutto il membro.
Faccio aderire tutta la lingua alla passera e sto fermo, guardandola. Geme, portando le mani ai capezzoli durissimi a agitandosi sul letto.
La muovo dolcemente dal basso verso l’alto, prima infilandola appena nella vagina e poi salendo ad accarezzarle il bottoncino fremente. La inserisco il più possibile dentro di lei, ritmicamente, dentro e fuori, leccando le pareti interne, poi mi muovo all’esterno a zig zag, ogni movimento diverso dal precedente e questo la fa impazzire.
Alessia:”Ah ah ah…mmm”
Lascio la figa e le alzo un po’ le gambe, facendo scendere la lingua sull’ano molto lubrificato di umori. Mi piace, è leggermente grinzoso ma ben depilato e si fa leccare avidamente. Sussulta sotto i miei colpi facendomi entrare di un centimetro; troppo bello, sento il cazzo che pulsa chiedendo di partecipare.
La ragazza mi prende la testa per invitarmi a tornare sulla sua figa, non manca molto all’orgasmo.
Mi getto sul clitoride durissimo e inizio a lappare con foga. Mi sistemo meglio e riesco a infilare il medio fino in fondo alla vagina, accarezzando il punto g, mentre inserisco una falange del pollice nel culetto della segretaria.
Respira sempre più affannosamente, torturandosi i seni ed i capezzoli ormai viola. Lecco con velocità e costanza e muovo un poco le dita dentro di lei. è sempre più bagnata.
Bastano ancora pochi secondi e la donna viene, gode sulla mia bocca e sulla mia mano.
Geme di piacere, si lascia andare ad un urlo strozzato, poi trattiene il respiro ed io non mi fermo, continuo a lappare con maggior decisione.
Stringe le cosce attorno alla mio capo e mi mette le mani in testa nel tentativo di allontanarmi e tornare a respirare.
Dopo una decina di secondi decido di smettere e togliermi dalle sue grazie, lei torna ad inspirare ossigeno e ansimare pesantemente, scossa da un orgasmo impetuoso.
Quando finalmente si riprende mi guarda con occhi spalancati.
Alessia:”Tu…tu, sei un pazzo… un pazzo bravissimo con la lingua!”
E ricade sul letto, stremata.
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Col passare dei giorni e delle settimane, il nostro rapporto si è consolidato in un’amicizia molto aperta, di presenza e sostengo, soprattutto sul lavoro.
Quel giorno a Roma è avvenuto l’ultimo nostro incontro intimo purtroppo. La desidero fortemente, sempre e di continuo e vedo nel suo sguardo una passione e una voglia identiche alle mie. Ci tratteniamo e continuiamo a lavorare come normalissimi colleghi, affiatati e molto in sintonia.
Tutta questa situazione però, non credo possa durare ancora a lungo. Sia io che Alessia, nel nostro cuore, lo sappiamo bene.
The end.
Sempre bello leggere i tuoi racconti, spero di non aspettare tanto per il prossimo capitolo
Storia interessante e piacevole lettura. Spero continui con il 10 capitolo
Racconti intriganti e piacevoli nella lettura complimenti. Aspetto da tempo e spero arrivi il terzo capitolo con finale
Grazie Rebis
Bellissima storia, molto realistica