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La gabbia di Adele

By 28 Novembre 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

Avvertenza: se il racconto a seguito fosse stato solo frutto di fantasia, si sarebbe intitolato: ‘Confessioni di un depravato’, confezionato ad hoc da un artigiano di pugnette in viaggio di nozze col suo psichiatra.
Purtroppo per voi che leggete, i personaggi sono reali, essendo autobiografico, così come l’introspezione psicologica, mentre la situazione descritta è un ‘cosa faremo da grandi’ .
Essendo infine un ELOGIO ALLA DEVIANZA, se ne sconsiglia vivamente la lettura ai portatori sani di giudizio universale ed agli stitici emozionali con stènosi alle pudenda .

La gabbia di Adele.

I. La veglia di preparazione.

”Devo sbrigarmi, accidenti se è tardi!’, penso’ Adele continuando ad evidenziare con la matita i grandi occhi azzurri spalancati di fronte allo specchio.
Ormai mancava poco all’appuntamento, o meglio: alla ‘mattanza’, come sinistramente gli aveva prospettato Pat. Cosa volesse dire, Adele poteva solo intuirlo, ma stranamente, la cosa la eccitava e la inquietava, cosi’ come ogni volta che incontrava Pat, il suo signore, il suo aguzzino, il suo padrone, il suo amante: aveva ormai imparato (‘a sue spese!) che quel tipo di ‘convocazione’, era la tipica ‘proposta che non si può rifiutare”, era l’olocausto al quale il suo tremendo proprietario la immolava per ribadire una volta di più il suo totale controllo su di lei. Ma Pat era anche il suo uomo, le sue ali di libertà, il custode della sua vera dimensione: il cantore, il profeta, il gestore sapiente del lato oscuro della sua personalità, quella vera, che Adele per tanti anni aveva celato sotto le mentite spoglie della moglie fedele, della mamma premurosa, della donna pubblica.

Adele era la tipica signora over 40 di una cittadina di provincia, casalinga, sposata ad un uomo con un lavoro importante, madre di due figli ormai grandi, immersa in quella pingue borghesia pettegola e perbenista che si nutre di ipocrisia e di alibi esistenziali, quali il pranzo della domenica con i parenti, il teatro con le amiche, le associazioni culturali, le gite organizzate, gli inciuci sulle corna della moglie del farmacista e le prediche del curato: e di questo surrogato di microcosmo, di questa noia del vivere, Adele era l’esponente di punta.

L’incontro con Pat aveva cortocircuitato le contraddizioni profonde del suo animo, aveva scatenato le pulsioni più profonde della sua personalità, represse per anni con la razionalità ed una condotta irreprensibile, mettendo finalmente a nudo la sua vera natura: Adele voleva diventare una cagna fedele e affezionata, e come tale, essere addestrata, gratificata ma anche punita e guidata, per farsi strumento di piacere di un uomo che avesse saputo farne vibrare le corde più intime, che avesse saputo dominarla con la saggezza di un asceta, la disciplina di un samurai, la severità di un inquisitore, la soavità di un cigno: Adele si offriva senza resa ad un novello templare che sapesse ridarle vita: ed aveva incontrato Pat.

Lui era diventato il suo tutto, la sua religione, il suo giorno e la sua notte, la sua droga e lei la sua cagna obbediente, la sua puttana sempre disponibile, la sua troia da monta, ma anche di piu”oh, certo, perché con lui aveva raggiunto orizzonti lontanissimi, abissi siderali e sconosciuti di piacere estremo, di sofferenza e disciplina, di perversione ed incoscienza impensabili’

Ormai Adele era succube di quel bastardo, capace di farla sentire insieme regina e cortigiana, angelica e mignotta, amata e violentata, vezzeggiata e usata’protetta e prostituita ‘aveva il suo marchio a pelle, pensava come voleva lui, vestiva come voleva lui, andava se e come voleva lui, si masturbava se voleva lui’si, lui, il suo feticcio, che controllava ogni anelito di Adele e ne conosceva ogni più recondito respiro della mente, dominandone i venti tempestosi dei sensi.

Davanti allo specchio, Adele ebbe un sussulto: sentì un fiotto caldo sgorgarle dalla vagina, allargo’ istintivamente le cosce e sentì il suo succo colare lentamente senza ritegno né argini, non avendo messo mutandine per espresso ordine del suo padrone’

Guardo’ allora la sua figura riflessa: i seni debordanti e turgidi in quel decolleté nero, che lasciava scoperte due gambe tornite e statuarie, fasciate in calze a rete ed innestate su scarpe rosse e tacchi a spillo: si sentiva bella e desiderata, troia ed orgogliosa, ‘pronta all’uso”sarebbe uscita volentieri in strada con un cartello al collo: ‘ATTENZIONE: ZOCCOLA IN LIBERA USCITA’: capì allora di essere pronta a sfidare il mondo ed ogni perversione del suo adorato master, voleva essere messa alla prova, qualunque essa fosse.

Giro’ sui tacchi per prepararsi ad uscire e’solo allora, guardando quella casa/prigione nella sua insipida asetticità, ebbe un velo di tristezza: sentì dentro tutto l’amaro dei tanti anni bui, senza sale, delle tante promesse mai mantenute, delle speranze infrante: per un attimo, gli si paro’ innanzi lo spettro dell’altro uomo, quello a cui aveva dedicato la propria vita fino allora, e che oramai si trascinava fra il lavoro ed interminabili partite a biliardo e a carte con gli amici, senza che lei contasse più del due di coppe a briscola quando regna bastoni, relegata a ruolo di comparsa in quella vita dove da tempo non aveva più una collocazione: una schiava senza catene, un dettaglio superfluo dell’arredamento, un serbatoio nel quale travasare – di tanto in tanto ‘ il risultato di un fugace attimo di passione camuffato da coito coniugale.

Quell’uomo, suo marito, l’aveva letteralmente devitalizzata.

Se l’avesse avuto davanti, in quel momento in cui stava per spiccare il volo verso quel nido protettivo, dove l’aspettava il suo sublime aguzzino, gli avrebbe detto:’ ‘ ”Una volta eri tutto il mio mondo’ma ora ho deciso di viaggiare”

II. La quiete prima della tempesta.

L’appuntamento era in un certo ‘Bar King’, in una traversa della statale che Adele stava percorrendo: ella vi arrivo’ imboccando una stretta carrareccia fra la rigogliosa campagna settembrina e qualche isolata casa colonica: le sembro’ alquanto strano che un locale potesse trovarsi immerso in quell’oasi verde, dove il silenzio del pomeriggio era rotto di tanto in tanto dall’abbaiare che i cani alla catena delle villette agresti rivolgevano al suo passaggio.

Si arresto’ davanti ad uno stabile su due livelli, i cui locali terranei ospitavano l’officina di un meccanico e, per l’appunto, il bar, nel cui grazioso gazebo antistante, erano disposti in buon ordine una decina di tavolini .
Nonostante il luogo fosse lontano dalla strada principale, risultava abbastanza frequentato: una quindicina circa di avventori sedevano ai tavoli, altri conversavano in piedi, in piccoli gruppi, sullo spiazzo antistante il bar.
La cosa che notò Adele è che fossero tutti uomini: lì per lì non diede importanza alla cosa’o forse avrebbe dovuto dargliela?

Seduto ad un tavolino, c’era Pat, gambe accavallate nella posa di indolente mascalzone che tanto l’arrapava, occhiali Polaroid e l’immancabile sigaretta.

Pat sorrise, e mentre Adele avanzava ancheggiando sinuosamente verso di lui, piu’ per le asperità del terreno che per la procacità dei suoi glutei, colse un guizzo maligno in quel sorriso: presagiva qualcosa di’tremendamente eccitante e sconvolgente: in quale trappola perversa quell’adorabile porco la stava attirando? Perché non vedersi a casa sua, come al solito?

Adele sedette col cuore in gola, agitata, riuscendo a stento a farfugliare un ciao, mentre il brusio di qualche avventore seduto agli altri tavolini le faceva intuire un plauso ammirato al suo sculettamento.

‘-Ciao amore” , la salutò sorridendo Pat’già, perché lei sapeva benissimo che al di là di ogni impensabile perversione, Pat l’amava davvero, amava ogni sua essenza, mente, anima e corpo.
E Adele era innamorata del suo sequestratore.
Ed era pronta al martirio.

– ‘ Perché hai voluto vedermi qui? Non capisco”
– ‘Perché io voglio così’, rispose secco il domine, con un tono che non ammetteva repliche.
– ‘Rilassati, ordiniamo qualcosa’ e fece cenno al barista, che intanto si era affacciato sulla soglia. Venne verso di loro, e quando arrivo’ al tavolino, squadro’ Adele senza ritegno, con un ghigno suino, soppesando con gli occhi il seno e le cosce sensualmente velate.
Sulla quarantina, altezza media, robusto, carnagione scura da sole nei campi, barba incolta, tipico bifolco strappato ad una promettente carriera di bracciante agricolo, improponibile in quel grembiule sudicio, sembrava piu’ un macellaio che un barista.
Adele ebbe un moto infastidito di ribrezzo.
– ‘Ci porti due caffè’, ordino’ Pat.

Il troglodita si diresse verso il banco, mentre Adele non trattenne un moto di disgusto”- Che uomo disgustoso!’, sussuro’.

Pat si tolse le Polaroid e la guardò intensamente negli occhi: ‘-Mai giudicare le apparenze: anche quella specie di cinghiale col grembiule potrebbe dare molto”

Le parole di Pat fecero trasalire Adele: si sentì ancora agitata’cosa voleva dire?
Eppure’non poteva essere vero’era eccitata: sentiva la passera spasmarle fra le cosce, sentiva l’imbarazzo degli sguardi maialeschi di quegli anonimi avventori incollati addosso’ed era eccitata!

Negli ultimi tempi, Pat le aveva manifestato il desiderio di volerla offrire ad un altro uomo, di vederla prostituita, scopata ed abusata davanti a lui da un altro cazzo: quel tarlo l’aveva fatta agitare, spaventare, eppure le aveva creato una segreta ed indicibile eccitazione: da quando aveva confidato al suo padrone che quella era una delle fantasie più ricorrenti allorquando si masturbava: nella sua mente, materializzava di essere improvvisamente aggredita e circondata da uomini dal viso indefinito che, denudatisi, la sottoponevano a depravazioni indicibili di ogni genere: a pecora e costretta per la testa dalle mani di un aguzzino a far scorrere su e giù il cazzo enorme nella sua gola, mentre l’altro le trapanava il buco del culo con violenza: Adele allora sborrava il suo orgasmo solitario e virtuale proprio nell’attimo in cui quel battaglione di cazzi da sbarco le inondava viscere e stomaco di sperma.

Questi suoi pensieri furono interrotti dalle parole di Pat:

‘- Tu vuoi sapere perché siamo qui’va bene’prima però voglio conoscere fino a che punto arriva la tua abnegazione, fin dove sei pronta a seguirmi: in qualunque momento, puoi sempre dire : BASTA!, ed allora fermeremo il treno: ma mi piacerebbe arrivare al capolinea con te”

‘-Dimmi cosa vuoi che io faccia’sono pronta.’ La voce di Adele all’improvviso era diventata ferma e non lasciava trasparire titubanze: ormai si sentiva indissolubilmente legata al suo padrone’ed aveva scelto di farsi trascinare, abbracciato a lui, nel turbinìo dei sensi: il suo era un biglietto di sola andata: sarebbe scesa solo quando lui avesse fermato il treno.

‘-OK’ti propongo un gioco: guardati intorno, scruta questi uomini: indicamene tre che ti piacciono..e..ti prego, non fare domande .’

Adele istintivamente sorrise: ecco cosa gli piaceva del suo uomo: l’imprevedibile genialità delle sue iniziative, quella mente sempre in fermento, come se il demone della perversità che abitava quel santuario di carne e idee tendesse le sue trappole per catturarla ogni volta in un nuovo incubo di sensualità.

Adele decise di accettare l’ingaggio e girò lo sguardo: focalizzò la sua attenzione sui gruppi di maschi che, senza curarsi apparentemente di lei, continuavano i loro discorsi fra uomini: ponderò e circoscrisse la loro età dai trenta ai quarant’anni, focalizzo’ poi la sua attenzione su ogni singolo soggetto, soppesandone l’aspetto, il viso, la muscolatura, la gestualità ed alla fine, come la brava scolara che consegna il compito in classe senza errori, disse rivolta a Pat :

‘- Beh’hai detto tre’allora’il biondino con la polo blu seduto alla nostra sinistra’il moro con le Ray Ban con la camicia bianca e le mani in tasca che ora sta entrando al bar’uhm’veramente carino’e’il meccanico’si, proprio lui, vedi? con la tuta azzurra che sta al cellulare in questo momento.’

Pat , che aveva seguito con lo sguardo le indicazioni della sua puttana, sembro’ dare mentalmente un giudizio alle sue scelte: alla fine, annuì in segno di approvazione.

‘- Ora vuoi spiegarmi il senso di questo che chiami gioco? Pat, io ti conosco, e so che stai per propormi qualcosa e non immagini quanto sono tesa.’

‘- Solo tesa, amore mio? Il tono di Pat era ironico e quasi irridente.
‘- Mio signore, tu mi leggi dentro ed io non posso negarlo’si, è vero’mi stai facendo arrapare, mi sto bagnando, mi stai facendo presagire qualcosa che so che deve accadere, e questo mi dà una scarica di adrenalina.’

Pat sorrise e d’un tratto, dalla tasca, tirò fuori qualcosa che posò sul tavolino: Adele trattenne il respiro: erano preservativi’guardò trasognata Pat aprire con estenuante lentezza il cellophane della confezione ed estrarne il contenuto.

‘- E’ una confezione da 4 pezzi’quindi’per 4 scopate”- ma siccome era arguta aggiunse:”o per 4 cazzi..no? E’ giusto il conto?’

Fu allora che ella realizzò l’insano progetto di quel pazzo pervertito di cui era vittima sacrificale, ne fu atterrita, avrebbe voluto alzarsi e fuggire via, aveva il respiro corto e sentì pompare il sangue alle tempie, i battiti impazziti:

lui voleva prostituirla, offrirla, farle provare più cazzi, farla chiavare e inculare da un’associazione a delinquere finalizzata all’eiaculazione, voleva che dei perfetti sconosciuti le scandagliassero retto e vagina, se la facessero, se la godessero:

‘- Si, Adele, è così: voglio vederti usata ed abusata dagli uomini che hai scelto: ma so anche di chiedere molto: per questo, voglio sia tu a dirmi SI o NO.’

Adele cercò di controllare la tempesta di emozioni che in quel momento le flagellavano la persona, facendola fremere per la tensione: abbassò gli occhi, come a cercare risposte nella tazzina di caffè davanti a lei: la mano di Pat che stringeva la sua, la risvegliò dal torpore: lo vide rimettere i preservativi nella scatola e riporla con cura nella tasca. Poi, con un sorriso dolce che quell’ignobile mascalzone sapeva donarle nei momenti in cui ella si sentiva in difficoltà, le disse:
‘- Vieni amore, dai, andiamo via, facciamoci una passeggiata.’ Si alzò e fece per voltarsi e dirigersi verso la sua auto.

‘-SI”

La voce di Adele lo fulminò alle spalle, come in un duello dell’ottocento alle pistole, dove uno dei due rivali spara all’altro senza aver finito di contare i dieci passi.
Lui si voltò ferito da quell’inaspettato monosillabo: e allora Adele lo finì col colpo di grazia:

‘Si’voglio’si’io ti appartengo”

Disse ancora mordendosi le labbra:
‘- Ma tu devi stare vicino a me, devi tenermi la mano’non mi devi lasciare”

III. La mattanza.

Il viso espressivo di Pat divento’ allora serio, dilato’ le narici e contrasse la mascella.
‘- D’accordo’allora aspettami qui un secondo’e’cerca di rilassarti.’
Lo vide dirigersi lentamente verso ognuno dei tre uomini che ella le aveva indicato, lo vide parlare brevemente con ognuno di loro e’passargli da mano a mano un qualcosa: non le ci volle molto a capire: erano i preservativi.

Pat ritornò e le offrì la mano dicendole ‘- Vieni tesoro.’
Adele lo segui’ come un bimbo insicuro segue la sua guida protettiva, lo sguardo basso, il passo incerto’attraversarono il locale del bar, seguiti dallo sguardo laido del barista/cinghiale, e raggiunsero il retro, attraversarono un angusto corridoio in penombra, fino ad una porticina alla fine di esso.

Era la toilette.

Un intenso odore di orina e chiuso le aggredì le narici, una sgangherata finestrella filtrava la flebile luce del pomeriggio: Adele distinse in quell’angusto bugigattolo la tazza del cesso, il lavandino e innanzi ad esso una poltrona da ufficio, di quelle orrende in similpelle e braccioli che arredano con cattivo gusto il posto di lavoro di molti impiegati.
Pat fece posizionare Adele a 4 zampe sulla poltrona, ne curò con dolcezza e garbo la postura divaricandole le cosce e facendole abbassare la schiena, in modo che il bacino si protendesse verso l’esterno, le alzo’ la gonna fin sulla schiena e le accarezzo’ i glutei per tranquillizzarla: anche nella semioscurità, Adele offriva uno spettacolo che mozzava il fiato: due chiappe sode, senza smagliature, il buco del culo senza le frastagliature tipiche di chi vive la sodomizzazione come un’intrusione traumatica (a lei piaceva letteralmente ‘prenderlo nel culo’), sotto, le grandi labbra al tatto di Pat già fradice di umore, beanti e dilatate dalla posizione prona.

Pat preparo’ cosi’ la sua cavalla pronta per la monta.

Richiuse la porta e si posiziono’ lateralmente a lei, accarezzandole i capelli con dolcezza:
‘- Sei pronta, amore mio?’ ”’Si” ‘ ‘Ecco, ora dobbiamo solo aspettare qualche secondo”

Adele avvertì i passi lenti ed ovattati provenienti dal corridoio, ebbe un tuffo al cuore ed istintivamente affondo’ il viso sul poggiatesta della poltrona.
La porta si aprì cigolando sinistramente per poi richiudersi: il primo sacerdote del sacrificio di Adele era arrivato: ella ne sentiva il respiro accelerato, lo sentì armeggiare con la cintura dei pantaloni, poi udì un rumore simile allo scartocciamento di una caramella: il porco stava indossando l’impermeabile e fra un po’ l’avrebbe chiavata.
Trasali’ non appena lui le strinse le natiche con le mani, eppure, la sua presa era delicata:
senti’ la cappella del suo cazzo posizionarsi fra le grandi labbra e poi entrarle dolcemente in fica.
Si sentì riempire lentamente, con estenuante lentezza, infine, avvertì il bacino del maschio sulle natiche, segno che gli era tutto dentro.
Lui incominciò a muoversi adagio su e giù, lei istintivamente allargò le cosce per sentirlo meglio, Pat le strinse la mano e la tranquillizzò con una bacio in testa.
Il mandrillo la stava chiavando con dolcezza, ammise Adele, ed incominciò a sciogliersi: si sentì troia fino alle unghie dei piedi: ebbene si, il cazzo le piaceva da matti, ed incominciò a muoversi in sintonia con quel torrone che la scopava, incomincio’ a provare immenso piacere, prese allora a mugolare e con voce rauca e sensualissima: ‘- Ti piace come fotte la tua sgualdrina? ‘ sussurro’ a Pat che, apparentemente, non mostrava reazioni, ma lei avrebbe giurato che nei pantaloni del suo master fosse in atto la terza guerra mondiale.
Il chiavatore di Adele incominciò allora ad ansimare, accellero’ il ritmo della pompata, ella sentiva il suo cazzo inturgidirsi nella vagina, segno evidente che stava per godere: Adele, ormai perso ogni ritegno, lo incitava: ‘-‘Si, dai, spingi, sborrami dentro’dai”
Infine, lo senti’ contrarsi in uno spasimo e sborrare con un rantolio soffocato.
Ancora ansimando, quello si ritrasse dalla puttana nella quale aveva appena raggiunto l’orgasmo, si rialzo’ disordinatamente le braghe e quasi scappo’ via, richiudendo la porta alle sue spalle.
Pur nella semioscurità del cesso, fissando i contorni appena percettibili dei lineamenti di Pat, Adele realizzo’ che il suo magnaccia era visibilmente soddisfatto del meretricio appena consumato, prese coraggio, ed aspetto’ il secondo montatore quasi con la consumata disinvoltura di quelle baldracche delle case di tolleranza di una volta, che pianificano i cazzi che dovranno ciucciarsi in una serata di onesto lavoro.
Attese pertanto con impazienza il secondo portatore sano di minchia, e quando lo udì all’ingresso della latrina, allargo’ le cosce e poco mancò che si voltasse a dirgli di far presto, tanto ormai era in calore.
Fu trapanata da questo secondo cazzo con le stesse modalità del primo, stavolta provo’ ad immaginarne le dimensioni e’accidenti!, ammise che doveva essere un discreto badile piantato nella sua fregna sfacciata e ormai senza più freni inibitori.
Piu’ di prima, si eccitò a sentirsi pompata con gusto e ritmo da quel pisello che, spinto nella sua voragine fino ai coglioni, le faceva ballonzolare i bei seni.
Adele inizio’ a toccarsi tormendandosi ora i capezzoli, ora il clitoride: si sentiva pervasa da un’eccitazione profonda, meravigliosa, si sentiva completamente immersa in quell’universo torrido di libidine e saturo di odori, che non facevano che accrescere la sua voracità: l’afrore pungente dell’animale sudato che la chiavava, l’odore caratteristico dello sperma che il primo fottitore aveva lasciato cadere a terra sfilandosi il preservativo dopo l’orgasmo,
finanche l’acro odore di piscio (sicuramente maschile) proveniente dal water, qualche traccia dell’eau de toilette del suo master: Adele era stordita e circondata da quello che aveva scoperto varcando il portone di quel giardino sconosciuto.
Anche questi concluse con successo la sua emissione di sperma nell’inferno di Adele, che ormai sembrava all’altezza della situazione: la missione era svuotare minchie umane e (porco mondo!) costi quel che costi, la consegna andava rispettata!

Cosi’ il secondo uccellino volo’ via dal caldo ed accogliente nido di Adele, ed ormai lei era consapevole di essere arrivata alla fine della sua missione: avrebbe voluto accogliere il terzo escavatore di vagine con un applauso di incoraggiamento, dai, che ce la fai, tanto si sentiva padrona della situazione: Pat lasciava fare, quell’adorabile pigliacazzi ormai le era entrata in ogni poro del suo essere, era lei che lo padroneggiava con la sua sottomissione, con la sua abnegazione’e con la sua troiaggine.
Adele ormai stava monopolizzando il gioco: capendone la chiave di lettura, si era ormai lasciata andare alla tempesta dei sensi, ma non dimenticava mai che la sua eccitazione, il suo orgasmo, era sapere di compiacere il suo padrone, di assecondarne la volontà ed esserne fedele ai comandamenti:

Il suo piacere era di piacere al suo master.

Non gli importava di quei cazzi che la sbattevano, fossero stati anche 10 o 100, o anche di legno o di marmo, non gli poteva importare di meno di quegli uomini aggrappati alle sue natiche, essi erano solo attrezzi che Pat usava a suo piacimento, inutili rotelline di un complesso ingranaggio.

Adele avvertì distintamente il passo del terzo sconosciuto e l’odore deciso e pungente che l’accompagnava, come di benzina: era il meccanico, realizzo’ lei.

Anche il terzo soldatino inizio’ l’azione di penetrazione nel ventre della vacca, e stavolta ella volle dimostrare al suo uomo che ancora le stringeva la mano quanto fosse brava, quanto fosse obbediente, quanto fosse puttana: incomincio’ pertanto a dimenarsi, a mugolare come una cagna in calore, a dilatarsi le natiche con le mani, ad accarezzare i coglioni gonfi di sperma del manovale, li strinse, li graffio’.

Fu in quel momento che la voce di Pat squarcio’ quell’atmosfera soffusa come una frustata:
‘- ‘Adesso mettiglielo nel culo’ FORZA!’.
Il comando fu perentorio e sia Adele che il suo meccanico parcheggiato in fica, si fermarono per un attimo: quindi, l’uomo dopo essersi umettato le dita della mano con la propria saliva ed aver asperso con quella il buco, le dilato’ le natiche con i pollici, evidenziandone lo sfintere, che fino allora si era chiamato fuori dall’aspra tenzone, vi poggio’ il glande, indugio’ un attimo, come a voler raccogliere e dosare le forze, quindi inarco’ il bacino e diede un colpo netto.
Adele letteralmente sobbalzo’ soffocando a stento un grido, Pat le strinse forte la mano con la sua, lei gliela morse: ‘- Ahhhhhh’mi fa male’.’, ma ormai il glande dell’inculatore era entrato, trasportando il resto della minchia nel buco del GARDALAND della troia:

Adele lo stava prendendo nel culo.

Il meccanico si mosse allora adagio, con studiata lentezza, come se stesse regolando la valvola’del buco del culo di Adele, lei incomincio’ a rilassare la tensione muscolare, stava ormai accettando l’intrusione, e quando comincio’ a provare il piacevole stimolo come se avesse dovuto defecare, si lascio’ andare del tutto.
Ora provava piacere a godersi quel cazzo che la fotteva fra le natiche, ‘rettoscopandole’ profondamente l’intestino, incomincio’ anche lei a muoversi andando incontro a quel treno di carne che stantuffava nella sua caverna, fino a quando non lo senti’ irrigidirsi di colpo, aumentare di volume ed infine, con un deciso colpo di reni, liberarsi di tutto il suo ingombrante carico di panna montata, svuotato dai coglioni.
Il meccanico gode’ emettendo una specie di lamento soffocato, come se avesse messo l’uccello nella presa della corrente: alla fine, ansimando lo estrasse, si aggiusto’ alla meno peggio la tuta da lavoro e spari’ richiudendo la porta.

Adele allora si mise a sedere sulla poltrona, la missione era compiuta, tre cazzi aveva scelto e tre cazzi l’avevano scopata: si sentiva brava, come la scolaretta che mostra soddisfatta la pagella di fine anno al padre: cerco’ lo sguardo e l’approvazione di Pat, voleva adesso sentirsi gratificata: si rilasso’ su quel trono sentendosi una regina, accavallando le gambe e fece un respiro profondo come per fugare ogni residua tensione: ma non ebbe il tempo di finire:

‘- ‘Ma che cazzo fai? Chi ti ha detto di muoverti?’

Pat era in collera con lei, il tono severo e sferzante. ‘-..Ma..ma come? Hai detto che dovevo farmene tre e tre me ne sono fatti, no?’ provo’ a balbettare col tono di chi tenta di difendersi da una falsa accusa.
‘- I preservativi pero’ erano 4 ‘e poi dobbiamo sdebitarci con chi ci ha messo a disposizione il locale..il barista’si, proprio così, il cinghiale, quello che ti sta sul cazzo: preparati, quello sta per venire a riscuotere il suo debito, e fra un po’ entrerà a fotterti!’

”Non, questo proprio no!’ Adele era rimasta di ghiaccio sulla poltrona, incredula, incapace di muoversi, ma alla fine un flebile barlume di lucidità le diede la forza di reagire:
‘- Tu non puoi chiedermi anche questo: quell’uomo mi fa schifo e poi io sono stata ai patti!’

‘Appena ebbe finito di parlare, provò rimorso: aveva osato contrariare il suo padrone, gli aveva detto no, lo stava contraddicendo’
Chino’ il capo e chiuse gli occhi, in attesa del temporale che di li’ a poco l’avrebbe investita.

‘-‘Tu cosa? Tu come? Tu che? Solo perché ti sei esibita in una patetica interpretazione da zoccola di bordello pensi di meritare applausi ed ovazioni? Io voglio una regina, non una lurida rottinculo da bassifondi del porto!’

Pat la strinse forte con dolcezza fra le sue braccia, con la devozione riservata alle principesse:egli coltivava il suo fiore, scuotendolo, quando ce n’era bisogno, dalla gramigna dell’ordinarietà, per poi trapiantarlo nel fertile terreno del suo aberrante giardino dei sensi.

In quel momento, si apri’ la porta: era il cinghiale.

Avanzò di due passi verso Adele, fermandosi con la patta dei pantaloni all’altezza del suo viso: li sbottono’, li abbasso’ e con esso le mutande e’a pochi centimetri dal viso, Adele vide materializzarsi un cazzo enorme, penso’ che fosse finto o una protesi, tanto era sproporzionato: era atterrita: provo’ a guardare in un lampo Pat, ma aborti’ subito l’iniziativa: il tiranno era stato estremamente esplicito.

Decise allora di consegnarsi al nemico senza resa, non opponendo resistenza.

Il suino le prese la testa con la mano e con l’altra le porto’ il cazzo sulle labbra serrate: ‘-Avanti, puttana, succhiami il cazzo, fammi un bocchino!’

Ella gli obbedi’: era orribilmente grosso e ripugnante e quasi la soffoco’: non poteva che inghiottirlo, perché il lurido la teneva ferma incatenata con la sua presa decisa: la stava letteralmente chiavando nella bocca. Piu’ volte ebbe conati di vomito, ma come ella si ritraeva, cosi’ l’aguzzino si impossessava nuovamente del suo cavo orale.
Ansimava come un asmatico, le mani grosse, rozze e appiccicaticce e puzzava letteralmente di sudore e caffe’ stantìo, rappreso sul lurido grembiule da barista’era uno schifo vivente’eppure lei gli stava facendo un bocchino!

D’improvviso, le tolse quel chilo di carne dalla bocca, estrasse dalla tasca il preservativo e lo scartoccio’.
Le si rivolse visibilmente alterato e con voce rotta dalla foia e l’apostrofo’: ‘- Girati, puttana, che ti devo scassare la fessa!’

Adele guardo’ Pat che non mosse un muscolo, fissandola senza la pur minima reazione: ciononostante, ella obbedì porgendo il bacino a quel macellaio.
L’afferro’ con violenza, sistemo’ l’arnese fra le sue cosce e spinse senza alcuna delicatezza: ‘- Tie’, zoccola, pigliati il pesce!’, ed inizio’ a chiavarla come un forsennato, sbavando ed abbozzando epiteti sconnessi e male articolati a causa del respiro corto.
A quel punto Pat, che fino allora aveva assistito impassibile al martirio della sua ancella prediletta, tiro’ fuori la sua di nerchia e lo porto’ alla bocca della sua puledra.

Ecco’Adele alla fine realizzo’ in un nanosecondo che spesso i sogni diventano realtà: e l’incubo che da adolescente le turbava le notti insonni, ma che le provocavano indicibili orgasmi solitari al culmine di sfrenati ditalini, si era materializzato: era praticamente sconvolta, posseduta, riempita dall’utero alla gola, un’apologia del cazzo, un’overdose di nerchia dura, roba da farle promettere di votarsi alla castità una volta finito l’uragano ‘minchiatico’!

Era oramai una foglia al vento della perversione piu’ inaudita e sfrenata, sbattuta e usata senza piu’ volontà, quando ad un tratto udi’ ancora la voce del maiale: ‘ ‘ E mo’ ti devo sfondare il culo, puttana!’

Non tento’ di fare più niente, perché nulla poteva fare: senti la vagina svuotarsi ed il buco del culo pressato dal salame del cinghiale: istintivamente, contrasse lo sfintere ma fece male: lo capi’ qualche attimo dopo, quando si senti’ letteralmente APRIRE: sobbalzo’ fulminata con un grido lancinante, con le unghie lacero’ la similpelle della poltrona:
‘quel treno diretto di carne umana proveniente da chissà quale ignobile porcile esistenziale, era in arrivo sul binario del suo buco del culo’
Adele stavolta avverti’ forte la sensazione come di dover defecare: Pat le accarezzo’ i capelli, ma la costrinse ancora a succhiarlo: all’ennesima spinta dell’ariete, lo senti’ contorcersi come in preda ad una colica, gli auguro’ un infarto fulminante, ma invece il maiale stava solo sborrando: contemporaneamente, senti’ nella bocca inturgidirsi il glande di Pat, che di li’ a poco, le esplose il suo orgasmo fra le tonsille.

‘-‘Bevilo, manda giù!’

Ed ella obbedi’, trangugiando fino all’ultima goccia il succo del suo uomo, come un estremo atto di fede.
Il porco a quel punto si ritrasse dallo sfintere di Adele: ella avverti’ un immenso senso di sollievo, un improvviso svuotamento, come se avesse letteralmente partorito dal culo’

Ma il maiale, invece di sparire nel porcaio della sua esistenza, indugiò un secondo, stringendo con forza un seno di Adele, vomitando frasi volgari e sconnesse, come se aspettasse di portarsi via un souvenir a ricordo dell’evento.

Pat allora lo afferro’ per il petto: ‘- Che cazzo vuoi, Eh? Fottiti tua sorella la prossima volta! Basta, ora togliti dalle palle!’

Sorpreso dalla reazione di Pat, il merdoso usci’ con i pantaloni abbassati, continuando a biascicare imprecazioni facilmente intuibili nei loro confronti.

Rimasti soli, Pat aperse la finestrella che inondo’ della residua luce del giorno morente il campo di battaglia: Adele (o quel che ne restava), ancora con la bocca impastata dallo sperma di Pat, sedeva svaccata e sfatta sulla poltrona, si stava ripulendo lentamente ma il culo le spasmava: il suo signore allora la fece alzare, poi, tenendola dritta avanti a se sulle gambe ancora malferme dallo stupro appena subito, l’abbraccio’ e la bacio’ con infinita dolcezza, poi, le si inginocchio’ ai piedi stringendole le gambe.

In quell’atomo di universo, in quell’angusto e buio angolo di mondo, in quella latrina maleodorante e lurida, era nata una nuova donna: Pat era semplicemente orgoglioso, stupito, conquistato da quell’essere meraviglioso che aveva saputo aprirgli porte segrete su orizzonti sconosciuti, su terre inesplorate, oltre ogni colonna d’Ercole, oltre ogni punto di non-ritorno.

IV. Epilogo.

Si ritrovo’ a casa sua, sotto la doccia: il marito non era ancora rientrato, e questo le fu motivo di sollievo: si fece accarezzare dagli spruzzi d’argento che lambivano il suo corpo come il tocco di una farfalla , rimase cosi’ per molto tempo, ad occhi chiusi: il buco del culo le spasmava ancora per il dolore, ma le esplosioni di emozioni che aveva vissuto quel pomeriggio, le rimbombavano nel cervello: si sentiva davvero un’altra donna, dominata e amata dal suo signore, desiderata e schiava: fu allora che incomincio’ a masturbarsi, lentamente, divaricando le cosce e rivivendo ogni momento, ogni cazzo fagocitato, ogni sensazione provata a pelle: non le ci volle molto a raggiungere l’orgasmo.

Si asciugo’ con delicatezza e si mise a letto, nuda. Si addormento’.

Fra veglia e sonno, senti’ accarezzarsi le natiche, come se qualcuno stesse frugando alla ricerca di qualcosa perduta: era il marito che era rincasato dopo una ‘dura’ serata di interminabili partite a carte. Trovandola nuda e ricordandosi forse che Adele era pur sempre un strafica, al brav’uomo era venuto duro.

‘-Mmmh’no, dai, smettila’sono stanca, non mi va”
‘- Stanca? E cosa cazzo hai fatto stasera per essere stanca?’

Adele lo fulmino’ con uno sguardo’ e si trattenne a stento dal dirgli:

‘- Brutto scemo! Vorrei vedere te dopo aver preso una comitiva di cazzi: 2 in fica, due nel culo ed uno in bocca!’

Ma siccome gli aveva detto che sarebbe andata a fare shopping, si limito’ a rispondergli seccata:
‘- Uff’ho girato negozi su negozi, ho camminato molto, sono stanca. ‘
‘Immagino’ – ribattè lui ‘ ‘ C’erano i saldi, le svendite”

Avrebbe voluto rispondergli: ‘- Si, certo, amore, c’era una svendita di cazzi a buon mercato e la tua diligente mogliettina ne ha fatto una scorpacciata!’

Sorrise alla sua vena ironica, mentre il marito, in quella posa comica che abbiamo solo noi mariti quando consumiamo l’atto sessuale settimanale d’ordinanza come prescritto dalle norme, vale a dire, maglietta della salute, calzini, pancia da bradipo australiano, dopobarba da 1 euro al litro, mutande abbassate ed erezione, (momentanea e fugace), stile ”c’eravamo tanto amati” in bella mostra, mentre ciò che ormai ruggisce al giovane leone di un tempo è solo la prostata.
Adele lo scosto’ sbuffando infastidita: ‘-Dai, mettilo via, davvero non mi va. Prova a dormire’buona notte’ e cosi’ dicendo, si giro’ sul fianco, lasciando la sua metà ad eseguire la piu’ insignificante e patetica delle seghe guardandole le natiche e le cosce’

‘Dopotutto’6 cazzi proprio no!…Puttana, va bene’ma non sono mica LA BANCA DEL SEME!!!

Con un ultimo tenero, deferente, amorevole pensiero al suo severo tiranno, Adele si addormentò su quella che per lei era stata’nel senso vero della parola’

Una giornata del cazzo!

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