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Erotici Racconti

Vedremo che cosa si potrà fare

By 7 Gennaio 2017Gennaio 31st, 2023No Comments

L’avviso inatteso e insperato di quel messaggio di Giorgia mi giunse d’improvviso sul telefonino, mentre mi trovavo impegnato nella mia attività, dal momento che non consideravo né ci pensavo proprio più: 

‘Ho un’ottima notizia per te, perché Ferdinanda al momento è qua. Dai su affrettati, in tal modo io te l’allestisco e te la predispongo a dovere’. 

Un giorno, invero, subito dopo aver fatto l’amore, lei m’aveva sapientemente sollecitato premendo e spronandomi con perizia all’idea divulgandomi inaspettatamente quale tra le sue amiche io mi sarei scopato più volentieri. A lei piacevano questi giochetti spinti di licenzioso estro e d’indecente fantasia, visto che s’allietava divertendosi e immaginandomi a letto con qualche sua conoscenza e per queste ragioni voleva ridacchiare con me. Io non prevedevo né sapevo realmente però, se nella concretezza dei fatti lei sarebbe stata altrettanto aperta, disponibile e spontanea nel dividermi con le altre. Quando io, una volta, facendole il nome di Ferdinanda le avevo chiesto ed espresso realmente che cosa ne pensasse di servirmela su d’un piatto d’argento, lei m’aveva prontamente replicato con un tono perspicace e per di più allettante e lusinghevole:

‘Non temere, esamineremo il tutto con attenzione e riguardo poi vedremo che cosa fare. Sono più che convinta, che qualcosa si potrà certamente compiere e mettere in atto. Sta’ tranquillo, lascia fare a me’.

Io sbrigai in fretta il cliente, venendogli fin troppo incontro nella stima dei danni provocati da una grandinata e avvisai la segretaria d’annullarmi gli altri appuntamenti della giornata, inventando una scusa un po’ superficiale ma efficace, una colica renale, di questo andare nel momento in cui guidavo ad andatura celere sulla strada del ritorno, mi giunse un altro avviso:

‘Tra non molto la fascerò. Una cosa però ti chiedo: sta’ attento, appena arriverai entra senza farti sentire’.

La mia inimitabile e senza pari donna ragno, aveva sennonché catturato e imprigionato circondando quella preda e adesso la stava convenientemente e silenziosamente avvolgendo in attesa che io me ne cibassi, anche per questo motivo l’amavo notevolmente. Io entrai in casa con le scarpe in mano guardingo e silenzioso come un gatto, Ferdinanda era lì nel posto che m’aspettavo, proprio laddove l’avrebbe fatta sedere Giorgia, precisamente sopra quella seggiola di paglia e di legno vicino al caminetto che intanto scoppiettava vivace, con una benda di seta scura sugli occhi, le labbra socchiuse in un’attesa sensuale, i polsi legati ai braccioli e per di più già nuda.

Io m’accomodai cautamente sulla poltrona senza fare rumore, visto che sembrava come se fossi entrato dentro un cinema a spettacolo già iniziato, dato che per adesso sarei rimasto soltanto uno spettatore, giacché non chiedevo necessariamente altro. Come fosse riuscita Giorgia a convincere e a trascinare l’amica ad abbandonarsi e ad affidarsi ciecamente alle sue mani, era per me rimasto un perfetto mistero, però m’affascinava e m’appassionava parecchio quel suo complottare sotterraneo, quella segretezza di gesti e d’intenti, forse dovuti a incontri precedenti oppure solamente a parole ammiccanti seminate con accortezza nel tempo, una competenza e una preparazione insomma tale, che sarebbe sfociata in un dono totale di carne per me. Io guardai il corpo pallido di Ferdinanda, quel petto pieno che si sollevava nell’affanno dell’attesa, la tensione fremente della pelle e il tremito delle labbra. Lei sedeva a disagio, non solamente per la nudità, perché forse sapeva d’essersi spinta oltre il proprio controllo, ma anche per il fatto che Giorgia le girava intorno sfiorandola appena e bisbigliandole parole sensualmente dissolute, sregolate e viziose:

‘Aspetta e vedrai, tra non molto ti cospargerò ungendoti con l’amabilità del miele, appresso t’imbottirò e ti stuzzicherò per bene con i ribes’.

‘E in seguito?’ – rivendicò immediatamente lei con la voce inquieta e visibilmente tesa per la situazione del momento.

‘Dopo raccatterò con estrema perizia il tuo gustoso fluido con la lingua e mangerò voracemente i tuoi frutti’.

‘Allora? Fallo dunque, che cos’aspetti? Io sono pronta’.

‘Non c’è fretta mia cara. Mi piace assai l’apprensione e l’attesa, esaminare e fissare inoltre il tuo corpo non vedente che freme e che mostra l’angoscia e lo spavento’.

‘Io ti desidero, non ho panico né terrore per nulla’.

‘Io t’annuncio e t’avviso che dovrai tuttavia averne, perché tu non saprai specificamente che cosa t’accadrà dopo’.

‘Che cos’è questo fruscio?’.

‘Sono io che mi sto spogliando per te’.

‘C’è qualcun altro nella stanza?’.

‘No, soltanto noi, perché Dino arriverà più tardi’.

‘Non voglio però che lui mi tocchi, detesto che lui mi palpeggi’.

‘Oh sì, certo che lo farà, perché io adopererò, anzi, userò il suo cazzo per scoparti’.

‘Non voglio. Io voglio la tua bocca e le tue mani, lui proprio no’.

‘Se tu mi desideri, in tal caso lo farai. Ti dirò di più. Sai una cosa? Pensa solamente che sarò io a scoparti per mezzo di lui’.

Ferdinanda scosse la testa in segno di quel netto rifiuto, serrò i pugni legati e piegò la bocca in una nitida smorfia d’avversione, d’autentico e di spontaneo disgusto. Giorgia però sapeva come prenderla, intinse a quel punto due dita nel barattolo del miele e gliele introdusse lentamente in bocca impedendole in tal modo di parlare.

‘Ferdinanda, dai svagati con me adesso, distraiti, non pensare ad altro’.

La lingua di Ferdinanda si protese docile e ubbidiente tra le labbra per leccare le dita dell’amica. Io guardavo il corpo nudo di Giorgia che conoscevo così bene e che sempre m’incantava: compatto e minuscolo, visto che era pieno d’energia e di grazia. Lei si muoveva intorno alla seggiola come una danza di cui sapeva ogni passo. Aveva appena iniziato a spalmare il miele attorno ai capezzoli tesi dell’amica, quando con un balzo saltò sulla sedia appoggiando i piedi sulla paglia ai lati delle cosce di Ferdinanda. In quel momento sembrava una scimmia appollaiata su d’un ramo. Ferdinanda allungò la bocca in avanti per cercare la sua, però lei si chinò sui seni lucidi e incominciò a leccarli con voluttà. La ragazza inarcò il busto per offrirsi meglio alla sua lingua, Giorgia le afferrò il seno destro serrandolo tra le dita quasi con cattiveria e succhiò il capezzolo duro come un piccolo cazzo. Io sapevo che ogni suo gesto era specifico e quando affondò i denti fino a far gemere l’amica sorrisi felice. Soltanto allora la mia donna cercò la bocca di Ferdinanda per restituirle il miele e il gusto di poche gocce di sangue.

‘Adesso i ribes’ – le malignò calcolatamente addentandole un lobo dell’orecchio.

In seguito allungò una mano verso la mensola del camino e prese un sacchetto trasparente di quelli che s’impiegano per il congelatore colmo di frutti. Ne prese uno e lo portò alla bocca dell’amica in modo tale che potesse sentire il ghiaccio che l’avrebbe invasa ed eccitata dappertutto, poi afferrò un altro frutto di bosco e glielo fece scorrere sulla pelle, dal mento a scendere lentamente tra i seni, sulla pancia, sempre più giù con un sorriso perfido, mentre Ferdinanda era scossa da piccoli brividi e la sua pelle si raggrinziva al passaggio del frutto. Senza scendere dalla sedia, sollevandosi appena sulle cosce, Giorgia raggiunse il pube dell’amica, indugiò qualche istante sfregando il frutto gelido sulle sue labbra umide, poi lo spinse dentro con decisione, Ferdinanda lì mugolò tra il dolore e il piacere.

‘Dio mio, però è davvero crudele e tremendo’.

Io ero ammirato dalla sua cattiveria e congiuntamente per quella crudeltà, eppure ero addirittura eccitato dai sussulti dell’altra che si contorceva sulla sedia. Io le sarei saltato con piacere addosso, visto che quella carne accesa non voleva saperne di me, perciò sarebbe stato un banchetto da re. Io sapevo molto bene che lo spettacolo non era ancora terminato, infatti, Giorgia aveva preso un altro frutto e questa volta glielo infilò dentro senza tante premesse.

‘Rimuovili da lì, ti scongiuro, il gelo mi sta ustionando’.

‘Non essere impaziente né insofferente, noi abbiamo a stento cominciato. L’ardore e il bollore del tuo bel giaciglio sgelerà la brina di quel freddo intenso, in quell’istante io m’avvicinerò per sfamarmi all’interno di te’.

Io dissipai sprecando il conto di quanti frutti di bosco scomparirono tra l’insenatura bluastra della fica di Ferdinanda, dal momento che ogni volta le dita indugiavano sul pube dell’amica con tocchi lievi o decisi, a parziale compenso della sofferenza che le procurava. Giorgia in origine si raggomitolò ripiegandosi interamente, poi si dispiegò stirandosi per visitare e per assaggiare con la lingua la corporatura allungata di Ferdinanda. Giunta nei pressi della cavità orale lei si trattenne sbaciucchiandola, conseguentemente s’alzò in piedi sulla sedia sfregando la fica sulle labbra spalancate dell’amica.

‘Cerca di saziarti, prova a gratificarti e tenta di soddisfarti adesso di me, traine beneficio e fammi gioire’.

La ragazza si tuffò tra le sue labbra, visto che sembrava ristorarsi come un cane assetato dalla ciotola. In quella circostanza, esaminai con attenzione la mia femmina visto che si volse nella mia direzione, probabilmente per discolparsi e per giustificarsi per mezzo di quel godimento che si stava accaparrando e che stava accumulando senza finzioni né doppiezze. Lei afferrava infatti il cranio della confidente pressata contro il proprio pube e l’incitava con foga con ulteriori vocaboli scurrili e triviali. Quello lì fu l’unico momento in cui mi resi conto che non stava lavorando per me, tuttavia solamente per sé stessa. Io sorrisi in maniera clemente e compassionevolmente le mostrai il cazzo che mi cresceva tra le mani, pertanto credetti che sarebbe crollata per terra tanto fu coinvolgente e trascinante l’orgasmo che la travolse, però lei riprese subito in mano la situazione, scese dalla seggiola e s’accovacciò tra le cosce dell’altra per restituirle la lingua, quasi subito Ferdinanda gettò la testa all’indietro e iniziò a boccheggiare.

‘E’ proprio mirabolante, da non immaginare, è straordinario. Non mi sembra vero, hai la fica ghiacciata e cocente al tempo stesso’. 

‘Non ti fermare, ciononostante non interrompere, sì così’.

‘Dimmi un cosa, ti farai scopare da Dino senza fare storie?’.

‘Promettilo, oppure smetto. Promettimelo, assicuramelo adesso, perché so già che dopo t’opporrai e boicotterai’.

‘Sì, farò quello che vorrai tu, però non bloccarti’. Viceversa si trattenne, la liberò slacciandole i legacci e la fece immediatamente risollevare.

‘Adesso però piegati, chinati sullo scendiletto, perché ho ancora qualche ribes da mettere in ordine, da collocare al meglio’.

‘Sono piena, basta, così mi sembra veramente d’esplodere’.

‘Io assisto, che hai nondimeno altri orifizi da imbottire amore mio’.

‘Oh no, ti supplico, fermati’.

Ferdinanda si lamentava e protestava, malgrado ciò si era inginocchiata come una donna musulmana raccolta nella preghiera. Quel gioco le piaceva, era indubitabile e soprattutto le era gradito quell’arguto, quel pungente e quel sottile dominio che doveva subire.

‘Tieniti adeguatamente spalancate le natiche, brava, sì così con le mani’.

Anche questa volta lei ubbidì sottomettendosi, pur agognando e invocando l’amica di fare con cautela. Giorgia intinse il dito indice nel miele e lo spalmò sul buco serrato insistendo con dei movimenti circolari, però senza forzare. Mentre con le quattro dita le carezzava le labbra e cercava d’insinuarsi fra i ribes, con il pollice spinse sullo sfintere in modo distaccato e inflessibile, e perciò aiutato dalla scivolosità del miele il pollice slittò internamente accolto da uno strillo. Il pollice andava e veniva indolente, lento e metodico, aprendosi un varco attraverso lo stretto passaggio. Ferdinanda ondeggiava piano con il sedere come se sculettasse. Un grosso lampone indurito dal ghiaccio interruppe bruscamente quel compiaciuto dondolio, per il fatto che un breve grido appena soffocato riempì la stanza mentre il frutto penetrava spinto da quelle dita insistenti e malefiche. Io non riuscivo più a starmene in disparte, perché quel sedere aperto che ingoiava a fatica quel frutto mi stava seriamente ipnotizzando. Io non vedevo l’ora di sfondarglielo, che le piacesse oppure no. Mi sollevai in silenzio e mi misi accanto alla mia donna, le rubai di mano un altro ribes e glielo ficcai nel buco che si stava chiudendo, Ferdinanda cominciò a gemere sottovoce e ad agitarsi mentre Giorgia l’accarezzava sul dorso per ammansirla e per rabbonirla al meglio.

‘Ora ti chiedo di voltarti, di schierarti allargandoti, perché vagheggio di cospargerti di questa sostanza dolciastra, cosicché più tardi te la spalmerò ungendotela con la mia corporatura’.

Afferrò decisa il barattolo e lo versò per intero sulla pancia e sul seno dell’amica, quindi si stese sopra scivolando su di lei come un serpente, raccolse con la lingua qualche goccia di nettare e glielo depose sulla bocca iniziando una disputa di labbra e di lingue davvero sensuali. In realtà non era ancora giunto il mio momento, perché attualmente era il loro, per il fatto che si baciarono, inseguito Giorgia intraprese una flemmatica inclinazione.

‘Ho bisogno incombente, ho il languore e la voglia di quei frutti di bosco’ – bisbigliò a Ferdinanda in delirio con lampante voluttà ed evidente euforia, considerato che non chiedeva altro d’essere rovistata dove custodiva quei frutti.

‘Sì, dai certo, vieni e nutriti, approfittane, goditela per bene’.

La bocca di Giorgia si ritrovò tra le cosce aperte della nostra amica, appena iniziò a sfiorarla lei bruscamente s’inarcò, il corpo era reso lucido dal miele, le mani sotto il sedere per sollevarlo in maniera tale da offrire nel migliore dei modi la fica alle sue labbra.

‘Mangiami, consumami, sì, guastami tutta’ – ripeté in uno stato d’evidente irritazione e di manifesto inasprimento.

In conclusione stava arrivando il mio momento, così mentre Giorgia succhiava la fica aiutandosi con le dita per svuotarla poco alla volta dei frutti ormai diventati morbidi, Ferdinanda accoglieva e salutava quei maneggi con mugolii sempre più vivaci, io bagnai il cazzo nel barattolo raccogliendo le ultime tracce di miele, m’inginocchiai vicino alla testa di Ferdinanda e le passai il cazzo sulle labbra. Lei sempre bendata dapprima non capì che cosa fosse, probabilmente si era dimenticata che alla fine sarei comparso io a riscuotere, poi, una volta compreso serrò la bocca dopo aver scandito un no netto e deciso. Giorgia sollevò la testa, dato che aveva le labbra impiastricciate di succo scuro.

‘Adesso sbrigati a prenderglielo in bocca, fa’ presto’ – disse lei inclemente e ostile, accompagnando l’ordine con un secco schiaffo su d’una coscia dell’amica, poi cambiando atteggiamento si chinò di nuovo sopra di lei per succhiarla là, dove il clitoride gonfio sembrava anch’esso un frutto maturo e ben sviluppato.

Ferdinanda fu subito vinta da un’ondata di piacere che la scosse tutta, perché aveva capito che se voleva continuare a godere doveva ubbidire, così con il fiato già in affanno schiuse le labbra e m’accolse in bocca per un pompino eseguito a malincuore. Io le agguantai la testa tra le mani e mi misi a scuoterla per darle ritmo, in pratica ero io che la stavo scopando in bocca. Lei ogni tanto dava una succhiata, ma era senza fiato e senza impegno, io sennonché pretendevo ben altro da lei. A quel punto dissi in direzione di Giorgia di stendersi di schiena e all’altra di sistemarsi sopra di lei a quattro zampe in modo che si potessero leccare a vicenda. Ferdinanda intanto aveva subito allargato le cosce sulla bocca dell’amica, io avevo il suo sedere che mi ondeggiava davanti agli occhi. Pacatamente aspettai che le montasse l’orgasmo, quindi mentre lei incominciava a boccheggiare, appoggiai il cazzo sul suo buco. Quando poi comprese ciò che stavo per fare era troppo tardi, ma forse era quello che ambiva in quel momento, essere riempita dappertutto. La mano di Giorgia comparve da sotto ad afferrarmi il cazzo per aiutarmi nell’impresa, così mentre io stringevo Ferdinanda per i fianchi, Giorgia la penetrò con un dito allargandola per poi guidare dentro il cazzo.

‘Te l’avevo annunciato, non ricordi? Io avrei manovrato e poi usato il suo cazzo per spaccarti così come si deve’ – urlò all’amica, staccando per un attimo la bocca dalla sua fica.

Forse per questo Ferdinanda si lasciò conquistare e si sottomise senza opporre resistenza né riluttanza alcuna. Parole dissolute, invereconde e spudorate le uscivano di continuo dalla bocca tra un urlo e un sospiro di quell’inatteso e insperato godimento:

‘Sì, Giorgia, su dai, così, fammi il didietro, rompimi, sfracellami così come farebbe accuratamente e scrupolosamente un uomo’.

Io la scopai come un folle, come un ossesso e durai in realtà davvero poco tempo. Nel frattempo Ferdinanda si lamentava come non mai, scopata a dovere e già questo mi stimolava stuzzicandomi in modo immediato, istintivo e spontaneo.

Furono però, a dire il vero in conclusione le dita di Giorgia, per il fatto che mi vivacizzavano con abilità, con ingegnosità e con perizia le palle piene di sperma fino a farmi infine esplodere, inondando con il mio bianco seme il sedere della nostra vittima eccitata, entusiasta e per di più visibilmente soddisfatta.

{Idraulico anno 1999}  

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