1. capitolo
Serena, dalla sua postazione dietro il ridotto bancone del negozio, sorrise brevemente al tizio che la fissava dalle vetrine. E, come spesso accadeva con altri, l’uomo si sentì appagato e scomparve velocemente.
Beh, comunque un che di lusinghiero c’era sempre.
Del resto, appariva già più giovane dei suoi 39 anni nei giorni normali, tutti glielo dicevano e, in quella mattina in cui aveva trovato il tempo di mettersi un filo di trucco prima di uscire di casa, arrivava a dimostrare non più di trent’anni. E senza nemmeno avere un look ricercato, semplice maglia aderente, e un pantalone sportivo.
Serena, un viso dall’incarnato pallido, sorriso squisito incorniciato da labbra morbide, con lunghi capelli scuri, il tutto abbinato ad un corpo formoso ma non di certo robusto, in definitiva si considerava una bella donna, considerando i ripetuti sguardi che i più tentavano di rubarle’ e, naturalmente, quelli che ‘bacchettava’ silenziosamente lei quando sorprendeva gli uomini in aperta concentrazione sulle forme del suo seno, una bella quinta che lei giocava a far intuire nel suo modo di vestire, ma che non ostentava in maniera volgare.
Era bello provocare, non fare la figura di puttane da strada.
Anche perché, il posto di lavoro è il posto di lavoro.
Ed al suo, lei teneva.
Rifletteva su questo, mentre gli occhi tornavano al pc, posizionato sul bancone del negozio.
Il punto vendita era situato all’interno di un centro commerciale, decisamente frequentato, in cui Serena si dedicava alla vendita di capi di abbigliamento, maschili e femminili, accessori compresi, non certo dozzinali, anzi, di un certo livello, come qualità e, ovviamente, come prezzi.
Forse per via di questi ultimi, nei due mesi appena trascorsi, il lavoro languiva.
Se ne preoccupava, certo, e in maniera continuativa, perché, sebbene fosse solo un gestore di quel punto vendita, per cui alla fine, una dipendente, lo sentiva una sua creatura, qualcosa che aveva tirato su lei con le sue forze.
In breve, quello che faceva, le piaceva.
Le dava soddisfazione, soprattutto se confrontato alla vita a casa, la noiosa vita coniugale, fatta di un tran tran quotidiano con un marito attento sì, ma non proprio a tutti i suoi bisogni, specialmente quelli riguardanti il sesso.
Sporadici rapporti, monotoni, che sapevano più di un timbrare il cartellino che di far l’amore.
E sì che nello sguardo di lei, pensava Serena, doveva intuirsi la fame’ la voglia di sperimentare e di essere presa’
Ecco.
Ecco ancora quell’umido all’interno dei pantaloni leggeri’
Ed il computer era lì.
Finalmente, dopo essere stato per quattro giorni in assistenza, quella mattina l’avevano riportato, e c’era tempo per fantasticare un po, mentre di clientela non se ne vedeva all’orizzonte.
Giusto un po di tempo, non troppo, visto che alle undici sarebbe arrivata la grande S., che in teoria doveva stare per ‘supervisore’, ma che in realtà, agli occhi di lei, significava solo lo ‘Stronzo’. Vale a dire, il figlio del capo supremo, un ragazzetto di circa 28 anni, messo nella posizione di supervisore dal padre, a controllare i vari punti vendita della catena di negozi.
Non era sempre stato lo ‘Stronzo’, non almeno i primi tempi che lui aveva iniziato ad apparire nel negozio, qualche mese prima. Spocchioso, quello sì, ma che cercava di mantenere un’aria di benevolenza. E Serena premiava quel tentativo, facendo persino finta di ascoltare i consigli di quest’ultimo arrivato sulla gestione della sua creatura.
Divertente era stato poi il sorprenderlo a sbirciare nella sua scollatura in più di un’occasione, constatando che, nonostante quel vestito da uomo d’affari e l’aria da padrone del mondo, allo ‘stronzo’ piacevano le sue forme.
Tutto questo, prima della discussione di tre mesi addietro.
Serena doveva ammettere che quel giorno era arrivata al lavoro nervosa, a seguito di una discussione con suo marito. Poi un errore nell’allestimento della vetrina fatto da Paola, la ragazza che la direzione le aveva imposto come aiuto part-time, l’aveva mandata realmente su tutte le furie. E, per rendere completa la giornata, lo Stronzo si era presentato proprio allora con un carico di consigli di gestione non voluti, suggerimenti che poi erano divenute sgridate vere e proprie, come se lui fosse il lavoratore con più esperienza su questa Terra.
E Serena aveva sbottato. Per meglio dire, all’inizio era stato sbottare. Lei gli aveva consigliato di moderare tono della voce e termini. Ma quello continuava.
Ed allora, al gran Supervisore che poi fu nominato ‘lo Stronzo’, aveva detto chiaramente che poteva portare i suoi consigli e il suo culo da figlio di papà fuori dal negozio.
Il tutto poi, davanti a Paola e ad un paio di ragazze che stavano curiosando attorno ad alcuni pantaloni esposti a scaffale.
Serena sapeva di aver esagerato, ma era fatta così. Se le pensava, le diceva.
E poi del resto, non c’erano state grosse conseguenze, a parte il muso piantato dallo Stronzo e quel baluginio di odio puro passato come un lampo negli occhi di lui.
Dopo un paio di settimane, quando lui si era ripresentato per il consueto giro di controllo, il rapporto era decisamente freddo ma, perlomeno, senza litigi.
Rimaneva solo quel che di viscido che lui sembrava ora trasmettere, ma Serena lo sopportava, con ironica cortesia.
Le dieci e trenta’ venti minuti, non di più.
E poi dalle due sarebbe arrivata Paola, e quindi’ meglio un po di divertimento ora, che rimandare a domani.
Le dita corsero sulla tastiera, aprendo il suo sito di racconti erotici preferito.
Scorse l’elenco delle nuove pubblicazioni, ne lesse due velocemente, sentendo l’umidità tra le cosce divenire insistente’
Alla terza lettura, sempre approfittando della desolazione di quel lunedì mattina, si incamminò verso quel piccolo loculo in fondo al negozio che qualcuno chiamava ‘ufficio’, una scrivania e due sedie, peraltro ingombre di merce arrivata il sabato e ancora da sballare, ed entratavi, si appoggio al muro poco oltre la soglia, orecchie tese per sentire se qualcuno entrava nel negozio e la sua mano entrò come quella di un ladro nei pantaloni, senza nemmeno slacciarli’ raggiungendo quell’umidità pulsante che doveva essere placata.
Niente di strutturato’ non c’era tempo’. Un masturbasi rapido e per quanto possibile silenzioso’. Mentre la mente di Serena ripassava veloce le parole scambiate via chat con vari utenti del sito di racconti’ quelle dolci ma soprattutto quelle bollenti, che l’avevano fatta vibrare in più di un’occasione’
Mentre l’eccitazione montava e le dita si muovevano sempre più veloci, i pensieri la riportarono anche a quell’unico tradimento reale in cui quel chattare si era concretizzato’
Le dita sul clitoride disegnavano cerchi furiosi’ il masturbarsi diveniva frenetico’ senza sensi di colpa in quel momento’ mentre quasi dimentica di dove si trovava, soffocava un grido con una mano mentre l’altra finiva il suo lavorio’
Un attimo’ un attimo solo per tirare il fiato’ ricomporsi’
Una sbirciatina alla sala principale del negozio’ no, non era entrato nessuno, e nessuno poteva averla vista o sentita’
Serena tornò al suo bancone, soddisfatta, per quanto inquieta.
I sensi di colpa infatti, dopo il godere, ricomparivano. Aveva tradito, un’unica volta.
Aveva scelto di incontrare uno degli utenti con cui parlava più spesso e di tutto’
E se l’era goduta alla grande. Tanto da portarla a credere che sarebbe stata in grado di portare avanti una relazione parallela al matrimonio’
Ma i sensi di colpa’
Beh, avevano vinto. Due giorni di combattimenti interiori avevano fatto mettere la lapide sui tanti momenti passati a parlare con un uomo di tutto’ dal desiderio, all’insoddisfazione coniugale, ai piccoli problemi di ogni giorno’ E così, un giorno di concreta passione in una camera d’albergo era rimasta un’unica esperienza di tradimento, chiusa in fretta e, fortunatamente, in silenzio.
Fortunatamente’ perché se era pur vero che la monotonia di una passione matrimoniale che fu la straziava, non veniva meno il fatto che un colpo del genere non l’avrebbe mai dato a suo marito, che, dopotutto, non lo meritava.
Ma ora era bene concentrarsi. Il filo di trucco e la maglia aderente erano un modo di mettersi in ordine per l’arrivo dello Stronzo e, perché no, usare un po di sana magia femminile per togliergli un po di baldanza.
Se il guardare gli era gradito, poteva anche con discrezione farlo.
‘E pure rodersi’ pensò serena con un sorrisetto a fior di labbra. Se c’era qualcuno a cui anche solo per dispetto non avrebbe concesso nemmeno una carezza, era proprio il Signor padrone del mondo, a dispetto dei soldi, del fatto che fosse comunque un ragazzo prestante e, immaginava, abituato ad ottenere ciò che voleva.
‘Beh, talvolta no’. Di nuovo il suo sorrisetto.
‘Buongiorno Serena.’
Lei sussultò lievemente.
Era proprio lui. Lo Stronzo.
‘Buongiorno Marco.’ Salutò cortesemente lei, vedendolo sulla porta del negozio.
Lui si avvicinò al bancone, per una stretta di mano, calorosa per altro.
Serena lo guardò, trovandolo al solito elegante nel suo completo scuro, il pizzetto curato, così come la capigliatura. Reggeva una cartelletta, che posò con noncuranza sul bancone.
Caso strano, sorrideva a piena bocca.
‘Allora Serena, come vanno le cose qui?’ chiese affabile.
Lei si alzò e fece il giro del bancone, mettendosi a lato del ragazzo e indicando la galleria principale del centro commerciale, oltre le vetrine.
‘Puoi vederlo’ poca, poca gente in giro. La crisi c’è, lo si sapeva.’
‘Già già” sospirò lui ‘ma trovo il negozio sinceramente in ordine.’
‘Un complimento! Incredibile!’ pensò lei.
‘Ti ringrazio’ disse, sinceramente sorpresa.
‘Uhm” riprese lui ‘il problema non è certo come viene esposta la merce”
‘No, direi di no’ soggiunse Serena.
E poi di nuovo il gran sorriso da parte di Marco, mentre occhieggiava verso il bancone.
‘E vedo che ti hanno riportato il pc!’ disse tutto contento
‘Oh già!’ bofonchiò Serena, anche se non immaginava che Marco sovraintendesse anche a semplici riparazioni di quel genere.
‘Bene bene’ sappiamo quanto ti sia fondamentale”
Un trillo d’allarme nella testa di Serena. Fondamentale? Perché?
Vero è che da lì aveva passato interminabili giornate a conversare, per non parlare dei siti a contenuto erotico che le avevano tenuto compagnia, qualche immagine inviata del suo corpo, naturalmente senza volto’. Ma ‘ era un qualcosa che riguardava solo lei’
‘Indubbiamente, per lavorare, è insostituibile” buttò lì lei, ad occhi bassi.
‘eh sì” sospirò lui ‘del resto, serve anche a quello.’
Non fu quello che disse, ma come lo disse.
Serena lo guardava mentre lui sfacciatamente gli guardava il petto.
Senza nascondersi, senza temere alcuna reazione da parte di lei.
Che del resto non ci fu. Serena si limitò a cambiare direzione dello sguardo.
Le parole di lui l’avevano agitata.
Ma si ricompose e passò di nuovo dietro il bancone, dove si sedette e si mise a trafficare con qualche fattura.
‘Immagino tu sia indaffarata’ ‘ riprese lui sornione ‘ma gradirei dessi un’occhiata a questa cartelletta” disse tendendogliela.
Serena la prese, perplessa.
‘Cosa riguarda?’ domandò.
‘Uhm’ diciamo’. Un nuovo modo di gestire’ ma’ leggi, leggi pure.’
Guardinga, lei posò la cartelletta sul tavolo e prese a sfogliarne il contenuto.
Il cuore le finì in gola fin da subito.
C’era tutto. Tutto stampato per lei.
Cronologia siti visitati.
Conversazioni varie.
Le foto del suo seno con l’indicazione del giorno in cui erano state inviate e a quale destinatario.
La discussione con il suo amante di un giorno per accordarsi sul dove, come quando, e i successivi commenti alla giornata, nonché la chiusura di quella breve relazione.
E altro.
Confidenze varie’ su suo marito’ sullo Stronzo, proprio chiamato in quel modo’ se non peggio’
Il viso di Serena si fece rosso. Gli occhi lucidi. Alzò lo sguardo, incrociando quello divertito di Marco.
‘Che significa’ che significa tutto questo???’
‘uhm” mormorò pensieroso Marco ‘non so’ tu che ne dici? Secondo me, mostra certe lati da puttana di una certa signora”
Seppur a negozio aperto, Serena non fece mancare un ceffone sul viso di Marco.
Che si ricompose subito.
E sorrise.
Si allungò verso il bancone, chiuse e riprese la cartelletta.
‘Non che mi siano strettamente necessarie queste, visto le copie che ne ho fatte’.’
‘Copie? Copie??? Ma che cazzo pensi di fare???? Sono cose mie!!!’ quasi urlò Serena.
‘sì’ tue’ del resto, invece di lavorare, ti divertivi molto”
‘Non puoi dire questo!! Ho sempre lavorato come una matta!!! Quelli erano solo minuti che”
Ma venne interrotta da lui.
‘Dici? Vuoi che senta qualche opinione in giro?’
‘Cosa’ che intendi? Non vorrai licenz”
‘Licenziarti? In effetti, potrei anche farlo’ e la signora convinta di essere migliore di me sarebbe eliminata”
‘Non puoi’ non dopo tutto il tempo che ci ho messo a gestire questo posto’ ti prego, lascia perdere questi fogli e pensa a quanto mi sono sbattuta per”
Lui si stava avviando verso il piccolo ufficio. Giunto sull’uscio, si voltò.
‘Dici che sarei troppo precipitoso?’
‘Sì!!’ sibilò lei ‘in fin dei conti, l’hai detto tu, il negozio è a posto e”
Il sorriso di Marco si fece quasi dolce.
‘Forse hai ragione’ vieni un attimo, che chiudiamo questa storia.’
Una speranza si aprì nel cuore in tumulto di Serena.
Non ricordava in quel momento lo sguardo di lui sul suo petto, né lo guardava ora, mentre lui si passava la lingua rapidamente sulle labbra.
Speranzosa. Solo quello.
Appena Serena le fu passata davanti, Marco si appoggiò allo stipite della porta, in modo da controllare anche il negozio vero e proprio, mentre lei rimaneva in piedi, in attesa.
Lo sguardo di lui era tutto sommato tranquillo, il che la indusse a voltarsi per liberare una sedia del piccolo ambiente, in cui solo l’inutile scrivania rimaneva libera.
‘Serena’ non sederti.’ Detto con calma, senza essere imperativo.
Ma lei lo recepì come un comando.
Eccolo, il suo tallone d’achille’ il senso di colpa’ operante, specialmente nei casi in cui la colpa c’era.
Perdeva baldanza, lo sapeva. Si augurava almeno che non trasparisse.
Lei si guardò a destra a sinistra, mentre Marco rimaneva in silenzio. Un silenzio pesante.
La metteva a disagio, le faceva pensare a quanto lui aveva letto, ai giudizi su di lui scritti nero su bianco e’ buon Dio’ le foto’ mancava la faccia, vero’ ma lui aveva visto il corpo di lei’
Chiuse la mente rispetto a quel pensiero’
Ma il silenzio continuava ad essere opprimente.
Serena decise di spezzarlo in qualche modo’
‘Mi dicevi’ mi dicevi che potevamo chiudere questa storia” disse con tono misurato, un po rotto dall’ansia.
Lui rimaneva appoggiato allo stipite, ogni tanto un’occhiata alle spalle, per controllare il negozio.
‘Certo. Decisamente sarei precipitoso a licenziare una come te”
Un lampo di sollievo si insinuò nel corpo di Serena.
‘Sì Marco, io come lavoratrice sono” iniziò a dire, ma fu interrotta dal ragazzo.
‘Lavoratrice? No no’ io intendevo una puttana come te.’
Serena si congelò sul posto. Fu un attimo. Senza muoversi, questa volta fu lui a colpirla con quelle parole, e molto peggio di uno schiaffo.
Ma non voleva sentirsi dire quelle parole, tantomeno dal ragazzino che si trovava davanti.
‘Io non sono una puttana!! Tu non puoi capire la situazione, come si sono svolti i fatti’ e soprattutto’ stava quasi urlando Serena, ma Marco non dava segni di ascoltarla.
Apriva la cartellina, tranquillamente, estraeva una foto del suo seno, l’alzava a livello del viso e contemplava’ ‘Due belle tettone”
Serena si scagliò verso di lui, strappandogli la foto dalle mani e riducendola rapidamente in briciole.
Tremava, tremava di vergona, rabbia’ ma si sarebbe fatta sentire, avrebbe rimesso quello stronzo al suo posto!!
Marco era decisamente scuro ora in volto.
Scuro e con un’espressione che pareva infelice in volto.
‘peccato’ le altre copie le ho in giro’ un po di qua’. Un po di là” disse pensieroso.
‘Dove???’ chiese Serena rabbiosa.
‘Oh’ non importa ora. Quello che importa per te, in questo momento, è che mancando la foto, voglio vedere l’originale.’
Gli occhi di Serena si spalancarono.
Nella concitazione degli ultimi minuti, aveva sì pensato al lavoro, alla vergogna’ ma’ ma lo stronzo non poteva volere’
‘non’. Marco, che stai dicendo? Io non posso certo’.’ Disse con il cuore a mille.
‘Le tette prego. Voglio vederle. Qui e ora.’ Lo disse con quella calma che quel giorno lo accompagnava fin dall’inizio, la calma di chi sente di avere il coltello dalla parte del manico.
‘Marco, non scherzare ti prego’ io sono una donna sposata e” bisbigliò lei, con un sorriso isterico che invitava a ragionare il ragazzo.
‘Una donna sposata, che ha tradito suo marito al’ non ricordo il nome dell’hotel’ ma è tutto scritto’ Ah, mi chiedevi dove sono le foto’ E’ giusto tu sappia che alcune, assieme alle tue conversazioni, sono dentro una busta, che porta il nome di tuo marito scritto sopra. E’ pronta ad essere consegnata.’
Persa. Si sentiva persa.
Un ricatto, e andava ben oltre un posto di lavoro.
Sentiva il viso accaldarsi’ il sudore lungo la schiena’
‘Non puoi farmi questo”
‘Vedi Serena, non dovrebbe essere un qualcosa che ti sorprende’ Del resto, mi chiami Stronzo da un bel po. E, dopotutto, sono quel figlio di papà capriccioso incapace di fare il suo lavoro, mentre tu sei la gran donna così brava”
‘Ma” provo ad interloquire lei. Marco alzò un dito, facendo il gesto di far silenzio.
Serena tacque immediatamente.
‘Ed ora, salta fuori che la gran signora, così brava, risulta essere una troia’ ma pensa un po”
Ancora Serena tentò di intervenire, e ancora Marco non le permise di parlare.
‘Le tette, prego. Voglio vederle ora. O devo provvedere a consegnare quella busta?’
Il tremito di Serena era ormai evidente. La testa ancora cercava scampo guardando a destra e sinistra, in quell’antro fuori vista’
Nella sua mente, cercava una via di fuga che non le sovveniva.
Un ultimo sguardo al viso di lui.
Espressione dura, ma sempre calma.
Serena abbasso le mani, fino all’orlo inferiore della maglia’ si soffermò un secondo’
‘Ma se entrano clienti ora, io’ noi”
‘Se accade, ce ne occuperemo. Le tette. Ora.’ Sentenziò lui.
Lenta’. Impacciata’ ma iniziò ad alzare la maglia, tirandola piano fin sopra il reggiseno, e già rivelando il seno voluminoso coperto solo da un reggiseno azzurro.
Ora doveva compiere solo l’ultimo passo’ abbassare le coppe e magari Marco si sarebbe accontentato di’
‘Non ci siamo capiti’ esordì lui, avvicinandosi alla donna fino ad esserle davanti, a mezzo metro di distanza.
‘Togliti proprio la maglia, e di seguito il reggiseno. Appoggia tutto sulla scrivania.’
Ricevette l’ordine a testa china.
Proseguì l’opera.
Sfilò la maglia, e con movimenti lentissimi, la appoggiò alla scrivania.
Vide Marco sorridente’
Bastardo’ stronzo bastardo’
Si limitava però a pensarlo, e niente più, mentre le mani andavano al gancetto del reggiseno e aprivano la chiusura.
Sfilò l’indumento, e mentre con una mano l’appoggiava sulla scrivania, con l’altro braccio tentava l’ultimo gesto di pudore’ coprendosi alla bell’e meglio.
Una volta riposto il reggiseno, strinse entrambe le braccia al petto, guardando ostinatamente da un lato.
‘Su su” bisbigliò il ragazzo ‘sappiamo bene che ti piace mostrarle’ le mani sopra la testa, prego.’
Ora Serena singhiozzava apertamente, mentre si spogliava dell’ultima difesa.
Senza guardarlo, assunse la posizione che le era stata indicata.
Le lacrime cominciavano a rigarle il viso, mentre sentiva gli occhi dello stronzo sul suo seno.
Non era possibile’ non era possibile essere in quella situazione’
Solo mezz’ora prima sorrideva al pensiero di lui che poteva solo guardare e non toccare’ ed ora’
‘L’originale come sempre dà tutto un altro effetto” disse ghignando Marco.
Serena d’istinto fece il gesto di riportare le braccia sul petto, umiliata da quelle parole.
Lui intervenne subito.
‘No no, miss puttana’ disse prendendole delicatamente i polsi, una presa che lei sentì stringersi immediatamente quando tentò di fare resistenza.
‘Le braccia le tieni come ti ho detto’ mi piace guardarti così, a disposizione’da puttana, appunto.’ e lo diceva mentre le accompagnava i polsi nella posizione precedente.
Serena si mise come lui voleva, sconfitta’ la chiamava puttana, la guardava come una puttana, e non poteva fare nulla. E quell’atteggiamento di lui’ ora stava lì, con quel sorriso del cazzo sul viso!!
Guardava ogni centimetro di pelle esposta, soddisfatto’ Oppure’
Oppure no? Non lo era ancora?
‘Scusami solo un istante, puttana’ disse Marco, passandole un dito sul viso.
Ancora lo schifo che quel ragazzo le faceva ebbe il sopravvento, e lei tentò di sottrarsi a quel semplice tocco, arretrando con il capo e abbassando le braccia.
E lo sguardo di Marco si fece cupo. Fu un istante.
La prese per i capelli, portando il viso di lei a tre centimetri dal suo.
‘E’ meglio che tu cominci a capire alcune cose, troia. Se io voglio toccarti, lo faccio’ e mentre lo diceva, le tirava la mano il capo all’indietro, mentre l’altra andava direttamente su l seno di lei.
Serena tentò dapprima di divincolarsi.
‘No! Mi stai facendo male!’ disse quasi urlando.
‘Allora io credo sia il caso tu sia ubbidiente, troia, capito?’ Le scrollò nuovamente il capo mentre lo diceva, mentre al contempo affondava le dita nella carne morbida della tetta.
Serena era in lacrime, spaventata, incapace adesso di reagire, vuoi per la stretta del ragazzo, vuoi per la semplice considerazione che non aveva scampo’ Doveva assecondarlo’ per forza’ le carte in mano le aveva lui’ carte che potevano distruggerle la vita’
Assecondarlo’ almeno per il momento, almeno fin quando fosse arrivato magari un cliente che avrebbe costretto Marco a fermarsi’ o magari l’inizio del turno di Paola! Ecco, sì! A mezzogiorno sarebbe arrivata, e Marco senz’altro avrebbe interrotto quell’assurdità!!
‘Dicevo, troia, hai capito?’
‘S-sì” bisbigliò lei, remissiva.
‘Ottimo’ disse lui, permettendole di divincolarsi.
Serena lo fissò’ stupefatta di come quell’espressione di lui cambiasse così rapidamente’.
Adesso era tornata quella faccia sorridente del cazzo’
‘Come ti stavo dicendo, devi scusarmi un minuto. Mi attenderai qui, con le tue belle tettone al vento, e le mani sempre sulla testa”
‘Ma’ ma dove devi andare??’ chiese lei, sconcertata.
‘Poco lontano’ sistemo solo una cosa in negozio, e sono tutto per te, mia puttana”
Pronunciava le parole mentre lentamente riavvicina le dita al viso di lei’
‘Le mani” sussurrò lui, e Serena non potè far altro che riassumere la posizione. Le dita di Marco intanto scendevano dal viso, che ostinatamente lei continuava a tenere voltato, al collo’
I singhiozzi di Serena le scuotevano il corpo, mentre il tocco scendeva lungo il seno di sinistra’ un tocco leggero’ a scendere’ verso il capezzolo, che lui strinse appena’
Marco sorrise. Nonostante il tentativo di nasconderlo, Serena non era riuscita a nascondere il lieve sussulto generato da quel tocco’
‘Bene, pensò lui, ci sarà da divertirsi parecchio’.
Le prese il broncetto tra due dita ‘Torno subito, mia puttana, mi raccomando, rimani in posizione, se non vuoi che io perda la mia gentilezza”, e si girò, rientrando nel negozio, lasciandola lì, sconvolta e schoccata.
Si trovava mezza nuda, alla mercè di un uomo che al suo confronto era un ragazzino, un ragazzino che si stava permettendo di’ no! Voleva gridargli quanto schifo facesse, quanto gliela avrebbe fatta pagare’
Ma’
Nemmeno si azzardava ad abbassare le braccia. Questa era la realtà.
Rimaneva lì, in piedi, niente maglia, niente reggiseno. Esposta, come gli era stato ordinato.
Serena chiuse gli occhi’ pensando a cosa potesse significare lo scoprire un tradimento da parte di suo marito’ No! Sarebbe stato oltremodo terribile’
Assecondare Marco’ per ora, solo per ora’ che giocasse per oggi, poi gliel’avrebbe fatta pagare’
I suoi pensieri vennero interrotti dal rumore della serranda che si abbassava. Era fatta a griglia, chiudeva perfettamente, seppur lasciando completa visuale al pubblico che passava lungo il centro commerciale dell’interno del punto vendita.
E Marco la stava chiudendo.
Lacrime, che rigavano il viso di Serena.
Nessuno ora poteva entrare a disturbare quello stronzo’. Ma Paola’. Sì, mezz’ora ancora, al massimo quaranta minuti e Paola sarebbe arrivata, avrebbe riaperto, sicuramente, aveva le chiavi’.
Rumori.
Di attaccapanni. Cosa faceva lo stronzo? Prendeva roba dall’esposizione?
Perché?
Marco ricomparì venti secondi dopo, un piccolo fagotto in mano, che appoggiò per terra.
Sorrise guardando Serena, e ritrovandola nella posizione che le era stata imposta.
‘Brava puttana’ vedo che cominci ad imparare’ ma gli insegnamenti saranno lunghi”
Serena, alzò il viso di scatto verso di lui.
Che intendeva? Cosa voleva dire?
Marco non le lasciò il tempo di pensare.
‘La saracinesca è abbassata ora, mia puttana, puoi spogliarti completamente.’
Serena mosse le labbra’ voleva obbiettare, dire qualcosa, ma ne uscì soltanto un balbettio’
‘co-co-cosa? Io” tentò.
‘Nuda. Non penso sia molto diverso qui da una camera d’albergo con il tuo amante.’
Parole come pugnalate che raggiungevano il segno.
Non le rimase che rivolgergli uno sguardo implorante, ricambiato da un’occhiata ferma che confermava semplicemente l’ordine’.
Come poco prima, quando si era tolta il reggiseno, le mani tremavano mentre scossa dai tremiti Serena toglieva dapprima le scarpe, poi i pantaloni.
Da implorante, il viso di Serena si fece avvilito, mentre osservava Marco ritto in piedi, braccia conserte, che in maniera assolutamente ferma attendeva che lei completasse l’operazione.
Le mutandine scesero’ un ultimo gesto del piede’ e fu completamente nuda, una mano nell’altra, raccolte sul grembo.
Marco le si fece vicino, prendendola nuovamente per i capelli, ma senza strattonarla, invitandola con fermezza ad alzare il capo verso di lui, senza causare dolore’
E lei eseguì, tenendo gli occhi chiusi, stretti quasi a farle male’ nuda’ umiliata’. Le pareva quasi di poter escludere il mondo, tenendo gli occhi chiusi’
Ma non era così’ non mentre la mano di lui ricominciava a passare sul suo corpo’
‘La mia puttana cura bene la sua fighettina” disse Marco, apprezzando la corta peluria tra le cosce di Serena, mentre la mano riprendevano possesso del capezzolo della donna.
Lo rigirava piano, quasi con dolcezza e nel mentre bisbigliava all’orecchio di lei’
‘Ora inginocchiati”
‘Non puoi’ non puoi farmi’ Ah!’ fu il piccolo grido di Serena, quando il capezzolo venne stretto.
Sortì l’effetto voluto.
Sempre con la mano di lui tra i capelli, Serena piegò le ginocchia, fino a farle aderire al pavimento.
La stretta le imponeva di alzare il capo, Marco le imponeva di guardarlo bene in viso.
E Serena si ritrovò a fissare ancora quel dannato sorriso sulla faccia di lui.
‘Mia puttana, ora cominciano le lezioni un po più serie’ mani dietro la schiena, per prima cosa.’ Sentenziò.
Serena si sentiva persa. E sconfitta.
Si era detta di assecondare’ ma’ doveva uscirne, doveva tentare’
Gli riuscì solo di implorare.
‘Non farmelo fare’ Marco, ti scongiuro!’ disse supplicando senza ritegno.
Lui non si scompose, con la mano libera cercò nella cartelletta’ un foglio in particolare.
Cominciò a leggere ‘Ho voglia di incontrarti’ anche ora, subito!’
Serena inorridì. Spezzoni della chat’ Stava leggendo quegli scritti dannati!
Tentò di rialzarsi, per acciuffare quelle pagine, ma la stretta di Marco la inchiodava in ginocchio.
E intanto proseguiva nella lettura’
‘Ah sì? E cosa mi farai appena mi vedi?’ ‘Te lo succhierò, te lo succhierò fino a farti godere’
Marco allentò la presa tra i capelli di lei, che ricadde prona a terra, piangendo.
Le sue colpe’ sbattute in faccia’
Lui intanto riponeva il foglio nella cartella.
‘Devo andare avanti, o iniziamo le lezioni, puttana?’ chiese ghignante.
Nessuna difesa.
Nessuna possibilità di uscirne.
Serena si erse sulle ginocchia, totalmente annientata.
Fissava davanti a sé, tra le lacrime, la patta dell’uomo.
Le mani si posizionarono dietro la schiena.
L’unica speranza era farla finire il prima possibile.
Dal canto suo, Marco se la godeva’ Ne aveva inghiottiti di rospi con quella donna, e all’inizio
Non era stato facile digerire quell’atteggiamento da signora che lo trattava da lattante’
Non era stato facile?
Lui era stato carico di rabbia’ per l’atteggiamento di lei, per la chiusura che poi Serena aveva
Messo nei suoi confronti, mentre lui l’avrebbe scopata ovunque’ e che diavolo, era il figlio del capo, e otteneva ciò che voleva!
Era stato furioso’
Poi, si era delineato un piano’ non certo così corretto ed integerrimo’ ma non gliene era importato nulla.
Voleva Serena.
Per vendicarsi dei suoi atteggiamenti.
Per insegnarle il suo posto.
Perché adorava il suo corpo e lo voleva.
Perché così doveva essere.
Il piano’ difficile da eseguire, ma che era stato possibile anche grazie a qualche aiuto sorprendente’
Ed ora, l’inizio del suo piccolo trionfo’
Inginocchiata davanti a lui’ in suo potere’ completamente nuda’
Con quel viso che l’aveva calamitato fin da subito’ con quelle tette pronte ad essere usate’
E l’avrebbe fatto, oh sì, e lei non poteva nemmeno immaginare in che delirio l’avrebbe trascinata’
La sua mano tornò fra i capelli di Serena, mentre l’altra apriva piano la zip dei pantaloni.
Marco estrasse il suo cazzo, ponendolo a tre centimetri dalla bocca di Serena.
Un nuovo attacco di pianto da parte di lei.
Ma quando glielo spinse sulle labbra, lei non ebbe altra scelta che dischiuderle ed iniziare a succhiare.
Capitolo 2.
Serena sentiva quasi dolore alle mani, stringendole l’un l’altra dietro la schiena. Si stava imponendo di rimanere nella posizione impostale, contro ogni sua volontà.
Allo stesso modo, i suoi occhi rimanevano chiusi, serrati, mentre il cazzo del ragazzo si muoveva dentro la sua bocca.
Suo malgrado, doveva ammettere che Marco aveva un arnese notevole, che ora la stava scavando per bene, mentre lei cercava di limitare al minimo il movimento.
E così Marco impostava il ritmo, tenendola per i capelli.
‘Dunque, puttana’ iniziò lui senza smettere di farsi servire ‘vedo che sei un po timidina con quella boccuccia”
Serena tentava di escludere quella voce, rimanendo ad occhi chiusi’
” ma vedrai che ti insegnerò per bene il concetto di fare le cose a modo.’ E, detto questo, le pose anche l’altra mano sulla testa, poi prese a spingere lentamente il cazzo sempre più a fondo nella bocca di lei.
Che tremava, lasciandosi sfuggire gemiti di protesta, mentre il membro avanzava.
Un millimetro alla volta’ dentro’ ancora’ e Marco sorrideva, sentendo il tentativo di Serena di arretrare.
E poi lei cedette, le sue mani che cercavano di afferrare i polsi di lui, per fermarlo, sentendosi quasi soffocare con quel cazzo giunto fino in gola.
Marco però non scioglieva la presa’ una spinta continua, mentre i gemiti soffocati di Serena si accompagnavano agli inutili pugni che lei sferrava sui polsi di lui.
D’improvviso estrasse il cazzo dalla bocca, liberandola. Serena ricadde a quattro zampe, tossendo forte e asciugandosi con la mano la saliva che usciva copiosa a fior di labbra.
Godendosi lo spettacolo, Marco decise di non concederle tregua.
Si avvicinò all’involto posato poco prima a terra, estraendo più. Serena alzò lo sguardo, sentendolo muoversi, e rimase perplessa. Il ragazzo stava scartando confezioni di collant.
Quando Marco ne ebbe a disposizione quattro, lei non capì l’occhiata strana che le indirizzava, istintivamente tentò di ritrarsi, mentre lui si avvicinava, i collant stretti nella mano sinistra.
Quello di Serena, che nemmeno riusciva ad alzarsi, fu un tentativo di fuga molto breve’ seduta a terra, spingendosi all’indietro con i talloni, arrivò spalle al muro. Con tutta tranquillità, Marco le si avvicinò.
Torreggiava su di lei, il ghigno sadico dipinto sul viso.
‘Avevo detto mani dietro la schiena” mormorò, quasi bonario.
Lei sgranò gli occhi.
‘Io non so cosa ti sei messo in testa, idiota!! Ora basta!! Te l’ho preso in bocca, non sei soddisfatto???’
Era il cazzo di lui a parlare in sua vece. Svettava duro, ancora fuori dai pantaloni.
Marco gli diede un’occhiata, poi tornò a guardare la donna.
‘A te cosa sembra, puttana?’
Seppure nuda, appena costretta ad umiliarsi, la donna matura che voleva rappresentare, tentò di uscire’
Fece per alzarsi.
‘Se tu credi che io Ahhhhh!!!’
Lo schiaffo che Marco le rifilò sul viso, la ricacciò a terra.
Dolore a parte, era l’incredulità a farle da padrona.
‘Ma’ tu”
‘Se vuoi ancora darmi dell’idiota, mia cara puttana, fai pure’ ma cominciamo molto male” sussurrò lui.
‘Marco, hai avuto quello che volevi, ora basta!! Tu non puoi”
‘Sbagliato. Io posso.’ E fu veloce come un serpente.
Rimesso il cazzo nei pantaloni, la riprese per i capelli, con brutalità, incurante del nuovo pianto della donna.
Spinta verso la piccola scrivania, lasciò che Serena si riaccucciasse a terra, poi le prese un polso, e senza nemmeno darle il tempo di reagire, lo legò alla gamba del mobile con uno dei quattro collant.
Serena realizzò quanto stava succedendo solo quando era tardi.
Preciso, padrone della situazione, la sollevò sul piano della scrivania, avendo cura che il braccio già legato si tendesse verso il basso.
Rapido, procedette con l’altro polso. Serena si ritrovò con il corpo bloccato sul piano del mobile, braccia lunghe distese verso il pavimento, saldamente legate alle gambe del mobile.
‘No! No! No! Ma che stai facendo!?!?!’ continuava quasi a gridare la donna.
Silenzio’ E nel suo silenzio, lui procedeva.
Le afferrò una gamba, e senza convenevoli, la allargò per bene. Poi il collant, a completare l’opera. Tre nta secondi dopo, l’altra gamba fu sistemata.
Il risultato era oscenamente stupendo.
Serena legata sul piano di lavoro, braccia lungo la verticale, gambe completamente divaricate, con praticamente il solo culo che poggiava sulla stretta superficie.
L’immobilizzarla non si era svolto in silenzio. La disperazione di Serena si era fatta sentire a più riprese, passando dal ‘fermati immediatamente’, alle offese, dall’incredulità per quanto stava avvenendo, alla vergogna finale, per il ritrovarsi completamente esposta e vulnerabile.
Il suo corpo ora si contorceva, per quanto possibile, mentre nuove lacrime le segnavano il viso.
‘Tu non sei un uomo’ sei un pervertito!! Lasciami andare!!! Tra poco arriverà Paola e appena vedrà”
Marco riprese il suo sorriso.
Al di là della sua calma apparente, fremeva. Lo spettacolo dava sensazioni oltre ogni più rosea previsione.
Stupenda.
Serena era stupenda. Nuda, legata ed impotente.
Ma soprattutto, alla sua mercè.
Erano momenti da gustare.
Prese a girare con tranquillità attorno alla scrivania.
‘Diavolo’ mi sono dimenticato di dirti una cosa’ Paola arriverà più tardi’ già ieri le ho comunicato un nuovo orario’ e il cartello chiuso per allestimento ci garantirà parecchia privacy”
Serena mormorò un semplice ‘no”, ad occhi chiusi, nell’apprendere la notizia. La tortura non sarebbe finita entro pochi minuti. E, immobilizzata, si rendeva conto che il peggio doveva ancora arrivare.
Le braccia tentarono ancora di forzare i legacci’ nessun risultato, tranne il divertire Marco’
Tutto ciò che le rimaneva, era l’implorare.
‘Io ti prego’ ti scongiuro’ lasciami andare’ Marco, farò tutto ciò che vuoi e”
Lui proseguiva nel suo passeggiarle attorno.
‘Quello è garantito, puttana. Tu farai tutto ciò che voglio. Sempre.’
A quelle parole, la testa di Serena ricadde all’indietro, sconfitta totalmente. Non poteva evitare nemmeno le due dita di Marco che, fermatosi accanto a lei, le sfioravano il viso.
Leggere, leggerissime’
Scendevano verso il capezzolo’ sfiorandolo’ e Serena non poteva fare altro che cercare invano di nascondere le reazioni del suo corpo’
Per quanto costretta, infatti, era pur sempre una donna fondamentalmente frustrata’ fin troppo recettiva agli stimoli anche non voluti’.
Il respiro le diveniva affannoso mentre lo stronzo scendeva’ due dita’ scendeva’
” no’ no’ ohh!!’
Dita che passavano leggere tra le cosce’ sul taglio della sua figa’ avanti e indietro’ senza penetrarla’
Serena si morse il labbro, mentre il corpo tremava’ quel bastardo gli faceva schifo, come schifo gli faceva il tocco di lui, ed era per questo che non voleva emettere alcun suon, nulla’
Ma c’era qualcosa che non poteva controllare, qualcosa che sperava lui non notasse’
‘Bene’ inizia a luccicare questa fighettina, mia puttana’ ‘ disse continuando a passarle il dito tra le cosce.
‘I-io’ non” ma Serena si zittì immediatamente, accorgendosi di non riuscire a parlare senza balbettare.
‘Sì? Dimmi puttana, ti ascolto” continuava ad incitarla Marco, divertendosi mentre lei cercava di tener serrate le labbra.
Avanti e indietro’ avanti e indietro’ Serena sentiva suo malgrado l’eccitazione montare, voltava la testa a destra e sinistra, piccoli gemiti le sfuggivano, e la rendevano conscia dell’umiliazione che in questo modo si infliggeva’ ma era il suo corpo a tradirla, non la sua mente!!
Proprio quando il suo gemere stava diventando un continuo, Marco si fermò. Osservava le tettone di lei andare su e giù, seguendo il respiro di quella puttana, un respiro che dimostrava quanto qualcosa di incontenibile stesse montando in lei.
Non che fosse un mistero’ si sentiva le dita umide, dopo averle passate su di lei, senza nemmeno infilargliele dentro.
Molto bene. Decisamente molto bene. La reattività di lei avrebbe costituito un caposaldo fondamentale nel processo di umiliazione’
Sorridendo, prese il cellulare dalla tasca della giacca.
Serena si accorse del movimento. Per quanto possibile, aveva sollevato il capo. Si irrigidì di colpo.
‘Cosa’ cosa vuoi fare?? Slegami!! Slegami subito!! Voglio rivestirmi!!’sibilò lei.
Marco si accigliò.
‘Non c’è niente da fare con te, puttana’ avrei voluto tu iniziassi a fare la brava senza particolari incentivi’ ma è ovvio che devo provvedere in maniera diversa’ le foto ricordo le faremo dopo averti spiegato come funziona”
Il tutto fu detto quasi in un sussurro’ inquietante, con Marco che riponeva il cellulare e riprendeva la cartelletta. Un nuovo foglio, una nuova lettura per Serena.
Lei inorridì. Questo continuo metterla davanti alle sue stesse parole rappresentava una tortura.
‘Smettila Marco!! Ho commesso un solo errore!!! Basta con quei fogli!!! Hai ottenuto quello che volevi!!’
Incurante delle sue parole, lui riprese a girarle attorno, leggendo.
‘Che barba oggi, deve passare lo Stronzo’ ‘chi, il tuo capo?’ ‘peggio, il figlio, sembra l’idiota del villaggio’.
Serena ricordava bene di averlo scritto. Ed ora se ne malediceva.
Marco intanto stava cercando qualcosa su quel foglio’ e mormorava’
‘Uno’ due’ cinque’ dodici’ per dodici volte in una sola conversazione mi hai dato dello stronzo”
‘Ma’ non immaginavo’ non potevo’ ti imploro, slegami!!’
‘Già già’ non immaginavi’ ‘ ripetè sorridendo il ragazzo, mentre si toglieva con tranquillità la giacca del vestito. Serena cominciò a tirare sui legacci quando vide che la camicia seguiva la giacca. Fu poi la volta delle scarpe e dei pantaloni. Infine, le mutande.
Serena piangeva ormai apertamente.
‘No’ non con te!!! Non voglio, hai capito??? Non voglio!! Bastardo!!! Lasciami andare!!’
Con gli occhi pieni di desiderio, Marco avvicinò il suo viso a quello della donna’
‘Tra poco sarai tu a chiedermi di sbattertelo dentro”
‘Mai!!’ urlò lei.
Vedere il ragazzo salire sulla scrivania e mettersi a quattro zampe davanti al corpo nudo della donna, era come osservare la tigre che si prepara a divorare la preda.
Serena strinse di nuovo gli occhi, la testa voltata di lato, inutilmente cercava di forzare le cosce per chiuderle, ma i legacci non le davano scampo.
Sopra di lei, Marco si fece un po più avanti, tenendo il corpo di Serena tra le sue cosce divaricate, in modo da avere le sue tette a portata di mano.
‘Bene’ cominciamo con le lezioni dure’ se non sbaglio, mentre mi spompinavi, hai abbandonato la posizione”
Lei ebbe un sussulto di rabbia ‘Stavo soffocando!! Lo sai ahiaaaaaaaahhh!!!’
Il ceffone le raggiunse il seno sinistro. Violento, doloroso.
‘Questo è per la tua disubbidienza’ poi’ quante volte mi hai chiamato stronzo in quella chat? 12? Bene. Saranno dodici ceffoni come questo.’
‘no no marco!!! Non farlo, non farlo!!! Fanno maleeeeee ahhh!!!!’
Il nuovo colpo fu sul seno destro. La pelle bianca di lei già mostrava il rossore dovuto ai colpi. Che impietosamente si ripetevano sulla donna costretta subirli.’
Un urlo. Poi un altro.
Mentre Marco alternavi i colpi da una tetta all’altra, tenendo il conto.
‘otto’ e colpiva.
‘nove’ altro colpo.
Serena era come un serpente. Immobilizzata, eppure si contorceva a più non posso, urlando il suo dolore, urla che comunque non raggiungevano orecchie là fuori, visto il brusio continuo del centro commerciale.
‘dodici.’
‘Ahhhhhhhh!!!’
Il dodicesimo le aveva tolto del tutto il fiato dai polmoni, più violento degli altri.
‘B-basta’ basta ti prego” mormorò Serena, distrutta dal trattamento.
‘Basta? No, signora puttana. Si continua’ avresti fatto meglio a trattarmi con gentilezza tempo fa’ e invece, voleva fare la super saccente”
‘Non ho fatto nulla’ nulla” disse lei tra un singhiozzo e l’altro.
” e non sono il solo a pensarla così’ concluse lui, ridestando terrore in lei, per questa allusione.
Chi? Di chi stava parlando ora, cosa’
Ma si interruppe.
Marco si stava spostando’ più giù’ più giù’
No! No! No! Pensò inorridita’ poteva sentirlo’ sentiva il cazzo di lui quasi a contatto con il suo taglio’
Lo fissò, e trovò i suoi occhi piantati sul suo viso.
‘Tu sei mia, rassegnati.’ Disse glaciale.
‘No’ ohhhh!!!’ gemito deciso, quando la punta del membro iniziò a strusciarsi sulla sua figa, lento’ penetrando nemmeno di mezzo centimetro, solo strofinando’
Marco lo guidava con la mano, pazientemente lo passava su e giù, senza fretta, sentendo via via quelle labbra bagnarsi’ La troia poteva anche detestarlo, ma quella figa aveva comunque fame. E lui avrebbe giocato con quella fame’
Su e giù’
E nuovamente Serena si ritrovò in lotta con il suo stesso corpo. Quel figlio di puttana la stava stimolando, con oscene carezze, partendo dal clitoride , e scendendo’. Per poi risalire’ e il movimento si ripeteva’
Ancora, e ancora’ Sentiva l’umido’ l’umido rivelatore’ Perché, perché non si limitava a scoparla, e che tutto finisse subito?
‘Ahhh’. B-bas-sta!! B-ba” mormorò Serena, incapace di articolare di più.
Marco procedeva, godendosi lo spettacolo. La mano libera afferrò il seno destro, stringendolo e generando nuovi gemiti di lei.
‘Basta? Sicura puttana? La tua figa dice il contrario’.’
‘Io’ non’ od-ddio’ non sono’ no’ non sono una’ una puttana” diceva la sua preda, inarcandosi, per quanto le era possibile. Montava’ la voglia montava’ ma doveva opporsi’ con tutte le sue forze’
‘No?’ chiese Marco, passando a stimolare il capezzolo, piano’ con delicatezza ‘Proprio in questa stanzetta dici di non essere una puttana? Proprio qui dove ti masturbi solitamente?’
Torturata. Nel fisico e nella mente.
Di nuovo i suoi scritti’ Dannazione’ Serena sapeva bene di aver scritto anche quello’ torturata’
Fisicamente, con quel cazzo e quella mano che non le davano tregua, mentalmente’ Marco la colpiva dentro’ lui aveva invaso il suo dentro’ e la voleva portare a convincersi di essere quello che lui diceva.
Una puttana.
La sua puttana ora.
No’ doveva resistere’ ma come’. Sentiva il fuoco tra le cosce’ Troppi anni a reprimere istinti, voglie’ il suo corpo era diventata una corda tesa’ E Marco godeva ora di questo’
No, doveva resistere’ non concedersi a ulteriori umiliazioni’ in qualche modo rifiutarlo’ ma’
‘ODDDDDDDDIIIIO!!!!’ urlò d’improvviso.
Due centimetri di cazzo inseriti avevano mandato in frantumi gran parte della sua volontà di resistenza.
Ora le mani che le lavoravano le mammelle erano due, mentre il ragazzo muoveva la punta del cazzo impercettibilmente, logorandola’ portandola quasi ad implorare’ NO! Non doveva, non doveva!!
‘Mi’ tu mi fai” tentava di dire, mentre il suo corpo strattonava i legacci ‘tu mi fai sch’ AHHHHH!!!’
Marco l’aveva impalata. Veloce, improvviso. Due secondi, non di più.
Poi fece scivolare il cazzo all’indietro fin quasi a farlo uscire.
Un flebile ‘no’ ‘ sfuggì dalle labbra di lei, che scrollò il capo, rendendosi conto che un lieve bisbiglio poteva renderla trasparente’
E così fu. Marco giocava e giocava pesante’ attento ad ogni sfumatura, attento a rendere il piacere una forma di maglio che abbatteva le difese più forti’
Si chinò sul corpo della donna, la bocca a mezzo centimetro dal suo orecchio’
‘Dimmi’ dimmi che hai voglia del mio cazzo’ ‘ sussurrò.
‘N-no’ m-mai!’
Lui riprese la posizione, ghignando. Ancora due, e solo due, centimetri di penetrazione, dentro una figa che colava ora copiosa’
‘Mai? Proprio mai? Perfetto, continuiamo.’ Sentenziò lui.
E per l’ora successiva, Serena conobbe un piccolo inferno. Marco non le diede tregua, stimolando ora con piccoli tocchi, ora sfondandola, lappandole il corpo, portandola ripetutamente alle porte dell’orgasmo, e sempre, in quell’istante che lo precedeva, chiedendo la stessa cosa: ‘Dimmi che hai voglia del mio cazzo’.
Sempre la stessa domanda, e sempre Serena, era riuscita a non arrendersi a quell’ultimo affronto, all’umiliazione dell’implorare proprio lui’ Ma era allo stremo. Un velo di sudore la ricopriva, ciocche di capelli bagnate che le aderivano al viso’ E la voglia’ Dai capezzoli, duri da far male, anche adesso tormentati dalle mani di lui, alla sua figa, oscenamente gocciolante’
Quanti orgasmi aveva mancato? Cinque, sei? Dieci? Quanti?
Quello che sapeva, e che ogni volta arrivava al limite, e Marco poneva la stessa domanda ottenendo la stessa risposta, lui procedeva dandole sei ceffoni sul seno, violenti, con l’unico scopo di annullarle il godere, per poi ripartire a stimolarla ancora’ e ancora’ e ancora’
Il problema era che per quanto l’avesse sfiancata, Marco non le pareva di certo determinato ad ottenere la risposta che chiedeva’ Sembrava in ogni istante divertito’ Serena in ogni caso non si sentiva certo in grado di giudicare’ Voleva solo essere liberata’ andarsene’ far finta che quel giorno non fosse esistito’
Voleva essere liberata’ o voleva godere? Cosa per prima cosa? Qual era la priorità?
I suoi capezzoli sensibili la stavano facendo impazzire, mentre lui ci giocava, mentre li leccava’
E non si fermava, e non si stancava’ forse’ forse per le sue stesse colpe, si diceva lei, gliela aveva fatta annusare in più di un’occasione’ ed ora lui non aveva pietà’ Aveva abbondato anche di foto, con quel dannato cellulare’ del suo corpo legato, delle sue tette, della sua figa’ ma soprattutto Marco ne aveva scattate molte mentre la obbligava a spompinarlo’
E lui non si stancava’ continuava’
Serena sapeva la verità’ avrebbe ceduto a breve, davanti ad ogni richiesta, pur di godere’
Ancora il bastardo la stava riportando al limite’ la lingua di Marco che passava dai capezzoli, giù, tra le cosce, leccando in maniera così morbida e lenta da farla gocciolare come non mai’
E poi un cellulare che squillava.
Ed era il suo, riposto nei pantaloni, gettati a terra. Ma certo, doveva essere mezzogiorno, la solita chiamata di suo marito per darle un salutino!!
Marco si fermò, rapido trovò il telefono, e lo osservò.
Dalla sua posizione, Serena non poteva fare nulla. Lui le si riavvicinava, con il cellulare che ancora squillava in mano.
‘Ma’ che fai?? Mettilo giù!! E’ mio!! E’ mio marito!!’
Serena si accorse di aver commesso un errore nell’attimo stesso che finì la frase.
Infatti, il sorriso di Marco era più che luminoso. ‘Tuo marito? Perfetto, rispondiamo.’
E senza dare il tempo alla donna di protestare, accettò la chiamata, mise in viva voce, e appoggiò lo strumento sul ventre di lei, mentre lui se ne stava ritto in piedi accanto al suo corpo legato.
Incredula, Serena disse un balbettante ‘P-pronto”
‘Tesoro’ disse allegro il marito ‘come va?’
‘B-bene Stefano, un po st-ohh!’ un gemito, subito soffocato mordendosi il labbro. Marco le aveva appena appoggiato un dito sul taglio, leggero.
‘Come amore?’ chiese Stefano, perplesso.
‘Ni-niente’ s-stanca. Un po stanca.’ Buttò la frase velocemente, mentre sentiva il bastardo cominciare un dentro e fuori che la faceva sussultare.
‘Ma sicura che vada tutto bene? Ti sento veramente a terra.’ Chiese ancora il marito, preoccupato.
Marco intanto aveva aumentato la velocità del ditalino, osservando divertito la donna che cercava di dirgli ‘no’ scrollando il capo. Era vicina al godere, sentiva i succhi della puttana impregnargli le dita e poi colare al di fuori’
Difatti Serena non riusciva più a parlare. Cercava anzi di non aprir bocca, rischiando di far sentire il suo gemere a Stefano.
‘Sere, sei ancora lì?’ continuò Stefano.
‘S-o’ sì’ chiamo dopo’ il capo’ devo’ vuole u-na’ risposta’ de-devo dargliela’ su-subitoooh!’
Appena sentite quelle parole, con un sorriso di trionfo, Marco estrasse le dita dalla figa di lei.
‘Oh già! C’è il tuo capo oggi, avevo dimenticato, ci sentiamo più tardi! Un bacio tesoro!’ salutò lui, e nel mentre, l’aguzzino di Serena si era riportato sulla scrivania, preparando il cazzo per un nuovo assalto davanti al taglio di lei.
‘S-ì. Sì’ dopo ci sentiamo’ ciao!!’ e sentì che per fortuna il marito chiudeva subito la chiamata.
Marco prese il cellulare della donna, posandolo in un angolo del tavolo, pronto all’uso se fosse servito.
‘Sei solo un figlio di puttaah- oh signoreeee!’
Nessuna tregua. Marco la stava scopando con colpi profondi e decisi adesso, e ad ogni colpo Serena gemeva come una pazza’
‘Ecc-co’ d-dio’ st-to per god’ non’ non” vaneggiava Serena, sconvolta dal piacere’ e ancora, al limite, Marco che si bloccava, facendola urlare di frustrazione.
‘Dimmi che hai voglia del mio cazzo.’ Le disse deciso.
Serena era un carattere forte. Deciso. Ma in quel momento, era solo una donna in balia di un ragazzo che l’aveva portata oltre il limite di resistenza.
Era una donna che accettava un nuovo gradino del discendere’
‘ho’ ho voglia del tuo cazzo” mormorò, sconfitta.
Marco si sentì oltremodo soddisfatto, la prima importante barriera era stata spezzata. Un nuovo sorriso, mentre il suo cazzo affondava ancora nel ventre di lei. Serena pareva impazzita, il suo corpo accettava e voleva ciò che la sua mente disprezzava, un corpo che urlava la sua voglia’ e l’orgasmo stava giungendo’ prepotente.
E’ l’inaspettato. Marco estrasse il cazzo, lasciandola ad un niente dal piacere.
Serena si inarcò ancora, ‘NOOO!!’ urlò, fregandosene ora di chi era lui e di come l’aveva obbligata a piegarsi alla sua volontà, voleva solo godere.
Lui, soddisfatto di quello che vedeva, si portò più avanti, prendendola per i capelli e affondandole il membro in bocca.
‘Godrai’ godrai’ tra non molto’ ma il tuo piacere merita un bel palcoscenico’ dovrai avere ancora un po di pazienza…’
Piccoli mugugni provenivano dalla bocca di Serena, mentre lui le scopava la bocca. Veloce, sempre più veloce, Serena si sentiva soffocare ma non poteva fare altro che lasciarsi abusare’ Ancora più veloce, Marco diede l’ultimo affondo’
E lei sentì la bocca riempirsi del suo sperma’ le inondava la bocca, le scendeva in gola.
Marco estrasse il cazzo e la guardò tossicchiante e schifata nel suo tentativo di sputare quanto aveva ricevuto.
‘bene, mia troia’ ‘ cominciò a dirle mentre scendeva dalla scrivania e iniziava a rivestirsi ‘visto quante cose sono cambiate in un attimo? Dal darmi dello stronzo, al farti riempire da me’ e siamo solo all’inizio”
La mente di Serena era ancora persa nel mancato orgasmo, nonostante questo, però, non le sfuggì l’allusione al futuro che l’aspettava’
‘Ch-che intendi’ cosa vuoi dire?’
‘Capirai.’ Disse sibillino lui, ed iniziò a slegarla’. Prima i polsi, poi le gambe’ Serena lasciava fare, quasi senza muoversi, bambola di pezza nelle mani di un aguzzino’
Come’ come fare per uscire da quella situazione’ se’ se’ niente. Le mancava la lucidità. Il ventre non si era di certo spento’ aveva bisogno’ bisogno di liberare la voglia’ Se almeno lui si fosse allontanato per due minuti, avrebbe provveduto da sola, alla faccia di quanto le stava accadendo, la sua prima necessità era di spegnere l’incendio che si portava dentro.
Purtroppo, Marco non era dello stesso avviso.
Le indicò l’involto sul pavimento, la busta che lui aveva composto nel negozio, e da cui prima aveva tratto i collant con cui era stata legata.
‘Prendi la busta e indossa i vestiti che ho scelto per te.’ Ordinò.
Serena raccolse le forze, a testa bassa scese dalla scrivania, dirigendosi verso la busta. Ebbe un attimo di esitazione’
‘Marco’ questa faccenda è durata anche troppo’ è meglio se’ ‘ ma si zittì subito.
L’espressione di lui era ferma.
‘Te lo dico una volta sola. Non sopporto la disubbidienza. La cosa è molto semplice. Io dico, tu esegui. Senza inutili stronzate che possano uscire da quella bocca da pompinara. Guardati. Goccioli ancora, il tuo fiato sa ancora del mio sperma’ C’è bisogno che io continui?’
I pugni di Serena tremavano, mentre li stringeva, impotente davanti a quel discorso sbattutole in faccia.
Era nelle sue mani. Questo era quanto.
Si chinò verso la busta, ed estrasse il primo capo di vestiario.
Una camicetta bianca. Semplice, leggera, senza fronzoli.
Non era della sua taglia. Bastava un attimo per intuirlo. D’istinto, stava per protestare, ma il discorso di poco prima aveva sortito il suo effetto, e non azzardò una parola. Fu di nuovo l’istinto a guidarla verso il reggiseno, gettato sul pavimento, poco distante.
‘Quello lo puoi dimenticare. Assieme alle mutandine, ovviamente.’ Disse Marco.
Serena si irrigidì. La bocca stava per articolare qualche parola, voltandosi verso di lui trovò però ancora quell’espressione che non ammetteva repliche.
Scrollando il capo, Serena iniziò la vestizione.
Le maniche erano corte, le lasciavano nude le braccia. E, come aveva intuito, era della taglia sbagliata.
Piccola, dannatamente piccola. E mentre l’abbottonava, la cosa diveniva oscenamente evidente. Il seno rimaneva strizzato, tanto da non permetterle di allacciare oltre il terzo bottone, valeva dire lasciare una scollatura a dir poco esagerata. I capezzoli, senza costrizione di intimo, puntavano decisi contro il tessuto.
Nella busta, trovò anche una gonna, lunga, in lino. Essendo maggio, il negozio abbondava di articoli del genere, che però lei non avrebbe scelto per sé stessa’ davano l’impressione di coprire, invece attiravano, generando un vedo non vedo che a lei era sgradito’
Un solo cenno del capo di Marco, che le indicava di rimettersi le scarpe che già portava in precedenza’
Poi lui la contemplò, mentre lasciava Serena intenta a mordersi il labbro, imbarazzata come poco prima, quand’era nuda.
‘Perfetto, gran signora. Immagine in linea con quello che sei. Una puttana.’ Disse sogghignando.
Gli occhi di Serena erano lucidi. Si diede un’ulteriore occhiata.
Sì. Niente da aggiungere a quello che lui aveva detto. Vestita a quel modo, soprattutto con quella camicetta e senza intimo, non c’era modo di definirla in altra maniera’ Che senso aveva quel vestire, cosa stava tramando quello stronzo? Quando gli sarebbe bastata?
‘Seguimi, puttana.’ Disse Marco schioccando le dita e uscendo dalla stanzetta. Il cuore di Serena batteva a mille, non capiva quali erano le intenzioni.
Poi divennero ovvie. Sbarrò gli occhi, vedendo che stava alzando le serrande.
Lui era divertito.
‘Il negozio apre. Ed oggi, l’attrazione sarai tu, puttana.’ Sussurrò il suo capo.
‘Non posso, Marco, ti prego!!! Sembro’ sembro” bisbigliò implorante lei.
‘Non sembri. Sei. Una troia. Ed è il momento di farlo notare.’ Continuò lui. Poi si diresse al bancone, aprì uno stipetto prese uno straccio e un liquido spray per pulizie. Allungò il tutto nelle mani di Serena.
‘Prima cosa: le vetrine. Puliscile per bene.’ Ordinò lui.
Serena si fece pallida. Gente, parecchia. Che passava avanti e indietro lungo la galleria.
Lurido porco’ pensava lei’ vuole umiliarmi’ davanti a tutti’ no, non gli è bastato quello che mi ha fatto, vuole di più’
Marco si spazientì, vedendola immobile. Senza parlare, si avvicinò ad un piccolo espositore, dov’erano sistemate varie cinture. Ne prese una da donna, di pelle, sottile.
Ne arrotolò un capo in una mano e tornò a rivolgersi verso la donna.
‘Vuoi che mi spieghi meglio?’ chiese serio, mentre camminava lento verso di lei.
Serena lo fissò, incredula, ma ricolma anche di una certezza’ sì, non avrebbe esitato a mettere in pratica la minaccia’ e, soprattutto, lei avrebbe dovuto subirla senza mare niente.
Marco la teneva in pugno, pensò amaramente, mentre si apprestava ad una nuova umiliazione.
E lui la guardava. Braccia incrociate sul petto, sorvegliava.
‘Non hai idea di quanto mi divertirò con te’ ‘ pensò, sogghignando.
Capitolo 3
Serena cercava di non guardare oltre il vetro del negozio. Si sentiva nuda, ora, come lo era stata poco prima nella stanzetta.
Uno sguardo di soppiatto a Marco’ due metri dietro di lei, a braccia incrociate sul petto, chiaramente a controllare la sua ubbidienza, la cintura ancora stretta nel pugno’ Doveva iniziare velocemente a pulire’
Diede la prima spruzzata sul vetro, conscia di avere il seno profondamente in vista, i capezzoli perfettamente disegnati da tessuto della camicetta, frutto della tortura sessuale a cui il suo corpo era stato sottoposto, senza appagamento finale’
Già’ non aveva goduto davanti a lui, ma non era stata soddisfazione di vittoria’ era arrivata praticamente ad implorarlo’ Tutta quella situazione la disgustava, Marco la disgustava’ Aveva abusato di lei e stava continuando a farlo, con la giusta certezza del fatto che lei si trovasse in trappola.
Ed oltre tutto questo, si ritrovava ancora con le gambe tremanti’ stimolata oltre il limite, il suo ventre ancora adesso chiedeva l’orgasmo’ Attendere’ e poi avrebbe provveduto da sola’
Quanto poteva andare avanti Marco con quel gioco sadico?
Non molto, si disse Serena, Paola sarebbe arrivata prima o poi, e senza dubbio il suo giungere avrebbe messo i bastoni tra le ruote del ragazzo.
Puliva, rapida. Una spruzzata, e passare lo straccio, attenta ad ogni movimento, per non dar ulteriore spettacolo di sé ai passanti’ Non si abbassava, né lavorava su parti troppo in alto. Ed anche in quel modo, purtroppo notava gli sguardi e talvolta i sorrisi di apprezzamento di chi la notava’ notava il suo corpo’
Non era mai stata tipa da abbigliamento volgare, anzi, e la vergogna adesso prendeva possesso di lei.
Veloce’ doveva essere veloce, finire quello stupido lavoro’ che a dire il vero, non faceva da tempo. Destinava sempre Paola a quelle incombenze, dal canto suo, nemmeno sapeva dov’era lo spruzzino, del resto, era la differenza tra l’essere un gestore e una commessa’
Un che di amarezza la invase’ Era appena stata legata, scopata, ed ora esibita come una puttana’ pensare a differenze tra dirigenti e maestranze diveniva fuori luogo quel giorno’
Un giovane davanti alla vetrina. Serena chinò il capo’ era la seconda volta che passava in mezzo minuto’ Stavolta si era proprio fermata, fingendo, malamente, di dare un’occhiata alla merce esposta’
Dieci secondi’ quindici’ non accennava ad andarsene’ Serena tentò almeno di spostarsi più avanti’
Marco le si avvicinò.
‘Sorridigli, e mettiti a pulire in ginocchio proprio davanti a lui.’
‘Non p” bisbigliò Serena, sempre a testa bassa.
‘Subito.’ Fu l’ultima parola del ragazzo.
Con l’animo in pezzi, Serena mise sul viso il miglior sorriso forzato che avesse dentro di sé’ si inginocchiò, ben conscia dello spettacolo che offriva’
Il giovane dovette recepire lo spettacolino e il sorriso come un invito. Serena con terrore lo vide infatti indirizzarsi verso la porta di ingresso. Serena si ritrovò ad essere terrorizzata.
Non era il giovane in sé’ avrebbe saputo tenere a bada qualsiasi uomo che ci avesse provato con lei, l’aveva sempre fatto’ era la combinazione di questo con la presenza del maiale alle sue spalle che la inquietava oltremodo’
Un ragazzo’probabilmente sui 20, 22 anni’ entrò con il fare di chi capitava casualmente nel negozio’
‘Buongiorno’ salutò Serena, rialzandosi dalla sua posizione, e dirigendosi lenta verso di lui’ aveva il viso infiammato dalla vergogna, vedendo che il cliente occhieggiava verso la sua scollatura senza ritegno.
Il tutto sotto l’occhio divertito di Marco, che si era allontanato di qualche metro, sempre però a portata d’orecchio.
‘Buongiorno’ sorrise il giovane, lo sguardo che mostrava chiaramente il motivo per cui era entrato’ non gliene poteva fregare meno della merce in negozio’ chiese comunque di poter fare un giretto, tanto per salvare le apparenze’
Serena stava per tirare un sospiro di sollievo, mentre il nuovo arrivato si allontanava’ a quanto pareva, gli bastava guardare’
Quel sospiro non giunse al termine.
‘Serena, mostragli le scarpe arrivate la settimana scorsa’ credo si intonino perfettamente con il suo modo di vestire.’ Esordì Marco.
Il cliente si voltò, incuriosito, verso di lei.
Serena era stata presa in contropiede. Nonostante questo, dovette fare quanto richiesto. Si avvicinò al ragazzino, chiedendo se fosse interessato, alla sua risposta affermativa, lo condusse verso un angolo del negozio, dove una trentina di modelli di calzature stavano a scaffale.
‘Veramente belle’ disse il giovane, un occhio alle scarpe, e un occhio alla camicetta di Serena.
Marco li aveva seguiti. ‘Fagliele provare.’ Disse subito.
Serena non capiva dove volesse andare a parare il suo capo, fece l’ovvia domanda ‘che numero porta’ e appena l’altro ebbe risposto, prese la giusta scatola e la tese verso il cliente, che si avviò verso una panchetta, poco distante.
Marco colse l’attimo per sussurrare nell’orecchio di Serena’
‘Apri un altro bottone”
Lei si voltò terrorizzata.
‘Co-come?? Sono già praticamente nuda così, se” disse lei incredula.
‘Via degli Abruzzi 12” mormorò semplicemente lui.
Era l’indirizzo del posto di lavoro del marito. Era certo che a Serena avrebbe detto qualcosa’ e difatti, il viso della donna assunse l’aspetto di chi ha ricevuto una sberla.
‘Che’ che significa?’
‘L’indirizzo sulla busta con tutte le stampate e le foto che ti riguardano’ slaccio io o slacci tu il bottone?’
‘Sei solo un bastardo’ un pezzo di merda’ sputò fuori lei, occhi lucidi. Marco però notava solo il fatto che le mani di lei comunque liberavano il bottone’
Fantastica pensò. Tette stupende, e stupendamente esposte, ora che solo due bottoni rimanevano al loro posto’
‘Penseremo anche a queste tue belle parole, più tardi’ ora seguimi.’ E la prese a braccetto, quasi a guidarla al sacrificio.
Il cliente si era già tolto una scarpa, pronto a cominciare a provare quelle nuove.
Giunti davanti a lui, alzò lo sguardo, strabiliato. Ciò che vide fu un’ampia scollatura, la camicetta aperta fin quasi a mostrare le areole rosa’ meraviglioso’
Marco prese la parola.
‘No, no’ che fa’ disse rivolto a lui ‘ci pensa Serena ad aiutarla” e con una piccola pressione sul braccio, le fece capire di inginocchiarsi.
Uno sguardo di fuoco di lei, rabbioso, ma ancora una volta eseguì, piegandosi al volere del suo capo.
Il giovane non aveva parole. La bella donna che gli stava davanti in ginocchio gli stava sbattendo praticamente le tette in faccia’ Prendeva una scarpa dalla scatola, piegandosi leggermente, e con quel movimento il seno destro fu visibile fino al capezzolo’ E non faceva nulla per evitarlo! Non si chiudeva la camicia’ che puttana, pensò’ Mentre l’umo che stava dietro seguiva il tutto sorridendo.
Serena non osava alzare gli occhi. Sapeva che spettacolo stava dando. Si muoveva in fretta, ma sembrava che non finisse mai. Non c’era modo di evitare certi movimenti, e quindi cercare di non esporsi ulteriormente’ maledetto Marco’ maledetto’
Quand’ebbe finito, si rialzò di scatto.
‘Le sento bene’ disse il ragazzo, che adesso manteneva un atteggiamento scanzonato’ la sua espressione dimostrava quanto sentisse disponibile la donna. Del resto, perché offrirsi a quel modo, se non per volere qualcosa di più?
‘Mi fa piacere’.’ Mormorò lei ‘Vengono 140 euro’ le desidera?’
Il cliente, divertito, le guardò la scollatura, rispondendo ‘certo’.
Serena si fece rossa, chinò il capo e fece per indietreggiare. Marco però la prese per il braccio e la inchiodò sul posto.
‘Siamo lieti che le piacciano’ se le acquista, da domani avrà diritto ad un piccolo sconto aggiuntivo sui jeans’ e Serena sarà felice di aiutarla, in tutto .’ Continuò il maledetto, indirizzando uno sguardo complice a quel ragazzo, che si stava dimostrando porco quanto non mai, pensò lei.
Per forza, pensò’ chi gli ha fatto intendere di essere disponibile’ maledizione!!
‘Sì!!’ rispose il cliente, veloce ‘le acquisto, poi passerò anche per jeans’ e guardò Serena aggiungendo ‘mi servono proprio”
Marco si era gustato il siparietto fino a quando il giovane pagò e uscì dal negozio.
Distrutta, Serena crollò sulla sedia, dietro il bancone. Aveva voglia di piangere. Prima però doveva ricoprirsi, le mani andarono ai bottoni.
‘No.’ La bloccò Marco.
Non poteva dire di non aspettarselo. Non dopo quella stupida esibizione. Artigliò il bancone, stando seduta, fremente.
‘Io giuro che te le farò pagare tutte’ tutte Marco” sibilò lei.
‘Sì, sì’ disse svogliato lui, facendo il giro del bancone. La mano andò tra i capelli, e bastò una minima pressione per farla alzare e sospingerla contro il mobile, il seno che andava ad appoggiarsi sul piano di lavoro.
In Serena tornò la paura. Il bancone era situato in fondo al negozio, un cinque metri distante dalla porta d’ingresso, ma certo lei non diveniva invisibile per questo!
‘Rimani immobile, puttana.’ Le bisbigliò all’orecchio. Non c’era nemmeno bisogno di precisarlo’ le gambe di Serena si erano fatte di ghiaccio, bloccate dal non sapere cosa ora sarebbe stata costretta a fare.
Le sfuggì comunque un ‘oh mio dio” quando lo vide estrarre dalle tasche ancora i collant’ no’ non ancora la stanzetta’ non ancora quello che’
Marco aveva idee diverse.
Si chinò, legando un cappio della prima calza al piede del bancone. Poi prese una seconda calza, e la fissò al lato opposto.
Si rialzò solo per il tempo di dire ‘Immobile, puttana, ricorda.’, poi Serena sentì la gonna alzarsi da dietro, sospingere un suo piede verso l’esterno, mentre le corde improvvisate venivano fissate prima ad una caviglia, e poi, dopo averla fatta allargare, all’altra caviglia, un legaccio teso e stretto, che la costringeva a stare piegata di poco verso il bancone e a cosce larghe.
La gente passava lungo la galleria, ogni tanto occhieggiava verso il negozio’ chi distrattamente, chi in maniera più intensa. Serena era terrorizzata’ qualcuno intuiva cosa stava accadendo? Qualcuno sapeva che il suo corpo era nelle mani dell’uomo che le stava accanto?
Forzò sulle gambe. Nulla, non riusciva a chiuderle, vuoi anche per il piccolo piano di lavoro che le spingeva sul ventre e le imponeva appunto di restare leggermente piegata, gomiti sul bancone.
‘Rimani così, puttana’ mi piace ammirarti da qui dietro’ dai un’idea di disponibilità unica” le diceva Marco, accomodatosi sulla sedia.
Passavano i minuti, senza che lui si decidesse a scioglierla dalla posizione.
Poi comparvero due ragazze sulla porta. Chiacchieravano indifferenti, mentre entravano nel negozio, solo un accenno di saluto verso di lei. Chiaramente, potenziali clienti che volevano fare un giretto.
Niente di preoccupante, pensò Serena. Questo prima di sentire Marco alzarsi. Le fu accanto, appoggiandosi al mobile, accanto a lei. Le passò un foglio nelle mani, una normale fattura di acquisto, e con fare disinvolto, disse a Serena ‘mi aiuti a capire questo, Serena?’
Il tono era a beneficio delle donne che ora stavano considerando delle gonne, a un paio di metri da loro, poi, in un sussurro Marco aggiunse ‘Devi tenerlo sempre in mano’ non voglio vederti togliere le mani da questo documento”
Serena non capiva cosa significasse.
‘Fermo’ fermo!!’ ribadì lei con un bisbiglio, senza peraltro mollare il foglio, anche se la mano di Marco stava lentamente raccogliendo la gonna da dietro per passarla sotto l’indumento’
‘Non qui, non q-qui’ al-almeno questo” implorava sottovoce lei, girando di continuo la testa a controllare cosa stessero facendo le due donne.
La mano di Marco era sotto la gonna, un movimento invisibile per le due clienti, ma assolutamente percepito da Serena’ leggera’ lentissima, risaliva lungo l’interno coscia, delicata’ e’
‘Oh!’ un urletto soffocato proruppe dalla bocca di lei, quando quel tocco raggiunse il taglio.
Una delle due ragazze si voltò. Serena le indirizzò un sorriso impacciato, che per fortuna sembrò bastare alla tizia. Difatti, ripresero a confabulare tra loro sui vari capi di vestiario, come se nulla fosse avvenuto.
Il foglio le tremava tra le mani. Marco aveva ripreso quel dannato lavorio a punta di dita’ avanti e indietro’ avanti e indietro’ lungo una figa già portata al limite dell’eccitazione fino a poco prima’ difatti il suo corpo reagiva, a partire dal bagnarsi’ generando la lurida reazione di Marco’ lo stronzo sorrideva e la guardava fissa, incurante di dove fossero e di chi avessero attorno. Il corpo reagiva’ costretto nuovamente a lottare contro sé stesso, adesso non solo per contenere un’eccitazione che necessitava di esplodere, ma anche per riuscire a mostrare una parvenza di indifferenza’
Una prova stava decisamente perdendo. Serena proseguiva nei suoi inutili tentativi di implorarlo, come pure proseguiva nel forzare sulle caviglie’ niente, le cosce rimanevano aperte al ditaleggiare dell’uomo.
Il movimento delle dita si fece solo di mezzo centimetro più profondo, eppure così poco bastava per farla ansimare in modo più deciso, udibile. Quasi strappò il foglio che era costretta a reggere tra le mani. Una nuova occhiata da parte delle clienti, ed una delle due rimase quasi a studiarla, costringendo Serena a rimanere a bocca semiaperta per una decina di secondi, mantenendo un gemito fermo in gola’
‘Guarda da un’altra parte guarda da un’altra parte guarda da un’altra parte’ pensava disperata Serena.
Ed in effetti, dopo un altro istante , la tizia curiosa tornò ai suoi interessi, con aria però perplessa.
‘Marc-co’ M-mar’ ‘ niente. Non riusciva a terminare alcuna frase.
Lui le fu subito all’orecchio, bisbigliante, senza interrompere la masturbazione’ ‘Sai quanto stai colando sulla mia mano, puttana? Sai come sono duri i tuoi capezzoli?’
E nel suo contorcersi sulle dita di lui, Serena vide come fosse oscena. Realmente sembrava in calore, con la scollatura che niente lasciava all’immaginazione, con capezzoli che mostravano il suo stato indecente’
Doveva replicare, voleva offenderlo, si sentiva di dover reagire’
L’unica cosa che riusciva a fare era stropicciare violentemente il foglio che aveva in mano, un foglio che, si rendeva adesso conto, fungeva da manette’ E intanto strofinava il ventre contro il piano di lavoro, incapace di star ferma’ sentiva gli umori impregnarle l’interno delle cosce, e lui continuava, continuava’
Con una piccola parte di mente, riuscì a rendersi conto che le due clienti si stavano dirigendo verso di loro.
Angoscia. Non riusciva nemmeno a connettere, tanta era l’eccitazione, come avrebbe potuto discutere con le due donne?
Giunte al bancone però, Marco sospese il movimento, e ritirando la mano, le strappò un altro piccolo lamento. Gli ansiti si vedevano chiaramente, un velo di sudore le imperlava il seno’ senza contare il viso stravolto.
Le due donne, davanti a Serena e Marco, ebbero per la prima volta la visione diretta di lei, di com’era conciata. Una aveva senz’altro l’aria disgustata, mentre l’altra si limitò a quella curiosità già mostrata in precedenza. Fu proprio quest’ultima a porre una domanda.
‘Avevo letto che c’erano sconti su quelle gonne laggiù’ ma non mi pare”
Serena non connetteva. Troppo al limite e per troppo tempo. Marco prese la parola, veloce.
‘Partono da domani, signorina, credo sia scritto sul volantino del centro commerciale…’ Disse con un gran sorriso.
La più arcigna delle due, dando un’altra occhiata a Serena, sputò fuori un ‘io qui non ci torno’, che fece sprofondare nella vergogna Serena, ammutolita e incapace di riprendersi durante quel dialogo.
L’altra invece era più tranquilla. Rispose al sorriso di Marco, ‘allora tornerò senz’altro domani’ arrivederci’, disse con cortesia. Marco ricambiò, colpito anche dal fatto che prima di uscire, la tizia dava un ultimo sguardo a Serena’ se lo appuntò mentalmente.
Serena, dal canto suo, avrebbe voluto gridare la sua rabbia, solo che il pulsare tra le cosce non le permetteva di esprimersi come avrebbe desiderato’
‘Sei’ sei contento’ figlio’ figlio di puttana’ tu mi vuoi umiliare, tu” sibilò, nel tentativo goffo di raggiungere la caviglia per slegarla’ non poteva farcela, non per come era legata. Ad ogni buon conto, Marco le fu nuovamente accanto, riportando la mano a contatto della figa di Serena’
‘Umiliarti è solo una parte di quello che voglio” le disse all’orecchio’
‘Sm-smet-tila’ Smet-tila” singhiozzò la donna. Poteva essere umiliata, incazzata, fuori di sé dalla rabbia’ Marco rendeva però l’eccitazione costante la peggior tortura. Si sentiva il fuoco dentro, lui giocava sadicamente alternando tocchi lievi a spinte profonde e decise, godendosela un mondo nel vedere il corpo di lei squassato ad ogni colpo’ costretta in ogni caso a dover mantenere un minimo di controllo per non far intendere nulla a quanti passavano davanti alle vetrine’
Serena sentiva i colpi farsi più veloci e più profondi. Le sue difese cadevano ancora, l’orgasmo stava montando velocemente’ una mano corse alla bocca, per coprire gemiti sempre più insistenti’
Il bisbiglio di Marco all’orecchio ‘implorami di farti godere”
A un passo dal godere, comunque Serena scrollò il capo, in un ‘no’ deciso e silenzioso e’
Le dita di Marco uscirono dalla sua figa.
‘BASTARDO!!’ urlò nelle mani giunte sul viso, sconvolta dal piacere mancato. Si voltò per quanto possibile verso di lui, pronta a vomitargli addosso la sua rabbia, pronta a’
‘Buongiorno a tutti!’ squillò allegra una voce.
Era Paola. Arrivata mentre lei era in condizioni pietose, immobilizzata contro il bancone, vestita di niente’
Cosa avrebbe potuto pensare ora?
‘Ti prego, ti scongiuro, Marco, portala via’ farò tutto ciò che vuoi, portala via” tentò di sussurrargli mentre la nuova arrivata avanzava. Lui però sembrava non ascoltare.
Silenzioso, guardava Paola avanzare verso di loro. Serena non sapeva come nascondersi, come spiegare, come poter giustificare quella situazione’
E poi’
Marco fece quattro passi in direzione della nuova arrivata. Paola gli si fece vicino. Giunta davanti a lui, la donna guardò Serena un momento, senza commentare, e disse poche parole’
‘Tocca a me divertirmi adesso, Marco?’
Poche, semplici, parole. Che lasciarono impietrita Serena.
Se avesse prestato più attenzione nei due mesi in cui lei aveva lavorato assieme a Paola, non sarebbe ora rimasta sorpresa.
Paola non era stata assunta da lei, era un aiuto mandato dalla sede centrale. Paola, una donna di 35 anni, forme piene, mediterranee, seno importante, con un viso deliziosamente dolce, aveva subito pensato Serena il primo giorno che l’aveva visto’ Occhi azzurri, viso molto carino e capelli tendente al rosso scuro’
Bella indubbiamente, con un sorriso che richiamava quell’idea da ‘fata dei dentini’ molto apprezzabile’
Certamente simpatica, eppure Serena fin dal primo giorno aveva posto dei paletti molto chiari. Chi gestiva, chi veniva gestita. Quindi, pulizia vetrine, pulizia negozio in genere, sistemazioni varie’ erano tutti compiti che spettavano alla nuova arrivata.
Tanto per far capire chi era il capo e chi no. E Paola, divorziata, bisognosa di quel lavoro, non aveva mai protestato. Lavorava, sorrideva, scherzava nei limiti del possibile con Serena’ tutto con quell’atteggiamento quasi ingenuo che il viso e i modi lasciavano trasparire di continuo.
C’era però l’altra faccia della medaglia’
E Serena avrebbe potuto coglierlo, se avesse fatto caso a quel brillio negli occhi di Paola che ogni tanto faceva capolino. Già’ perché laddove Serena nella sua vita aveva avuto qualche storia, per poi sposarsi, mantenendo una lealtà quasi totale fino alla scappatella tribolata che si era concessa, la sua aiutante in quel campo si differenziava parecchio.
Prima del matrimonio, e da quando lo stesso era andato in crisi, Paola di vita ne aveva fatta parecchia. Non si contavano le relazioni, brevi o più lunghe, che aveva intrapreso, esplorando varie sfumature dell’eros.
Certo, non era mai arrivata ad eccessi. E difatti, quella mancanza le generava talvolta sconforto. In ogni caso, se un uomo le piaceva, se lo prendeva. Eccome se lo prendeva’
Un atteggiamento da dominante l’aveva sempre contraddistinta, sempre mascherato nella vita di ogni giorno, in modo che nessuno capisse la sua vera natura’
Un atteggiamento dominante che mai lei aveva messo in discussione, e questo era stato vero anche quando aveva trascorso i primi giorni di lavoro accanto a Serena.
Sorridere. Lo faceva spesso davanti a lei. Che le dava indicazioni su come lavorare, che la rimbrottava quando sbagliava, che spesso era acida’ Che pretendeva lavoro, ma che passava giorni interi appiccicata al pc. Stesse meno al pc e scopasse di più, sarebbe meno acida, pensava spesso lei, che giudicava in ogni caso Serena una donna molto piacente.
E Paola sorrideva.
Ma era anche curiosa. Nei suoi turni, più di una volta aveva dato un’occhiata approfondita a quel computer, che veniva ripulito con troppa precisione da Serena prima di andarsene’ Così lei aveva preso l’abitudine di indagare nei piccoli momenti in cui la sua principale si allontanava. E, difatti, le cose erano cominciate ad emergere.
Bastava cercare nei posti giusti. E così Paola si era letta le varie conversazioni piccanti, i commenti, i gusti di Serena, la sua ricerca di eros’
Letture divertenti, che le dimostravano come non avesse perso tempo a spulciare il pc. Tutto sarebbe finito lì.
La prima chiacchierata con Marco, una mattina di un mese prima, aveva segnato una svolta. Paola aveva notato che, mentre lui le parlava, continuava a guardare Serena con occhi pieni di desiderio’ E questo lei non poteva accettarlo. Era una prima donna, cazzo.
E così, quella mattina, mentre proprio Marco stava dicendo una frase normalissima ‘beh, Serena comunque resta una gran lavoratrice”, Paola si lasciò sfuggire un commento.
‘a parte il tempo che passa in cerca di uomini”
Fu lì che Marco aveva teso le orecchie. Già si stava dando da fare per avere quella donna, ed ora qualcosa forse si stava muovendo nella giusta direzione’
Paola con divertimento notava come il supervisore volesse saperne di più, tanto da invitarla a cena. Un invito che lei aveva accettato.
Aveva accettato l’invito, le attenzioni’ e l’essere scopata. Non scopare. L’essere scopata. Perché era questo che Marco aveva fatto. In tutti i modi, usandola come nessuno mai.
Il risultato era stato qualcosa di inaspettato. Lei si era messa consapevolmente e con piacere nelle sue mani. E, nel frattempo, raccontava tutto di Serena, tutto quello che aveva trovato, quello nei giorni a venire che continuava a scoprire’ Marco si era poi illuminato il giorno in cui Paola aveva riferito dei preparativi e poi dell’effettivo incontro tra Serena e l’amante che fino a quel punto era stato virtuale.
Marco era raggiante. Per quella scoperta, importantissima, e per il lento convincimento che stava attuando su Paola, portandola a vedere Serena come una donna che voleva solo comandare, che non meritava il posto che aveva’ che poteva essere una preda, ora. E Paola si era fatta oltremodo interessata.
Marco aveva riconosciuto quell’interessamento. E aveva detto a Paola ‘tanto più sei mia, tanto più ti lascerò giocare con lei, se tutto andrà bene”
Per Paola era stato un piacere. Con lui, e solo con lui, essere sottomessa era un piacere. E già pregustava il momento in cui davanti a quel ragazzo si sarebbe mostrata anche predatrice’
Giorni lunghi’ Marco stava organizzando tutto’ e Paola era impaziente. Quando aveva saputo che il pc del negozio era stato portato via per manutenzione, aveva sorriso. L’aveva manomesso lei, sicura che Serena avrebbe chiamato l’assistenza, come aveva fatto via mail. Solo che quella mail l’aveva ricevuta Marco, e il pc era stato ritirato da un amico che gliel’aveva recapitato.
Per tre giorni aveva spulciato anche lui, spulciato, stampato, trovato altri dettagli che a Paola erano sfuggiti’
Fino a giungere a quel momento.
A quella frase, detta davanti a quella donna che trovava a tette semi nude, bloccata’ Che la stava guardando con la disperazione negli occhi.
‘Tocca a me divertirmi adesso, Marco?’
Davanti alla donna legata e sconvolta, i due si scambiarono un piccolo bacio a fior di labbra, che chiarì definitivamente quale fosse il livello di confidenza tra i due’
Marco sorrise a Paola.
‘dipende’ hai portato tutto?’ chiese all’amante, guardando le buste che questa sorreggeva.
‘Certo’ e qualcosina di più’ al resto mi dicevi che avresti pensato tu.’
‘Sì, più tardi. Intanto, come si usa dire, la puttana è servita.’ Disse lui indicando Serena, esterrefatta.
Paola posò le buste per terra, fece e per avvicinarsi a Serena’ istintivamente quest’ultima ebbe il moto di ritrarsi, ma era inchiodata sul posto.
‘Che’ che diavolo significa questa storia? Paola??!! Cosa cazzo significa tutto questo???’ quasi gridò Serena in faccia all’altra.
Paola aveva uno sguardo languido, pervaso da quel brillio che solo ora Serena notava’ Tentò ancora di ritrarsi, quando Paola le prese delicatamente una ciocca di capelli tra due dita’ le afferrò il polso, ma senza convinzione’ così l’altra proseguì con una sorta di carezza che non sapeva di coccola’
‘Significa diverse cose, Serena’ significa che io ho finito di pulire vetrine” disse piano Paola, rigirandosi la ciocca tra le dita’
‘Significa che questo adesso è il mio negozio” continuò, assaporando il piacere del veder balbettare l’altra’
”e significa anche che ci divertiremo molto, molto’ io e Marco di sicuro, almeno”
Serena inorridì. La rivelazione.
‘Sei stata tu! Tu! Ma perché???’ singhiozzò Serena.
‘Semplice. Marco ti voleva. Io ti volevo. Ed ora sei nostra.’ Concluse Paola, fissandola seria.
Capitolo 4.
Le braccia di Serena ricaddero lungo i fianchi’ il tocco di Paola la disgustava, ma non aveva la volontà di fermarla’ osservava Marco, lì accanto. Il suo viso risplendeva. L’espressione di chi ha messo in gabbia la preda.
Una trappola ben eseguita’ non c’era niente da dire’ e lei aveva fornito tutto su un piatto d’argento’ segreti vari, motivi per ricattarla, confidenze varie che pesavano come macigni’ E, da stupida, aveva voluto per orgoglio perdere il favore di Marco molto tempo prima, avendo però cura ogni tanto di fargliela annusare, per prendersi gioco di lui. Altrettanto stupidamente aveva fissato lei le regole con Paola’ mai confidenti, amiche o trattarla come suo pari’ no’ doveva essere superiore’
Ma mai, mai avrebbe pensato a questo’ essere totalmente alla mercè di persone che si stavano rivelando dei maiali demoniaci’ Era naturale che, avendone gli strumenti, qualcuno gliela volesse far pagare’ era naturale pure che Marco avesse preteso il ‘pagamento’ da lei con certe prestazioni’ qui però stavano impostando ogni cosa per usarla a loro piacimento quando e come gli faceva comodo’ Non solo Marco, anche quella bastarda di Paola’ quella donna’ che aveva in mente? Non voleva forse’ no, non era possibile. Le veniva da vomitare al solo pensiero.
E cosa le rimaneva da fare? Confessare tutto al marito? Non solo l’avrebbe distrutto, con un colpo al cuore, nel dirgli la verità’ ma si sarebbe anche ritrovata senza più casa, senza sostentamenti, senza nulla’ apparteneva tutto a lui, che senz’altro si sarebbe messo d’impegno per ridurla a niente’ Non c’erano vie d’uscita. Non ne vedeva. Si sentiva disperata.
Anche alla luce di quello che stava accadendo proprio in quel momento.
Paola si voltò verso Marco, come in attesa.
Lui sorridente, diede l’ordine ‘slegala, abbiamo tanto da fare.’
Rimaneva stupefatta, nel sentir dir da Paola un ‘certo signore’ assolutamente deferente.
Paola però si mise subito al lavoro, chinandosi e liberandole entrambe le caviglie. Serena rimase un istante ancora appoggiata al bancone’ nonostante le rivelazioni appena avute, non poteva cancellare i risultati della prova a cui era appena stata sottoposta’ si sentiva sfinita, oltre che avvertire sempre quel pulsare nel ventre che non trovava liberazione’
Fu solo un istante, comunque, Marco non tollerava di più.
Sempre parlando con Paola, usò un tono perentorio. ‘nell’ufficio.’
Paola, luminosa come non mai, prese Serena per i capelli, con un gesto che la donna aveva ormai imparato a conoscere e temere. Si lasciò portare dalla sua ex subordinata fino alla stanzetta, dietro seguiva Marco, che aveva portato le borse e le riponeva a terra, accanto alla scrivania.
‘C’è odore di puttana qui dentro” disse Paola, con un sorrisino sulle labbra.
Serena rimaneva zitta, umiliata. Sì, era vero. Si percepiva l’odore di lei, del suo calore’ di quello che era avvenuto lì dentro.
Paola continuava a tenere la sua preda per i capelli, Marco invece le si fece davanti, guardandola negli occhi.
‘Spogliati, puttana.’ Sibilò lui. I sorrisi ironici erano spariti. Marco adesso era glaciale in ogni affermazione, e Serena si sentiva infatti raggelata da quegli ordini secchi, che non ammettevano repliche’
Ma esitava’ La presenza di Paola, oltre a quella di lui, la riempiva di una vergogna e di un senso di vulnerabilità mai provato nemmeno quando l’aveva legata alla scrivania… L’atteggiamento di lui’ o la sadicità che intuiva in lei’
‘Problemi?’ chiese lui spazientito.
‘Cosa’ cosa volete farmi ancora? Mi hai già usato’ come più ti piaceva, io ti prego di” sussurrò Serena’
Un mezzo sorriso spuntò sul viso dell’uomo, ma di rassicurante non aveva niente.
‘Ho usato il tuo corpo’ e in minima parte’ io lo voglio tutto, completamente. E assieme al corpo, anche la mente’ Capirai strada facendo. Adesso, nuda. Altrimenti” e lasciò la frase in sospeso. Ma tanto bastò.
Trattenuta da Paola, impedita nei movimenti, Serena infilò comunque i pollici nella gonna, lasciandola ricadere a terra. Alzò lo sguardo su Marco’ sperando di trovare chissà quale impossibile gesto di clemenza’ trovò solo un muro.
Doveva solo ubbidire.
Dita tremanti’ sui due bottoni della camicetta’ e poi sfilarsela’
Nuda. Come le era stato ordinato.
Nuda. A sentire gli occhi di due porci sul suo corpo.
Lacrime sulle guance. E le mani di Marco che prendevano i suoi seni da sotto, a soppesarli, a beneficio di Paola’
‘Che te ne sembra Paola? Può essere una puttana di tuo gradimento?’ chiese lui, senza smettere di fissare la sua preda negli occhi.
‘Assolutamente sì. Meglio cominciare, direi” disse sorridendo l’altra.
Serena assisteva avvilita a quello scambio di battute’ parlavano di lei come un pezzo di carne’ e l’accenno di Marco prima’ voleva anche la sua mente’ in che precipizio era finita?
Ad un cenno di Marco, Paola sospinse Serena verso la scrivania. Rudemente, fu spinta a piegarsi sul mobile, non più distesa, piegata piedi a terra e ventre sul piano di lavoro.
La mano di Paola continuava a trattenerla in basso, tra i lamenti di Serena, il cui viso era voltato verso il muro. Non vedeva cosa stesse facendo Marco. Udiva il rumore del suo rovistare nelle buste, e il seguente avvicinarsi a lei. I polsi le furono portati dietro la schiena, da Marco, aiutato dalla mano libera di Paola.
In un attimo, furono legati assieme. Non erano certo collant stavolta’ Serena non aveva mai sentito sulla pelle delle vere e proprie polsiere, come non aveva mai fatto esperienza delle cavigliere che le intrappolavano le caviglie ai piedi della scrivania. Sentiva la voce di Marco’
‘Ecco la lista di quello che voglio. Due ore. Questo è il tempo che ti concedo ora.’ Stava dicendo l’uomo a Paola’ e Serena non capiva’ a che lista si riferiva’ ma soprattutto, la stava lasciando sola con lei’ non comprendeva il perché, ma sapeva che questo sarebbe stato un altro inferno’
‘Sì, signore. Due ore. Non ti deluderò.’ Anche non vedendo, Serena poteva sentire quanto fosse piena di bramosia la voce della donna’
E di nuovo Marco al suo orecchio’
‘io adesso passo al negozio, lo seguo io oggi’ Paola adesso si prenderà cura di te’ e pretenderà molte risposte dalla tua bocca da puttana’ come hai sentito, ha due ore per ottenerle’ potrei ordinarti di dirmi tutto ciò che voglio, ma preferisco così’ se lei non le otterrà in due ore, la punirò davanti a te’ Se invece riuscirà a farti dire e fare quello che vuole, per te sarà peggio di com’è ora’ anche se non ti sembra possibile’ a presto, puttana.’
E si allontanò. Un secondo dopo, Serena udì la porta che si chiudeva. In quella stanzetta, adesso lei era sola con Paola’ che le camminava attorno, in silenzio’
Giuntale alle spalle, sentì la presa tra i capelli. La donna la stava tirando con decisione, ma senza farle male, fino ad averla ritta davanti a sé, di spalle, incastrata tra il suo corpo e il mobile, mentre le cavigliere assicuravano che stesse ben divaricata’ Paola le tirò indietro la testa, fin quando potè vederle il profilo’
‘Allora, gran signora’ a quanto pare, siamo rimaste sole’ e questa volta, chi comanda sono io” le sussurrò.
‘Tu me la pagherai’ giuro Paola che tu me la pagherai” disse Serena, la voce colma di disprezzo.
Il sorrisetto di Paola, mentre posava un dito leggero sul ventre della sua preda’ un tocco lieve’ a risalire’
‘Ma puoi già farmela pagare’ hai sentito Marco’ ti basta solo resistermi’ non sarà poi così difficile’ o sì” e il dito dell’aguzzina arrivò al capezzolo di Serena, iniziando a fare piccoli circoli intorno ad esso’
Serena non aveva mai provato nulla di sessuale verso altre donne’ nessuna pulsione, nessuna attrazione’ non aveva mai nemmeno fantasticato su questo’ quello stuzzicare leggero quindi doveva crearle solo ribrezzo’ Il problema era la sollecitazione ricevuta durante il giorno’ E di questo senz’altro Paola era informata’ e ci marciava sopra’
‘Toglimi’ toglimi’ l-le mani’ le mani di dosso, stronza!’ sibilò, attenta a non lasciar trasparire cosa quel dito le provocava.
‘No no Serena’ ‘ proseguì l’altra, lasciando i capelli e stuzzicando entrambi i capezzoli ‘parlami pure del farmela pagare’ sei poco chiara, balbetti” disse stringendo piano quei deliziosi chiodi così duri’
Serena non poteva evadere da quella stimolazione , stretta com’era dal corpo della ex sottoposta e il tavolo, e la stronza si divertiva un mondo a sentirla mugolare, gemiti che vanificavano quell’atteggiamento di guerra che pretendeva di avere’
D’improvviso Paola la lasciò e Serena si ritrovò ancora piegata sul tavolo, ansimante.
‘dunque dunque, Serena” riprese l’altra, dietro di lei ‘inizia la nostra piccola sfida’ cè qui una piccola questioncina che Marco vuole siano appurata” precisò, osservando con voglia il culo e la figa ben esposte della preda’
‘Paola’ almeno tu’ ti prego, ti scongiuro, lasciami andare’ io ti imploro” mormorò Serena, provando ancora la via della pietà.
Come se non avesse udito, Paola continuò ‘Prima però devo sistemare questo’ dovè’ oh sì, eccolo!’
Serena non capiva a cosa si riferisse’ dapprima riuscì solo ad intravedere Paola che piazzava una delle due sedie a lato della scrivania, poi vi appoggiava qualcosa sopra’
‘Cosa?? Che serve quello??’ chiese Serena, vedendo il piccolo notebook aperto e funzionante sullo scranno. Lo schermo rimandava l’immagine di lei legata alla scrivania’
‘No, non puoi, Paola, Paola!!!’ urlò, rendendosi conto che il piccolo computer la stava registrando. Serena prese a contorcersi, a tirare su cavigliere e polsiere’ ma queste non cedevano di un millimetro’ e lei rinunciò a tentare, sfinita.
Paola, sorridente, si riportò dietro la sua preda.
‘E’ necessario, gran signora’ dai, su, sarà uno spettacolino bellissimo’ ma ora basta perdere tempo, non vorrai che io perda la sfida, no?’ disse ironica, posando un dito sull’interno di una coscia di Serena e sentendo come già la donna si irrigidisse’
‘Allora, la questione’ devi chiamare il tuo maritino, e dirgli che stasera hai invitato a cena il tuo capo e la tua collega” enunciò Paola.
‘Cosa???’ gridò Serena, stupefatta da una richiesta tanto scellerata. Mai avrebbe permesso che quei due porci invadessero casa sua’ di conoscere il marito poi’ no, mai.
‘uhm” mormorò l’altra ‘pensavo comprendessi che ti conveniva essere’. Collaborativa” sospirò con un tono falsamente triste, mentre faceva scorrere il dito fino al taglio’
‘N-no! Pa-paola’ non’ n-non’ con le d-donne’ ahhhh!!!’ gemette, quando il dito entrò fino in fondo. Nessuna difficoltà nello spingerlo’ Serena continuava ad essere estremamente recettiva, e con vergogna non solo sentiva quanto si stesse bagnando suo malgrado, ma poteva anche udire lo sciaquettio prodotto dal dito che andava avanti e indietro’
Gemeva’ gemeva’ in un lampo Paola l’aveva riportata a livelli osceni di eccitazione’
E nel mentre chiedeva’
‘Ti compongo il numero, gran signora?’
‘N-n-noooh!!! T-tu’ ahhhh!!!’ urlò ancora, mentre Paola accelerava il ritmo. Dentro fuori, dentro fuori, a fondo. La mente di Serena rifuggiva quell’assurda masturbazione, ma era ancora il corpo a tradirla’ L’eccitazione montava, e quando Paola, nel suo gioco sadico, rallentava, era il culo di Serena ad oscillare per quanto possibile, alla ricerca di quelle dita’
‘No? A me pare sia un bel sì quello che sta dicendo questa bella rosellina” ghignò Paola, passando da una a tre dita’
Il tremito di Serena si trasmetteva ad ogni centimetro della sua pelle’ mancava poco’ poco’
‘Chiamiamo il maritino, Serena?’ si ripropose l’altra.
‘N-no’ n-oooo!!!’ nuovo urlo, al fermarsi di Paola. Un orgasmo perduto quando mancava un nulla’
‘Uh, che palle Sere” disse lei, concedendole un istante di tregua che peraltro Serena non sembrava volere’
‘Tu’ tu non mi obbligherai mai’ mai’ a chiamare’ capito’ mai!!’ disse tra gli ansiti la donna, mettendo tutta la convinzione che poteva nel suo discorso.
‘Se lo dici tu, gran signora’ adesso ricominciamo però” e infilò le tre dita nella figa di lei, iniziando a stantuffare.
Il ‘mai’ di Serena durò altri venticinque minuti. Tra contorcimenti e gemiti, al quinto orgasmo mancato, quando letteralmente era ridotta a gocciolare, qualcosa in lei si spezzò.
‘il’ tel’ telefonoooohh!’ disse, sotto un altro colpo profondo della sua manipolatrice. Che subito dopo si fermò.
‘Dicevi, signora?’ ghignava Paola.
‘Telefono’ chiamo’ chiamo’ maledetta stronza, chiamo!! sei solo una puttana Paola’ ricordalo” sibilò Serena, tra le lacrime. Ma non sapeva più se il pianto era per la costrizione o la frustrazione’ Aveva ceduto, e quello era un dramma, il desiderio di godere però, sovrastava tutto’
‘Sì’ sì’ sono una puttana’ invece la signora che tradisce il marito è una santa” e glielo disse sibillina, posandole il telefono accanto al viso. Paola schiacciò l’avvio chiamata, e mise in viva voce.
Serena teneva gli occhi chiusi. Una situazione assurda’ Legata al tavolo, masturbata da quella che era la sua dipendente’ gocciolante’ e sotto l’occhio di una telecamera, stava per chiamare suo marito’
‘Pronto tesoro. Ti sei liberata?’ chiese subito.
‘sì’ un minuto solo’ volevo dirti’ stasera” diceva lei, a voce bassa’
‘Stasera?’ incalzava lui.
Un momento di incertezza’ non voleva’ non poteva’
‘Ah!’, un gemito, e veloce si morse il labbro. Paola le aveva sfiorato il clitoride, allo scopo di incitarla.
‘Amore, tutto bene?’ continuava l’uomo al telefono.
‘Sì’ sì’ stasera, verranno a cena a casa nostra il mio capo’ e Paola” disse tutto d’un fiato.
‘A casa? Stasera? Ma finisci tardi’ e sarei un po stanco” rispose lui.
Quel dito tornava’ un tocco leggero’ poi spariva’ per ritornare’ e lei sussultava ogni volta’
‘Non’ solo stasera’ solo stasera” sospirò Serena, sforzandosi di concentrarsi nel parlare.
‘e va bene’ vi faccio trovare pronto’ ma come mai, è successo qualcosa?’ chiese lui, preoccupato.
‘No’ asc-ascoltami, alle 21.30 s-aremo lì’ ok? O-ora devo andare”
‘ok tesoro” acconsentì suo marito, poco convinto ‘a stasera allora, ciao.’
‘Ci-ciao.’ E sentì chiudere la comunicazione. Era atterrita.
Al contrario di Paola, trionfante.
‘Perfetto!!! Direi che la sfida l’ho vinta, e con largo anticipo!! Sei contenta, gran signora?’ chiese avvicinandosi all’orecchio di Serena.
Serena non si capacitava di quello che era accaduto’ realmente aveva invitato i due a cena a casa sua’ cosa avevano in mente’ Tirò sulle polsiere’ nulla. Non poteva liberarsi.
” e adesso che la nostra gara è terminata, posso giocare un pochino più liberamente con te” sussurrò Paola.
Iniziò passandole il dito lungo il viso, mentre Serena, come un automa senza volontà, subiva passivamente e in silenzio quelle attenzioni.
Il dito procedette lungo il collo’ la schiena’ generando piccoli sussulti nel corpo della preda, troppo carico di voglia, per rifiutare le sensazioni, anche se era un’altra donna a procurarle’ Paola trovava quel silenzio a mascella serrata entusiasmante’ la portava ad essere sadicamente lenta’ sadicamente leggera’ ed è con questa leggerezza e lentezza che la fece rialzare, sempre legata mani e piedi… la cinse da dietro, le mani che proseguivano quelle carezze lungo il ventre’ dieci dita che sfioravano il ventre’ più giù’ Serena che si inarcava, a capo rovesciato sulla spalla di lei’ aspettandosi, no, no, desiderando a quanto sembrava’ che lei scendesse ancora’ a sfiorarle la fighettina’
Vicino’ vicino’ ma risaliva, invece di mettere le mani tra le cosce della sua sottomessa. Sentiva i moti di disappunto di lei, come avrebbe urlare ‘fammi godere’, ed invece la preda si imponeva quel tremante silenzio, carico di mezzi lamenti, dovuti ad un carico di voglia inespressa, seppur non voluta.
Le dita, ora a disegnarle le forme delle tettone’ lenti circoli, mentre l’ansimare di Serena diveniva furioso’ E poi i capezzoli’ Paola adesso li rigirava piano tra le dita, per Serena erano continue scariche di piacere che non veniva consumato, mentalmente non voluto, eppure quella tortura la faceva soccombere’
La voce di Paola in un sussurro’
‘Sai cosa mi piace Sere? Essere scopata’ a partire da quando sento il cazzo appoggiarsi sulla mia figa”
‘St-tai z-zit-ta” balbettava l’altra’ la mente sconvolta’ i capezzoli facevano male da quanto erano duri’
” quando comincia ad entrare’ caldo’ che mi allarga per bene” continuava Paola, ben sapendo che tutto era una fustigazione ormai per la sua preda’
Serena era come una biscia nell’abbraccio di lei’ quelle dita, le visioni che le parole le davano’ tutto in lei adesso voleva tradire quello che era stata durante la sua vita’ voleva essere sbattuta, da uomo o donna che fosse’ Solo una piccola parte della mente riusciva a non arrendersi, a fare in modo di implorare come una cagna in calore’
Ma per quanto’
” e quello di Marco è così duro quando entra” continuava implacabile Paola ‘mi riempie’ mi sfonda”
‘Smettilasmettilasmettilaaaaaaaaahhhh’ Serena stava capitolando e lo sapeva. Sentiva gli umori colarle lungo le cosce’ troppo e tutto insieme’ mente, corpo’ le sembrava di impazzire’
‘E tu lo vuoi ancora’ tu lo vuoi il cazzone di Marco, vero”incalzava Paola.
‘N-n..ommmiodddio!!!’ un altro urlo, quando i tocchi si accompagnarono alla lingua di Paola sull’orecchio’
‘Puoi averlo anche subito’ basta che tu lo chieda’ lo chiedi, e avrai tutti gli orgasmi che vorrai’ dillo”
Serena sbatteva la testa a destra e sinistra, non voleva, non voleva assolutamente ‘ ma la tortura’ era il suo ventre che stava prendendo il comando’ non poteva cedere, non poteva’ c’era poi quel maledetto computer che registrava’
‘T-ti pregoohh’ non” e ancora Paola che le faceva scendere la mano, a due centimetri dal clitoride, senza ancora sfiorarlo’
‘dillo’ dillo che ti serve il suo cazzo’ dì che lo vuoi, e godrai subito”
Il nuovo rifiuto secco di Serena non arrivò mai. Le morì in un gemito profondo, lunghissimo, quando le dita di Paola finalmente si posarono sul clitoride e iniziarono a strofinarlo’ sempre attente a non farle oltrepassare il punto di non ritorno’
Serena colava’ colava tra le dita della sua aguzzina, un gemito continuo’ la pelle lucida di sudore adesso’
E quella mano insisteva’ non doveva’ non doveva’ ma il suo limite era superato’ umiliarsi’ umiliarsi per far terminare quell’agonia’
‘Vo-voglio’ il cazzo’ sì’ v-voglio’ il suo cazzo” singhiozzò, rabbiosa’
Ma da cosa derivava la rabbia’ dalla resa, o dalla voglia’ Serena non si poneva la domanda adesso, troppo sconvolta per farlo’
Né se la poneva Paola. Quello che contava, era l’obbiettivo’ il sottometterla a tutto ciò che voleva’
‘Bene’ disse, lasciando ricadere Serena sulla scrivania, ansante ‘credo che Marco sarà molto contento di me, e quindi avrò anch’io la mia ricompensa, più tardi” e si chinò su di lei, bisbigliandole’ ‘e indovina un po cos’è la mia ricompensa’ anzi, chi è”
Serena strinse le labbra, mentre l’altra apriva la porta e usciva, lasciandola sola a singhiozzare, in preda alla voglia e alla vergogna’ ridotta ad implorare di essere scopata da quel maiale’ ma era stata obbligata, sì! Cercava di convincersi di questo, ma non poteva fare a meno di considerare quanto il suo corpo avesse bisogno’ e il suo senso di colpa usciva ancora’ era quello che si meritava per il tradimento, per tutti quegli atteggiamenti da super donna che aveva voluto ostentare’ Quanto avrebbe voluto tornare indietro, correggere gli errori’ ma indietro non si poteva’ e guardando avanti, vedeva solo il caos’ dove l’unica cosa sicura era l’essere diventata un gioco per i due’.
Marco entrò nella stanzetta, e chiuse la porta. Doveva dominarsi, per guastare appieno il momento. Non era però così facile’ Serena gli faceva scoppiare il cazzo nei pantaloni anche solo guardandola.
La vedeva lì, immobilizzata, nuda, a disposizione totale, piegata alla sua volontà’ Paola gli aveva detto che la puttana era bollente’ che aveva implorato pur di essere scopata’. Molto bene. Sapeva che Serena avrebbe pagato oro pur di schiaffeggiarlo, di fargliela pagare’ poco male, l’aspetto mentale sarebbe stato corretto più avanti’ l’avrebbe fatta dipendere da lui, in tutto e per tutto, l’avrebbe portata ad adorare il suo cazzo’ sì, si sarebbe impadronito di lei sotto ogni aspetto.
Per ora, il contrasto di sapersi gocciolante e l’odio verso di lui, rappresentava qualcosa di molto eccitante’
Si avvicinò imponendosi calma’ lei teneva la testa voltata dall’altra parte, ma lui sapeva che era ben conscia di chi avesse vicino’
Senza preamboli, le passo un dito rapido sul taglio, facendola sussultare e trovandolo grondante’ Girandole attorno, le avvicinò le dita al viso’ facendole notare il velo bagnato’
‘Hai chiesto di me, puttana” mormorò’
Serena voleva mantenere uno sguardo che facesse capire l’odio che provava, eppure rimaneva velato, facendo intuire la voglia che portava dentro. ‘Fai’ e poi lasciami andare’ mi avete portato voi ad implorare” disse flebile.
Marco si spostò dietro di lei, aprendosi la patta, sempre con la massima calma’ Appoggiò la punta del cazzo tra le gambe aperte di lei, solo appoggiato’ Sorrise, la puttana era un lago’ Paola aveva fatto veramente un ottimo lavoro’
Prese Serena per i fianchi, godendosi lo spettacolo della donna che, seppur immobilizzata, cercava più contatto, cercava la penetrazione’ Le mani di lui la presero per i fianchi, saldamente’ era pronto, e Marco stesso si sentiva fremente’ però c’erano le regole’
‘Sono pronto a scoparti, puttana, e te lo pianterò bene in fondo” disse lui serio ‘ma devi guadagnarti ogni singolo colpo del mio cazzo”
‘C-cosa vuoi’ cosa vu-vuoi ancora” pianse la donna, che si sentiva sul punto di impazzire.
‘Ti farò una domanda prima di ogni colpo’ se avrò la risposta, avrai il successivo’ chiaro?’ precisò lui.
Serena non poteva credere a quelle parole’ perché non la usava e la lasciava andare’ perché doveva costringerla a questa nuova tortura? Si era già umiliata secondo gli ordini di lui’ perché ancora? Quando, quando sarebbe finita?
‘Chiaro?’ chiese di nuovo lui, spazientito.
E non c’era via d’uscita’ pensò Serena’ almeno però godendo sarebbe tornata a pensare lucidamente, sarebbe riuscita a’ a difendersi?
Colava. E questo era quanto’ alla fine di tutte quelle riflessioni, fu quello a farle rispondere’
‘Sì” pronunciò in un sussurro.
‘Vedo che ci intendiamo, puttana.’ E diede un affondo dentro la figa di lei da farla quasi godere con un unico colpo. Non estrasse il membro, lo tenne lì, dentro di lei, immobile.
‘Il primo colpo è gratis, puttana. Ora la prima domanda” disse lui’ sentendola fremere tra le mani, ansimare profondamente’ voleva cazzo la gran signora’ e lui l’avrebbe concesso, a piccole dosi’
‘Da quanto non ti scopa quel cornuto di tuo marito?’ chiese diretto.
Serena, ad occhi sbarrati, riceveva quella domanda come una sferzata’ vuoi per l’offesa verso il marito, vuoi per la vergogna di confessare la verità’ sentiva il fuoco dentro di sé’ e quella disperata agonia le scombinava la mente’ la costringeva a pensare che se suo marito l’avesse scopata di più’
Il fuoco dentro’ aveva bisogno’ un altro colpo’ almeno un altro, poi non avrebbe più risposto, promise a sé stessa’
‘d-due’ due me’ mesi’ahhhhhhhdddddddiooooooooo!!!!’ urlò al secondo affondo, desiderando che quei colpi continuassero a ripetizione’
‘Che razza di coglione’ ‘ rise Marco, rimanendo piantato nella sua figa, ma senza muoversi ‘una tettona puttana come moglie, e manco la scopa”
‘M-muovi-muoviti” implorava Serena, le lacrime che le rigavano il volto.
‘Senti senti la puttana’ ha fretta adesso’ ok’ prossima domanda’ chattando con il coglioncello che poi ti sei scopata, nominavi un negoziante qui attorno che ci aveva provato una mattina con te, e che hai mandato a quel paese’ ma non hai specificato chi era. Fuori il nome.’
‘Per-rchè’ perché’ sapere’ perché???’ riuscì a dire lei, cercando di muovere il culo per sentire ancora cazzo’
‘immobile, puttana, o stai sicura che ti lascio sul filo per ore’ fuori il nome.’ Sibilò serio lui.
Impaurita da quella prospettiva, Serena si bloccò’ il nome’ cosa ne avrebbe fatto di quel nome Marco, se glielo avesse rivelato? Perché voleva saperlo’ Sì’ un collega di un negozio vicino a sorpresa aveva provato a baciarla qualche tempo prima, e lei l’aveva mandato a quel paese’ ma’ perché voleva saperlo lui??
Esitava’ ma bastò sentire Marco che retrocedeva di mezzo centimetro, per cancellarle ogni reticenza’
‘Gianni!! E” Gianni, del neg-gozio spo-sportivooooohhhhhhhhhh!!!!!!!! NO!!! NON FERMARTI!!!!’ urlò Serena, per poi rendersi conto di quanto stesse cadendo anima e corpo nel gioco sadico che l’altro le stava propinando.
‘Molto interessante, puttana’ e adesso’ disse prendendola per i capelli per alzarla e avere le sue tette tra le mani ‘la domanda più importante’ di chi sei?’ chiese secco.
Serena era al sul filo dell’orgasmo. Impalata a quel modo, la realtà non esisteva più’ sottomessa o meno, contava solo l’immediato’
‘T-t-tuaahhhhhhhhh!!!!!!!!!!!!’ urlò ancora’
‘Bene’ ed ora sentirai come ti fotte lo stronzo che ti fa tanto schifo” e cominciò a scoparla con colpi secchi e profondi, a ripetizione, con una foga animale che faceva urlare Serena come una bestia in pieno calore’ le mani di lui intanto accarezzavano, stringevano’ le tette erano ormai rosse a furia di essere stritolate e palpate’ per troppo tempo quella donna gli aveva fatto voglia’
Il primo orgasmo giunse quasi immediatamente, Marco costretto a chiuderle la bocca con la mano, tanto la donna urlava senza ritegno.
Serena, dopo aver goduto, era ridotta ad una bambola di pezza delirante’ il venire l’aveva squassata oltre ogni dire, ed ora, senza forze, attendeva di essere ributtata sulla scrivania’ doveva riprendersi’ doveva riprendere le forze e’
E Marco ricominciò a spingere. Senza concedere tregua. Aumentando anzi il ritmo, continuava ad impalarla, con la faccia distorta dalla furia. Serena non aveva scampo. E non capiva più nulla. Senza aver avuto il tempo di realizzare quanto era successo un secondo prima, si ritrovò direttamente dentro il secondo orgasmo, che così divenne più devastante del primo’
Le urla soffocate si susseguivano. Nessuna protesta, né implorazione. Lei si rendeva conto di essere solo un pezzo di carne da monta nelle sue mani in quel momento, resa incapace di proferire parola , di formulare pensieri, usata come troia da quel cazzo che martellava e martellava.
All’improvviso, Marco fece uscire il membro, salì rapido sulla scrivania, inginocchiandosi davanti al viso di lei, e riservò lo stesso trattamento anche alla bocca.
Non un pompino, no’ presa a due mani la testa di lei, passò direttamente allo scoparle la bocca. Su e giù, fino a farle credere di soffocare, fino a farle gocciolare saliva sul piano di lavoro’ a fondo’ a fondo’ su e giù’ fino a bloccarla, con il cazzo piantato in bocca, mentre lui scaricava il suo piacere, godendo nel vederla in grande difficoltà, obbligata infine ad ingoiare tutto.
La lasciò tossicchiante sperma, scendendo dalla scrivania. Un minuto dopo, l’aveva liberata da polsiere e cavigliere, ma Serena non si muoveva, sfinita’
Sfinita e’ e la realtà presentava il conto’ iniziava a realizzare’ l’essere stata portata al limite, dai due maiali’ così da annientare ogni sua difesa’ così da farle dire e fare qualsiasi cosa’ e il pc’ quello che ora Marco stava raccogliendo’ aveva inquadrato tutto’ Il suo umiliarsi pur di godere’
Ma’ era stata torturata’ sì’ aveva un’attenuante, si ripeteva’ Ma senza convinzione. Era semplice’ Marco e Paola non solo avevano i modi per ricattarla, ma individuavano anche i metodi per rendere quello che le facevano un auto umiliazione’ Per farla sentire colpevole dal di dentro’ Nonostante tutto, infatti, non aveva forse goduto come una pazza?
Sì’ e così un altro pezzo di anima era stato esposto a quei due’ un’altra parte di lei che passava nelle loro mani’
E, pensava convinta, era solo l’inizio’
‘Alzati, puttana, e rimettiti gonna e camicetta. Due soli bottoni, mi raccomando.’ La voce di Marco, o per meglio dire, i suoi ordini.
Serena si alzò dalla scrivania, quasi incapace di muoversi. Aveva bisogno di riposare, di chiudere gli occhi e di pensare che niente era successo’ ma il viso duro di Marco imponeva velocità.
Si rivestì come le era stato imposto, sguardo basso, la rabbia per quanto era accaduto sommersa dal senso profondo di vergogna in cui i due l’avevano appena trascinata’
Pur avendone pieno diritto, nemmeno insultare Marco le era possibile’ e come poteva, se neanche riusciva a guardarlo in faccia’ E allora tentò una piccola fuga’ un qualcosa che un giorno prima sarebbe passato per un gesto assolutamente normale’
Si avviò verso il bagno.
‘Dove stai andando?’ la bloccò subito lui.
Serena si fermò, impacciata’
‘Devo’ vado in bagno un secondo” mormorò lei, appena udibile.
Marco le fu subito davanti.
‘non hai capito, puttana’ tu non prendi e vai’ tu chiedi il permesso.’
‘C-cosa? Devo chiedere pe-per andare al bagno?’ esclamò lei, stupefatta.
Marco sorrise, conciliante, poi le parlò come se si rivolgesse ad una bambina capricciosa.
‘Forse non hai capito allora’ mi spiegherò meglio’ Tu mi appartieni. Niente di quello che fai e farai sarà senza un mio ordine. E’ meglio che cominci a familiarizzare con un concetto’ non le hai ai polsi, ma sei in catene. Ti pensi ancora libera, ma in realtà sei in una gabbia che ridurrò sempre più di dimensioni. La tua vita sta cambiando, puttana. Devi andare in bagno? Inginocchiati, e chiedi il permesso di andarci. Chiaro?’
Serena sentì le lacrime lungo il viso. Marco non voleva darle una lezione.
La voleva schiavizzare.
Capitolo 5.
‘Non’ non puoi chiedermi anche questo” iniziò a dire, disperata ‘mi hai fatto di tutto, ti rendi conto?? Ho sbagliato con te in passato, ma mi pare di aver saldato adesso!!!’
Marco era freddo come il ghiaccio.
‘Conterò fino a tre’ uno” scandì.
‘Ma’ è solo andare in bagno’ un minuto, non chiedo nulla di più di un minuto!!!!’ continuò Serena, resa isterica dalla piega degli eventi.
‘Due”, proseguì indifferente lui.
Serena non poteva crederci’ non poteva credere di essere giunta a tale profondità nell’abisso’ Sapeva cosa voleva dire andare oltre quel conteggio’ si rendeva sempre più conto dell’assenza di limiti nelle perversioni di lui’ non era il gesto ad umiliarla, inginocchiarsi dopo quanto successo era il meno’ no’ era quell’invasione che punto dopo punto voleva spingersi in tutti gli angoli della sua vita’
E a cui non poteva opporsi’
Si inginocchiò davanti a lui, senza guardarlo.
Lui mise due dita sotto il mento di lei, alzandole delicatamente il viso. ‘mi dicevi, puttana?’
‘Posso andare in bagno adesso?’ chiese trattenendo i singhiozzi.
‘Intendevi dire, posso andare in bagno, Signore, immagino’.’ Precisò lui.
Serena inghiottì amaro. Strinse gli occhi, e tutto d’un fiato riformulò la richiesta ‘Posso andare in bagno, Signore?’
‘Brava la mia puttana” disse lui, raggiante in viso, accarezzandole la testa come ad un cane ‘vedi che non ci vuole poi molto’ alzati e seguimi.’
Serena eseguì, ed entrambi uscirono la stanzetta’ solo che Marco non le aveva ancora detto se poteva andare o meno. Si diressero verso Paola, seduta comodamente al posto che era stato il suo’ dietro al bancone’ mentre alcune persone nel negozio facevano il loro giretto. Potenziali clienti.
La raggiunsero. La donna al bancone era raggiante.
Senza alzare la voce, si dedicò a Serena.
‘Mamma mia, se c’è una che sa di cazzo appena preso, sei tu Sere’ e hai l’aspetto di chi ne prenderebbe ancora e ancora” disse, guardandole la scollatura profonda.
Lei non ebbe il tempo di reagire, Marco intervenne.
‘La puttana deve andare in bagno. Accompagnala, falla pisciare e riportamela subito, che abbiamo qualche commissione da fare’ bado io qui per il momento.’
Serena rimase a bocca aperta’ si era illusa per un istante, e aveva sbagliato. Non le avrebbero concesso un minuto da sola. Umiliazione su umiliazione’ nessuna deroga a quanto avevano promesso’ nessun cedimento riguardo alla linea che adottavano verso di lei. Usata, degradata, trattata come un giocattolo’ Non osava dire nulla, specie nel vedere Marco con l’espressione di chi repliche non vuole sentirne’ Occhi imploranti, l’unica cosa che si concedeva’ mute implorazioni che raccoglievano solo l’indifferenza o il divertimento dei due.
‘Oh!’ sorrise la donna, ‘subito, signore. Vieni Sere, su, dai.’
Serena dava un peso anche al gesto che la bastarda aveva fatto’ l’aveva invitata a seguirla verso il bagno picchiettando la mano sulla coscia’ come fosse un animale da addestrare’ Andò con lei, che sempre con sorriso smagliante le teneva aperta la porta del piccolo bagno.
Paola fece passare Serena, e richiuse. Si voltò verso la preda.
‘Svelta, gran signora, che ho un negozio da mandare avanti.’ Lo disse con una soddisfazione immensa. Serena la guardò schifata, scrollando lenta il capo.
‘Io ti ho insegnato a lavorare qui e tu’ tu’ sai cosa mi hai fatto! Paola, io e te eravamo amiche e”
‘Amica’ la interruppe l’altra ‘non ho tempo per i discorsi. Siediti e falla, qui, davanti a me.’ Sentenziò.
L’urgenza imponeva a Serena l’impossibilità di scegliere’ si alzò la gonna quel tanto che bastava per sedersi, continuando a guardare fisso Paola, con tutto l’odio che poteva esprimere’
Veniva ricambiata da un sorriso, mentre la faceva’ ovvio, pensò Serena, sono qui davanti a lei a far pipì a comando’ dopo che mi ha toccato ovunque’ ed il pensiero divenne parola’
‘Sei solo una pervertita Paola’ solo questo’ troverò il modo di fartela pagare, stronza che non sei altro”
Lei non si scompose, mentre osservava Serena ripulirsi. Aspettò si alzasse dalla tazza. Poi, guardando Serena che si dirigeva verso la porta, le rispose.
‘Sai perché sorrido? Ti ascolto mentre dici che me la farai pagare, mentre penso al fatto che tra non molto avrò la mia prima ricompensa” disse parlando alle spalle di Serena, che vedeva irrigidirsi’ ‘quindi se ti va di dirmi quello che pensi, in tutti i modi possibili, fai pure’ Serve solo a farmi eccitare ancora di più. Attenta però, se fossi in te, non direi queste cosette davanti a Marco”
Serena rimase un istante immobile’ poi mise la mano sulla maniglia per uscire dal bagno. Non si accorse di quanto fosse importante il gesto successivo’ eppure, il fatto di ritrarre la mano, e lasciare che fosse Paola ad uscire per prima, era enormemente significativo’ Inconsciamente, si rendeva conto che non avrebbe saputo cosa fare, una volta uscita’ avrebbe avuto il timore di sbagliare’ di essere punita’
Paola per contro aveva inteso la portata di questa piccola sfumatura, e passò davanti a Serena con l’atteggiamento della dominatrice’
‘Seguimi, gran signora.’ Le disse, e tornarono verso Marco. Nel negozio c’erano vari clienti, alcuni dei quali guardarono affascinati Paola, e molti tra il voglioso e l’incredulo Serena’ la scollatura continuava ad essere un magnete per gli occhi delle persone attorno’
‘Ha creato problemi, la mia puttana?’ chiese Marco, diretto, ignorando Serena.
‘Uhm” fece finta di riflettere Paola, divertendosi a vedere il viso della preda divenire implorante’ chiedeva tacitamente di non rivelare le offese dette poco prima’
‘Svelta è stata svelta’ peccato quella linguetta lunga” disse alla fine Paola.
Marco si accigliò, guardando Serena, ma vedendo una coppia avanzare verso il bancone per pagare un indumento, disse solo ‘Dopo ne parleremo per bene’ ora andiamo a fare compere.’
‘Come’ dobbiamo uscire dal negozio?? Un attimo’ mi devo cambiare” aveva risposto a precipizio, con il cuore in gola. Ingenuamente, per quanto usata in tutti i modi, si aspettava che niente si spostasse al di fuori di quell’ambiente’ era inconcepibile per lei mostrarsi in quel modo là fuori, lungo il centro commerciale, dove in molti poi la conoscevano’
Marco le fu all’orecchio’
‘Io ora esco di qui’ appena sulla porta, voglio voltarmi e vederti dietro di me’ oppure vuoi che il caro maritino veda quanto godi con il mio cazzo nella figa? Nel video penso si noti piuttosto bene” e detto questo si avviò verso l’uscita.
Serena si sentiva persa’ Paola nel mentre stava servendo i clienti, sogghignando. Marco era a due metri dalla porta’ non c’era tempo per riflettere’ lo seguì, sentendosi il volto in fiamme per l’imbarazzo’
Lui la guardò dall’alto in basso, prima di sorridere.
‘Molto bene, facciamo due passi, ho voglia di mostrare la mia puttana in giro” disse avviandosi con lei al fianco lungo la galleria di negozi.
Serena era nel panico’ non portava intimo, e quella camicetta lo rendeva evidente’ incrociò le braccia sul petto, mentre camminava, allo scopo di mettere almeno una difesa a quell’esporsi’
Il gesto non sfuggì all’uomo. La fermò. Piano, quasi con delicatezza, le prese entrambe le mani nelle sue, distendendole le braccia lungo i fianchi’
‘Non devi assolutamente coprirti’ voglio che tutti godano dello spettacolino” e riprese a camminare con lei al fianco, ubbidiente nella postura.
‘Marco’ per favore, si vede tutto’ qui mi conoscono’ cosa penseranno” disse Serena ad occhi lucidi.
‘Ti conoscono? Conoscono forse la gran signora che se la tira’ adesso conosceranno la puttana in calore che sei” le spiegò lui.
Serena riceveva quelle risposte come sberle, mentre la vergogna andava a mille’ chi le fissava la scollatura, chi la guardava sdegnato, con scritto in faccia cosa pensava di una donna che girava a quel modo’
E a Serena pareva di vederli tutti quegli sguardi’ mentre il suo seno veniva trattenuto a stento dall’indumento, mentre i capezzoli facevano ben capire che oltre ad esso, lei non portava nulla’
Quanto doveva durare quell’oscena sfilata? Già aveva dovuto rispondere al saluto di alcune facce conosciute’ gente che era rimasta o stupefatta, o piacevolmente impressionata’ Risultato sempre identico’ occhi su di lei’
Marco, dal canto suo, manteneva un aspetto austero di facciata. Dentro godeva. Senz’altro scoparsi Serena era qualcosa di magnifico’ averla totalmente, lo era ancor di più. Lo riempiva una furia cieca quando percepiva in lei quel che di ribellione derivante dai loro passati rapporti, una furia che ora poteva stemperare immediatamente, soggiogandola a suo piacere. Vederla ora in quello stato, dipendente dai suoi capricci, esposta come non lo era mai stata, era un dolce nettare’
Ma la strada era molto lunga’ sogghignò, pensando che la sua schiavetta di certo si illudesse che tutto fosse una brutta avventura momentanea’ che caduta nel precipizio, poi si potesse solo risalire’
No. Sul fondo, lentamente, ma senza esitazioni. E la prova stava anche nel negozio che stavano raggiungendo’
Serena si bloccò di colpo. ‘Marco! Che intendi fare??’ disse impaurita.
Il viso di lui era la quint’essenza dell’innocenza.
‘Cosa, puttana? Stiamo semplicemente per far compere” rispose soave.
Lei indirizzò lo sguardo verso la loro meta’ il negozio sportivo. Quello di Gianni.
‘Sei” stava per offenderlo’ le parole le salirono in gola’ prima di rendersi conto che lui l’aveva privata di quello sfogo’ sarebbe accaduto senz’altro di peggio, se non avesse misurato quanto stava per dire’ Cambiò subito tono’
‘A-ascolta’ non lì’ ti chiedo solo questo, solo questo! Gianni tornerà alla carica di sicuro se mi vede vestita a questo modo! E” viscido!!’ concluse lei, seriamente convinta che quelle motivazioni sortissero qualche risultato.
Marco finse di riflettere, davanti a lei.
‘Pensa, puttana’ quanto diviene importante la tua ubbidienza ora’ noi entreremo lì, perché ho deciso così, e sarai, per così dire sotto esame’ Se sarai ubbidiente come dico io, compreremo quello che serve, ed usciremo’ se però non ti giudicassi soddisfacente, beh, immagina con quanta soddisfazione ti scoperebbe uno che hai rifiutato” disse flemmatico.
‘N-no’ ti scongiuro, questo non può” piagnucolò Serena.
Il dito di Marco, a segnalare il silenzio. E lei prontamente tacque.
‘In pratica, dipende da te, puttana’ brava e ubbidiente, oppure il suo cazzo glielo svuoterai tu. Intesi?’
Serena era avvilita. In altre occasioni, si sarebbe sentita addirittura ammirata per la sottigliezza di un gioco simile’ Marco praticamente non la concedeva di suo spunto, stava in lei la volontà di umiliarsi davanti a chissà quale nuova perversione per evitarne una assolutamente drammatica’ E, come ogni volta, diveniva un gioco senza uscita’ che le imponeva un’unica risposta’
Guardando a destra e sinistra, occhi lucidi, si rassegnò’
‘s-sì, ma ti prego” tentò di aggiungere, lui fu però perentorio.
‘Seguimi, puttana.’ E si avviò dentro il punto vendita, piuttosto grande ed affollato.
Dapprima, l’ingresso della coppia fu anonimo. Un minuto dopo, quando si avvicinarono ai primi scaffali, cominciò la stessa scena della galleria’ la scollatura di Serena calamitava come al solito e, secondo gli ordini, lei non doveva far nulla per tentare di coprirsi.
Marco passeggiava tranquillo, guardava tutto e nulla. In realtà, vagliava’ tutti i visi di chi indossava la maglia ‘staff” Finchè trovò quello che cercava, confermato poi dalla velocità con cui Serena abbassava il viso, per fare in modo che i capelli la celassero’
Gianni.
Stava riordinando della merce in una corsia. Non aveva visto Serena, era di spalle. Marco era però sicuro fosse lui. Sui 45, a impartire indicazioni a dipendenti più giovani’ sì.
Marco si voltò verso Serena.
‘Puttana, adesso devi essere gentile’ so benissimo che quello è Gianni” disse, e trovò nuova conferma nel silenzio di lei, e proseguì ‘non devi poi fare molto’ salutarlo, come si fa tra due persone civili’ e coglierai l’occasione per scusarti per il tuo comportamento eccessivo nei suoi confronti”
‘Ch-che cosa??? Il mio?? Lui ci ha provato con me e io dovrei” disse incredula lei.
‘Esattamente. Qualche problema?’ chiese lui, duro.
Serena ricordava bene con quanta durezza aveva respinto le avances di Gianni, per altro volgari. Con durezza, certo, e con grande senso di soddisfazione’ l’aveva fatto andare via con la coda tra le gambe’
Lo ricordava’ e senza dubbio, lo ricordava anche Gianni. Ed ora le si chiedeva di domandare scusa’ facendogli così capire che lui aveva avuto il diritto di provarci, e gli offriva la porta aperta per un’altra occasione’ si sentiva bruciare’ di rabbia, di disperazione’
Di vergogna.
E l’altra incognita’ Marco come l’avrebbe chiamata’ da quando l’aveva calata nella trappola, ‘puttana’ era diventato il suo unico nome’ Non poteva’ non poteva’
Marco notò l’esitazione. Non fece discorsi. Nessuna minaccia.
Cominciò a contare.
‘Uno” disse con calma.
Il cuore di Serena batteva all’impazzata’ e se’ e se cosa?? Ubbidienza’ solo quella accettava lo stronzo!!
‘Due” continuava Marco, troneggiando su di lei’
Lo guardò fisso’ scaricandogli addosso con un solo sguardo tutto quello che provava’ stringendo i pugni, un muto urlo rabbioso’ che però portò all’inevitabile’
‘Va bene’ va bene, bastardo!’ disse alla fine. Un tremito le prese le gambe, mentre seguiva Marco, mentre si avvicinavano al padrone del negozio, sempre indaffarato nel suo lavoro’
Un’occhiata di Marco fu sufficiente per far capire a Serena di richiamare l’attenzione dell’uomo.
Un respiro profondo’ un annullarsi’
‘Buongiorno Gianni” sussurrò’
Lui si voltò, con la faccia di chi viene infastidito mentre sta facendo un lavoro importante’
Fu con divertimento che Marco lesse i cambiamenti di umore sul volto di lui’ prima il fastidio, appunto, poi quel che di indispettito’ del resto, si trovava davanti chi l’aveva rifiutato seccamente’ per poi passare allo sbigottimento, quando si accorse delle grazie di Serena così in vista’
E la bocca arcigna di Gianni si aprì infine in un gran sorriso’
‘Serena! Buongiorno! Che sorpresa!!’ disse entusiasta.
Lei, imbarazzata, fece i discorsi di circostanza.
‘Passavo di qui’ per’ compere’ ti’ ti presento Marco’ il mio’ il mio capo.’ Disse accennando con la mano a quello che in realtà era il suo padrone.
I due si strinsero la mano e si presentarono. Un brevissimo silenzio, una nuova occhiata di Marco.
Intransigente.
‘Gianni” sussurrò lei, mentre l’altro lanciava sguardi nella sua scollatura, sguardi percepiti, pesanti’
‘Dimmi pure, cara.’
‘Io” iniziò con un groppo in gola che la strozzava ‘io volevo’ cioè” alzò lo sguardo verso Marco, inflessibile nel ricambiarlo.
‘Volevo’ scusarmi per averti trattato male, tempo fa” disse d’un fiato.
L’altro fece tanto d’occhi’ sorpreso, oltre il descrivibile’ e poi, un sorriso furbo, da piacione, si dipinse sul suo viso’
‘Oh cara’ si vede che ci siamo capiti male’ non preoccuparti, magari ne parliamo a quattr’occhi un’altra volta” disse sornione, passandole due dita sul viso.
Marco intervenne.
‘Bene, sono felice che vi siate chiariti. Ora, Gianni, facciamo un giro, dobbiamo fare acquisti’ potremmo aver bisogno più tardi.’
‘Quando volete’ gli rispose l’uomo, che non staccava gli occhi da Serena.
Marco fece due passi, poi richiamò Serena con quel modo umiliante che lei aveva già vissuto’ due colpi sulla gamba, come a richiamare un cane’ Un gesto che, lei vide, non era sfuggito a quel coglione di Gianni’
Come a richiamare un cane’
E come un cane, lei seguì Marco. Un cane bastonato, a testa bassa, incapace di alzare lo sguardo’
Lui sorrideva, cingendola con un braccio, un contatto che le fece venire la pelle d’oca, ma da cui non osava sottrarsi.
‘Vedi, puttana, non è stato poi così difficile” considerò lui.
Serena a testa bassa, gli rispose ‘Tu ci godi’ ci godi proprio a farmi sprofondare”
‘Oh, mia cara puttana, lo chiami sprofondare questo? Siamo solo all’inizio’ ma con l’ubbidienza, tante cose le potrai evitare’ dipende da te, puttana, da te’ Ferma un attimo’ disse Marco all’improvviso.
Si trovavano davanti all’abbigliamento da fitness, che sembrava aver catturato l’attenzione di lui. ‘Sì” mormorò Marco, prendendo alcuni capi velocemente. Si voltò verso Serena ‘al camerino, puttana.’ Ordinò, indicandone uno piuttosto isolato.
Lei vi si diresse, scortata da lui. Giunti davanti al primo camerino disponibile, Marco fece scorrere la tendina.
‘Dentro, e fammi vedere come stanno questi.’ Disse, tirando la tenda per metà e mettendosi in attesa, poco fuori la stanzetta. Un sorriso gli spuntò, notando come Gianni fosse lì in zona, inventandosi chissà quale lavoro da fare, ma in realtà facendo la figura del calabrone impazzito attorno al fiore’
Riportò l’attenzione sulla sua schiavetta. A causa della tenda aperta per metà e il grande specchio sulla parete del camerino, Serena si stava spogliando in maniera impacciata stando appiccicata alla parete.
Nonostante le prove a cui era stata sottoposta, Serena non si capacitava di rimanere nuda per lui’ avvilita, dopo essersi tolta la camicetta, si copriva il seno con un braccio, mentre pescava un indumento dal piccolo mucchio che Marco le aveva consegnato.
E scosse il capo’
Era una canotta per la palestra’ di un colore azzurro pallido’ senza dubbio troppo piccola per contenere le sue forme. Guardò Marco sospirando.
‘Indossala, puttana.’ Fu l’unica reazione di lui, fermo appoggiato allo stipite a controllarla.
Serena si chiedeva a quale assurdo gioco dovevano servire quegli indumenti’ cosa le riservava lo stronzo? Aveva già chiesto scusa all’altro porco’ cosa voleva di più??
Ubbidiente’ totalmente ubbidiente, almeno fin quando si trovava in quel punto vendita, altrimenti era certo che Marco avrebbe messo in atto la sua minaccia’
Finì di infilarsi la canotta’ come previsto, era strettina, e più che un indumento da palestra, addosso a lei diveniva un’attrazione attira cazzi’ Questo almeno era l’immagine che lo specchio le rimandava’
‘Provvedi con i leggins ora, puttana.’ Ordinò Marco.
Serena sfilò la gonna con quel finto atteggiamento di sicurezza di chi non vuole far capire l’imbarazzo che prova’ nuovamente la sua figa sotto gli occhi di lui’
Veloce, si infilò i leggins, che completarono l’opera già iniziata dalla canotta’ Aderenti’ mostravano semplicemente tutto’ l’assenza di mutandine faceva sì che il taglio fosse molto più che evidente’ per non parlare del culo, che sembrava pronto per ben altro piuttosto che ginnastica’
Marco, compiaciuto, aveva l’acquolina’ a stento si trattenne dallo scoparla ancora lì e subito. Non che qualcosa glielo impedisse’ma i suoi programmi erano altri. Sorrise. ‘L’addestramento è l’addestramento’, pensò. Tornò serissimo, quando Serena si voltò verso di lui.
Lei lo vide solo fare un cenno con la mano, in direzione di Gianni, poco distante, che prontamente si indirizzò verso di loro. E il terrore la riempì.
Tentò di afferra i suoi vestiti, attaccati al gancio, ma Marco glieli strappò di mano, appoggiandoli fuori dalla stanzetta, fuori dalla portata di Serena, che si sentì persa.
‘Ubbidiente ora” le sussurrò Marco ‘O ti faccio scopare immediatamente”
‘Oddio’ ma cosa devi dirgli’ cosa” disse atterrita l’altra, ma fu interrotta dall’arrivo del proprietario.
Che rimase a bocca aperta, nel vedere quella femmina. Rapidamente, Serena si voltò dando la schiena, in ogni caso, Gianni era già molto soddisfatto di quello che vedeva’ quanto aveva già fantasticato su quel culo’
Ciò che soddisfaceva uno, però, non soddisfaceva l’altro’
‘Signor Gianni’ ero un po incerto’ secondo lei, il completino è del colore giusto?’ chiese Marco, pensieroso.
Gianni si leccava le labbra, teso’ eccitato’
‘Direi’ sì insomma” stava iniziando a dire.
‘Che stupido” riprese Marco ‘così vede ben poco. Voltati.’ E lo disse accompagnando la parola ad uno schiocco di dita.
Serena si sentì gelare. Nuovo esporsi, nuovo umiliarsi’ e il gesto’ nello specchio vedeva la perplessità di Gianni’ vedeva come riconosceva in Marco un qualcosa che non era solo un capo’ e poi, la lingua sulle labbra’ mentre si lei si voltava, occhi che le passavano su tutto il corpo’
‘Vede meglio così, signor Gianni?’ chiese Marco, ironico.
L’altro non riusciva a staccare gli occhi da Serena’ che a sua volta deviava lo sguardo a destra e a sinistra, istintivamente iniziando il gesto di portarsi le braccia al seno, ma mai completandolo’ le regole’ le regole si stavano attaccando a lei’ alla sua pelle’ regole di ubbidienza’ totale, a costo di esibirsi davanti ai peggiori maiali lei conoscesse’ non poteva dare niente di meno di questa’
Gianni intanto , per quanto su di giri, per quanto in estasi davanti a quelle forme, rimaneva con quella punta di imbarazzo, di confusione rispetto alla situazione.
‘Sì, meglio’ direi che è perfetta’ proprio perfetta”
Marco invece assunse un’aria perplessa’
‘No’ c’è qualcosa che non mi convince ancora” disse, e Serena lo guardò incredula’ cos’altro voleva farle fare??
‘Forse il colore’ non so” continuò il suo padrone ‘No! Ecco ci sono! Sarebbe meglio questo!’ disse Marco, raggiante, pescando dal ridotto mucchietto di indumenti che aveva scelto poco prima’
Tese quello che aveva in mano a Serena, che con gesto di rabbia lo prese, accorgendosi di quanta poca stoffa stava stringendo’ guardò Marco, al limite del pianto’
‘Voltati, e provalo. Subito.’ Sibilò Marco, serio. Un contrasto notevole, rispetto a Gianni, estasiato.
Non era un uomo, pensava Serena. Era una sorta di diavolo’ Era qualcosa che la voleva giù’ sempre più giù, a strisciare’ I tremiti erano evidenti, mentre tornava a girarsi’ doveva fare lo spettacolino per il pubblico a quanto pareva, doveva far vedere quanto era ubbidiente, davanti al capo e a chi lui desiderava’
E messa nella condizione di nascondere il meno possibile’ Marco l’aveva studiata ancora una volta bene, voltata, ma con lo specchio davanti a sé’ Il tremito. Non se ne andava. Un ultimo sguardo allo specchio’ Marco con il mezzo sorriso di chi ha tutte le carte in mano, Gianni’ dio mio’ faticava a dominarsi’ il gioco perverso di Marco raggiungeva l’obbiettivo. Lo scatenare l’eccitazione del padrone del negozio, il farla apparire come totale puttana davanti a lui, renderla in tutto e per tutto vulnerabile agli occhi di chichessia’
Ma poteva accadere di peggio’ lo sapeva, quello era il giogo, o accettava un’umiliazione di quel genere, o’
O cosa? Non poteva saperlo. Di sicuro, c’era solo il fatto che Marco non aveva limiti. E l’avrebbe dimostrato, in caso di disubbidienza’
Veloce’ doveva essere veloce. Presa tra i due maiali e lo specchio, Serena si sfilò la canotta, coprendosi rapidamente con un braccio, per arginare almeno in parte l’inevitabile’
Il risultato fu spettacolare, visto dai due uomini. La schiena nuda di lei, completata da quel culo contenuto solo dai leggins e poi’ tette impossibili da nascondere, nonostante tutto l’impegno che Serena metteva per celare le sue forme. E ancora veloce, ad indossare quello che voleva essere qualcosa che copriva’
Al solito, un rimedio quasi peggio del male’ Era un top, corto, a lasciare scoperto il ventre. Su altre forme, più contenute, avrebbe fatto intuire senza svelare. Marco aveva però scelto qualcosa adatto ad una terza, non ad una quinta. La parte superiore del seno era completamente nuda, il rosa delle areole ben visibile’
Serena strinse le braccia attorno al corpo, ammutolita.
‘Voltati.’
Marco. Che dentro sé, non solo voleva mostrare la sua bella puttana, ma anche come la dominava.
Un centimetro alla volta, Serena eseguì, sempre con le braccia strette al corpo, testa bassa.
Gianni, che non sapeva quale santo ringraziare per la fortuna inaspettata di quello spettacolo, cercava ora di ritagliarsi una parte più ampia, fu infatti lui ad esordire ‘Non capisco come le stia’ con le braccia così”
Serena alzò la testa di scatto, furente. Gianni , da baldanzoso, abbassò immediatamente la cresta vedendola a quel modo. Sarebbe stata una piccola vittoria per lei. Marco però non aveva gradito l’atteggiamento della donna.
‘Le braccia.’ Semplice. Diretto.
Serena tratteneva le lacrime a stento. Riposò lo sguardo su Gianni, che a braccia incrociate era tornato a fare il grand’uomo’ Maledetto porco’ pensò lei’ e d’improvviso il terrore completo, essendosi accorta di aver esitato. La punizione poteva essere’ no, non ci voleva pensare’. Le braccia finirono lungo i fianchi.
Gianni perse un battito del cuore, ma senza scomporsi’ forse forse, dopo queste prime pietanze, avrebbe gustato anche il dolce’ del resto, il corpo di Serena se l’era sognato mille volte’ e in tutte quelle mille volte, se la scopava a più non posso’ Senza contare che l’essere stato respinto a suo tempo rendeva ancor più eccitante il fatto di averla semi nuda nel suo negozio’
‘Sì’ decisamente questo ti sta meglio” disse Marco avvicinandosi di un passo a Serena ‘certo, il tuo girare senza intimo mette un po in risalto i capezzoli’ proseguì ‘ma se proprio non sopporti reggiseno e mutandine, questo mi sembra perfetto.’
Serena voleva sprofondare. Non esisteva fine’ Gianni la guardava come se fosse già sua, e difatti fece il gesto di allungare una mano verso di lei.
E Marco fu rapido a scostarlo quel tanto che bastava e chiudere la tendina. Prese i vestiti di Serena, glieli passò scostando appena il divisorio.
‘Rivestiti. Ti aspettiamo qui. Prendi quello che hai provato, compriamo tutto.’
Gianni rimase indispettito dal finire di quell’interessante commedia.
‘Ma’ forse era il caso di farle provare qualcos’altro’ disse con occhio malizioso.
Marco aveva un’espressione inflessibile mentre lo fissava.
‘Oggi non abbiamo altro tempo. Sicuramente acquisteremo altro in futuro.’ Precisò.
Il disappunto dell’altro era evidente, mentre sentiva Serena rivestirsi al di là della leggera barriera’ era completamente infoiato’ gli sembrava di essere arrivato a due centimetri dalla meta, e ora’
‘A ripensarci’ disse ‘dovevo passare anch’io da voi in questi giorni a comprare qualcosa” disse speranzoso.
Marco sorrise, sinceramente divertito.
‘E noi l’attendiamo’ Serena è una commessa a dir poco cortese’ direi servizievole.’ Gli disse Marco, certo che Serena stesse udendo ogni singola parola.
E difatti, quando comparve tirando piano la tendina, sembrava un pulcino bagnato. Stringeva gli indumenti appena provati al petto, a capo chino.
Marco le cinse i fianchi dolcemente con un braccio, ed insieme si avviarono verso le casse. Gianni li seguiva a ruota. Pagò Marco, velocemente, con accanto una donna che ancora non riusciva a proferire parola. Adesso che gli acquisti erano riposti in una busta portata da lei, la scollatura della camicetta faceva di nuovo bella mostra di sé.
Gianni li sentiva sfuggire’ ebbe solo il tempo di aggiungere ‘allora ci vediamo presto’ e grazie di TUTTO Serena’, aggiunse con un gran sorriso.
Marco le bisbigliò all’orecchio’ lei chiuse gli occhi, sconfitta.
‘G-grazie a te’ a presto” salutò Serena, ripetendo quanto le aveva suggerito il suo padrone.
Con gentilezza, le aveva raccomandato Marco’ come se non fosse bastata la commedia di poco prima. Avrebbe schiacciato quei due vermi sotto i piedi con tutta la furia che poteva’ Ma le catene che Marco le aveva messo addosso pesavano’ stringevano’ E c’era una cosa che il gioco di Marco generava. Lui aveva dato l’impressione, con Gianni presente, di fare da padrone ma anche da guardia.
Era il modo sottile di lui di dire ‘Ubbidienza, e nessuno ti tocca”. Sorrise amaramente, mentre ripercorrevano la galleria del centro commerciale. A parte lui, e Paola, naturalmente’ Loro potevano usarla, toccarla’ Marco poi’ l’aveva scopata nel modo più umiliante, portandola subdolamente ad essere come creta nelle sue mani’ Almeno con Gianni avevano finito, se l’era cavata e’.
‘Non mi sei piaciuta, poco fa, puttana.’ Disse di punto in bianco lui.
‘Cosa??’ esclamò esterrefatta lei.
‘Voglio una risposta più pronta ai miei ordini. Ho visto troppe esitazioni.’ Disse serio.
‘Tu sei pazzo’ mi hai fatto esibire come un animale’ un animale da circo davanti a” diceva esasperata la donna, continuando a camminargli a fianco.
‘Un animale’ sì, certo. Ma non da circo. Più da compagnia. Devo solo decidere che animale’.’ Disse lui pensieroso ‘ed è proprio il senso dei nostri prossimi acquisti, puttana.’
Serena non capiva. Odiava, però. Non sapeva se lo stronzo lo facesse per divertimento, o se realmente si aspettava da lei un’ubbidienza così totale’ standolo ad ascoltare, pareva quasi non accontentarsi dell’umiliazione, voleva una specie di degradazione’ Ma doveva pure esserci un limite’ oppure no?
Di sicuro, Marco manteneva le sue promesse’ la rete in cui l’aveva invischiata la colpiva su mente e corpo, rendendo trasparente ogni sua debolezza o segreto’ Se solo non l’avesse mantenuta in quella condizione di costante vergogna e imbarazzo’ Non poteva far nulla per il desiderio che leggeva attorno a lei’ Marco la chiamava puttana costantemente, e come dovevano chiamarla quelli che le fissavano il seno mentre li incrociavano’ che fissavano i capezzoli assolutamente intuibili, sotto il tessuto. Erano stati la sua piccola croce fin dalla giovinezza, quando aveva cominciato a svilupparsi’ ricordava ancora la divisa da pallavolo, a scuola, quella maledetta maglietta che strusciava e la facevano diventare un argomento di scherno eccitato per i ragazzini’
Odiava esporsi. Andava fiera del suo aspetto, ma era sempre stata di classe’ mai volgare’ mai apparsa così’ così’
Puttana. Pochi giri di parole. Era così che appariva, lo sapeva.
Si era persa nei suoi pensieri, cosa che doveva imparare a non fare, se ne rendeva conto ora, davanti alla nuova meta’
‘Che’ che significa?’ chiese Serena.
Marco si fermò. Lo sguardo verso di lei era estremamente eloquente.
‘Abbiamo molti acquisti da fare in questi giorni, puttana. Molti negozi da visitare. E questo sarà una frequentazione che ti diventerà familiare.’ Puntualizzò.
Lei era al limite del panico.
‘Ma questo’ questo è il negozio per animali!! Che diavolo” quasi strillò.
‘I guinzagli migliori si trovano qui.’ Rispose l’uomo con tutta calma.
Serena non potè fare altro che prendersi il volto tra le mani.
Capitolo 6.
Marco procedeva con calma verso il punto vendita, Serena rimaneva ferma. Lui si voltò.
Due colpi veloci sulla gamba. ‘Su, qui da me.’ Disse, incurante del fatto che si trovasse tra la gente.
Lei non sapeva più cosa dire, come muoversi’ le gambe erano di cemento’ Marco aveva detto ‘guinzaglio” e perché si stupiva? L’aveva scopata legata ad una scrivania, c’era veramente da stupirsi?? No’ non era lo stupirsi, era l’inorridire. Aveva passato una vita sessualmente morigerata, dove l’unica trasgressione, a volerla chiamare così, era stata la chat e il conseguente tradimento’
Un unico cazzo di sbaglio!!!
Dove la voleva portare il porco? Visioni tremende le venivano alla mente, al solo pensare alla parola ‘guinzaglio”
‘Devo mettermi a contare, puttana?’
Marco. Che proseguiva nell’infischiarsene della gente attorno. Qualcuno si voltò, perplesso. E lei non ebbe altra scelta che andare verso lui.
‘Ti scongiuro, almeno abbassa la voce’ ahi!’ gemette, quando lui la prese per i capelli, con un gesto che per i passanti avrebbe dato l’idea di una semplice carezza.
‘Cosa penso sull’esitare, puttana?’ chiese in un sussurro all’orecchio di lei.
‘Mi’ mi dispiace’ Marco’ è solo’ dio mio” balbettò Serena ‘un negozio di animali, stai esagerando’ ahii!!’ protestò ancora lei, al piccolo strappo che Marco diede alla chioma.
‘Cosa penso del protestare, puttana?’ indagò ancora l’uomo.
Lacrime bagnavano gli occhi di Serena. ‘Ma come puoi pret’ ok’. Ok!!’ cambiò rotta, quando la mano di libera di Marco si posò su uno dei due bottoni rimasti chiusi della camicetta.
Marco proseguiva al suo orecchio ‘non pensare finisca qui. Più tardi, queste piccole perdite di tempo le pagherai per bene’ Pensaci’ perché a me non frega nulla di come, quando o quanti dovranno sfondarti pur di farti comprendere di chi sei o cosa sei’Pensaci bene’ Capito?’
Serena era di marmo. Le parole di lui coglievano nel segno’ E la resa arrivava, sempre, puntuale’
A che servivano le esitazioni? A nulla, se non a farle subire di peggio.
Aveva qualche via di fuga? Anche solo un mezzo asso nella manica? Nessuno.
Ubbidienza. Pensava solo poche ore prima che bastasse l’assecondare. No.
Ubbidienza.
Guardò la vetrina del negozio’ poi le persone attorno’ perché le sembrava che tutti sapessero?
Marco la spinse lieve, e lei smise di opporsi. Entrarono, in un ambiente non grande, e decisamente poco affollato. Serena conosceva di vista la giovane addetta, sistemata alla cassa, niente più di un saluto quando si incrociavano. Difatti, la giovane fece solo un cenno del capo per salutarla, associato ad un’occhiata curiosa alla sua mise, ma nulla più.
Serena era attentissima a Marco, per cogliere dove l’attenzione dell’uomo si soffermava’ camminava lento, con lei appresso, mentre passava lungo gli scaffali, osservando’ osservando’
Nella prima corsia, il suo aguzzino non perse un secondo in più su nulla, poi svoltarono nella seconda, celata alla vista della commessa. Fecero un paio di metri. Il cuore di Serena ebbe un sobbalzo.
Collari e guinzagli.
Sebbene avesse cercato di prepararsi mentalmente, sebbene sapesse, si ritrovò comunque spiazzata alla vista di Marco che studiava l’esposizione. Mentre lei rimaneva ritta immobile accanto a lui, l’uomo dimostrava una concentrazione nello scegliere quasi maniacale’ del resto, si rendeva conto Serena, non stava giocando’ stava realmente scegliendo qualcosa che a quanto pareva era fondamentale’
Marco ora stava esaminando un collare nero, semplice, ne controllava minuziosamente anche l’interno, poi lo riponeva’ toccò successivamente ad uno rosa, che subì la stessa indagine. Nel frattempo, un uomo passò accanto a loro, perso nei fatti suoi, ma Serena si sentì ancora addosso quell’imbarazzo derivante dal fatto che tutti sapessero, che tutti immaginassero il perché della loro presenza lì’
Si impose calma’ erano una coppia in negozio, non c’era motivo per cui qualcuno potesse pensare qualcosa di perverso’ In ogni modo, si consolò, quello doveva essere l’unico cliente per il momento, a parte loro, e lo udì pagare alla giovane cassiera, e poi andarsene.
‘Non riesco a decidermi” pensava a voce alta Marco ‘sia sul colore, che sul modello”
Serena ricacciò in gola quello che avrebbe voluto dirgli, di dove ficcarsi quei collari, ma sapeva bene, che avrebbe solo rischiato conseguenze oscene. Nuovamente quindi, tacque.
Marco ritornò a considerare il collare rosa, lo alzò a livello degli occhi, parve convincersi e lo tese a Serena.
‘Avvicinati, proviamo questo, puttana.’ disse lui.
Serena fremeva. Non si aspettava che anche quello dovesse succedere in pubblico. Vero, non c’era nessuno al momento, ma era mortificante in ogni caso. Si morse il labbro, quasi a farsi male, tutto per evitare di dire quanto serbava dentro.
Veloce’ doveva basare tutto sul fatto di essere veloce’ e quella farsetta si sarebbe conclusa subito’
Le mani di lui, attorno al suo collo, mentre lo cingeva con il guinzaglio’ armeggiava con la chiusura’
‘Fatto.’ Disse lui, rimirando l’opera conclusa. E rimirare, era un qualcosa di riduttivo’ Marco sentiva il cazzo nei pantaloni esigere la scopata’ la sua puttana, con quel semplice accessorio, ai suoi occhi diveniva irresistibile, una bellezza frutto della sottomissione.
Ed ora Serena le due dita di lui che passavano dal collare al suo viso, con un tocco lieve’ si sarebbe potuto definire delicato, se non fosse stato il suo’ lei lo detestava, avrebbe voluto arretrare’ invece rimase come statua, ad occhi ostinatamente chiusi, mentre quel tocco procedeva a disegnarle i lineamenti’ occhi che adesso si serravano con più forza mentre le dita ritornavano verso il collare’ e più giù’ si indirizzavano nell’incavo tra i seni’
Occhi spalancati adesso, mentre Serena afferrava il polso di Marco, con respiro affannoso. E sguardo nello sguardo. Marco, fissava lei, nemmeno con durezza, in semplice attesa’ di quello che avveniva, cioè l’abbassarsi dello sguardo e della mano di Serena, che doveva e lasciava fare.
E le dita ripresero la loro discesa, a risalire sul seno sinistro, fortemente esposto’ e poi, appena infilate sotto la camicetta, già a trovare il capezzolo’ Un piccolo sussulto di Serena, mentre le dita sfioravano, stringevano piano, tornavano a sfiorare’ E nuovamente i suoi occhi si chiudevano, con l’umidità delle lacrime, dovute alla rabbia di un corpo che la tradiva ancora’ lui stimolava sapientemente, e il ventre rispondeva’ il respiro diveniva corto’.
‘Di chi sei?’ chiese lui, in un sussurro, senza distogliere lo sguardo dal suo viso.
Voleva rispondergli con quello che era il suo mondo’ lei era di sé stessa! Lei era di suo marito! Eppure fu la realtà, drammatica e spietata a farla rispondere, mentre l’umido tra le cosce si faceva sentire’
‘T-tua” disse flebile.
‘Cosa sei?’ insistette Marco.
Sapeva cosa doveva dire’ non c’erano dubbi, né c’erano scappatoie’
‘Una’ una puttana.’ Rispose, ora con il bisogno di concentrarsi’ le dita continuavano a stimolare’ purtroppo dannatamente a modo’
‘Una puttana gocciolante, direi” proseguì lui’
Serena non poteva né voleva dargli quella soddisfazione, sebbene sentisse netto l’effetto che quelle dita avevano su di lei’
‘N-no’ no’ io” farfugliò.
Marco sorrise. ‘No, puttana?’ E rapido, dal capezzolo le dita scesero verso il bordo della gonna, infilandosi veloci.
La prima reazione di Serena fu di serrare le cosce. ‘Che fai?? No’ non qui!!’ disse lei, terrorizzata.
Marco fu duro. ‘Apri le cosce puttana.’
‘Se ci vedono’ Marco” ma dischiuse le gambe, permettendo al ragazzo di arrivare al taglio.
‘N-no’ p-per favore” singhiozzò subito Serena, sotto il tocco sempre lento delle dita di lui, lento e leggero’ un toccare che non penetrava’
‘Ripeto la domanda’ cosa sei?’ chiese ancora Marco, ritrovandosi le dita già umide.
‘io’ io ti o-ohhhhh!!!’! le mani di Serena corsero alla gonna, quando Marco infilò le dita per un solo attimo dentro la sua figa. Una vampata di eccitazione, che non le permise di udire il rumore di una sedia smossa, poco lontano.
‘L’occasione per essere ubbidiente ti era stata data’ servirà un’altra lezione, puttana.’ E prese a stantuffarla velocemente, mentre Serena cercava di indietreggiare lievemente con il bacino, senza convinzione’ lui la teneva ora anche per un braccio, impedendole di sottrarsi al masturbare.
‘Smett-ti’ smettismetti” gemeva piano Serena, odiando il fatto che il suo corpo partisse così presto per la tangente’ dopo gli orgasmi di poco prima, avrebbe dovuto dimostrare un minimo di resistenza alle stimolazioni di lui’ l’odio stesso che provava verso quell’uomo avrebbe dovuto fungere da diga’ ed invece, quello che accadeva era la dimostrazione di tutta la frustrazione patita negli anni, e quindi, anche se trattata a quel modo, non c’era maniera di nascondere la voglia inespressa, che la stava guidando verso un nuovo orgasmo’ E la faccia di Marco, trionfante, era di chi le strappava la verità’ una puttana’ una puttana gocciolante’
‘M’ Marco’ ti’ pre’ o’ non” Serena si sentiva al limite, e lui non dava segni di volerla smettere’
Ed invece, smise di colpo, facendo uscire la mano dalla gonna, e riportando le dita fradice dentro la camicetta, sul capezzolo.
Serena non ebbe tempo nemmeno di ricomporsi un istante.
‘Avete bisogno?’ chiedeva la commessa alle spalle di Serena, qualche metro più dietro. La donna si irrigidì, ferma, immobile, mentre Marco, nascosto dal suo corpo, procedeva nello stimolarla.
‘Sì, signorina’ avrei proprio bisogno” disse Marco, gettando nel panico Serena, che sentiva avvicinarsi la ragazzina’ due metri’. Un metro’ solo all’ultimo l’uomo tolse le dita, facendole emettere un piccolo rantolo che non la donna non riuscì a contenere.
Ed improvviso ricordò.
Il collare! L’aveva ancora addosso!! Quel maledetto si divertiva a portarla al limite, in una condizione da farle perdere contatto con la realtà, in modo da piegarla sempre’ Serena si sistemò rapidamente i capelli, volendo nascondere l’oggetto e chinò la testa.
‘Mi dica pure!’ fece la ragazzina in modo cortese, sorridendo da principio, un sorriso che rimase quasi uguale anche dopo l’occhiataccia alla scollatura di Serena.
‘Dunque” iniziò Marco guardando la scaffalatura ‘non so decidermi su colore di un collare” disse alla commessa, che seguiva il suo indicare l’assortimento. Il cuore di Serena batteva a mille’ e, orribilmente, il primo pensiero che le venne fu che qualsiasi cosa fosse accaduta ora, sarebbe stata colpa sua’ Non era stata ubbidiente, ed ora arrivava il prezzo da pagare’ La donna, complice lo stato di eccitazione in cui forzatamente Marco la trascinava, non si accorgeva che il sottile gioco dell’uomo la stava anche guidando verso un auto accusarsi per quello che subiva’
‘beh, la capisco, ce ne sono a bizzeffe di colori qui’ diceva la commessa ‘ma parliamo di un cane maschio o femmina?’
‘Una cagna, decisamente una cagna” le rispose Marco con un mezzo sorriso e uno sguardo di sghinbescio verso Serena.
‘Un colore tenue magari’ riprese la ragazzina, ‘ma di che taglia è?’
‘Direi media’ rispose lui, e si girò verso Serena ‘in quanto al colore, questo rosa come le sembra?’ e lo disse scostando i capelli di Serena e prendendo con un dito a mò di gancio il collare che Serena portava al collo.
Serena deviò lo sguardo da un’altra parte’ la vergogna per quella situazione era troppa. Marco, con una leggerezza da non credere, faceva di lei un animaletto da far girare nella ruota, una ruota che lui comandava con polso di ferro.
‘ehm” disse la commessa, perplessa e imbarazzata ‘io’ signore, non saprei dire’.’
‘Rosa non sta bene? O forse vuole vedere prima con il guinzaglio? Sì, dev’essere questo.’ Disse, pescandone uno tra quelli appesi, un guinzaglio a catena, con un pratico moschetto ad un capo. Serena era disperata, nello sguardo e nel suo tremare, sotto gli occhi della ragazzina che sbalordita osservava l’uomo agganciare il guinzaglio al collare, rendendo così plateale la condizione di sottomissione di lei.
C’era da dire che solo per un assoluto auto controllo Marco non restò imbambolato’ già la donna gli ispirava istinti tra i più bassi e perversi in condizioni normali’ ma ora’ la catena ciondolava dal collo, a ricadere nell’incavo tra quello tettone’ e poi l’espressione di lei’ rassegnazione, di chi è in balia dei capricci di un altro’
E lo era eccome. Marco era compiaciuto dal risultato raggiunto’ compiaciuto, ma non ancora appagato. L’avrebbe fatta strisciare ai suoi piedi, e non soltanto perché glielo ordinava, bensì perché lei stessa l’avrebbe considerato un premio’
Tempo al tempo. Ora occorreva un passo un più. Magari rischioso, ma ne sarebbe valsa la pena.
La commessa era senza parole. Pervertiti ne aveva visti in giro, senz’altro, ma mai lì nel negozio’ oltretutto, conosceva la signora, l’aveva incrociata mille volte nel centro commerciale, e non aveva sospettato potesse essere’ beh, guardandola con quella scollatura però’ Forse più che una signora, era un troione’ lui invece la sorprendeva, uomo distinto, sicuramente magnetico’ In altre occasioni, un pensierino ce l’avrebbe fatto’
Solo che, ed era la sua unica preoccupazione, non potevano comportarsi così, per lo meno non lì dentro’
‘sì’ esordì nuovamente Marco, l’espressione di chi considera un abito da sera ‘direi che ora rende un po di più, non trova, signorina?’
‘Signore’ non so come siano i vostri’ vostri rapporti’ ma le chiedo cortesemente, non qui, se entrasse qualcuno ora, e il padrone venisse a sapere di questa’ cosa” considerò la ragazzina, guardando Marco con l’atteggiamento quasi di scuse.
Serena, avvilita, intravedeva quantomeno una via d’uscita rapida, fortunatamente, la commessa sembrava seriamente preoccupata da quello che stava accadendo’ certo, se pensava a come l’avrebbe guardata nei giorni a venire’ o a cosa poteva dire in giro’
Bastardo’ lurido bastardo, pensò ancora.
Marco si fece addirittura seducente, avvicinandosi di un passo alla ragazza ‘la posso senz’altro capire’ potrebbe risultare imbarazzante per lei, se qualcuno di mentalità diversa dalla sua entrasse e vedesse questa semplice prova accessori’ potrebbe intendere male’ Ma immagino che lei, signorina, sia aperta rispetto a questo”
La commessa sorrise ‘Non mi scandalizzo certo, non è quello il problema, è solo che”
‘Guardi, non intendo creare problemi’ Credo però si possa approfittare di una sorta di camerino o simile per la prova’ le pagherei il disturbo, un pagamento di cui solo noi due saremmo a conoscenza”
Un istante, e la commessa considerò quel risvolto’ poi diede un’occhiata a Serena, prima di riportare l’attenzione su Marco, il quale ne intese bene il senso.
‘No no’ non si preoccupi’ la gran signora al guinzaglio non parlerà. Non fa nulla che io non voglia.’ Disse deciso Marco, con uno sguardo molto eloquente nei confronti di Serena, che chinò il capo, atterrita.
Un sorriso timido si affacciò sul viso della commessa, adesso intrigata dalla situazione, ma anche interessata ad un piccolo guadagno extra’
‘uhm’ in realtà, abbiamo una sorta di piccolo magazzino, non è grande, però” buttò lì la ragazza, pensierosa.
Serena sprofondò nel sentire quelle parole. La bocca si spalancò, poi cercò di articolare una frase’
‘Ma’ che volete’ che vuoi fare???’ chiese. E sperimentò per la prima volta il richiamo tramite una tirata del guinzaglio. Difatti, Marco preso un capo della catena, diede un piccolo strappo, che fece avanzare di un passo Serena verso di lui’
‘Non ti ho detto di parlare, gran signora.’ Disse lui duro, tenendola al guinzaglio.
L’angoscia di Serena si contrapponeva al sorrisetto della commessa. E Marco si rivolse nuovamente a quest’ultima.
‘Scusi l’interruzione, signorina. La disciplina non è il suo forte ma’ provvederemo. Sì, potrebbe andar bene il magazzino per la prova’ sa, non mi piace comprare qualcosa di cui non sono convinto” disse Marco.
‘Sì’ e quanto” chiedeva la ragazza, lasciando intendere che ora si parlava di soldi.
E lì venne fuori lo spirito d’azienda dell’uomo’ colui che investe’ e investe bene se il godimento è assicurato’ ora, e per il futuro’
‘Per il suo tempo e per lo spazio? Direi che cinquanta euro possono andar bene, no?’ propose Marco, prendendo dal taschino della giacca una banconota.
La ragazza rimase incredula, si aspettava una piccola somma, e invece quell’offerta, per lei studentessa e lavoratrice, erano un toccasana. Li prese immediatamente e se li mise nella tasca posteriore dei jeans, con uno sguardo finto corrucciato verso Serena, sempre più esterrefatta’ negoziavano le umiliazioni in sua presenza’ senza alcun ritegno’
‘Bene’ disse la commessa, ‘seguitemi, la stanza è lì in fondo accanto al bagno’, e si avviò in quella direzione.
Serena lasciò che le lacrime sgorgassero’ Marco aveva subito iniziato la lezione di disciplina, guidandola verso il locale al guinzaglio. Non c’era una promessa che lui mancasse’ anima, corpo, mente’ lui, assieme a Paola, avevano garantito di entrarle ovunque, senza riserva alcuna’ E non c’era una maniera in cui lei potesse prepararsi agli eventi, perché semplicemente Marco non aveva limiti’ Era deciso a piegarla, alle sue voglie, ai suoi capricci, alle sue perversioni’
E ci riusciva puntualmente’ Da gestrice di un negozio, in poche ore si ritrovava ad essere trattata come un animale’ un animale da gioco, talvolta, e un animale da monta, come Marco aveva già dimostrato’
E non si fermava davanti a nulla. L’aveva sempre considerato un verme, ed da viscido infatti agiva sulle persone’ le faceva sue, come la commessa appena incontrata’ I soldi avevano fatto la loro parte, indubbiamente, ma riusciva a vendere la sua dignità anche agli sconosciuti in maniera velocissima, paventando loro il panorama di poter giocare con lei’
Uno strattone al guinzaglio la richiamò alla realtà’ la commessa li aveva guidati appunto in fondo al negozio, in uno stanzino alle cui pareti erano accatastati i vari prodotti necessari al negozio. Il tutto lasciava una corsia centrale di un metro e mezzo dove i tre si trovavano ora.
La loro guida li aveva fatti entrare, restando sulla porta, in modo da controllare sia il magazzino, che il negozio vero e proprio.
‘Ecco fatto, non è grandissimo’ però” diceva la ragazza, all’indirizzo di Marco. Per lei, Serena non esisteva come interlocutrice.
‘Va benissimo, per la nostra prova, signorina” lasciò in sospeso Marco.
‘Sonia.’ Rispose lei, con un sorriso vezzoso.
‘Sonia.’ Ripetè l’uomo ‘Sì, devo solo vedere adesso se gli articoli vengono recepiti a dovere”
Serena non capiva cosa intendesse lui. Se voleva dimostrare ulteriormente il suo dominio, l’aveva già fatto, umiliandola con quella ridicola passeggiata al guinzaglio’ che altro voleva’ dannazione, perché non la lasciava in pace!
Marco aveva ben altre idee.
‘Collare e guinzaglio, puttana’ ti pare possa valutarli, in questo modo?’ chiese a Serena, tenendola a catena corta.
Serena non capiva ‘Marco’ che’ non c-capisco”
‘Credo intenda dire che gli animali vanno a quattro zampe” disse piano Sonia, guardando di sfuggita Serena, e lieta poi di trovare il muto consenso dell’uomo.
Lei non poteva crederci. Non poteva essere vero! ‘Stai scherzando spero!! Dimmi che è uno scherzo!!’ esclamò Serena, quasi urlando.
La reazione aveva impensierito Sonia, che ora aveva la certezza sarebbero sorti guai’ eppure la calma dell’uomo la invitò a lasciar fare’
E difatti, l’espressione rabbiosa della donna davanti a lei si spense quasi immediatamente, cancellata dal gesto dell’uomo, che un giro alla volta, si avvolgeva la catena attorno alla mano, costringendo Serena ad essere praticamente viso a viso con lui’
‘Quante cose devo raccontare di te alla signorina Sonia, prima che tu ti decida a metterti a quattro zampe?’
‘Io’ s-scusami’ almeno’ ti scongiuro, fa uscire lei” piagnucolò Serena, sapendo di aver violato quell’ubbidienza che lui pretendeva.
‘Forse basta dirle di come bevi bene” le sputò in faccia, con occhi ardenti ‘oppure” ma non completò la frase. Singhiozzando, Serena lo interruppe ‘Va bene! Oddio’ va bene! Farò come vuoi!!’
Marco le diede catena immediatamente, guardandola, così come basita stava facendo Sonia, ad occhi spalancati. Non aveva mai visto una scena del genere e, dove essere sincera, la trovava oltremodo interessante’ e non solo’
Serena lanciò uno sguardo di fuoco a tutti e due, prima di scuotere la testa a destra e sinistra, rendendosi conto di cosa si stesse abbassando a fare’ Prima un ginocchio, poi l’altro, sotto lo sguardo compiaciuto dell’uomo, che però non ammetteva altre proteste’ Una mano a terra, seguita dall’altra’ Labbra serrate, testa china, a guardare il pavimento’ a quattro zampe. Un animale. L’animale del suo padrone.
Marco aveva vinto ancora. E il peggio era che lei non poteva in nessun modo contrastarlo, ogni minuto che passava, anzi, lui acquisiva sempre più potere su di lei, che in maniera stupida tentava quelle rimostranze che la portavano poi sempre più giù’ Ma come poteva restare zitta davanti alle sue richieste?? Come poteva quel ragazzo essere così disumano da volerla rendere sua in ogni modo possibile? Ed ora alzò lentamente il capo, per capire quell’improvviso silenzio attorno a lei’
La ragazzina la fissava, stupefatta. Chiaro’ era uno spettacolo da circo inaspettato’ e Marco? Perché taceva con quel sorriso stupido? E stava guardando’ Chiaro! La mano di Serena corse rapida al seno destro, uscito dalla scollatura’ Lo rimise dentro, rossa in volto.
Sonia intanto scrutava nel negozio’ nessuno, e per la prima volta si ritrovò a pensare ‘per fortuna” Non sapeva cosa le stesse prendendo, senz’altro però, comprendeva cos’era l’invidia’. Invidia verso l’uomo che esercitava quel potere’ e il piacere’ piacere di vedere una donna più matura di lei assoggettata a quel modo’ Dio, sperava davvero non finisse’
Fu esaudita.
Marco infatti cominciò a muoversi, tirando piano il guinzaglio. Serena, mordendosi il labbro, avanzò gattoni seguendolo’ ogni due passi però si soffermava un istante per risistemare la camicetta.
‘Non ci siamo’ sbottò lui di colpo ‘così non riesco a capire se ti calza a pennello” disse, mentre Serena lo guardava esasperata.
‘Chissà cosa mi disturba’ uh, certo’ esordì schioccando le dita ‘sono gli abiti. Di animali vestiti non se ne vedono di certo’ dico bene, Sonia?’
La ragazzina era rapita dalla situazione, quasi ipnotizzata’ fu lo sguardo implorante della donna a riportarla alla realtà’ senz’altro chiedeva un tacito aiuto’ un ‘può bastare’ che avrebbe contribuito a fermare il tutto’ Ci riflettè’ o meglio, si convinse di averlo fatto’ si convinse di aver considerato l’idea di andare in contro a quello sguardo’ Ed invece si ritrovò a sorridere all’uomo, un sorriso imbarazzato, ma pur sempre un sorriso.
‘Sì’ credo anch’io” mormorò, colpevole.
‘Che razza di bastarda!!’ sibilò Serena, in lacrime. E si rese conto di essere stata portata a sbagliare ancora. Non servì a nulla il suo assoluto silenzio successivo. Già intuiva che per Marco il suo parlare era oltre quello che le veniva concesso.
‘Che figure mi fai fare, puttana’ offendere chi è stata così gentile con noi’ Sonia, sono costernato.’
La commessa, che aveva accusato l’offesa, si sentì rinfrancata dall’intervento di lui. ‘Di nulla’ io penso, cioè, la situazione”
‘No, no, no,’ proseguì Marco ‘non cercare di scusarla. Meglio essere duri talvolta.’ Detto questo, individuò lo zoccolo di una pedana, dove stavano appoggiate le merci, e tirò il guinzaglio fino a far avvicinare la sua preda a quel sostegno. Un rapido giro della catena, e il moschetto fu agganciato all’anello del collare.
Serena si ritrovò così ridotta realmente alla stregua di una cagna, totalmente vulnerabile, alla mercè di Marco e sotto gli occhi di Sonia. A quanto pareva, però, all’uomo non bastava. Si portò accanto al fianco di lei, chinandosi. Con un movimento veloce, le abbassò la gonna fino alle ginocchia.
‘No!! Per favore per favore per favore!!! Marco, sarò buona, sarò buona!!!!’ diceva Serena, tirando sul guinzaglio, incapacitata a voltarsi e, meno che meno, ad alzarsi.
Marco restò indifferente alle suppliche.
‘Alza la zampa, puttana.’ Disse imperioso, pronto a sfilare del tutto l’indumento.
Serena andò oltre la disperazione. Marco aveva detto ‘zampa’. Lo guardò, vedendolo sfocato a causa degli occhi lucidi’ Durezza e determinazione’
Non le restava altro che rassegnarsi’ se era arrivato a questo, davanti ad una nuova protesta, che avrebbe fatto?
Alzò leggermente il ginocchio, poi l’altro, lasciandosi sfilare la gonna’ A occhi chiusi adesso sentiva la mano di lui aprirle i due bottoni della camicetta’ Sconfitta, se la lasciò sfilare, un braccio, in seguito l’altro’ Serena fremeva. D’imbarazzo. Di profonda vergogna. Nuda, vestita solo di un collare. ‘No” disse flebile.
Marco intanto si era rialzato e contemplava’ Perché il termine giusto era proprio ‘contemplare”. A partire dal bel culo pieno, passando per le cosce’ fino ad arrivare a quelle tettone stupende che penzolavano ora libere da costrizioni. Stupenda. La cagna era perfetta. Nuda, indifesa e sottomessa.
Ma soprattutto, totalmente sua.
Sonia aveva assistito a tutto con il cuore in gola. Non per paura che qualcuno potesse scoprire il gioco che alla fine era stata lei ad autorizzare, certo, una qualche traccia di essa rimaneva’ no, era proprio quel piacevole brivido che la situazione le dava a darle sensazioni forti’ non avrebbe mai immaginato che l’uomo potesse ridurre la signora in quel modo’ E la donna lasciava fare’
Un rumore dal negozio. ‘No!’ pensò la commessa, vedendo una coppia che stava entrando.
‘Signore’ mi scusi, c’è gente, mi assento un secondo” disse sottovoce.
Marco si voltò ‘Ok, chiuda pure la porta allora”
La commessa stava eseguendo, poi si fermò un momento, già con la maniglia in mano’
‘Non’ beh, sì insomma, torno subito eh!’ disse con un sorriso malizioso e, rossa in volto, chiuse la porta.
La maschera di durezza sul viso di Marco si aprì inevitabilmente in un sorriso. E con quel visibile divertimento, tornò a voltarsi verso Serena, tutta presa a cercare di togliersi il moschettone dal collare. Immediatamente, si chinò accanto a lei, prendendola per i capelli, ad alzarle il volto verso di lui.
‘Che stai facendo, puttana?’ chiese secco.
‘Stai esagerando!!! Ti rendi conto, ti rendi conto di come mi hai ridotta???’ disse lei, rabbiosa.
Lui non si scompose. ‘Forse credi che l’ubbidienza sia dovuta solo quando c’è gente attorno’ no, puttana, in qualsiasi caso io ti voglio docile’ docile e disponibile. Mani a terra, puttana.’
‘Cosa’ cosa potrebbe dire quella ragazza in giro di me??? Ci hai pensato???’ rabbia e disperazione, ma eseguiva, riportando le mani a terra.
Marco divenne lieve nel parlare ‘Non dirà nulla’ se io non voglio’ L’hai sentita, gradisce molto lo spettacolo che stai offrendo”
‘Sei stato tu!! L’hai pagata e” ribattè Serena, subito interrotta.
Marco lasciò la presa tra i capelli, e cominciò a passare due dita lungo la schiena di lei, leggero.
‘L’ho pagata? Sì certo, per la prova abbigliamento, il resto’ beh, avere un giocattolo a disposizione piace a tutti’ specie se poco prima quel giocattolo se la tirava come fosse una principessa” e mentre parlava, cinse il braccio attorno alla sua schiena, fino ad arrivare ad avere nelle mani entrambe le sue tette. Cominciò a soppesarle e massaggiarle lentamente’
‘Io’ Cosa vuoi fare adesso? Basta!! Non’ almeno non’ qui” le mani. La deconcentravano.
E lui continuava.
‘Vedi? Il tuo problema è questo corpo da puttana’ Posso frustarti quando e come voglio, e lo farò senz’altro, ma la peggior tortura per te è il piacere’ il tuo corpo ne ha bisogno”
Serena strinse gli occhi, imponendosi di tenere le mani ferme, a contatto con il pavimento, cercando anche di non mostrare reazioni ai tocchi di quel porco. Il problema era però che lui aveva ragione’ il suo corpo chiamava piacere’ indipendentemente da come Marco la stesse usando e umiliando, la sua pelle reagiva immediatamente ai tocchi’ la stimolazione di poco prima nelle corsie già l’aveva provata, ed ora che il maiale teneva il suo seno tra le mani, avvicinandosi a stringere i capezzoli, ma senza sfiorarli, la rendeva ancora creta nelle sue mani.
‘N-non’ è’ tu’ è colpa’ colpa tua’ mi’ mi torturi!’ disse lei, con la testa incapace di stare ferma. Marco infatti procedeva con quel massaggio a fil di capezzolo’ stringeva, in maniera famelica, stringeva le sue tette fin quasi a strizzarne le punte, ma all’ultimo, non toccava nemmeno quelle punte, incendiate dalla voglia. E questo la stava facendo impazzire, anche se tentava di tutto per non farlo notare.
‘Torturarti? Oh andiamo, puttana’ per così poco” la scherniva lui, mentre il braccio che la cingeva si spostava verso il culo di lei, la mano ad infilarsi tra le sue gambe’
‘N-noooh!’ gemette Serena, sentendo un singolo dito scorrerle lungo il taglio, appena a dischiuderla, senza penetrarla. Il sadismo di lui’ che adesso stuzzicava tette e figa, stuzzicava, ma senza realmente mai stimolarli fino in fondo’ la stava costringendo ad una lotta con sé stessa’ rimanere immobile, mentre invece i capezzoli volevano essere strizzati’ immobile’ mentre la figa voleva essere riempita’
Un leggero rumore’ la porta che si riapriva piano, Sonia che tornava. Appoggiandosi allo stipite della porta, rimaneva a guardare l’umiliante masturbazione subita dalla signora’ restava zitta, per non interrompere nulla, anche se sia Marco, sorridente, che Serena, con occhi tra l’avvilito e l’eccitazione pura, si erano accorti subito della sua presenza’
Marco soprattutto gradiva molto il ritorno della ragazza.
Continuava perversamente a stimolare senza concedere a Serena nessun appagamento.
‘Su, puttana, dì a Sonia che hai la figa gocciolante” diceva piano Marco’
‘N-no’ n-o’ f-falla’ falla usc-uscire’ uscire p-per ommmiodiio” tentava di dire, mentre il suo corpo si muoveva iniziava a muoversi avanti e indietro, cercando inconsciamente più contatto’ E Marco si divertiva con le tettone della sua preda’ passandole il palmo vicinissimo ai capezzoli, in modo da farle sentire il calore della pelle, inducendola a tentare di strofinarsi’ e ad ogni tentativo, lui allontanava la mano di un niente, generandole ancor più frustrazione’
‘dillo, puttana’ dì che hai la figa gocciolante, su” insisteva Marco, sentendo sotto le sue dita il corpo bollente di lei’ al limite’ di più’
‘AHHHHH!!! I-io’ bas’ diodiodiodio!!!’ Gemeva ancora lei, ora che Marco aveva spinto tre dita nel suo ventre, a fondo, muovendole piano all’interno. Con uno sguardo che bruciava voltò di scatto il viso verso Sonia, aprendo e chiudendo la bocca, tremante di desiderio, squassata dalla voglia di godere’
La commessa guardava rapita’ e Marco aveva creato la giusta tensione erotica’ Sonia attendeva, voleva adesso sentirglielo dire’ mentre l’osservava contorcersi, legata alla catena’ Mentre l’uomo insisteva, insisteva’
‘Dillo, puttana, su” continuava Marco, vedendola in agonia, sotto i suoi tocchi’ E Serena, tirando sul guinzaglio, a denti stretti’
‘Ho’ fi’ la’ ho la figa gocciolante!!!!’ urlò, pronta all’orgasmo liberatorio.
Che non venne. Marco si arrestò immediatamente.
‘NO!!! Maledetto!!!!’ sputò fuori Serena, dapprima contorcendosi, poi, senza nemmeno rendersene conto, muovendo la sua stessa mano in direzione del taglio per completare da sola l’opera.
Il movimento fu subito intercettato da Marco, che la prese per i capelli.
‘Mani a terra, puttana.’ Sentenziò.
‘Ma’ perché???’ chiese angosciata e ancora sconvolta lei.
‘Mani a terra. Tu non godi quando vuoi, tu godi quando te lo dico io. Mani a terra, e resta ferma immobile, a quattro zampe.’ Precisò Marco.
Ancora tremante, frustrata oltre il limite, Serena dovette rimettersi nella posizione ordinatale. Però il suo contorcersi non smetteva.
‘Immobile ho detto.’ Insistette lui, scrollandola per i capelli. Ripetè il gesto per tre volte, fin quando Serena riuscì in qualche modo a contenere i movimenti involontari dettati dalla voglia, e drammaticamente, il peso della nuova degradazione che alla fine si era auto inflitta, si affacciò nella sua mente.
Lacrime le segnarono il viso, chinato. Non riusciva ad alzare lo sguardo, consapevole che oltre al suo aguzzino, era presente anche la ragazza, che l’aveva vista eccitata come una vera e propria troia.
Marco intanto, sciolse collare e guinzaglio dal suo collo e dal sostegno.
‘Rivestiti, puttana. E non asciugarti. Voglio saperti sempre bagnata.’ Disse imperioso, e rimase lì ad osservarla, mentre distrutta fisicamente e mentalmente, Serena si rialzava, con una stupido quanto inutile senso di pudico, si voltava per indossare camicetta e gonna.
Quando si voltò, Marco era accanto a Sonia, pronti per uscire dal piccolo magazzino.
‘Qui, puttana.’ Disse con il solito picchiettare sulla gamba. Lei si avvicinò, a testa bassa, sentendo netto l’umido tra le cosce. Vergogna si sommava a vergogna.
‘Dunque Sonia, compriamo altre due o tre cosette’ poi vorrei proporti un altro piccolo affare” disse lui, rivolto alla commessa.
‘Se posso fare qualcosa” rispose lei, sempre con quel sorrisetto tra l’imbarazzato e il compiaciuto.
‘Decisamente’ Disse Marco, cingendo i fianchi di Serena ‘poi gliene parlo’ intanto, mi può mostrare dove sono le ciotole per il mangiare?’ chiese con reale curiosità.
Il sorriso di Sonia di aprì completamente. ‘Sì prego, mi segua.’
Serena non aveva parole. Non poteva dirne. Non dopo essere stata come una cagna in calore sotto le mani di lui. Sotto i suoi capricci. Sotto ogni sua perversione.
Sua.
Senza scampo.
Capitolo 7.
Sonia li stava guidando verso gli articoli richiesti, e Marco non poteva evitare di pensare che l’atteggiamento della ragazzina l’aveva comunque sorpreso’ non avrebbe detto nascondesse una vena sadica, a prima vista. Mora, minuta, una ventina d’anni’ sul metro e cinquantacinque, fisico snello, vestita di un jeans e una semplice maglia abbondante, dava più l’impressione dell’annoiata da tutto, che’ che della’ curiosa’ ecco, quello era il termine.
Eppure, tant’era, e non guastava, visto quello che aveva in mente’ Con la coda dell’occhio intanto sorvegliava Serena, il suo seguirlo passo passo, a capo chino’ ‘Bene’ pensò ‘si piega, ma fa di tutto per non spezzarsi e rialzarsi’ ma la renderò devota al mio cazzo’ piano piano”
Serena dal canto suo, era frastornata. Si era svegliata convinta dovesse essere un giorno come tanti, e si ritrovava nelle mani di un uomo che stava adesso scegliendo una ciotola per cani’ sul cui utilizzo non c’erano dubbi’ Era stata legata, scopata, ridotta a implorare per godere, spogliata e totalmente sottomessa’ Poi il guinzaglio, la catena’
C’era poi il tocco da maestro di Marco, agire sulle sue voglie represse per far cadere ogni volta le minime difese che poteva opporre’ Infatti, nonostante si andasse oltre la definizione di umiliazione, Marco la rendeva anche estremamente e costantemente eccitata, seppur contro la sua volontà, ma era un fatto che camminasse con un lago tra le cosce.
Adesso seguiva Marco e la stronzetta verso la cassa, conscia del fatto che uscita dal negozio, le sarebbe toccata l’ennesimo passeggiata pubblica a seno quasi scoperto’ Marco non le aveva ancora lasciato un secondo per riprendersi’ la martellava di continuo’ fisicamente, mentalmente’ una morsa, una gabbia attorno a lei che sentiva stringersi sempre più’
Quanto meno, lo spettacolo davanti a Sonia era finito, e magari, non l’avrebbe nemmeno più incontrata’
Sbagliava a non pensare all’assenza di limiti di sadismo dell’uomo.
Giunti alla cassa, Marco pagò i vari articoli, vale a dire il collare, il guinzaglio e in più due ciotole, sceltae davanti agli occhi di Serena, che si era vista tutto il dialogo intercorso tra Marco e Sonia riguardante la grandezza giusta dell’oggetto, svoltosi come se lei non ci fosse.
L’uomo aveva appena riposto il portafoglio, quando si rivolse nuovamente a Sonia.
‘Spero non abbiamo recato troppo disturbo, signorina” disse cordialmente.
‘No’ nessun disturbo’ disse Sonia, poi a voce più bassa, deviando lo sguardo, aggiunse ‘anzi’ è stato’ interessante’
Serena l’avrebbe presa a sberla lì sul posto’ si era divertita, la stronza’ si trattenne’ ormai erano quasi fuori, doveva imporsi’ ubbidienza.
Marco però non aveva finito.
‘Interessante dice? Bene, perché avrei una richiesta in particolare” proseguì lui, serio.
‘Mi dica pure, sono qui per servirla.’ Sonia lo disse in tono quasi fremente.
‘Potrebbe capitare più avanti che qualche impegno mi occupi la giornata, a me e all’altra addestratrice della’ signora’ qui presente” disse Marco, non facendo nemmeno caso alla reazione avvilita di Serena al suono della parola ‘addestratrice”
‘Sì’ se posso fare qualcosa” interloquì la commessa.
‘Appunto’ con la dovuta preparazione, potrebbe darci una mano come, sì, per così dire, una sorta di dog sitter” concluse, con un atteggiamento assurdamente normale, di chi pone una domanda tra le più comuni.
Ma gettò nel terrore la sua preda. Che stava dicendo quel porco?? In quel centro commerciale lei ci lavorava!!! La conoscevano!!! E stava addirittura chiedendo una dog sitter???
Si voltò di scatto verso Marco, che l’attendeva però al varco. Fu lui a dire le prime parole.
‘C’è per caso qualche problema?’ chiese con voce ruvida.
Serena ne aveva di problemi, li sentiva montare dentro, era pronta a urlargli in faccia quello che pensava’ E poi? A parte il piacere dello sfogo, cosa sarebbe rimasto? Cosa sarebbe accaduto? Una punizione esemplare? Marco avrebbe inviato la documentazione a suo marito? Cosa?
Impotenza. Sottomissione.
Ubbidienza. L’unica via.
E lo sguardo così carico di orgoglio’ si spense.
‘No” sussurrò, chinando il capo.
‘Bene.’ Disse lui, tornando a rivolgersi a Sonia. ‘Quindi, signorina, potrebbe dare disponibilità? Chiaramente, il suo disturbo verrebbe ricompensato’ in modo adeguato”
Sonia non finse neanche di pensare.
‘Sì certo! Quando dovrei cominciare?’ chiese tutta eccitata.
Marco sorrise. ‘Con calma’ mi dia il numero di telefono, mi farò vivo senz’altro.’
E ancora Sonia non perse tempo, scribacchiando su un foglietto il numero e consegnandolo all’uomo. Non si poteva nemmeno dire fosse sfacciata, era semplicemente entusiasta’ il discorso era che le veniva data la possibilità di giocare, e giocare pesante, ad avere potere’ non voleva perdere quell’occasione. E poi, il signore era un uomo decisamente piacente’
‘A presto allora, signorina, arrivederci’ e grazie di tutto” sorrise Marco, avviandosi verso l’uscita.
‘Arrivederci e grazie a lei” disse Sonia, abbassando la testa al passaggio di Serena, che l’incendiò con lo sguardo. Piccoli inutili gesti di ribellione.
Tornati nella galleria del centro commerciale, Marco consegnò le due buste con gli acquisti, quelli fatti da Gianni e gli ultimi, nel negozio di animali, alla donna. Lui notava come, tra abbigliamento ed espressione, desse proprio l’idea che lui voleva’ di una donna che ha appena fatto del gran sesso ed è pronta a rifarlo’ E lui stesso, doveva ammettere, era pronto a prenderla lì dove lei si trovava’ beh, ancora un pochino di pazienza’ sorrise, in effetti, lui poteva farsela ovunque e comunque. Solo che la tabella di addestramento andava rispettata’ e lui era un professionista.
Serena era ferma, davanti a lui. Attendeva ordini. Bene, pensò lui, considerando che non faceva un passo senza una sua parola. Si prese un minuto di tempo, prendendo la penna da un taschino e scrivendo alcune cose su un foglietto, che ripiegò, e tenne per sé. Poi si rivolse a lei.
‘Puttana, si torna al mio negozio. Cammina davanti a me, sola.’ Comandò. Un ordine semplice. Eppure, Serena si ritrovò con il cuore in gola’ Erano due minuti di cammino, nulla più, ma ora si rendeva conto di una cosa, e se ne rendeva conto drammaticamente. Farla camminare sola, l’avrebbe esposta a tal punto da farle desiderare che lui le stesse accanto’ Come con Gianni’ Serena era stata umiliata davanti a lui, ma era la presenza di Marco che limitava l’agire dell’altro’
‘Non è chiaro quello che devi fare?’ chiese ancora Marco, spazientito.
Ubbidienza. Al di là di pensieri e tristi considerazioni. Cominciò a indirizzarsi verso il negozio, testa ben eretta e viso serio, a voler almeno simulare un contegno che, tra scollatura e capezzoli così visibili attraverso il tessuto, non poteva pretendere.
Serena avvertiva la presenza di Marco, poco più indietro, ma ancor di più, sentiva le occhiate, più prolungate ed esplicite, adesso che appariva come una donna sola. Un gruppetto di quattro ragazzi sui diciannove anni che stava incrociando lungo la via non nascose i sorrisi sguaiati mentre la fissavano’ né si preoccupò di abbassare la voce per commentare’ ‘Tettona’, l’ovvia parola fiorita sulle loro bocche’
Accusava i colpi’ silenziosa, seria’ guardando tutti e non guardando nessuno allo stesso tempo. Doveva solo sbrigarsi’ Mancava poco al negozio, trenta metri’ venti’
‘Signora?’ si sentì chiamare da dietro. Lei si gelò. Non ebbe il tempo di voltarsi, visto che fu raggiunta al volo dal proprietario della voce’ e dai suoi amici.
Erano i quattro ragazzini che aveva incrociato poco prima. D’istinto, cercò Marco tra la gente. Era poco lontano, braccia incrociate sul petto, che guardava nella sua direzione, fermo.
Serena non capiva. Cosa volevano? Si sentiva in ansia’ aveva visto i loro sguardi poco prima, e sentito i commenti’ esposta a quel modo, si sentiva vulnerabile. Anche se i ragazzi non sembravano ora baldanzosi, ma imbarazzati’ perplessi’ pur passando e ripassando gli occhi sulle sue grazie.
‘Sì’ cosa’ cosa volete?’ chiese, il respiro accellerato.
‘ehm” iniziò quello che aveva davanti a sé ‘un signore ci ha detto di fermarla e” continuò impacciato mentre alzò a livello sguardo un foglietto’ lo stesso che aveva visto nelle mani di Marco qualche minuto prima.
Serena lo riconobbe subito. E l’ansia crebbe.
‘Quindi’?’ chiese rossa in volto.
” ci ha detto di fermarla e di rivolgerle queste tre domande’ lei ci deve rispondere e noi gli diremo cosa ci ha detto” disse d’un fiato il ragazzo.
Lei non riusciva a crederci. Alzò lo sguardo verso Marco, furiosa, come pure implorante’ E lui stava là, stessa posizione, in attesa, ad osservare lei e i quattro ragazzi che a semicerchio le stavano attorno. Lo sguardo di Marco sembrava trasmetterle anche il futuro prossimo, se non avesse obbedito’ Lei. E i quattro ragazzi’ La rendeva quasi isterica la precisione millimetrica della pressione a cui lui la sottoponeva’ Frecce sempre perfette, a colpire il bersaglio, cioè lei stessa’
Ubbidire.
O sarebbe stata offerta ai quattro, ne era certa.
Umiliarsi. Sempre e costantemente l’unica via.
Senza guardare i ragazzi attorno a sé, assumendo un’aria che sapeva di agnello sacrificale, disse un ‘Ditemi” che servì a liberare la spavalderia dei quattro.
‘Roba da non credere’ disse uno di loro.
‘Dai dai, parti, fai le domande, che sono curioso!’ disse un altro.
‘ok ok’ esordì quello che gestiva il foglietto, sghignazzando ‘prima domanda: cosa indossi sotto i vestiti?’
Serena chiuse gli occhi un momento. Non era una domanda, era una sorta di pugno nello stomaco. Deviò lo sguardo verso un punto imprecisato, per non dover guardare in faccia quei mocciosi che traevano divertimento dal vederla a loro disposizione in quell’oscena versione del gioco della verità.
‘Niente” disse in un sussurro.
‘Niente???’ esclamarono insieme i ragazzi.
‘Cazzo, questa non porta neanche le mutande!!!’ esclamò uno, senza curarsi del fatto che erano in mezzo alla gente.
‘Aspettate, aspettate!! C’è la seconda!! Questa è forte!!’ riprese il tipo con il foglietto, mentre Serena sentiva la pelle velarsi di un sudore freddo.
‘Allora, prossima domanda, quando le hanno palpato le tettone l’ultima volta?’ e il ragazzo non si trattenne, ridendo alla fine della domanda, mentre gli altri tre rimanevano attentissimi, nell’ascolto e nello spogliarla con gli occhi.
Serena tremava dalla vergogna. Si disperava ancora per l’essersi messa in una situazione del genere’ un ultimo sguardo a Marco’ il bastardo se ne stava sempre immobile, a godersi la scena’ l’avrebbe preso a calci un giorno o l’altro’ l’avrebbe’ no. Non doveva perdersi nei pensieri’ se esitava, sarebbe accaduto di peggio’
‘quindi’ quindici minuti fa” sussurrò, scatenando un’altra serie di commenti nei ragazzi.
‘Che razza di puttanone” ‘Beato chi ti scopa, tettona”
Lei si mise una mano sul viso, scuotendo il capo’ ancora una domanda’ ancora una e sarebbe finita’
Finita? No’ non sarebbe finita. Avrebbe solo cambiato tipo di tormento, ma non sarebbe finita. Marco la voleva ridotta a schiava, spogliata di ogni dignità’ poteva solo sperare di confinare quel degrado ad ambienti non pubblici’
‘Terza domanda’ che ha scritto qui’ oh! Bella questa!!! Descrivi cosa e come devi chiedere al tuo padrone quando devi andare in bagno.’ e finita la domanda, i quattro la fissarono, frementi.
Serena scosse il capo, disperata. Guardò i ragazzi, che attendevano la risposta’ ma lei si sentiva un blocco al centro dello stomaco’ non riusciva più a proferire parola’
Se ne accorse anche Marco, che si avvicinò, ponendosi dietro alla schiera di ragazzi.
‘Ti hanno fatto una domanda, rispondi.’ Disse all’indirizzo della donna. I quattro lo guardarono un attimo, subito però si riconcentrarono su di lei.
‘io” cominciò Serena, ma quel blocco al centro dello stomaco non se ne andava. Invece della risposta, uscì una protesta ‘Sei solo un pervertito!!’ disse ad occhi lucidi.
I ragazzi rimasero perplessi, ma Marco sciolse subito quella tensione.
‘Domani, se riuscite, ripresentatevi qui alla stessa ora’ avrete altre domande che vi indicherò.’ E la piccola banda si rilassò immediatamente ‘Certo, io ci sono’ ‘pure io!’ disse un altro.
‘Ma’ oltre le domande?? Si può fare altro’ chiese il quarto, baldanzoso.
Marco fissò Serena. E lei comprese l’ovvio’ In lei stava l’essere lasciata completamente in balia dei ragazzini’ si asciugò le piccole lacrime appena affiorate sotto gli occhi e guardò di lato, mentre rispondeva’
‘Io’ io devo inginocchiarmi davanti a lui’ e chiedere il permesso di andare in bagno” disse in un sussurro, lasciando stupefatti i quattro.
‘Ma che troione è questo?’ chiedeva uno di loro.
‘Uno che mi tromberei anche subito’ intervenne un altro.
‘Bene ragazzi, vi ringrazio tanto per la collaborazione. Adesso noi andiamo.’ Disse, cingendo un’avvilita Serena con il braccio.
‘Ma’ ma domani allora, ci troviamo qui?’ chiedeva quello del foglietto, evidentemente eccitato.
‘Certo’ rispose Marco ‘le domande non sono finite’ a presto ragazzi” e si voltò assieme alla donna. Sentiva il corpo di lei tremare sotto le dita, mentre la vedeva mordersi il labbro e voltarsi a controllare che i ragazzini se ne fossero effettivamente andati’
Un minuto dopo, rientravano nel negozio. Paola stava seguendo una cliente, ma indirizzò a Marco un sorriso a piena bocca. Marco guidò la sua preda verso la stanzetta e, una volta dentro, chiuse la porta alle loro spalle.
Serena aveva bisogno di fermarsi’ riposare un attimo’ era sfinita in tutti i sensi e a tutti i livelli. L’ultima esperienza poi, l’aveva lasciata completamente svuotata’ Umiliazioni del genere solo un giorno prima le sarebbero apparse impensabili e inaccettabili, ed invece ora passava da una all’altra in maniera continuativa. Quella stessa stanzetta assumeva ai suoi occhi il ruolo di piccola stanza delle torture’ Quando sarebbe finita la giornata? Erano appena le quattro’ e si rendeva conto adesso che Marco non le aveva neanche concesso il tempo di mangiare’ Era l’ultimo dei problemi, comunque. Lo stomaco le si era chiuso ore prima’
Solo che lo sfinimento le prendeva tutto il corpo’
La giornata non finiva’ senza considerare la cena’ cosa avevano in mente di fare a casa sua? Perché l’avevano costretta ad invitarli’ ?
‘Posa gli acquisti, puttana e inginocchiati.’ Ordinò Marco.
Serena posò le buste a terra, accanto alle altre portate da Paola, poi, con remissione, si inginocchiò. Stordita dall’ultima prova, non opponeva alcuna resistenza’ si limitava ad apprezzare il fatto che almeno lì non c’era altro pubblico’ Rimaneva solo da capire cosa Marco aveva in mente. Il sadico che dimorava in quell’uomo la teneva in un’inquietudine che non si spegneva mai.
Ora lui prese a girarle attorno, con tranquillità.
‘Poche semplici cose, puttana. Hai esitato un po’ troppo oggi, e di questo se ne occuperà Paola più tardi.’
‘Ma’ ma che stai dicendo’ chiedeva lei stupefatta, dalla sua posizione sottomessa ‘mi hai’ ti rendi conto di quello che mi hai costretta a fare? Mi hai esibito come’ come” singhiozzava adesso.
‘Come una puttana? Come una cagna in calore? Tu sei entrambe le cose” diceva lui, continuando a girarle attorno ‘Ed è bene che là fuori se ne accorgano’ del resto, hai tradito tuo marito perché la tua figa ha fame”
Gli occhi di lei si chiusero’ Marco la riportava all’origine, alla sua colpa. La sua condizione era dovuta alle sue voglie. Il senso di colpa. La annichiliva.
Marco intanto proseguiva.
‘Ti ho dimostrato che di te posso fare quello che voglio, in qualsiasi momento. E, allo stesso modo, con il mio permesso, lo può fare Paola.’ Disse, notando come gli occhi di lei si spalancarono, gonfi di paura e di odio, ma notava anche come la donna rimanesse zitta, a subire il suo discorso.
‘Non mi interessa se tu pensi di aver fatto abbastanza. L’abbastanza, lo decido io, e credimi che i miei standard sono molto elevati. Totale ubbidienza. Sempre. Ovunque.’ E a quelle parole si chinò a sussurrarle nell’orecchio ‘Oppure non esiterò a concederti a Gianni, e a chiunque ne abbia voglia”
Parole che sortivano l’effetto voluto’ Serena si irrigidiva, spaventata all’idea di essere usata da chiunque’
‘Ma’ e se’ io posso, sì insomma, vuoi soldi? Posso pagarti se mi lasci in pace, se dimentichi tutto” chiese sottovoce.
Lui rialzò, riprendendo a camminarle attorno.
‘Soldi? Dici che mi mancano? Ricordati chi ti paga lo stipendio’ a proposito, a partire da domani, controllerò io le tue spese.’
‘Cosa? Che stai dicendo?’ chiese confusa Serena.
‘Capirai domani. Come capirai, con le buone o con le cattive, che tu non vai in bagno se non ti do il permesso. Tu non mangi, se non te lo dico io. Tu non godi, se non hai il mio permesso. E’ tutto chiaro?’
‘Non’ io sono una persona e’ ahi!!!’ gemette Serena, quando lui la prese per i capelli.
‘Sì? Sei una persona? Vediamo subito allora.’ Disse lui. Poi fu un attimo. La costrinse ad abbassare la testa fino a terra, tenendole però il culo ben in alto. Fatto questo, le abbassò d’un colpo la gonna.
‘Allarga le cosce, persona.’ Disse con tono duro.
Serena respirava affannosamente, sapeva di aver sbagliato ancora, ma non si aspettava di trovarsi nuovamente e così presto con la figa a sua disposizione. La stimolazione al negozio di animali era stata prolungata e, nonostante l’episodio con i ragazzini, si sentiva vulnerabile in quanto ad eccitazione.
‘Ahiiaaaa!!’ urlò, quando uno schiaffo le raggiunse il culo
‘Cosce aperte, ho detto, persona.’ Ordinò spazientito Marco.
E lei eseguì, sentendosi bruciare il punto in cui era stata colpita. Sentiva ora una mano di lui sul collo, a tenerla giù, mentre l’altra iniziava a frugarla’ e si maledisse’ perché senz’altro il porco trovava fin da subito i residui della manipolazione di mezz’ora prima’
‘Ma sentila, la persona, non riesci proprio a stare asciutta” la schernì lui, infilandole tre dita dentro.
‘OHHHHH!!!’ Serena scrollò il culo, quasi a volersi liberare di quella mano, ma questa volta non erano i tocchi leggeri che miravano a fala impazzire lentamente. Marco stantuffava veloce, a fondo, riportandola rapidamente ad ansimare sotto i suoi colpi.
‘Sme’ smet’ Bas..ta!!’ di nuovo i lamenti, di nuovo il contrasto tra il lamentare e l’iniziare a muovere il culo in sintonia al dentro e fuori delle dita di Marco. E il colare. Lei stringeva le palpebre, a cercare di escludere il rumore della sua figa, che agognava l’orgasmo.
‘Sentila’ sentila la persona come cola sulla mia mano… senti’ cos’è, dignità della persona questa?’ continuava lui, sempre dicendo quella parola come se stesse sputando qualcosa di disgustoso dalla bocca’ e nel frattempo la vedeva sempre più al limite’ eccola’ ecco la bocca della sua preda che si spalancava pronta all’urlo liberatorio’ e tolse le dita.
‘Bastardo!!!!!! Sei un pezzo di merda!!!!’ urlò Serena, scrollando il culo frustrata, tentando di divincolarsi da quella presa sul collo che la schiacciava viso a terra.
In quel mentre, aprì la porta Paola. Un’altra donna sarebbe rimasta colpita, o quantomeno perplessa dalla scena. Paola invece sorrise.
‘Oh! Ha fatto la cattiva?’ chiese sibillina.
Marco nel frattempo era tornato al gioco perfido dello sfiorare senza penetrare’
‘Decisamente’ figurati che ha detto di essere una persona…’ disse fissando quel corpo che non smetteva di agitarsi e contorcersi sotto la sua morsa.
‘Mamma mia’ no no Sere, queste sono parole brutte, sai?’ disse avvicinandosi.
‘St’ stronza’ s-sei una S” niente. Non riusciva a finire una frase. Marco sapientemente gestiva i suoi tocchi per spezzare ogni suo dire.
‘C’è nessuno di là?’ chiese lui a Paola.
‘No, al momento no.’ Rispose l’altra, fissando con voglia la donna ai suoi piedi.
‘Sbrighiamoci allora, presentiamogli il suo nuovo amico. Per un’ora potrai gestire tu.’ Sentenziò lui.
Il sorriso di Paola era adesso quello del serpente. ‘Con piacere” disse, recandosi ad una delle buste che lei stessa aveva portato al mattino. Prese un oggetto, poi tornò vicino a Marco.
Serena sentì la presa al collo sparire, e la voce di Paola che chiedeva ‘dove lo vuoi?’ e Marco che rispondeva ‘altezza cagna.’ Non capiva, non le interessava. Disperatamente, voleva solo godere in quel momento.
La mano di lui di nuovo nei capelli, la guidava a camminare a quattro zampe verso il muro, dove attendeva anche Paola. Era costretta a capo chino, vedeva solo i piedi dei due, e le sue mani che alternavano i movimenti in quell’umiliante passeggiata. Capiva che la punizione sarebbe stata esemplare’ infatti Marco non le diede l’ordine di togliersi la camicetta, provvide lui stesso a sganciare i due bottoni e a sfilarla brutalmente.
Tre secondi dopo, ancora Marco su di lei, a metterle il collare con il guinzaglio, e consegnare un capo di esso a Paola.
Nuda. Alla catena. Una condizione appena subita, una condizione a cui era impossibile abituarsi. Non con due sadici attorno a lei. Non per una donna che fino a poco prima era stata assolutamente padrona di sé stessa. Alzò gli occhi, affranta.
E lo vide.
Era un dildo a ventosa, rosa, attaccato al muro. Di dimensioni medie, un quindici centimetri per due. Pronto per lei, a quanto pareva.
‘Che’ che volete farmi ancora” chiese lei in un sussurro, costretta a guardarli dal basso verso l’alto.
‘Te lo spiego subito. Quello è il tuo miglior e amico ora, e lo devi tenere sempre lucido.’ Disse Marco, portandola a girarsi con il taglio rivolto verso il dildo.
‘Voi non siete normali’ voi siete pazzi!!’ disse al limite del pianto.
‘Bah! Secondo me, Sere, tra poco la penserai in maniera diversa” le sorrise Paola. Marco invece si chinò accanto a lei. ‘Lucido’ ricorda’ ogni volta che io controllerò, voglio vedere il tuo nuovo amico contento’ e lui è contento quando è pulito pulito’ lucido, appunto.’
‘Io’ ma che ho fatto per meritarmi questo??’ singhiozzò Serena.
‘Nulla. Ma è meglio toglierti subito certe idee dalla testa, cara la mia persona. Mi raccomando, lucido non vuol dire godere’ solo io posso dirti quando puoi venire’ e per ora, non ne hai il permesso’ Ma vedrai che Paola provvederà a spiegarti come funziona per benino”
Si rialzò, e guardò Paola. ‘Un’ora. Sai come la voglio. Una ricompensa la riceverai stasera. Con questo, avrai anche il bonus.’
Paola era raggiante, ma scattava anche la sua deferenza ‘Sì, signore.’ Rispose. E Serena, seppur ridotta al guinzaglio, non poteva fare a meno di notare come Paola si muovesse molto liberamente, ma poi mostrava un che di sottomissione verso di lui’ indubbiamente, però, al di là di Marco, Paola voleva usarla come e più di lui’ e lo sguardo da fiera della foresta non poteva che confermarlo’
La temeva’ temeva quegli occhi che mostravano quanto fosse pronta a farle di tutto’ a maggior ragione ora che Marco stava uscendo dalla stanza, generandole ancora quella sensazione’ verso il suo aguzzino’ astutamente l’uomo creava in lei l’assurdo bisogno della sua presenza’ lui la teneva nella gabbia’ lui garantiva un’assurda sicurezza’
Marco uscì, chiudendosi la porta alle spalle. E a conferma dei suoi timori, Paola mutò il sorriso in uno sguardo duro’
‘ora si comincia, gran signora” e la prese per i capelli, facendola indietreggiare a forza, fino ad avere la figa a contatto del dildo’
Sentendolo, Serena tentò di ritrarsi, senza però nemmeno tentare di alzarsi, cosa che le sarebbe stata comunque impossibile, adesso che Paola aveva accorciato la catena. E fu con quella che la donna dette uno strattone significativo.
‘uno” disse semplicemente’ e Serena andò nel panico. Umiliazione, degradazione’ ma anche la vergogna di cose assurde’ una donna che la schiavizzava, tenendola al guinzaglio, la richiesta di impalarsi da sola’
‘due” continuava Paola’ e peggio ancora’ quanto poteva andare avanti senza perdere di nuovo il controllo’ era stata stimolata a più riprese’ ed ora’ ed ora’ Paola contava’ e se fosse arrivata al tre’
Piano’ se si fosse mossa piano, forse avrebbe conservato la lucidità’ forse’
Lentamente cominciò ad andare indietro’
‘a-ah-ahhh” sospirò quando l’oggetto iniziò a farsi strada dentro di lei. Non faceva certo fatica ad entrare, la lubrificazione era abbondante, e lei a occhi chiusi fece entrare i primi due centimetri con estrema facilità e, doveva ammetterlo, con involontario piacere’ tanto da cercare di procedere’
Ma la catena la trattenne. Paola la bloccava.
‘No no no’ per ora tieni pulita la punta’ avanti e indietro solo con un pezzettino, gran signora” le disse chinandosi davanti a lei, il viso a tre centimetri dalla sua faccia.
Lo sguardo di Serena era sì carico d’odio, ma si stemperò subito in una smorfia di piacere, quando cominciò ad eseguire quanto le era stato ordinato’ Avanti’ lentissima’ indietro di pochissimo, a prenderne solo la punta’ piano’ piano’ poi ancora’ e ancora’
Sentiva la figa pulsare. Si odiava per questo. Lei stessa diveniva una volta di più l’avversario più terribile’ guardava Paola, pronta a dirle ciò che pensava di lei, ma le parole venivano affogate dal piacere, dalla voglia’ per tre volte aveva tentato di impalarsi di più, ma la donna che teneva il guinzaglio l’aveva sempre bloccata’
‘Allora, gran signora, ti piace il tuo nuovo amico?’ chiese divertita Paola.
Serena stringeva le labbra, mentre proseguiva l’oscena masturbazione. Non voleva darle la soddisfazione di sentirla rantolare.
‘Uh, gran signora, siamo silenziose’ vabbè, pazienteremo, vedrai che poi mi parlerai” e detto questo, si posizionò al suo fianco, tirando la catena, in modo che il corpo di Serena fosse costretto ad inghiottire due centimetri in più di quel cazzo finto.
‘Ahhh’ n-non” niente, non riusciva a dire niente. Però riusciva ad aumentare il ritmo’ o meglio, non poteva farne a meno’ le labbra si dischiusero’ gemiti sommessi iniziarono a susseguirsi’ la catena le imponeva di prenderne ben meno di quello che desiderava’ e non si accorgeva che la lucidità che avrebbe voluto mantenere, se n’era già andata’
Avanti, indietro. Avanti indietro. Veloce, veloce. Piccole gocce precipitavano dalla sua figa verso le piastrelle’ voglia’ tanta’ da soddisfare’ subito’
Un tirare della catena, continuo ed inesorabile, che le faceva perdere piano piano il contatto con il dildo. E Serena che puntava mani e ginocchia per resistere a quel tirare. Aveva bisogno’ tanto’
Uno strappo deciso, e la sua figa fu vuota.
Uno sguardo furioso verso Paola, che contraccambiò con un sorriso sadico e tornò a chinarsi davanti a lei.
‘Questo era solo l’assaggino, gran signora” le sussurrò piano.
Non fu l’odio, ma la frustrazione a portarla a sbagliare.
‘Fottiti, stronza!’ sibilò Serena.
Paola si erse in tutta la sua altezza, l’espressione da predatrice in viso.
‘Tra un’ora, ti garantisco che striscerai ai miei piedi.’ Disse secca.
Poi si mise dietro di lei, guinzaglio in mano, le riposizionò il dildo sul taglio, e con un gesto secco, la tirò indietro, facendo sparire tutta l’asta di gomma dentro il ventre di lei.
‘ODDDDDDDDDDDIIIOOOOO!!!’
L’urlo di agonia dovuta al piacere, riempì la stanzetta.
Capitolo 8.
Serena rimaneva impalata, fremente, rendendosi conto di essere eccitata allo spasimo e, purtroppo, di esserlo davanti a Paola’ non voleva assolutamente concederle di vederla ancora implorare, ma le stimolazioni continue la stavano trascinando oltre ogni sopportazione’
Pur non volendo, pur rifiutando l’idea del bisogno dell’orgasmo, si spostò in avanti di pochissimo, pronta a impalarsi nuovamente’
‘No, gran signora, immobile adesso.’ Le ordinò Paola, occhi che scintillavano. Ed era ovvio’ aveva al guinzaglio la sua preda, nuda, angosciata dal piacere mancato e dal fatto che doveva sottostare ai suoi ordini’ Naturale che fosse al settimo, anche se si sentiva a sua volta incendiare tra le cosce’ ma per lei, l’attendere era una delizia’ presto sarebbe giunto il momento della ricompensa, e si sarebbe sfogata per bene. Intanto si crogiolava guardando la donna davanti a lei, esasperata da quell’ultima imposizione, lo stare immobile’
Serena, con mezza asta dentro, la guardò implorante. La furia era già svanita, cancellata dal bisogno di scorrere avanti e indietro’
‘Non’ posso’io” singhiozzava disperata.
‘Oh! Le è tornata la voce!’ sogghignò Paola ‘Devi sforzarti, gran signora’ sai qual è il problema? Ne hai troppo dentro” e detto questo, tirò la catena, riportandola ad avere solo mezzo centimetro dentro di lei.
Serena piangeva apertamente ora, pur tirando facendo forza sulle ginocchia per ritrovare l’intera penetrazione.
‘Sei’ sadica!!’ esplose, rinunciando al tirare e ricadendo sui gomiti, faccia a terra. Si sentiva sfinita, pur con l’eccitazione a livelli incredibili.
‘Sadica? Per così poco, gran signora? Guarda che so essere molto peggio” e lo disse mentre staccava il dildo dal muro e lo riattaccava al pavimento, davanti al viso della donna. Usò ancora il guinzaglio per imporle di alzare la testa.
Serena aveva gli occhi stravolti, ancor di più ora che si ritrovava il cazzo finto davanti al suo viso, inequivocabilmente pronto per un altro tipo di servizio’
‘Su, gran signora. Marco lo vuole lucido. Cinque minuti di riposo alla tua bella fighettina’ non vogliamo che tu goda fuori programma eh, quindi, lavori il tuo amichetto di bocca. E lo voglio lucido fino in fondo. Non vorremmo fare arrabbiare Marco” E si posizionò ritta, avendo cura che il dildo fosse tra i suoi piedi divaricati. L’effetto era quello voluto’ Paola se la godeva un mondo a vederla alzare la testa, così prostrata davanti a lei, così indicibilmente sottomessa’
‘Paola’ che senso ha farmi tutto questo’ non hai un briciolo di” stava dicendo Serena.
‘No, non ce l’ho.’ Tagliò corto la donna ‘e se fossi in te, non mi perderei in chiacchiere. Marco passerà di sicuro a controllare.’
‘Non posso’ per favore.’ Implorò ancora Serena.
‘Succhia. Ora.’ L’espressione di Paola rasentava la pura cattiveria adesso, e Serena seppe che non c’era spazio per qualche forma di pietà’ Un ultimo sguardo al dildo’ vi si avvicinò piano’ la bocca vicino alla punta’ che si aprì.
Cominciò prendendone un pezzetto, un centimetro di quell’oggetto in cui riconobbe anche il gusto dei suoi umori’ ad occhi chiusi faceva un lieve su e giù impacciato, dettato da una vergogna che non le lasciava scampo.
Fu la mano nei capelli di Paola a farle capire che non bastava. La afferrò saldamente, e a forza, guidò un su e giù dapprima energico, poi profondo’ ogni volta che Serena si chinava sul dildo, Paola la teneva giù un paio di secondi più del necessario’ saliva andava così ad aggiungersi a saliva, visto la profondità dell’ingoiare che l’altra imponeva’
‘Così, gran signora’ diceva la sua aguzzina, continuando a dettare i ritmi del succhiare ‘dato che con questa bocca ci faranno di tutto, è meglio che ti abitui” e spingeva, a fondo, la testa di lei.
Per tre volte Serena fece lo scatto improvviso, semi soffocata, facendo fuoriuscire il cazzo dalla bocca e tossendo saliva, ma sempre Paola la riprendeva al volo e la obbligava a riprendere il pompare’ Il risultato era un pavimento reso viscido sia sotto la sua figa, che attorno alla base del dildo’
D’improvviso, entrò Marco. Serena poteva solo intuire che fosse lui, la posizione prona non le permetteva di vedere oltre le sue scarpe’
‘Allora, come lavora la persona?’ chiese a Paola.
‘Direi chela stiamo ridimensionando un pochino’ forse, se glielo chiedi, non sarà più così piena di sé da definirsi persona” disse sorridendo la donna, alzando di colpo la testa di Serena, per farle guardare direttamente Marco, che si chinò accanto a lei.
‘Cosa sei?’ le chiese Marco, fissandola negli occhi.
Serena si rendeva conto di essere stata spogliata di ogni dignità’ era inutile mostrare una qualsiasi forma di orgoglio’ assecondare. Ubbidire. Totalmente.
Questo voleva. Questo otteneva. Sempre.
‘Una putt’ puttana” disse piano.
‘La mia puttana.’ Precisò Marco.
‘La’ la tua puttana” singhiozzò Serena.
‘Eppure mi avevi detto di essere una persona’ ma sbagliavi, vero puttana?’ rincarava lui, passandole un dito lungo il viso.
‘Io’ sì’ sbagliavo’ adesso’ posso riposare’ per favore” chiese disperata Serena.
Marco si rialzò. Prese le polsiere dalla scrivania e fece un cenno a Paola, che fece inginocchiare Serena, tirandola per i capelli. Marco non trovò opposizione da parte della sua preda, quando le congiunse dietro la schiena e le legò assieme.
‘Torno di là’ disse Marco rivolto a Paola ‘continua come ti ho detto.’ E fece per andarsene.
‘Io’ ti prego Marco’ ho detto quello che volevi, ti scongiuro!’ diceva Serena, inginocchiata, cercando compassione.
Lui sorrise.
‘Dire è un conto’ quello che pretendo è molto, molto di più. Paola, la voglio in calore.’ E se ne andò, chiudendo la porta.
Serena si afflosciò sulle ginocchia, a capo chino. Implorare, scusarsi’ nulla, non serviva a nulla. Ed ora sentiva di nuovo la mano di Paola tra i capelli’ la strattonava, lasciando per un attimo il guinzaglio che ciondolava tra i suoi seni’ lei era costretta a muoversi sulle ginocchia, e la destinazione la conosceva’ ecco’ Paola la posizionava a due centimetri dal fallo di gomma’ con un piccolo tocco del piede sulle cosce le imponeva di divaricare le ginocchia’
E poi si piazzava, guinzaglio in mano, a due passi di distanza’ a contemplare’
‘Difficile talvolta dover attendere” pensava Paola, guardando Serena, deliziosamente nelle sue mani’ Nuda e splendida. Legata, inginocchiata e quindi meravigliosa. Al guinzaglio e pronta all’uso’ divino’
La lingua passò sulle labbra, golosa, prima di parlare.
‘Ricominciamo la pulizia, gran signora. Ora ti abbasserai, e scoperai per bene il tuo amichetto. Quando dico di fermarti, lo farai uscire. Senza se, e senza ma. Il godere non è una scelta tua. Chiaro?’
Serena la guardava sconcertata. Giocavano a farla impazzire, tra le tante cose’ sessualmente, era stravolta, un gioco perverso del genere, l’avrebbe fatta precipitare nel baratro. E gli occhi di Paola’ passavano famelici sul suo corpo’ cosa voleva ancora da lei’
Temeva la risposta’. Perché inconsciamente, la conosceva’
Paola era in attesa. E lei era senza possibilità di scelta.
‘Sì” bisbigliò.
‘Comincia, gran signora. Giù, subito.’ Ordinò Paola.
Serena non potè far altro che obbedire’ scese lentamente’ nonostante le mani legate, fu un attimo farlo entrare, mentre l’espressione del viso diveniva tirata’ era oltremodo bagnata, spinta troppo verso il limite’ Scese fino ad averne metà nella figa’ si fermò un secondo, occhi chiusi frementi, cercando di contenere gemiti che si accumulavano in gola’
‘Tutto, gran signora. Voglio vedere sparire il tuo amichetto, eh.’ Disse Paola, dando un leggero strappo alla catena, per sottolineare l’ordine.
Serena ansimava, mentre proseguiva la discesa’ lenta’ lentissima’ ogni millimetro era un’agonia di piacere. Ma l’ordine era chiaro’ e le rimbombava nella mente’ non godere’ non godere’
‘Ah’ahhh” le uscì dalle labbra, quando l’ebbe preso tutto. Tremava. E gocciolava. Lo sentiva lungo l’interno coscia, sentiva il lago che si formava dentro lei’ Controllarsi’ muoversi lentamente’
Paola sorrideva . Vederla nel disperato tentativo di contenere le emozioni’ di controllare con la mente ciò che il corpo chiamava a gran voce, beh, dava quel tocco in più’ per meglio dire, un’altra difesa di lei da mandare in frantumi’
Lasciò andare il guinzaglio, che ricadde tra le tette di Serena, e appoggiò le mani delicatamente sulle spalle della preda’ Il piacere di vederla ritrarsi leggermente’ le dava fastidio essere toccata da un’altra donna, ma la predatrice era ben sveglia dentro Paola’ fece scivolare lentamente le mani verso i capezzoli’ lievissima’ per poi prenderli tra pollice e indice’
‘N-n-non’ toc’ armi’ t-ti p-prego” mormorava Serena. Uomo o donna, il suo corpo era una corda di violino pronta a saltare’ se si fosse concessa il lusso di godere, se gliel’avessero permesso, cosa sarebbe accaduto? Marco era stato intransigente in modo assoluto su quel punto’ ma Paola voleva a tutti i costi renderle un inferno ogni secondo’
‘Non penserai di riposare, gran signora’ qui si fa allenamento” disse la predatrice, iniziando a tirare i capezzoli verso l’alto, obbligando Serena a seguire il movimento’ lentissimo’ un millimetro alla volta’ la faceva impazzire, rompeva quel flebile auto controllo’ resistere’ rifiutare il godere’
Ma come poteva farcela’ Paola adesso alternava delicatamente il suo comandare tramite i capezzoli’ su’ giù’ su’ giù’ e lei soccombeva’
‘Io’ miodio’ miodio’ sto” era vicina’ disperatamente vicina’
E il tocco sui capezzoli divenne assurdamente doloroso, e la obbligava ad alzarsi sulle ginocchia quel tanto che bastava a fare uscire il dildo dalla figa.
‘NOOOOO!!!! Basta torturarmi!!!!’ urlò Serena. Ma non per il dolore. Tentava adesso di rimettersi a cavalcioni del fallo, sembrava realmente impazzita. Con rapidità Paola riprese il guinzaglio, cortissimo nelle sue mani’
‘No” diceva mentre l’altra si contorceva’ ‘No no no’ ripeteva, con il tono di chi sgrida una bimba capricciosa’ ‘Non mi dire che ho rovinato qualcosa”
‘Stro’ stronza maledetta’ man’ mancava’ poco’ poco” le sputava in faccia Serena, gli occhi infuocati.
‘Davvero, gran signora?? Scusami’ non me ne ero accorta’ ma conosco io un metodo per portarti un passo indietro, prima di ricominciare” e tenendola stretta per la catena, diede un ceffone sul seno sinistro della sua preda.
‘Ahiaaaaa!!!’ urlò Serena, presa totalmente di sorpresa.
Immediatamente, fu raggiunta dal secondo, sempre sullo stesso punto.
‘SMETTILA!!! Ti prego bastahhhhhh!!!’ urlò ancora al terzo. Ora ansimava, arrendevole, sempre inginocchiata e chinandosi leggermente in avanti, quanto il guinzaglio le permetteva.
‘Bene, gran signora’ possiamo riprendere ora.’ Disse Paola, riposizionandola sul cazzo finto.
‘T-tu mi v-vuoi tor’ tormentare” disse tra gli ansiti Serena, preparandosi alla nuova impalata’
‘Dai, su’ magari è l’ultima volta”la scherniva l’altra, quasi con tono dolce’
‘AHHHHDDDIOOOOOO!!!’ gemette Serena, quando Paola la rispinse giù, fino in fondo.
‘Su gran signora’ è quasi finita” disse ancora la sua aguzzina, e Serena la guardò stravolta.
Dopo mezz’ora, gli orgasmi mancati erano sette.
Quando Marco aprì la porta, fu colpito per prima cosa dai profumi’ di bagnato, di figa’ netti, nell’aria’
Poi si concentrò sulle due donne.
Paola lo guardava, trionfante. Teneva il guinzaglio, mentre ai suoi piedi, Serena era chiaramente stata interrotta mentre leccava il dildo. Il viso era stravolto, il respiro accelerato. Era visibilmente sudata’ nell’insieme, Serena era nella condizione che lui aveva chiesto’
In calore.
Marco si avvicinò, e prese in consegna la catena da Paola ‘Molto bene. Sono soddisfatto.’ Disse.
‘Grazie signore. Passo di là?’ chiese la donna, contenta.
‘Sì, dieci minuti e arriviamo. Intanto ho sistemato il video dove la puttana implora per essere scopata, l’ho inviato anche sul tuo cellulare, casomai avesse qualche problema con la disciplina, in futuro”
‘Benissimo signore. Vado.’ Disse, passando nel negozio.
Appena fu uscita, Marco si chinò davanti a Serena, la prese per i capelli, facendola inginocchiare.
‘Mi sembri sfinita, puttana’ o ti devo chiamare persona” chiese sorridendo.
Serena era ben oltre la vergogna ormai. Che l’insultasse come voleva, che la degradasse pure’ al momento desiderava solo una cosa’ poi avrebbe avuto il tempo di pentirsene, ma adesso il suo corpo prima, e la mente poi, focalizzavano solo un bisogno’
‘Sono’ quello che vuoi’ posso” chiedeva a occhi chiusi.
‘Sì? Puoi cosa, puttana?’ la istigava Marco.
” bagno’ andare in bagno’ sola” e strinse le palpebre chiedendolo’ sapeva di umiliarsi, ma aveva necessità, doveva toccarsi, assolutamente’
Il sorriso di Marco si allargò. ‘In bagno sola’ e come mai, puttana?’
Serena si morse il labbro. ‘Ho bisogno di fare pipì’ e”
‘Uhm’ no no, se non sento la verità , non posso concederti così tanto, puttana” disse lui, passandole il dito lungo il collo.
Serena adesso lo guardava, disperata. ‘Per favore’ ho solo bisogno’ io” tergiversava, ma quando quelle dita scesero lungo il seno, a prenderle il capezzolo, rinunciò ai giri di parole’
‘Ho bis-bisogno’ di toc-carmi” e lo disse con occhi lucidi. La resa era stata data.
‘Toccarti? Non mi sembra si dica così’ riprova” continuava incalzandola lui, ora avvicinando la bocca a quelle tettone così ben esposte’
‘Cazzo, ho” un sospiro, mentre lui passava la lingua sul seno’ ‘ho’ bi-bisogno di’ mast-masturbarmi!’
Marco sospese il suo leccare.
‘No.’ Disse semplicemente.
‘Perché’ dio perché??? Ho fatto di tutto, di tutto!!!!’ piangeva lei, senza curarsi che il suo disperarsi davanti a lui era per chiedere l’umiliazione totale’ era giunta a chiedere il permesso di masturbarsi’
‘E’ già previsto come e quando godrai oggi’ non sei libera di scegliere, puttana. Ma se hai tanta voglia di cazzo” e lasciò la frase in sospeso, mentre la liberava dalle polsiere. Serena, ricadde a quattro zampe, mentre Marco prendeva una sedia e si accomodava davanti a lei.
Serena alzò il capo, e vide come lui teneva le gambe divaricate, le braccia incrociate sul petto.
‘Su, puttana. Tiramelo fuori.’ Ordinò Marco, con assoluta calma.
Lei scosse il capo, in un ‘no’ che sapeva di avvilimento’ eppure si mosse, facendo strisciare il guinzaglio sul pavimento. Le mani le tremavano, mentre slacciava il bottone dei pantaloni’ poi fu la volta della zip’
Ed ora esitava’ il fiato corto. Un’agitazione la scombussolava’ non voleva servirlo, ne detestava l’idea, e quello concorreva a renderla così elettrica. Ma c’era poi l’altra parte’ l’avevano portata così al limite che solo l’idea di cazzo la rendeva disposta a tutto’
Alzò gli occhi’ l’espressione di Marco era di chi non avrebbe atteso oltre. Lentamente, scostò il bordo delle mutande’ E lo prese in mano, per farlo uscire. Lo mollò subito, appena l’ebbe estratto.
‘Passami il guinzaglio, puttana.’ Ordinò Marco, e lei eseguì, con angoscia crescente. Non c’era tregua, mai.
Marco prese il capo che le tendeva la donna, e immediatamente ridusse la catena a venti centimetri, tirando il viso di lei tra le sue gambe, il viso a pochissima distanza dal suo cazzo duro.
‘Perfetto puttana. Guardalo, guardalo per bene. E nel mentre, masturbati i capezzoli. Solo quelli.’ Le disse, soddisfatto della reazione di delusione che le lesse in volto’ Ciò nonostante, Serena portò le mani ai suoi chiodini, duri all’inverosimili e, considerava lui vedendola sospirare , sensibili come non mai’
‘Accarezzali per bene, puttana’ le diceva guardando quelle labbra a breve distanza dal suo cazzo ‘proprio come te li lavoro io”
E lei eseguiva, ogni carezza, una fitta di piacere. Erano da sempre stati un punto particolarmente sensibile del suo corpo, ma ora Serena capiva quanto potevano diventare tortura’ li rigirava tra le dita, accarezzando, stringendo piano’ lasciandosi rubare la mente’ non importava a chi apparteneva il membro che aveva davanti alla faccia, la sua figa non aveva occhi’ solo bisogno’ troppo’
‘Dunque puttana, mentre ti diverti’ disse sarcastico lui ‘ti spiego alcune cose, che serviranno a partire da questo momento e sempre. Primo, il tuo cellulare lo gestiamo noi”
Serena ebbe un sussulto. Il cellulare! Dov’era adesso?? Erano ore che per forza di cose non lo guardava’
‘Ma’ i-io” voleva chiedere, ma senza interrompere l’accarezzarsi, non riusciva a formulare la frase completa.
‘Non interrompere, puttana. Noi decidiamo a chi rispondi, chi chiami e tutto il resto. Abbiamo già provveduto a spulciare bene bene anche quello’ trovando interessanti spunti” disse con un ghigno.
Serena non riusciva ad immaginare cosa potessero aver trovato’ lo teneva abbastanza pulito, il marito non controllava mai, ma non si poteva mai sapere’ a cosa alludeva quel bastardo?
‘Seconda cosa. Il mercoledì è il tuo giorno libero. Smetti pure di prendere impegni. Lo passerai sempre con me.’
Lei recepiva, come frustate quelle parole. Il problema era l’eccitazione’ recepiva, annuiva sottomessa, senza realmente rendersi conto di quanto la sua vita stava finendo interamente nelle mani di Marco’ E intanto gocciolava’ i capezzoli bruciavano sotto le dita’ e un cazzo era lì’ a pochi centimetri’
‘Terzo punto. Al mattino verremo a prenderti noi a casa, per venire a lavorare, e verrai sempre riaccompagnata da noi. Chiaro?’ Chiese lui secco, iniziano a passarsi la mano sul cazzo, un gesto che fece provocò una velocissima leccatina sulle labbra da parte di Serena’ che riscuotendosi, disse un semplice ‘s-sì”
‘Quarto punto. Non che mi preoccupi, visto che il cornuto non sa apprezzare una puttana come te, ma non dovrai mai più essere penetrata da tuo marito. E credimi che non sarai mai fuori dal mio controllo, riguardo a questo”
‘M-ma’ ‘ iniziò a dire Serena ‘m-mi’ mi s-stai chiedendo’ Mar’ Marco’ io” farfugliò, rossa in viso, occhi fissi sul menare di lui.
‘Non devi preoccuparti. La useremo così tanto che neanche ti passerà per la testa di farlo con lui. Io decido chi può ficcartelo dentro.’ E detto questo, diede uno strappo al collare, tirandola ancor di più verso il suo cazzo. Guinzaglio in una mano, con l’altra la prese per i capelli e si posizionò la bocca di lei sul membro.
Sorpresa da quella foga, Serena puntò le mani sulle gambe di lui, per cercare quantomeno di limitare quello che non era un pompino, ma uno scoparle la bocca. Difatti Marco ad ogni affondo le spingeva la testa a fondo, impedendole di deglutire’ la saliva colava, mentre lui aumentava la velocità, incurante dei gemiti soffocati di lei’
Un minuto dopo, le portò il capo all’indietro e, mentre lei tossiva, le venne sul seno. Stremata, Serena ricadde nuovamente a quattro zampe. Istintivamente, si guardava attorno per cercare qualcosa con cui pulirsi’
‘Spalmatelo bene su quelle tettone, puttana. Devi sapere di me. Sempre.’ Sentenziò Marco.
Ai suoi piedi, Serena non potè far altro che eseguire. Serrando le palpebre, si passò una mano sul seno, fino a che non ebbe spalmato tutto il seme dell’uomo su di sé’Nel mentre, si rendeva conto di cosa gli aveva annunciato per il futuro’ Le stava rubando nuovi pezzi di vita, un altro giro di vite, un’altra stretta alla gabbia’ Lo odiava’ lo odiava con tutta sé stessa’ specialmente per quello che sentiva dentro’ la voglia di scoparsi persino lui, pur di mettere fine a quell’eccitazione che non voleva lasciarla’
Sentì le mani di lui sganciarle il collare.
‘Alzati puttana, e rimettiti gonna e camicetta. Avrai fame immagino, dopo questa lunga giornata’.’ Le chiese, sorprendendola. Sembrava quasi dolce nel tono di voce.
‘S-sì, Marco’ non mangio da stamattina” ammise lei.
‘Bene. Vestiti, puttana.’ Ordinò lui.
Serena non capiva’ Non capiva quella piccola attenzione inaspettata’ Fece quanto le era stato detto’ la camicetta, prima, senza osare andare oltre il secondo bottone, poi la gonna’ mentre considerava quanto si sentisse gonfia e pulsante tra le cosce. Aveva bisogno di venire, aveva bisogno di una doccia, aveva bisogno di stendersi e riposare’
Non osava però aprire bocca e chiedere’
Quando fu pronta, i due uscirono dalla stanzetta. Qualche cliente, ovvi sguardi verso di lei. Ovvio sorriso di Paola, da dietro il bancone.
Marco si avvicinò, seguito da Serena.
‘Mamma mia Sere, che profumino di buono sento” disse lei, facendola arrossire violentemente.
‘Si può sempre fare meglio.’ Disse Marco, tranquillo. ‘Hai preparato il computer?’ proseguì, riferendosi al piccolo portatile che aveva immortalato Serena qualche ora prima.
‘Certo’ rispose Paola ‘non rimane traccia di nulla. Il video integrale l’ho messo al sicuro per noi’ Poi l’ho predisposto per la connessione’ insomma, è pronto.’
Serena ascoltava, senza parole. Stavano allestendo il reale collare che la teneva sottomessa’ raccoglievano e catalogavano per bene tutto quello che serviva per tenerla in pugno.
‘E il cellulare della puttana?’ chiese ancora lui.
‘Sistemato. Hai i due programmini che avevi chiesto’ uno la segue passo passo, e possiamo sapere sempre dove si trova, l’altro monitora il suo traffico telefonico, chiamate sms e, ovviamente, il programmino speciale per il gioco’ contenta Serena? Possiamo sapere sempre dove sei e con chi parli’ non che resterai spesso da sola, comunque.’ Concluse la donna, guardandola.
Serena non capiva più nulla. Non potevano essere arrivati a tanto! E cos’era il gioco??
‘Ma’ cosa state dicendo?? Voi pretendete di avermi a disposizione sempre??’ riuscì a non urlare, visto la clientela presente, ma era esterrefatta. Stavano dimostrando un’assoluta determinazione nel volerla come schiava, sempre e ovunque!
Marco fece un sorriso disarmante.
‘In effetti, puttana, è così. Tu mi appartieni. Ma ovviamente, puoi andare fin da subito. Chiaro che appena rifiuti, tuo marito riceverà tutto il materiale, del tuo amichetto di chat, degli altri amici con cui giocavi virtualmente, i commenti che facevi di tuo marito’ poi il video dove implori di essere scopata da me’ E se non sbaglio, Paola è pronta a riferire di quanti altri ti sei fatta qui”
‘Ma’ ma non è vero!!’ esclamò Serena, disperata.
‘Beh’ credo che poco importeranno le tue parole, dopo quello che il maritino si troverà davanti’ ma forse, sarà comprensivo’ ‘
Serena si prese il volto tra le mani’ poi li guardò’ ‘quello che mi chiedete è pazzesco”
Marco la fissò, duro.
‘Chiedere? Io non chiedo, ottengo. Questo è quanto. Hai finito adesso, puttana, o vuoi ancora farmi perdere tempo?’
Gli occhi di Serena vedevano i panorami futuri’ controllata, in modo assoluto, usata a piacimento. Vedeva insomma un inferno, fatta di una ragnatela dov’era stata invischiata’ il ragno era Marco, che giocava con lei, con le sue voglie’ con la sua vita’ Quello che non riusciva a vedere, era una via d’uscita.
‘Va bene” sussurrò’
‘Bene, perché è ora che tu mangi, mia cara puttana. Non sei contenta?’ chiese lui.
Assecondare. Ubbidire. ‘S-sì, certo Marco”
‘Però, prima di andare, ti manca ancora qualcosa’ Paola, preparala.’ Stabilì Marco.
‘Certo, vieni qui, gran signora, dietro al bancone, in piedi.’ Le disse sorridendo.
Serena eseguì, piena di angoscia. Era semi nascosta ai clienti, ma non aveva la minima idea di quello che la donna voleva ancora farle’
‘No” bisbigliò, quando sentì la mano di Paola risalirle da dietro, lungo le cosce’ Cercò anche di serrarle, quando la sua aguzzina iniziò a forzarle il taglio per far entrare qualcosa’
‘Ma ch-che fai’ no’ nooo!!!’ gemeva Serena, mentre Paola spingeva, non vista un oggetto dentro di lei’
‘Ferma’ ferma che ti fa solo bene, gran signora’ ecco, entrato!’ disse trionfante. In effetti, il piccolo cilindretto di plastica era penetrato in lei facilmente, visto il lago che si portava dentro’
‘Che’ che cosa’ diomio’ ma che avete fatto?!?!’ chiese sconcertata.
‘E’ un gioco molto simpatico’ e’ un modo di renderti più veloce nell’ubbidire, puttana.’ Le disse Marco, che nel contempo, prese un piccolo telecomando dal bancone, spingendo un tasto.
‘ohhh!!!’ esclamò Serena, piegandosi leggermente sul bancone. L’oggetto che aveva dentro aveva preso a vibrare. Marco sfiorò ancora il telecomando, e la vibrazione cessò.
‘Ora sei pronta puttana. Prendi con te il cellulare e il portafoglio, ti serviranno.’ Disse, e Paola prontamente tese gli oggetti a Serena, che aveva un’espressione incredula.
‘Seguimi.’ Ordinò ancora Marco, con il consueto gesto di battere la mano sulla gamba.
E Serena cominciò a comprendere che il pasto avrebbe rappresentato una nuova agonia’ ai primi due passi, un lieve gemito le sfuggì dalle labbra’ il cilindretto che portava nella figa, anche se spento, stimolava comunque il suo piacere, già portato ad alti livelli’
Ogni passo diveniva così una prova’ doveva concentrarsi per non ansimare, e senz’altro Marco lo sapeva bene, visto che teneva un’andatura veloce, uscendo dal negozio. Lo raggiunse con fatica, rendendosi conto che per quante volte affrontasse la gente della galleria, non si abituava mai a quell’imbarazzo generato dal suo essere così esposta’ e nemmeno le persone attorno rimanevano indifferenti’
C’era poco da fare’ una scollatura del genere, su un seno come il suo, calamitava gli sguardi. L’aspetto stravolto poi non faceva che accentuare quell’aria da donna da sbattere’ senza contare l’odore che si sentiva addosso’ di lui, del suo sperma’ E la vergogna saliva in forma di rossore sul suo viso. Anche per la paura adesso di incrociare persone che avevano potuto in qualche modo giocare con lei’ Gianni, Sonia, i quattro ragazzini’
Sì, Marco tesseva una rete’ dove lei si ritrovava sempre più circondata da persone che l’avevano vista in situazioni più o meno oscene e umilianti’ non osava pensare ai giorni a venire’ la costante tensione a cui sarebbe stata sottoposta anche solo per passeggiare lungo il centro commerciale’
Lo stimolo continuo. Lo sentiva, tra le cose. Fortunatamente, Marco si era già fermato, davanti ad uno dei bar del centro, quello più vicino al negozio, un ambiente piuttosto grande, con tavolini, ma anche cinque panche da sei persone a spalliera alta, addossati al muro, che riempivano il muro davanti al bancone. Un locale dove spesso anche lei consumava qualche caffè. Certo’ era una fortuna fossero già arrivati, per quello che segretamente portava nella figa’ non per come era vestita e per il fatto che conosceva il gestore del bar, Enrico, e la sua compagna, Sandra che spesso gli dava una mano come banconiera’
Che avrebbero pensato a vederla così’ ovvio, quello che pensavano tutti’ che era in cerca di cazzo’
La vergogna. Marco l’aveva resa sua stretta compagna di vita in poche ore’
Lui ancora non entrava. Si voltò invece a guardarla.
‘Entra, e vai a sederti nell’ultima panca in fondo, rivolta verso la galleria. Ordina un toast e un qualcosa da bere. Tieni il cellulare a portata di mano. Io ti raggiungerò tra poco, puttana.’ Disse, e la lasciò lì senza dare altre spiegazioni.
Non le rimase che procedere’ il posto era poco affollato, nonostante ciò, occhi ammirati la osservarono mentre sfilava per raggiungere il tavolo. Si sedette, lieta di essersi tolta dal centro dell’attenzione.
Non trovava però pace. Il corpo estraneo che si portava dentro si faceva sentire ad ogni movimento’ non con scariche di piacere assoluto, ma indubbiamente la manteneva calda’ e soprattutto, ad agitarla, c’era il pensiero dei progetti di Marco’ dove fosse ora, cosa pretendeva di nuovo da lei’ e le nuove regole che aveva stabilito per la sua vita futura.
Cellulare sotto controllo. Il fatto che sarebbero passati loro a prenderla al mattino. Giorno libero totalmente nelle mani dei due bastardi. E’ niente più penetrazioni da parte di suo marito’ non che accadesse spesso’ ma’ Volevano lei. Dentro e fuori. Totalmente.
‘Serena, buon pomeriggio!’ disse Enrico, richiamandola dai suoi pensieri.
‘Salve Enrico’ ho’ un po di appetito” disse con un sorriso imbarazzato e tenendo le braccia incrociate sul petto per cercare di nasconder almeno in parte le sue forme.
‘Spara pure, quello che vuoi.’ Si mise a disposizione lui, gentile come sempre. Si era sempre dimostrato un bravo ragazzo, da quando lo conosceva, come del resto Sandra, la sua ragazza, anche se lei tendeva ad essere più acida.
‘Un toast, e un succo di frutta all’ananas, per cortesia.’ Ordinò, e lo vide scrivere veloce, e andare a passare la consegna a Sandra.
In quel mentre entrò Marco, che si posizionò ad un tavolino all’inizio del locale, in contatto visivo con lei, a quattro cinque metri di distanza. Serena non si spiegava perché la lasciasse sola. Lo vide solo armeggiare con il telefono.
E sul suo, arrivò un whatsapp’ ‘Rialzati, e siediti a diretto contatto con la panca. Niente gonna tra la tua figa e il legno.’
Bastardo. La voleva controllare pur facendola stare sola. Un ordine che non sarebbe nemmeno stato difficile, se non fosse stato per quel colare che sentiva’ questo la portò ad esitare’
‘uhh!’ le sfuggì dalla bocca il gemito. Il cilindro vibrava’ e l’effetto si faceva sentire fin da subito’ era troppo carica per tentare di simulare indifferenza’ doveva ubbidire, ovviamente, e subito’ e sperare che’
Veloce, appena fu sicura che nessuno guardava, si alzò quel tanto che bastava per togliersi la gonna da sotto il sedere’ E persino l’effetto della pelle nuda sul legno lucido le rimandò una scossa di piacere’
La vibrazione si placò, lasciandola comunque provata. Guardò Marco, tra l’implorante e il rabbioso’ Lui, espressione che pareva quasi annoiata, la fissava di rimando. Fu l’arrivo di Enrico con il succo a distrarla.
‘Ecco qui Serena, fresco fresco. Tutto bene in negozio?’ chiese discorsivo, da buon gestore.
‘Grazie, sì e-ehhh” fece decisa un piccolo scatto in avanti, sentendo la vibrazione riprendere. Le mani si attaccarono al tavolo, rivelando ad Enrico lo spettacolo della sua scollatura. Serena, intanto, era nel panico, dovuto al piacere montante.
‘Serena, tutto a posto?’ chiedeva Enrico, non perfettamente in grado di evitare sguardi sulle tette di lei.
‘s-sì’ io’ s-solo’ un’ un po di’ s-stan-chezza” disse, e tornò a guardare Marco, che seduto a gambe accavallate si godeva lo spettacolo.
‘Capita, quando si lavora tanto.’ Disse Enrico, sorridendo, e, fortunatamente per lei, allontanandosi.
E la vibrazione, che la faceva gocciolare direttamente sulla panca, si fermò. Purtroppo, chi continuava a vibrare era lei. Quel nuovo gioco iniziato da Marco, la lasciava senza fiato. Il bastardo adesso poteva decidere di spingerla al massimo e di farla godere anche lì, senza alcun preavviso. E se realmente lui avesse deciso così? Se veramente l’avesse fatta godere davanti a tutti’ con la voglia che si sentiva, non osava pensare a quale figura avrebbe potuto fare’
Il segnale di un nuovo whatsapp. Marco, ovviamente.
‘Ti devi far dare il numero di telefono di Enrico. E deve capire bene perché lo vuoi. Fai vedere bene quanto sai essere puttana.’
L’orrore di dipinse sul viso di lei. Era impossibile chiederle anche questo! Era un bel ragazzo, per carità, ma non poteva fare quei giochetti lì, a pochi metri da dove lavorava! E in più, con la compagna di lui presente!
‘Non posso! Non posso fare una cosa del genere!!’ scrisse di getto come risposta.
Non passarono nemmeno dieci secondi, e il cilindretto si attivò. Serena strinse istintivamente le cosce, sentendo la vibrazione che cambiava di velocità’ da blanda, cresceva velocemente di intensità, per divenire poi un pulsare che la squassava’
Il problema era che non riusciva più a stare ferma’ il corpo ondeggiava avanti e indietro’ e quel piccolo vibratore insisteva, insisteva’
‘Oddio’ oddio” mormorava piano, cercando di non farsi sentire da nessuno’ ma mancava poco’ se Marco non spegneva quel dannato affare, l’avrebbero sentita eccome’
Sapeva l’unico modo per fermarlo’ sapeva dipendeva da lei’ il piacere la stava sovrastando’
La mano corse al cellulare, le sfuggì una prima volta, poi lo riagguantò e veloce scrisse ‘ok’, senza nient’altro, non riusciva ad articolare i movimenti. Inviò.
E la vibrazione cessò ancora, lasciandola ansante, la mano sugli occhi, nel tentativo di ritrovare un minimo di calma. Che non giungeva’ Era seduta ormai sui suoi stessi umori, colava, e l’imbarazzo era accresciuto dal fatto che dentro di lei si andava convincendo che tutti potevano intuire cosa stava passando anche solo guardandola in faccia’ Come si poteva non notare quanta voglia avesse in questo momento?
E ancora Marco scriveva.
‘Per la tua esitazione, dovrai anche fargli capire PERFETTAMENTE che non porti reggiseno.’
Ancora la mano sugli occhi, dopo aver letto’ e ancora sotto l’umiliazione dell’esporsi, come pure tornava alla mente il numero di scelte possibili’ zero’
E Sandra stava passando il toast ad Enrico, che adesso veniva nella sua direzione.
‘Ecco qua Serena, buon appetito.’ Disse sorridendo.
‘Ehm’ Enrico” bisbigliò lei, rossa in viso.
‘Sì, dimmi pure’ si soffermò lui, poggiando le mani al tavolo, in attesa. Poteva essere cortese e sapeva stare al suo posto, ma era un fatto che l’occhio inevitabilmente cadesse sulle forme di lei’
‘Io” ricominciò Serena, lanciando un’occhiata a Marco, che la stava fissando fermo come una statua di marmo ” io ‘ mi chiedevo’ sì insomma, se tu potessi’ vorrei il tuo numero di telefono”
Ecco. L’aveva chiesto. Abbassò gli occhi subito dopo, sprofondando nella vergogna. Però anche lui sembrava veramente imbarazzato, e abbassò la voce a sua volta.
‘Ehm’ Serena’ non so se sia il caso, sai, Sandra è piuttosto gelosa di queste cose’ ma’ per cosa ti servirebbe?’ chiese lui, che in altre occasioni non avrebbe nemmeno pensato a doppi fini da parte di lei, ma vedendola vestita così, il dubbio si mescolava a segreta speranza.
Serena aveva un groppo in gola’ di parole non ne venivano più’ ma sapeva anche che di esitare non se ne parlava’
Il corpo di Enrico la celava agli occhi della sua compagna, così iniziò posando un dito sul bordo esterno della camicetta’ lo fece scorrere fino al profilo del seno’ e alzò il tessuto’
Enrico rimase folgorato dalla visione di quella tetta stupenda’ sormontata da un capezzolo eretto, da passarci la lingua per ore’ Inghiottì, dimentico di dove si trovava. E stupido lui, che aveva sempre visto quella donna come una santarellina’
Un colpo di tosse alle spalle di Enrico, che ebbe l’effetto di congelare l’uomo e di far saltare il cuore in gola a Serena. L’unico che segretamente si divertiva era Marco, che da principio aveva visto la sua puttana obbedire in tutto e per tutto a quello che le era stato richiesto, e che ora si gustava la scena di Sandra che, pur non avendo visto la scenetta, non apprezzava affatto quella complicità tra i due’
Bene, pensava lui, ogni tassello andava al suo posto’ per il resto, occorreva solo un po di tempo’
Vedeva intanto Sandra con una scusa riportare il compagno al bancone e dargli un’occhiata pesantissima’ mentre la sua puttana, costernata e avvilita piluccava il toast, guardando unicamente il tavolo. Più che bene’ ottimo. Più avanti, con Sandra avrebbe parlato lui’
Ma adesso era tempo di chiudere la faccenda’ mancava il numero di telefono’ ma, a quanto pareva, mentre Serena pagava il toast al tavolo in quel momento, Enrico passava un foglietto’
Difatti, Marco non sbagliava’ Serena aveva teso i soldi ad Enrico, che prendendoli, le aveva fatto ricadere nella mano il numero, fregandosene a quanto pareva della possibile furia della compagna, se l’avesse beccato’ E Serena non sapeva se essere contenta per aver raggiunto l’obbiettivo, o essere disperatamente a terra’ del resto, ora un altro uomo era appena stato convinto da lei stessa del fatto che fosse una puttana in piena regola’
Non ebbe il tempo per pensarci’ un nuovo messaggio di Marco.
‘Alzati ed esci, puttana.’
Lei non perse tempo, e si alzò veloce, lasciando sul tavolo toast e succo consumati a metà. Veloce’ troppo.
Sentiva il cilindro, la stimolazione’ ogni movimento la rendeva liquida’ Camminò piano quindi per raggiungere l’uscita, passando davanti al banco con un saluto rapido, a cui Enrico rispose languido, ma Sandra’ aveva occhi di fiamme’
Serena abbassò la testa, e raggiunse Marco, già nella galleria.
‘Fammi’ Mar-co’ Fammi to-gliere questooonhh!’ un urletto’ il bastardo aveva acceso e spento velocemente’ un’altra dimostrazione del giogo che aveva messo su di lei.
‘Puttana, per il momento il cilindro resta dov’è. Piuttosto’ a che ora torna a casa quel cornuto di tuo marito?’ chiese duro.
Serena sentiva una fitta a sentire quelle parole’ il sentire offendere la persona che aveva sposato’ ed era stata lei a permettere tutto questo’ lei e solo lei’
‘Alle sette” sussurrò piano.
Marco sorrise ‘Ottimo. Allora è il momento di avviarsi a casa tua. Voglio studiarmela, prima della cena, e prima che arrivi quell’imbecille che hai sposato.’
Lo sguardo di Serena si fece carico di rabbia per un attimo. Lui estrasse il piccolo telecomando dalla tasca, in modo plateale, così che lei lo vedesse bene’ e disse ancora ‘Quell’imbecille che hai sposato. Problemi, puttana?’
Sconfitta, lei abbassò lo sguardo.
‘Immaginavo, puttana. Ora andiamo, abbiamo tanto da fare” e si incamminò, con lei che lo seguiva, torturata passo dopo passo dal vibratore che urlava la sua presenza tra le cosce’
Non finiva’ quell’inferno non finiva’ anzi, si spostava direttamente nella sua casa.
Davanti a suo marito.
Capitolo 9.
‘Passiamo un secondo lì davanti, allungami il computer, Paola.’ Stava dicendo Marco al telefono.
Serena gli stava dietro, assolutamente remissiva. Giunti alla porta del negozio, trovarono Paola, con il pc in mano e la sua borsetta.
‘Allora ci vediamo più tardi Marco, appena chiudo arrivo. Cosa devo portare?’ chiedeva, tendendo il computer all’altro.
‘Tutto, non si sa mai cosa ci può servire” rispose Marco.
Paola si avvicinò a Serena, consegnandole la borsetta e prendendole il mento tra due dita ‘Ciao gran signora, ci vediamo più tardi’ e come ci vedremo” le disse con un ghigno.
Serena scosse il viso, ad allontanare quelle dita, che tanti tormenti le avevano già generato.
Paola non se la prese ‘oh, non preoccuparti, dopo non potrai sfuggire’ ciao cara.’ Le disse. Serena si sentì gelare a quelle parole. Marco riprese ad avanzare verso l’uscita, e lei svelta si mise al passo. Guardava solo avanti’ in poche ore, quel luogo era diventato fonte di potenziale imbarazzo ovunque’ Uscire’ sarebbe stato un toccasana ora, se non fosse stato per la prospettiva’
Nessuna tregua. Marco non ne concedeva. Si era approfittato di lei, l’aveva sporcata con il suo seme, se l’era fatta nel senso più stretto del termine, aveva lasciato che altri giocassero con lei e con la sua dignità’
Ma niente bastava. Nel mentre uscivano dal centro commerciale, tentava di prepararsi all’inattendibile. Ovviamente senza riuscirci.
Raggiunsero l’auto di lui, che aprì le serrature. Una volta saliti, Serena lo vide trafficare con il navigatore’ le venne quasi un sorriso isterico quando vide con quanta facilità impostava lo strumento sull’indirizzo di casa sua’ Marco sapeva tutto’ controllava tutto. O meglio, controllava adesso la sua vita, un pezzettino di più ad ogni istante che passava.
Se pensava ai suoi errori, dovuti realmente ad una fame sessuale che l’aveva presa ad un certo punto, poteva comprendere il pagare’ ma a quel modo’ totale, senza limiti’ Marco non si accontentava di scoparla, no’ voleva tutto di lei. E quel rapporto con quella bastarda di Paola poi’ che si stava rivelando una pervertita assatanata’
Pensava, mentre si avvicinavano a casa sua, distante non più di dieci minuti dal centro commerciale. Marco fece l’ultima svolta, all’interno del quartiere tranquillo dove viveva lei, e si fermò al civico esatto. Fino a quel momento era rimasto in silenzio, quasi come se lei non esistesse.
‘Eccoci qui’, disse parcheggiando addossato al marciapiede, davanti alla villettina a schiera di lei. Una bella casetta, constatò lui, con un giardinetto ben curato antistante, una proprietà confinante con due case laterali.
Serena era tesa allo spasimo. Per quanto avesse cercato mentalmente di prepararsi a quel momento, non era riuscita a calmarsi’ Erano lì, davanti a casa sua’ Marco stava per invadere il luogo dove viveva con suo marito, e lo invadeva forte del fatto che possedeva tutti i suoi segreti e che poteva di nuovo abusare di lei con un semplice schiocco di dita’ lì, dove aveva costruito gran parte della sua vita’
Tesa’ tesa’ allungò la mano verso la maniglia, per scendere.
‘Aspetta, puttana.’ Disse lui, fermandola.
Lei lo guardò incerta, senza parlare.
‘Passami le chiavi di casa, puttana.’ Le disse, secco.
Serena aprì la piccola borsa, frugò un attimo, e una volta trovate, gliele tese.
‘Bene, poi domani provvederò a farne alcune copie, per me, Paola’ e a chi ne avrà bisogno.’ disse ancora lui, quasi pensieroso. Serena deglutì. C’erano risvolti a cui non aveva minimamente pensato. Tipo quello.
Marco le stava dicendo che praticamente lui e chissà chi altri potevano accedere a casa sua quando volevano’ tra le sue cose, quando più gli garbava’ era inaccettabile’. Doveva adesso scegliere bene le parole, mentre lui aveva già aperto la portiera per scendere.
‘Marco’ non mi sembra il caso, sì insomma’ mio marito, o anche i vicini, se vedessero gente che entra e esce” farfugliò lei, nel tono più umile che potesse trovare.
Un sospiro di Marco’
‘Parli ancora come se tu potessi decidere qualcosa” disse scrollando il capo lui, in una sorta di piccolo e stanco rimprovero. La mano nella tasca’ il telecomando adesso in mano’
Serena impallidì. ‘No, non qui! Entriamo in casa prima, ti pregooohh!!!’ concluse con un gemito, piegandosi in avanti, sotto il riaccendersi del cilindro vibrante. Sguardo a destra e a sinistra, mentre non riusciva a stare ferma sul sedile’ gente che passava lì a canto, passeggiando, obbligandola a contenere ciò che voleva esplodere’ vibrava, stimolava’ la rendeva liquida’
‘M-marco’ bast’ta! Oddiooo’ no’ non’ n-on speg’ spegnere” disse all’improvviso lei, sentendo nuovamente l’orgasmo alle porte’
Ma lui aveva progetti diversi. Spense il cilindro, con un tocco.
Serena appoggiò la fronte al cruscotto, ansimando a bocca aperta, le braccia a circondarsi il ventre’
‘Vedi cosa intendevo, puttana. Tu non decidi nulla, assolutamente nulla. Ora scendi.’ Ordinò lui, smontando dall’auto.
Serena impiegò qualche secondo a ritrovare le forze, poi fece quanto ordinato. Si appoggiò alla macchina, mani incrociate sul petto’ tutti la conoscevano, e lei si stava presentando in quel modo e con un uomo accanto, davanti a vicini che si erano sempre dimostrati fin troppo ficcanaso’ non doveva farsi notare’ ripartì veloce verso la porta di casa, attraversando il piccolo giardino.
Marco la seguiva con assoluta calma e quando raggiunse la donna davanti alla porta, lei si accorse che aveva con sé il pc. Brutto segno. Poi, con un gesto da padrone, Marco prese la chiave e aprì la porta, con Serena alle spalle., che la richiuse immediatamente.
Lui si voltò subito verso di lei, serissimo, mentre lei sentiva quanto quel bastardo influisse su di lei in un modo subdolo’ si sentiva infatti a disagio anche dentro la sua stessa casa’ senza ordini, nemmeno lì riusciva a muoversi con disinvoltura. Era nelle sue mani, ovunque.
‘Nuda, puttana. I vestiti proprio non ti servono ora.’ Disse lui.
Non che si aspettasse niente di meno, ma per Serena era sempre fonte di estremo imbarazzo e di tremore spogliarsi davanti a lui, che pure l’aveva già usata a più riprese. Non osava però nemmeno esitare, non lì, se in pubblico lui non si era fatto problemi, in privato come avrebbe potuto punirla’
Iniziò quindi a togliersi gli abiti, sotto lo sguardo attento e impenetrabile di Marco. Lui non poteva che ammirare quel corpo’ l’aveva posseduto, l’aveva sporcato, l’aveva umiliato’ ma non gli bastava mai’ Di donne ne aveva avute ben più di parecchie, ma già con l’arrivo di Paola aveva cambiato marcia’ Il concretizzarsi del potere su Serena, aveva dato la definitiva stura alla sua personalità. Scoparla, umiliarla, degradarla’ beh, sotto ogni aspetto, tutto gli dava estrema soddisfazione. Decisamente, l’avrebbe portata oltre la schiavitù e di sicuro, non l’avrebbe mai fatta uscire dalla sua gabbia.
Serena finì di togliersi gonna e camicetta. Marco represse un sorriso nel vederla riporre gli abiti ordinatamente sul mobiletto d’entrata, per poi coprirsi con mani e braccia alla bell’e meglio’ Una puttana che non smetterà mai di vergognarsi davanti a me’ pensava ancora Marco’
A Serena non sfuggì quello sguardo di scherno, che presagiva una perdita di pazienza da parte di lui’ lasciò ricadere le braccia lungo i fianchi, esponendosi davanti a lui, con gli occhi che si facevano lucidi’ Pensava di leggere un che di approvazione in Marco’ nulla. Rimaneva impassibile, semmai, duro.
‘Ora mi fai fare un bel giro di questa casetta’ però a quattro zampe, puttana. Quando ci sono io, tu sei la cagna qui. O vuoi forse dirmi che sei una persona?’ chiese infine lui, avvicinandosi di un passo.
Serena si morse il labbro. Era nuda davanti a lui, e non gli bastava. Più giù. Era quello il senso costante di tutto’ più giù, sempre più giù’
‘No” bisbigliò lei, chinandosi sulle ginocchia, e assumendo la posizione.
‘Bene, puttana, fammi strada, e attenta a non gocciolare in giro” disse lui, pc sempre in mano, ammirando quel culo e quella figa luccicante totalmente in vista. Serena non replicò, conscia dell’umido che si sentiva tra le cosce’ nonostante tutto, lo stimolare continuo di tutta la giornata, più il cilindro, facevano in modo che il corpo aggiungesse vergogna a quella che già provava’
Degradata in quel modo, si mise in marcia, lentamente, su mani e ginocchia, guidandolo lungo il salotto, non grande, ma carino, con il suo tavolo robusto da sei posti che campeggiava al centro, un divano, con un bel tavolinetto antistante, e mobili in arte povera che legavano con il tavolo. Serena procedeva, silenziosa, attraversando una porta, che li introdusse nella cucina, non piccola, all’americana, con tanto di penisola che fungeva da piano di lavoro.
‘Quella porta, dove dà, puttana?’ chiese Marco, che si studiava ogni angolo della casa.
‘S-sul retro’c’è un piccolo giardino” disse piano lei.
Lui l’aprì, e controllò l’esterno. Ambiente curato, con un gazebo in legno, con tanto di tavolo e sedie. Più in fondo, una sorta di rimessa per gli attrezzi. ‘Ottimo’, pensò Marco, richiudendo la porta.
‘Proseguiamo puttana.’ Le disse, attendendo fosse lei a fargli strada’ c’era poco da fare, Marco ostentava freddezza, ma quelle tettone che oscillavano ad ogni passo della sua cagna, gli procuravano un’erezione da primato’ ‘al tempo’ si disse ‘tra poco”, si ripeteva, imponendosi pazienza’
Dal salotto, un piccolo corridoio portava al bagno, decisamente carino, con tanto di doccia ampia, ma pure la vasca da bagno, splendente. Serena lo guidò poi ancora verso l’ingresso, alla base della scala’ e li si fermò, a testa bassa. Non sapeva cosa doveva fare’ a quattro zampe non poteva salire’ e Marco apprezzò nuovamente quel suo attendere ordini’ una puttana, certo, ma che un po alla volta imparava’
‘Alzati, puttana. Per questa volta le farai in piedi. Abbiamo fretta, e tante cose su cui riflettere, prima che arrivi l’imbecille.’
Serena si rialzò piano, sentendosi ancora bruciare per le offese gratuite che il bastardo rivolgeva a suo marito’ anche se’ no. Era vero’ non la scopava abbastanza da lungo tempo, e’ magari’ forse’ se lo meritava e’ no! No! Doveva stare attenta’ il gioco di Marco, la sua trappola mentale’ la voleva guidare a quel convincerla inconsciamente’ no. Non poteva caderci.
Si incamminò lungo la scala, ben conscia dello spettacolo che offriva’ C’era poi il cilindretto’ spento, ma specialmente salendo faceva sentire netta la sua presenza’ Per forza non ritrovava mai completamente lucidità, Marco la manteneva costantemente bagnata, costantemente tormentata’
E poi, quando lui decideva, la portava ad implorare’ a farle fare e dire cose che provenivano direttamente dalla sua voglia’ Un bastardo, un maledetto porco che sapeva sempre dove colpire’ ed ora lo stava portando in visita nella sua casa’ sua? Dio mio’ lui avrebbe abusato anche di quella, avrebbe invaso ogni angolo dell’abitazione come stava facendo con il suo corpo e la sua mente’
Giunsero in cima alle scale, Serena si voltò solo un secondo verso Marco e, senza parlare, capì che doveva tornare nella sua posizione a quattro zampe. Proseguì quindi sottomessa verso un altro bagno, più piccolo, ma sempre ben curato. Marco l’osservò veloce’ tutto faceva tesoro’ e mentre lei si incamminava verso un’altra stanza, capiva anche cosa voleva tenere per ultima, quasi che potesse arrivare chissà cosa ad interrompere quell’umiliante tour’ ma la lasciva fare, tanto la meta finale sarebbe giunta’
Ora un piccolo studiolo, arredato sobriamente, niente di speciale’ molti libri, doveva essere una stanza che usava prevalentemente l’imbecille’
Serena era ferma al centro della stanza’ serviva una spintarella a quanto pareva’
‘Puttana, la camera da letto ora.’ Sibilò lui.
Lei ebbe un piccolo sussulto, ma iniziò a muoversi, ben sapendo che nulla poteva evitare quell’ultima tappa’
Entrarono. E Marco sorrise, visto che trovava il particolare che stava cercando. Letto, armadio, tappeto’ sì, cose normali’ ma era la piccola scrivania alla parete che lo colpiva, proprio di fianco al letto, con il computer portatile sotto carica, e il modem in bella vista. Perfetto, come desiderava lui.
‘Molto bene, puttana. C’è tutto l’essenziale a quanto vedo” disse, dando un’occhiata all’intorno, poi si voltò verso di lei ‘ora monta sul letto, stessa posizione, mentre sistemo il mio pc.’ E difatti lo appoggiava sul cassettone ai piedi del letto, voltandolo verso di lei.
Serena scosse il capo. Un’ora’ un’ora e un quarto al massimo e suo marito sarebbe arrivato’ cosa doveva ancora fare quel bastardo. Si sistemò sul letto, come le era stato ordinato, e osservava Marco aprire il suo piccolo pc e armeggiare’ ‘No” sussurrò, vedendo che stava approntando tutto per una nuova registrazione’
Marco si voltò verso di lei, e cominciò a spogliarsi piano ‘Puttana, devi capire che sarai molto spesso sotto l’occhio della cam’ ora facciamo un’altra bella registrazione, poi stanotte terrai acceso il tuo computer, direttamente collegato con me.’
Serena sudava freddo. L’uomo che ora le stava davanti, stava finendo di togliersi scarpe e pantaloni, ed ovviamente si stava preparando a divertirsi con lei’ ma era l’invasione che aveva predetto a gettarla nel panico’ aveva detto che lei era sua, e manteneva la parola. La cam accesa di notte’ laddove pensava di avere un minimo di spazio dove rifugiarsi’
Ma non c’era tempo per pensare. Marco si stava avvicinando al suo viso, con solo le mutande ancora addosso’
‘Forza puttana, toglimele” le ordinò, quando fu a due centimetri da lei.
Le lacrime le bagnavano gli occhi ora’ nel suo letto, con un altro, il tutto registrato’ ma come poteva’
E poi sussultò’ la vibrazione era cominciata. Alzò la testa di scatto, e vide quello che non aveva notato prima’ lui aveva il piccolo telecomando in mano’ E certo, così nel video sarebbe risultata infoiata come lui desiderava’
La cosa peggiore, è che Marco otteneva il risultato che voleva.
A chi avesse mostrato il video, avrebbe visto una donna a quattro zampe che agitava il culo, a cosce ben divaricate, con una faccia trasfigurata dalla voglia, che ora avvicinava la mano alle mutande dell’uomo che le stava davanti’
‘No, no puttana. Niente zampe. Con la tua bocca da pompinara, me le abbassi” disse Marco, con voce vellutata’ Serena lo guardò un attimo, con disperazione, ma tornava il bisogno, forte, prepotente’
Marco manteneva la velocità del cilindro molto bassa, quel tanto da confonderle la mente, mentre lei avvicinava la bocca al bordo delle mutande’ l’afferrava con i denti, e tirava, gemendo, in giù’ prima da un lato poi dall’altro’ e appena ebbe il cazzo di lui davanti agli occhi, sentì la vibrazione aumentare’
E lei aprì la bocca, a un niente da quel membro, ansimando’
Marco la prese per i capelli, tenendola inchiodata lì, dov’era. Un tocco al telecomando e Serena ebbe un moto di frustrazione’ Aprì e chiuse la bocca due volte’ il culo scrollato con forza, nel tentativo di ricreare il movimento del cilindretto’ e infine cedette’ ‘R-riaccendilo” disse semplicemente, a denti stretti.
Marco sorrise, sentendo sotto la mano il tentativo di lei di spingersi verso il suo cazzo’ la pazienza pagava, infatti, tenendola sempre sotto eccitazione, la vera tortura non era più l’accendere il cilindro, ma spegnerlo’ La mente di lei’ Marco gliela fotteva, con consumata maestria’
‘Senti senti la mia puttana’ ha bisogno di cazzo, o sbaglio” chiese lui, schernendola.
Lei stringeva gli occhi, decisa a non dargli quell’ultima soddisfazione’
‘Ahh’ bastard-do!!’ sibilò però d’improvviso. Marco accendeva e spegneva ora, velocemente, cavando dalla sua gola piccoli gemiti. E lui continuava, divertendosi a vederla combattere con sé stessa’
Acceso’ spento’ acceso’ spento’ mentre la teneva sempre in piena visione del suo cazzo’
Serena artigliava le coperte, ripeteva i suoi ‘no’ all’infinito’ ma si trovava nelle mani di chi sapeva come spezzare le sue resistenze’
Non urlò. Non offese. Non tentò la ricerca di pietà’
Semplicemente, aprì la bocca e con la punta della lingua trovò il membro di lui. Marco sorrise, mentre la guidava nel movimento’ se lo fece lappare dalla base alla punta, sempre fermandola quando tentava di metterselo in bocca’
Frustrazione e voglia avevano il sopravvento’ Serena cadeva’ e cadeva’
‘Cosa’ cosa vuoi c-che faccia ancora” chiese con un tono sia rabbioso che esasperato.
Marco le alzò il capo, tirandola per i capelli’ ‘tante cose, tettona” disse, obbligandola a spostarsi fino a quando Serena non si trovò con la faccia rivolta al suo pc’ Poi fu lui a salire sul letto, e a posizionarsi dietro di lei’ Due dita entrarono nella figa della donna, a recuperare il cilindro’ lo facevano uscire, piano’ per farle sentire ogni millimetro, per vederla una volta di più contorcersi con quel bel culo a cercare anche il minimo contatto, per cercare un orgasmo che la liberasse’
Una volta sfilato, lo appoggiò sulle coperte, mentre da dietro la riprendeva per i capelli’ li tirava, di modo che la webcam del pc potesse inquadrarle perfettamente il viso e le tettone penzolanti’
‘Dillo’ dì che vuoi il mio cazzo nella figa” disse lui, sfiorandole con il glande l’interno delle cosce’
‘M-metti’ mettilo’ n-no’ non’ posso’ posso più” singhiozzava lei, in un delirio che le faceva ignorare dove si trovasse… la registrazione’ e di chi fosse il cazzo che si strusciava contro di lei’ doveva godere, ne aveva bisogno!
‘Dillo, puttana” le bisbigliava ancora lui, prendendolo in mano e passandoglielo sul taglio’
‘Ca-zzo’ metti’ mettimi il c’ cazzo nella figaaaaaaaaHHH ODDDDIOOOOOOO!!!’ urlò, quando lui con una spinta glielo piantò tutto dentro, rimanendo poi immobile, mentre la sua puttana piantava le unghie nelle coperte, pronta a nuovi colpi, che però non giungevano’
‘A’ anc.. cora” ansimò, tentando di impalarsi da sola, ma la stretta di Marco la obbligava a stare ferma.
‘Non muoverti puttana’ ferma” le diceva, vincendo i sussulti di lei ‘ne vuoi ancora quindi’ allora dì per bene cos’è tuo marito” ordinò lui, che sentiva la figa della donna come burro fuso attorno al suo cazzo’
‘p’ per favoree’ m-mar’ marco’ no! No!’ si allarmò lei, sentendolo indietreggiare, pronto ad uscire.
‘Cos’è tuo marito” incalzò ancora lui.
‘I-imbecille’ mio marito’ è’ un imbecille OHHHAAHHHHH!!!!’ urlò ancora, quando Marco lo ripiantò dentro. Di nuovo immobile. Ma questa volta, la diga era ormai crollata. Serena era oltre il delirio.
‘F-fottimi’ t-ti sco-scongiuro’ è i-imbe-imbecille’ n-non mi’ s-scopa’scopa abb..abbastanza!!!’ urlò lei, a beneficio dell’ego di Marco e della cam, che registrava impietosa.
‘Brava puttana’ e adesso, lo stronzo ti scopa per bene” sentenziò lui. Ed iniziò a sbatterla senza tregua. Avanti e indietro, a fondo’ un colpo, due’ cinque’ tutti a pieno cazzo, tutti colpi a toglierle il respiro, fino a farle gridare l’orgasmo, impazzita’ ‘OHHHHSIGNOREEEEEEEEEE!!!!’ e ricadde con il viso sulle coperte, sfinita, gocciolante’ ma nessuna tregua le era concessa. Marco la tirò ancora per i capelli, a farla inginocchiare sul suo cazzo, mentre lui artigliava le sue tette, e spingeva, spingeva, nello stesso modo brutale’ impalava, toccava, le leccava il viso, il collo, le strizzava i capezzoli mentre lei impazziva sotto le sue mani… il culo di lei si dimenava, senza costrizioni, ancora e ancora, fino al nuovo, potente orgasmo’
‘Sto go’ godendo an’ ancooosììììììììììì!’ e si inarcò, mentre rapido Marco le allargava le braccia, per metterla in piena mostra’ E poi fu rapido, a rigettarla a quattro zampe per infilarglielo in bocca, senza cercare il pompino, tenendole anzi la testa bloccata, a fotterla in gola come fosse la sua figa’
Serena non aveva la forza di opporre la minima resistenza e si arrendeva al sentirsi usata proprio come lui voleva’ da schiava, da puttana’ da cagna in calore’ mentre il suo dentro e fuori cresceva d’intensità, mentre comunque serrava le palpebre sapendo che il momento stava giungendo’
Ed eccolo’ glielo piantava fino in fondo’ gli schizzi direttamente a riempirle la gola’ quelle mani che la trattenevano’ e l’unica scelta, l’ingoiare’
Quando Marco la liberò dalla presa, Serena si tolse senza fiato, tossendo lo sperma in eccesso, direttamente sulle coperte. Il primo istinto di lei, fu di passare la mano su quell’umido’ e realizzò’ tutto quanto’ il dopo, tornava ad essere l’atterraggio brutale nella realtà’
Si voltò furiosa, verso Marco, che già scendeva dal letto e raccoglieva il suo pc, nudo com’era’
‘Tu’ porco! Bastardo! E’ questo il gioco?!?! Farmi perdere la testa per poi spingermi a’ a’ questo????’ disse, tornando a quella stupida e inadatta posizione pudica, gambe raccolte e braccia intorno al seno’
Marco si fermò. L’espressione non prometteva nulla di buono, mentre si avvicina di nuovo a lei’ e Serena si pentì subito di quello sfogo, lo comprese, pur cercando di reggere lo sguardo di lui.
Il sospiro di Marco, prima di parlare, era eloquente’ era quello di chi ha tentato di avere pazienza con la stupidella di turno, ma che scopre che è un metodo che non funziona’
‘Vedi, puttana’ iniziò, mentre si fregava le mani una con l’altra ‘quello che non sopporto, sono le intemperanze, e questo già dovresti saperlo’ specialmente da una troia che ha appena goduto come una pazza, e poi tenta di fare la santarellina”
‘Non’ tu! Tu mi porti al limite, solo per farmi apparire come” continuò lei, ed impercettibilmente però si ritraeva’ Marco incombeva su di lei’
‘Al limite? Ancora non hai visto nulla’ ad esempio, non sai quanto mi piacciano le tette rosse” disse lui, gli occhi che si stringevano in due fessure’
‘Che’ che vuol dire?’ chiese lei, guardandosi il seno un attimo’ quando capì, era tardi.
Marco salì sul letto, e rapido, la stese, mettendosi a cavalcioni su di lei, le braccia della donna bloccate dalle sue ginocchia. Serena, già sfinita, fece qualche tentativo per liberarsi, ma era decisamente intrappolata.
‘Fermo Marco, ti prego, ti scongiuro!! Ti chiedo scusa!!! Mio marito sarà qui tra non molto e ahiiiaaaaaaa!!!’ la sberla, secca, fortissima, arrossò immediatamente il seno destro. Serena sentiva il fuoco dov’era stata colpita’ non aveva nulla a che fare con i colpi presi nel negozio’
‘bastaahhhiiaa!!!’ urlò ancora, altro colpo, violento, sul seno sinistro.
Serena piangeva adesso apertamente, mentre i colpi diventavano cinque, sei’ nove’ dieci’ e le tettone, sotto l’occhio attento di lui, mostravano il rossore che ricercava’
‘Le mani mi prudono ancora puttana, hai per caso qualcos’altro da aggiungere?’ chiese lui.
‘no’ no’ ti prego’ fa male” singhiozzò lei.
‘Cosa sei?’ chiese Marco, fregandosi ancora le mani
‘La’ la tua puttana.’ Rispose veloce Serena, ad occhi chiusi.
‘Bene, puttana. Adesso provvediamo a vestirti, visto che l’imbecille arriverà tra poco. Alzati.’ Disse lui, spostandosi dal corpo di Serena e scendendo dal letto.
Serena rimase un momento distesa, poi si rese conto di non poter tardare, se non voleva essere trovata da Stefano completamente nuda con un altro uomo’ aveva solo un’urgenza’ e non c’era più tempo’
Si rialzò, e una volta giù dal letto, si rivolse a Marco.
‘Io’ dovrei’ andare in bagno.’ Bisbigliò.
L’uomo si era già rimesso scarpe e pantaloni. Gli bastò voltarsi e guardare il bel seno di lei arrossato.
Lei capì al volo. Mordendosi il labbro, a capo chino, si inginocchiò’
‘Posso per favore andare in bagno, Signore” chiese mortificata.
‘ok, puttana. Ti ci accompagno io. A quattro zampe, subito.’ Ordinò lui, che rimase a guardarla sospirare, ma, ovviamente, sottostare alla sua volontà. Già la possedeva, in più, in quella casa, stava una volta di più stabilendo l’estensione del suo potere su di lei’
Serena si indirizzò verso il piccolo bagno accanto alla camera da letto, mascella serrata dalla tensione’ come si era ridotta’ nuda a quattro zampe, dopo aver chiesto il permesso di andare nel suo bagno a chi l’aveva appena usata e riempita’ E quel bastardo creava in lei anche l’assurda vergogna del godere’ lo odiava, glielo sputava in faccia quell’odio’ e poi lui la portava a danzare sul suo cazzo, a chiedere di essere scopata’ Le sue debolezze’ i suoi punti vulnerabili’ Marco ci sguazzava e, puntualmente, otteneva tutto ciò che voleva’
Anche ora’ se ne stava lì davanti a lei, a braccia incrociate, mentre lei si sedeva sulla tazza’ almeno si fosse voltato’ no’ gli occhi si facevano lucidi’ la fece e si ripulì alla svelta, atterrita, violentata nell’intimo’
E a parte quello che le aveva appena fatto fare, davanti a lui, Serena necessitava disperatamente di una doccia, per tirarsi via quell’odore di sesso’ di Marco, da dosso’ Non c’era più tempo però. Una semplice doccia’ chissà cosa sarebbe divenuta, nelle mani di quel porco’ Sperava solo che suo marito non si accorgesse di nulla. E forse, quella era la parte più facile’
‘E’ un imbecille’ diceva la vocina nella sua testa’ No! Non doveva soccombere a quei pensieri’.
‘Puttana, in camera, che scegliamo qualcosa da farti mettere addosso” ordinò Marco. Lei non disse nulla e nemmeno si fece la domanda sul come avanzare’ tornò a quattro zampe e lo seguì.
Giunti in camera, Marco si rivestì veloce, mentre Serena attendeva ai suoi piedi. Appena ebbe fatto, spalancò l’armadio, iniziando a controllare il vestiario. Un gesto fatto con assoluta padronanza, che lei visse come un’ulteriore invasione’ le sue cose, oltre che lei, erano a disposizione del bastardo’
E lui prendeva abiti, gli dava un’occhiata, li ributtava nell’armadio, poi ne prendeva altri’ prese poi in mano una maglia larga, a manica corta, leggera, abbinata ad una gonna al ginocchio altrettanto leggera. Gettò le due cose a terra, insieme ad un paio di sandali. La giornata volgeva verso una serata mite, e quegli abiti di certo non avrebbero stonato’ Non erano nemmeno esagerati in quanto all’essere provocanti ma, in assenza di intimo, divenivano assolutamente accessibili.
‘Vestiti puttana.’ Comandò lui.
Serena non se lo fece ripetere, si rialzò e velocemente indossò quanto le era stato messo davanti. La maglia si rivelava parecchio quando si abbassava, e i capezzoli si intuivano perfettamente sotto il tessuto, ma era senz’altro un miglioramento, rispetto alla camicetta’Non potè sentirsi però un attimo sollevata. Marco aveva già in mano il cilindro vibrante.
‘Allarga le zampe, puttana.’ Ordinò.
‘M-ma’ io pensavo che non” balbettò lei.
Lo sguardo di lui fu più che sufficiente. Lei capì che non c’era scampo. Divaricò le gambe e girò la testa di lato, mentre lui provvedeva a reinserire l’oggetto. ‘Ecco” pensava Serena ‘sotto controllo’ sempre’ sempre’ sempre”.
Ed era perfettamente vero. Quel telecomando che lui portava in tasca, rappresentava un sistema di controllo perfetto in qualsiasi luogo si trovassero, e in mezzo a chiunque’ L’ansia di lei era a mille’ Stefano’ non sapeva nulla, e non doveva sapere nulla’ ma che intenzioni aveva Marco?
L’ovvia soluzione stava in lei.
Ubbidienza. E il marito non avrebbe saputo nulla.
Ubbidienza. E forse quella serata sarebbe passata senza tragedie’
Marco raccolse il suo pc, ed assieme scesero al piano di sotto. Lui permise a Serena di mettere nel cesto della biancheria sporca la gonna e la camicetta con cui si era esposta tutto il giorno. Appena ebbe finito, sentì un suono provenire dal suo cellulare. Fu Marco a prenderlo dalla sua borsetta, e a leggere il whatsapp appena arrivato.
‘Ah, è l’imbecille’ tra quindici minuti è qui. Ok’ ecco, può bastare come risposta.’ Disse, rimettendo il cellulare nella borsetta. Poi si voltò verso Serena, in piedi accanto a lui, spaventata da tutta quella situazione.
‘Preoccupata puttana?’ chiese Marco, guardandola.
Lei si tormentava le mani, oltre l’agitazione. ‘Ti chiedo per favore’ non far capire nulla a Stefano’ te lo chiedo per favore” implorò.
Marco le girò attorno, e si posizionò dietro di lei, cingendola con le braccia, le mani che risalivano sotto la maglia, a raggiungerle i seni’ non era mai sazio per quanto riguardava quelle tettone’. Iniziò a stringerle delicatamente, mentre sussurrava all’orecchio di lei’
‘Cosa non devo far capire’ che sei una puttana? O che ti ho appena fatto godere” chiedeva lui, sentendola irrigidirsi sotto le sue mani’
‘Oppure che hai appena bevuto dal mio cazzo? O forse che hai paura che capisca dall’odore di sperma che hai addosso” continuava lui, sentendo i capezzoli della donna indurirsi ancora sotto i suoi tocchi’
Serena tremava ad occhi chiusi, non osava dire nulla, anche perché nulla era possibile replicare’
‘Vedi puttana, ti basterà una semplice cosa’ compiacermi, sempre. Stasera farai da mangiare, servirai a tavola, da brava donnina di casa’ il resto, quello che pretenderò da te, lo capirai lungo la serata’ Oh, quasi dimenticavo’ Paola sarà qui tra un’oretta, le ho detto di chiudere prima”
Un nuovo sussulto nel corpo di Serena, Paola’ quasi aveva dimenticato che sarebbero stati in due gli stronzi quella sera’e nel mentre sentiva i suoi sensi riaccendersi’ Marco non smetteva di stuzzicarla, rendeva ancora i suoi capezzoli troppo recettivi’
Intanto Marco continuava a sussurrarle’ ‘Paola’ devi ricordarti che ha la mia autorizzazione per giocare con te, puttana’ quindi, voglio vederti assolutamente servizievole anche con lei, chiaro, puttana?’
‘S-sì” sussurrò lei, angosciata e calda al tempo stesso. Poi udì il rumore di chiavi nella porta’ Si sganciò rapidamente dall’abbraccio sessuale di Marco, che con un sorrisetto la lasciò andare’ Non aveva nemmeno il tempo di calmarsi, sentiva il suo respiro in pieno affanno’
La porta si aprì.
Stefano entrando trovò sua moglie nell’ingresso, con accanto un giovane che doveva essere appunto il suo capo. Fece un gran sorriso.
‘Buonasera, ciao tesoro.’ Esordì, chinandosi per ricevere un lieve bacio da lei, e tese la mano stretta prontamente da Marco. I due si presentarono, mentre Serena sentiva il cuore a mille.
Marco osservava l’uomo’ la quarantina passata, vestito elegantemente, con una valigetta in mano, che posò accanto al mobile d’ingresso. Piacente, anche se portava addosso quella faccia stanca di chi sostiene tutto il mondo. ‘E imbecille.’ Pensò, considerando che a una tettona come sua moglie serviva altro che un bacetto di saluto’
‘Serena’ disse l’uomo ‘perché non prepari un po di aperitivi, mentre mi sistemo un attimo’ vuoi? Scusami Marco, torno subito.’ Disse, dirigendosi presumibilmente verso il bagno, mentre la moglie si indirizzava piano verso la cucina.
Marco la seguì, mentre sentiva il rumore della porta del bagno aprirsi e chiudersi. La donna stava prendendo una bottiglia di vino bianco dal frigo, per poi appoggiarla sulla penisola, pronta a prendere i bicchieri. Fu più lesto Marco, a prendere lei per le spalle.
Sottovoce, Serena protestò ‘no’ che fai” mentre la sospingeva contro un mobile e le alzava la maglia.
‘Per favore’ tra poco ritorna’ no!’ ma lui aveva già cominciato a leccarle le tette, con avidità. Veloce, famelico’ la protesta di Serena diveniva debole’ la tensione’ orecchie tese a sentire’
Come sentì la porta del bagno riaprirsi, Marco si staccò, posizionandosi ad un metro da lei, visibilmente accaldata, mentre guardando lui si sarebbe visto un’espressione quasi annoiata.
‘Ed eccomi qui’ disse sorridente Stefano. I due chiacchieravano del più e del meno, attendendo Serena che, con mani tremanti, finiva di preparare i bicchieri di vino. Poi si trasferirono nel salotto. Lei a dire il vero stette solo un minuto, visto che doveva preparare, mentre Marco invitava Stefano a parlare’
Serena, dalla cucina, ansiosa e in allerta, lo sentiva porre le domande a suo marito’ domande mirate, a scoprire le abitudini giornaliere in quella casa’
‘Quindi Stefano lavori nell’amministrativo” chiedeva Marco, al che l’altro gli rispondeva affermativamente, e aggiungeva che al mattino visto il traffico, partiva prestino’
‘A che ora?’ chiedeva Marco.
‘Alle sette sono già in partenza, altrimenti non arrivo più.’ Rispose Stefano.
Marco cambiava di continuo discorso, ma pescava sempre quello che gli interessava’
‘Bella casa’ certo, spero non ti succeda come a me, vicini un po’ fastidiosi” diceva Marco, leggero, sorseggiando il suo vino.
Serena, sentiva tutto’ e a quella domanda, drizzò le orecchie’ ‘non dire niente, non dire niente” pregava’ ma suo marito chiaramente non aveva motivo per mantenere il silenzio.
‘Bah, fastidiosi’ c’è qui vicino una donna, abita proprio nella casa accanto, Michela, che Serena proprio non sopporta’ dice che si mette in mostra per me, ma io credo lo faccia con tutti, si è separata da poco, ha un figlio diciottenne’ sì insomma, secondo me sta solo cercando qualcuno a caso’ Però Serena la detesta e Michela lo sa bene, vero tesoro?’ concluse sghignazzando lui, non sapendo che Marco annotava tutto mentalmente’
Lo sapeva però Serena, che si passò una mano sul viso prima di rispondere ‘Sì’ è fastidiosa” disse semplicemente. ‘basta Stefano’ zitto per carità” continuava a pensare’
‘E cosa dovrei dire io, allora’ continuava invece il marito ‘c’è il tizio che abita sull’altra traversa’ ha il giardino sul retro che confina con il nostro’ quello quando vede Serena, le stenderebbe il tappeto rosso ai piedi” disse con un sorriso di compiacimento.
Marco sorrise a sua volta ‘dai, è lusinghiero, è un complimento a te che hai scelto una bella moglie”
‘e difatti la vivo così, mi ritengo fortunato e’ gli altri guardano!’ concluse Stefano.
‘ridi ridi imbecille” pensava Marco ‘ma soprattutto continua a parlare” i suoi occhi furbi se la godevano, quando incrociavano quelli di Serena che faceva capolino ogni tanto’ la donna si vergognava’ ma non solo’ sapeva che lui stava giocando, e giocando bene al gatto con il topo’ e lei non poteva dir nulla per fermare la situazione’
Nel quarto d’ora che seguì, Marco si era fatto dire molte cose, tra un discorso e l’altro’ infatti ora sapeva che lui si addormentava presto, visto che arrivava stanchissimo la sera, mentre Serena stava un po al pc a giochicchiare e che spesso si spostava con il portatile nello studiolo di sopra per non disturbare il maritino che dormiva’ sapeva adesso anche che avevano una casettina al mare, distante un’oretta, dove andavano a rilassarsi saltuariamente’
Informazioni preziose, che lui avrebbe saputo gestire bene’
Profumi di cibarie si diffondevano nell’aria, mentre suonò il campanello dell’entrata. Andò una Serena atterrita ad aprire, seguita dal marito. Doveva essere Paola, immaginava lei’ così che il teatrino sarebbe continuato’
Serena aprì. E restò di sasso.
Aveva sempre visto Paola sul posto di lavoro’ una bella donna, per carità, ma troppo casual nel vestire’ roba da jeans e pratica maglietta, comunque abiti sportivi.
Paola, lì sulla porta, era completamente diversa. Una giacchettina scura chiusa a livello del seno, aderente ma nel contempo elegante, che rivelava l’attaccatura del seno, peraltro importante. Gonna a mezza coscia, in tinta, su calze velate’ Truccata in maniera decisa, ma non volgare. Occhi e labbra risaltavano.
‘Salve.’ Disse con occhi da predatrice all’indirizzo di Serena.
‘Ciao Paola” rispose lei, ancora strabiliata da quella trasformazione.
‘Buonasera’ disse suo marito, e Paola gli si fece incontro, salutandolo con un sorriso a 32 denti.
‘Ma buonasera!! Finalmente ci conosciamo!’ disse stringendo la mano e tirandolo a sé per due baci sulle guance ‘sapesse quanto ci ha parlato di te Serena!’
Il marito, colpito da tanta esuberanza, le fece strada all’interno, dove Paola salutò con calore anche Marco. Stefano cercava di capire se erano una coppia’ pareva di sì’ non si capiva’
Serena intanto si dirigeva in cucina. Marco si alzò per seguirla ‘Aspetta, ti do una mano, intanto fanno conoscenza Stefano e Paola” disse, anche se sapeva che in realtà doveva dire che lasciava Stefano nelle grinfie di Paola’
Giunto in cucina, trovò Serena ai fornelli’ a quanto pareva, stava facendo una pasta con un qualche sughetto, qualcosa indubbiamente di veloce. Appena lei vide Marco avanzare verso di sé, mise le mani avanti e disse un silenzioso ‘no” al suo indirizzo’ Lui si fermò un secondo, ma solo per azionare il cilindro’
Il sussulto di Serena confermava che la vibrazione funzionava bene’ Paola intratteneva Stefano nell’altra stanza, con discorsi leggeri, mentre Marco bloccava fisicamente Serena contro la penisola’
‘Ti p-prego’ no!’ sussurrava disperata Serena, terrorizzata dalla possibilità che suo marito comparisse all’improvviso. Il cilindro intanto vibrava, mettendola nel pallone più completo’
‘Buona e zitta, puttana” le sibilò lui all’orecchio, voltandola di colpo e passandole una mano sul viso’ Lei si divincolava, vuoi per liberarsi, vuoi per la stimolazione, ma non riusciva a sfuggire. L’angoscia su tutto’
‘N-non’ per’ per favore” sussurrava’ sentiva dall’altra parte la risata squillante di Paola, mentre suo marito parlava’ bastardi’ una intratteneva, l’altro ne approfittava’ con tutti i rischi connessi, tanto non era certo la loro relazione in gioco’
‘Succhiami per bene le dita” le disse Marco all’orecchio, mentre gliene infilava due in bocca’ e lei eseguì, veloce, sperando che quell’assurdo rischio finisse subito’ dentro e fuori, dentro e fuori, insalivava le dita di Marco’
Che rapide adesso le fece uscire… la mano che scendeva per poi insinuarsi sotto la gonna’ Serena costretta dal corpo di lui a stare lievemente piegata sul piano di lavoro’ le dita’ lei le sentiva sulle chiappe ora’ ma’
‘No! NO!’ quasi le sfuggì l’urlo’ Marco non stava cercando la sua fighetta’ ‘Non lì!!! Dio, non lì!!!’
Serena si mise la mano sulla bocca, a soffocare il gemito potente’ Marco le aveva infilato le due dita nel culo’ lasciandola adesso senza fiato’ ancora tentò di divincolarsi, e lui la prese per i capelli, mentre iniziava a muovere dentro e fuori le dita’ E Serena drammaticamente scoprì qualcosa di sé in quel momento’ il dolore era stato solo di un secondo’ ora i suoi occhi spalancati dicevano che quel trattamento la stava portando assieme al cilindro ad un livello di gocciolamento oltre ogni limite’
‘Serena, hai bisogno?’ chiedeva suo marito, dall’altra stanza’
La sua mano corse a tentare di afferrare il polso di Marco’ non riusciva, non riusciva a fermarlo’ e doveva rispondere, prima che il silenzio sembrasse strano’
‘N’no’ quasi pronto!!’ e serrò la mascella, mentre si sentiva sul punto di esplodere’ quell’attacco’ in quel modo inaspettato’ sentiva il corpo incendiarsi di voglia’ nell’impossibilità di emettere anche solo un gemito’ la stava per far godere lì dov’era’ il culo si muoveva ondeggiando’ le gambe si divaricarono al massimo’
E Marco si fermò’ tolse le dita e spense il cilindro, lasciandola ricadere sui gomiti, contro la penisola’
Lui si chinò solo un attimo, all’orecchio di lei’
‘Solo un assaggio’ il culo te lo rompo poi” e si allontanò, passando nell’altra stanza.
Serena si riscosse’ era paonazza in volto, grondante tra le cosce’ ma doveva portare di là i piatti’
Prima finire di apparecchiare, disse la sua mente confusa, eccitata’ mortificata’
Prese le posate al volo, e passò nel salotto’ quello che vide, la lasciò perplessa, e la fece innervosire non poco’
Paola sedeva davanti a suo marito, con Marco a fianco’ quella maledetta si era aperta la giacca, mostrando un corpetto azzurrino che mostrava parecchio delle sue grazie, e guardava fisso suo marito, mentre lui continuava a raccontare aneddoti’ Lo sguardo di Paola, languido’ senza far nulla di che, stava facendo la seducente’
E visto l’atteggiamento galvanizzato di Stefano, non è che stesse solo facendo la seducente, riusciva ad ammaliarlo’
Lo sguardo di Paola cadde un attimo su di lei, occhi roventi e divertiti’
Occhi che dicevano ‘fai la brava, o te lo cuocio a puntino, il tuo caro marito”
Lei era nelle mani di due perversi.
Completamente.
Capitolo 10
Serena ingoiò amaro’ finì rapidamente di apparecchiare e portò la pasta in tavola’ La conversazione tra i tre andava a spron battuto, mentre lei era chiusa in un silenzio assoluto. Annuiva ogni tanto, fingeva di interessarsi, ma non poteva seguire alcun discorso’ Il cilindro dentro di lei le imponeva concentrazione, i movimenti dovevano essere calcolati, per non farsi scappare piccoli gemiti’ e poi Paola’
L’avrebbe incendiata lì dov’era’ non era un provarci con suo marito quello che stava facendo, ma un continuo stuzzicarlo con gli occhi languidi’ Lui stava seduto a capotavola, e lei alla sua destra’ ogni volta che Stefano parlava, quella stronza si piegava verso di lui, come pendesse dalle sue labbra, e intanto mostrava il panorama’
E lei non poteva dire o fare nulla’ la consolava solo il fatto che almeno il marito pareva più imbarazzato che attratto’ Stefano non era un marpione, certo che sottoposto a pressioni tanto sfacciate’
Nervosa e ansiosa’ avvilita e umiliata’ La tensione la stava consumando. Adesso almeno suo marito si era messo a chiacchierare di lavoro con Marco, che pareva un angelo mentre mangiavano’ difficile intuire che razza di diavolo si celasse in quel corpo’
Stava riflettendo su questo, quando si accorse che Paola la stava fissando con un sorriso astuto, mentre i due uomini parlavano’ Non vista, la donna le mostrò chiaramente la forchetta sporca di sugo e, intenzionalmente, se la passo sul bavero della giacchettina’ Ma cosa’
‘Oh Dio! Che sbadata’ disse con finta costernazione, richiamando l’attenzione degli altri ‘mi sono sporcata la giacca”
Ecco cosa aveva in mente!!! Serena stava diventando furiosa, adesso avrebbe chiesto al marito se’
‘Serena, mi accompagni in bagno, vediamo se riusciamo a evitare la macchia” le chiese con quello sguardo demoniaco che non ammetteva repliche. E Serena si accorse di aver sbagliato tutto’ Paola giocava a mettersi in mostra davanti a Stefano, ma non cambiava il suo obbiettivo’ la sua preda’ voleva lei’
‘Io’ non’ non sono tanto brava nel” stava per rispondere. Dovette fermarsi. Il cilindro stava vibrando. Intensamente.
‘Su Serena’ ne saprai senz’altro più di me.’ Disse Paola alzandosi e attendendola.
‘Prova con quello smacchiatore nell’armadietto, tesoro.’ Le diceva il marito. Non poteva sapere che Marco stava ricreando il lago dentro di lei’ accennò un timido ‘sì” alzandosi a sua volta, non osando dire di più’ a quanto pareva, gli orgasmi precedenti non avevano saziato il suo corpo, anzi’ Non appena in piedi, Marco spense il cilindro, con un rapido tocco sul telecomando che portava in tasca.
Paola l’attendeva come la sorella grande attende la piccola’ con un sorriso dolce e riconoscente seguì Serena verso il bagno’ Quando entrarono, Paola chiuse la porta alle loro spalle, e con la porta, si chiuse anche il sorriso sul suo viso.
‘Abbiamo pochi minuti, puttana. In ginocchio, subito.’ Sibilò all’indirizzo di Serena.
L’altra sapeva che non doveva protestare, che l’ubbidienza era indispensabile’ lo sapeva’ ma’
‘Cosa volevi dimostrare con mio marito?? Dimmi questo!!’ disse Serena rabbiosa. Purtroppo, il nervosismo l’aveva guidata verso l’errore di non obbedire immediatamente.
Paola non si scompose. Braccia incrociate sul petto, rispose con assoluta calma’
‘Tra poco so cosa gli dimostro’ ovvero, che la sua cara mogliettina ha tanto tanto bisogno di cazzo, e che per questo ne ha preso in giro’ cosa preferisci che gli mostri? Il video o le conversazioni? Per me è indifferente. Non credere che abbia paura di rovinare il gioco’ da brava schiavetta mi diverti, altrimenti puf! Ti distruggo la vita e tanti saluti’ E adesso, non resta che contare’ uno” disse, glaciale.
Serena aveva ascoltato sentendo il tremore crescerle sulla pelle’ solo per un attimo aveva pensato che lei e Marco bluffassero’ che alla fine non avrebbero osato dir nulla per non far cadere quella gabbia’ ma davanti alle parole di Paola, quel pensiero era svanito’ Erano diavoli’ cosa importava a loro di distruggerle il matrimonio’ se la loro preda non collaborava, l’avrebbero lasciata cadere nell’altro inferno’
‘Due” disse Paola.
Le gambe si piegarono, le ginocchia toccarono terra’ gli occhi di Serena, lucidi, contrastavano con quelli fieri di Paola, che ora abbassava la tavoletta della tazza per sedersi’
‘Qui, puttana, davanti a me, su’ disse, e Serena, affranta, un centimetro alla volta si portò ai piedi della donna. Ostinatamente, guardava di lato, schivando la faccia sorridente di Paola.
‘Mani sopra la testa, mia cara puttana. E non voglio vederle muovere da lì.’ Ordinò secca, e di nuovo Serena, senza guardarla, obbedì. Alzò le braccia, e intrecciò le dita delle mani sopra il capo.
Fu però costretta a guardare, quando sentì Paola frugare nella tasca della giacchetta ed estrarre qualcosa’ Da principio non comprese’ erano i due collari che Marco aveva acquistato assieme a quello che le era stato messo al collo’ ma non poteva certo metterglieli al collo ora!!! Che voleva fare??
Paola si chinò in avanti, uno dei due guinzagli tra le dita e aprì la chiusura, poi abbassò le mani verso il bordo inferiore della maglia di Serena’ le mani passarono sotto, e avanzarono verso le sue tette’ Serena non osava muoversi, mentre sentiva il collare strisciarle sul ventre’ lento’ Paola la guardava negli occhi’ attendendo una sua mancanza, ne era certa, un suo errore, come ad esempio abbandonare la posizione imposta’
Prese a sussurrarle, mentre ora, con la fibbia del guinzaglio sfiorava il capezzolo’
‘Vedi, gran signora’ sono due giorni che Marco mi tiene a stecchetto’ astinenza totale” diceva guardando il viso di Serena, che ad occhi chiusi ora sentiva Paola mentre faceva passare il collare attorno al suo seno sinistro, proprio alla base’ ” sa bene quanto ti voglio’ totalmente’ ma devo sempre guadagnarmi le ricompense”
E mentre parlava, serrava la chiusura del collare’ poi prendeva l’altro e si indirizzava a fare lo stesso con il seno di destra’
‘oggi mi sono comportata bene’ e tra poco mi prenderò la ricompensa’ nel frattempo di preparo per bene” e senza ulteriori preamboli, chiuse anche il secondo collare’
Serena, a palpebre frementi, li sentiva sulla pelle del seno’ serravano, appunto, non da far male, ma da infastidire’ senz’altro da umiliare’ Ed ora, la maglia le veniva sollevata’ Paola contemplava l’opera’
‘Bell’effetto, gran signora’ fossi in te, adesso starei attenta a piegarmi’ se il maritino vede, sarà difficile da spiegare” e sghignazzò contenta, lasciando ricadere la maglia. Poi si alzò, rapida.
‘Su puttana, andiamo, che la serata è ancora tutta da gustare” disse, attendendo il rialzarsi di Serena, avvilita. Prima di uscire, però, Paola si arrestò ancora’
‘Oh! Quasi dimenticavo’ disse sfilandosi la giacchettina e rimanendo con il solo corpetto ‘questa la lasciamo qui’ noi abbiamo provato, ma la macchia non viene via, giusto, gran signora?’ disse Paola.
Serena guardò la bastarda’ il seno di lei messo ben in risalto dall’abbigliamento a dir poco sexy’ rabbia dentro di sé, rabbia che doveva essere ingoiata, messa da parte’
‘Sì” sussurrò soltanto, il fastidio dei collari che le ricordavano l’ubbidienza’
Paola aprì la porta del bagno, ed entrambe tornarono alla tavolata. Serena, occhi bassi, non poteva vedere la reazione del marito, colpito nuovamente dalle forme di Paola’ del resto, fu un momento, poi ritrovò il contegno’ ‘Eravate sparite?’ disse sorridendo
‘Le donne sono così in bagno, ci mettono un’eternità’ rispose sorridendo di rimando Paola ‘peccato che forse la macchia resterà, pazienza”
Marco interruppe quei discorsi, e si rivolse a Stefano.
‘Allora Ste’ e Serena drizzò la testa’ Ste’ si era già ai nomignoli’ Marco si portava avanti con la confidenza’ maledetto’ maledetto lui, Paola e quegli umilianti collari che le aveva fatto indossare’
Marco proseguiva nel suo discorso ‘vuoi dire tu alla nostra Serena la novità?’ disse sorridendo, con un luccichio negli occhi che non prometteva nulla di buono’
‘Oh sì’ Serena, stavamo parlando e mi son detto, perché non stare assieme domenica? Al mare, passiamo la giornata assieme alla casetta!’ disse tutto fiero dell’idea.
Serena si sentì sprofondare’ le mancava il fiato’ ciò nonostante doveva imporsi una maschera, un sorriso’ altrimenti Stefano si sarebbe chiesto il perché della sua aria terrorizzata’
‘O-ottimo’ solo che” una scusa, una scusa’ doveva trovare una scusa’ ‘forse dovevamo anda” la vibrazione tra le cosce. Potente’ Serena cercò di riprendersi’ ” andare dai’ miei genitori” finì di dire, sentendo subito il corpo che reagiva, la sua figa che si bagnava’ Si voltò verso Marco, che sorrideva, ma con uno sguardo freddo, e la mano nella tasca, a gestire il telecomando’ e il suo piacere’ la vibrazione cambiò’ una pulsazione continua ora’ la rendeva quasi incapace di stare ferma’ sapeva cosa doveva fare..
‘No’ mi’ mi sbaglio” corresse subito, iniziando a muovere le gambe sotto il tavolo, cercando di sfuggire allo scavare del cilindretto ‘no’ al mare’ perf-perfetto tesoro” Lo sguardo fu subito su Marco, implorante’ aveva detto quello che serviva, adesso doveva spegnere’
Ed invece cambiava solo il tipo di vibrazione’ in quel modo Serena nemmeno riusciva ad adattarsi al ritmo che le imperversava dentro’ Strinse le gambe, il sudore le velava il viso’
E tra di loro continuavano a parlare, ad organizzare, con Stefano preda dei due che l’avevano tagliata fuori con quel tormento’ sentiva la voglia crescere’ doveva uscire di lì’
I piatti. Si alzò di scatto, li raccolse al volo, costretta a fare attenzione a non piegarsi troppo e rischiare di far intravedere a suo marito i collari. Una volta presi, si diresse in cucina.
Ma Marco era decisissimo a non darle tregua’
‘Aspetta Serena, ti do una mano volentieri.’ E la seguì. Giunta in cucina, Serena si voltò verso di lui’ il viso sia stravolto che esasperato’ Marco si avvicinò, obbligandola a retrocedere fino ad avere il culo contro il lavello’
‘Spegni’ io ti scongiuro’ t-tra poco u-urlo” implorò lei.
‘Prima alza la maglia’ voglio vedere le tue belle tettone come stanno bene legate” le ordinò, stando a braccia incrociate sul petto. Serena era allo stremo’ sapeva bene che un orgasmo l’avrebbe fatta gemere tremendamente’ doveva sottomettersi’ mostrarsi immediatamente’
E così fece’ alzò la maglia, sussultando al contempo, quando il cilindro le dava picchi di stimolazione che la sorprendevano senza pietà’
Con i lembi della maglia in mano, si offriva alla vista di lui’ i collari rendevano perversamente più eccitanti quelle mammelle’
‘Molto bene puttana’ agghindata come ti si addice’ e devo dire che me lo fai tornare duro sempre” disse mettendole le mani sulle tette, e iniziando a stringerle i capezzoli’ e Serena si accorse di come quei collari le aumentassero la sensibilità’ le vibrazioni’ le mani che stimolavano’ L’orgasmo stava per montare’
‘Vuoi che spenga puttana?’ chiedeva sadico Marco.
No, non lo voleva. Voleva urlare il suo piacere, voleva godere!!
Ma in quelle condizioni, doveva rinunciare, rimandare’ il che voleva dire che lui avrebbe continuato a cucinarla ancora’ fino a prenderla’ come? Senz’altro l’avrebbe portata ad accettare di peggio, pur di godere’ ma Stefano’ se avesse sentito’
‘S-spegni’ ti’ ti imploro!’ disse alla fine.
Marco sorrise, spegnendo il cilindro. Serena ansimava, davanti a lui che, con soddisfazione, notava il fatto che la sua preda non abbassava la maglia senza che lui l’ordinasse’ Serena rimaneva nella stessa posizione, contro il lavello, mani a tenere alta la maglia, a mostrare per bene come il suo seno fosse costretto’ Senz’altro la donna aveva bisogno di ritrovare un minimo di calma, ma lui non era disposto a concederne’ anche perché voleva lasciare tempo a Paola, nell’altra stanza per fare altro’
‘Ora voltati puttana, e comincia a lavare questi piatti’ lentamente” le sussurrò lui.
Serena lo guardò sfinita’ dal piacere, dal nervosismo’ e da un’angoscia derivante dal sentire non più un chiacchiericcio continuo nell’altra stanza, ma più che altro sussurri.
Marco notò quel tentare di tendere l’orecchio. Una volta che Serena si fu voltata, la fece arretrare con i piedi, in modo che lei si ritrovasse appoggiata al lavello con i gomiti, il culo ben in fuori’
‘Apri l’acqua, puttana, e fai la brava serva” disse ancora lui.
Serena fece come le era stato detto’ aprì il rubinetto e prese un piatto in mano per iniziare a lavarlo’. E subito un fremito’ mentre con un lieve tocco delle dita di Marco sotto la sua gonna, capiva che doveva allargare per bene le gambe’ Marco ora di fianco a lei, una mano tra i capelli, a tenerla ferma, mentre con l’altra mano giocava a sfiorare lungo l’interno coscia, senza mai toccarle il taglio’
Non era come il cilindro acceso’ non c’era il rischio di un orgasmo’ era pura tortura in quel modo’ Serena sentiva le gambe tremare, mordendosi il labbro continuava a lavare, obbligandosi al silenzio, mentre avrebbe voluto dire al suo torturatore di penetrarla con quelle dita’ e invece lui sfiorava’ da mezza coscia, lento, fin quasi al taglio’ per poi ridiscendere, leggero’
‘Vedi puttana, dal tuo essere ubbidiente dipendono tante cose” sussurrava lui ‘per esempio, il mio dar via libera a Paola con tuo marito oppure no” disse con un ghigno.
Lei si irrigidì, tentando anche di alzare la testa, che prontamente Marco tenne al suo posto’
‘Giù, giù puttana” disse rafforzando la presa ‘se fai la perfetta puttana, Paola lo lascerà in pace’ magari giocherà un pochino, ma non esagererà”
Lei strinse gli occhi’ il lago tra le cosce le permetteva di sentire le parole, ma non di reagire come avrebbe voluto’ era costretta ad assimilare quanto le imponevano, senza poter opporsi, nemmeno ora che minacciavano di includere nel loro osceno gioco anche suo marito’
Quello che capiva però, era il sadismo implicito in tutto questo’ ubbidienza’ la sua’ o avrebbe visto Stefano sotto le grinfie di quella bastarda’ ma’ no, lui non poteva’ non era il tipo’
‘Ste’ stefano’ non’ non’ mi ama” disse d’improvviso, a sottintendere che mai avrebbe ceduto a dalle stupide avances’
Marco passò il dito lungo la figa di lei, senza penetrarla, vedendola cedere sulle ginocchia, ansante, per poi rimettersi in posizione’ ‘Certo che ti ama’ come tu ami lui’ però sei andata in cerca di cazzi, cara la mia puttana’ chissà se trovando qualcuno di generoso, non ceda anche lui” e continuò con le sue carezze intime, leggendole in faccia l’effetto delle sue parole’ Occhi umidi’ espressione di chi sente la bastarda verità sputata in faccia’
Serena tornava al suo difetto principe… il senso di colpa’ su cui Marco marciava alla grande’ Per un istante, nel delirio che quell’uomo le stava facendo passare, si trovò a considerare che se Stefano fosse stato portato al tradimento, lei sarebbe stata libera’ uno a uno’ palla al centro’ Ma.
C’era il ma’ Lei non voleva perderlo. E poi, tutto sarebbe tornato ancora allo stesso punto. Il senso di colpa. Lei aveva permesso tutto’ lei e solo lei’
Ubbidire. Ogni cosa dipendeva dal suo ubbidire. Anche a pochi metri dal suo sposo, mentre a sua insaputa la stavano di nuovo usando’ umiliando’ e, drammaticamente, eccitando allo spasimo’ I pensieri, le paure, le angosce infatti, non le evitavano nemmeno ora di gocciolare sulle dita di Marco, che otteneva così una doppia umiliazione nei suoi confronti’ usarla, e vederla piegarsi sotto i suoi tocchi’
Ubbidire. Ignara di quanto succedeva nell’altra stanza’ dove Paola traeva piacere dallo stuzzicare in modo diverso’
La donna sapeva bene che doveva inchiodare Stefano sul posto, e non le riusciva difficile. Semmai, gradevole. Il marito di Serena non era certo un adone nei modi, anzi, era il classico tipo che si imbarazzava in certe situazioni’ ma era anche una bella presenza, Paola doveva ammetterlo’ alto, ben curato nell’aspetto e nel vestire, capelli neri con solo qualche spruzzata di grigio’ sì, era decisamente piacevole far finta di ascoltarlo, mentre lo guardava fisso negli occhi, e impercettibilmente si avvicinava sempre di più, spostandosi sulla sedia, piegandosi verso di lui, per poter fargli meglio vedere quanto quel corpetto facesse risaltare le sue forme’
Stefano deviava lo sguardo, ma alla fine sempre lì tornava’ una chiacchiera, poi un aneddoto’ e la mano di lei sfiorava la gamba dell’uomo, prima una volta, poi due’ alla terza, la mano di Paola si fermò sulla gamba di lui e lì rimase. Paola sorrise, sentendolo fremere sotto un tocco che comunque lui continuava nella sua mente a giudicare innocente’
‘Ma dimmi Stefano’ diceva ora lei, muovendo appena la mano, in una carezza che tendeva a risalire, millimetro dopo millimetro, lungo la coscia dell’uomo ‘io non sono sposata’ e vorrei una conferma o una smentita’ ma è vero che dopo il matrimonio il’ sì insomma’ il’ il desiderio cala?’ chiedeva lei, seria, quasi con l’espressione bambinesca’
Lui guardò per un secondo dietro di sé, prima di rispondere’ sudava freddo, lo sentiva’ ma stava solo parlando’ non era nulla di male’ certo, Paola era sensuale nel modo di fare, ma’ stavano solo parlando appunto’
‘Non’ beh’ la vita di coppia ha i suoi momenti” cercava di dire, sentendo il tocco di lei salire’ adesso la mano era a dieci centimetri dal suo inguine’ poteva scostarla, ma il rassicurante rumore di piatti dall’altra stanza lo tranquillizzava’ in fondo non stava succedendo niente’ si chiacchierava’
Paola, divertendosi a fare la sprovveduta, incalzava’
‘E tu, in che momento sei?’ chiedeva con occhi angelici, fissi in quelli dell’uomo’
‘Oh’ il lavoro in questo periodo assorbe molto’ ma non mi lamento, insomma io” si interruppe, sentendo la mano ormai a tiro della sua patta, la scollatura del corpetto che profumava di pelle calda’
‘Io di certo te lo svuoterei ogni sera” disse sottovoce lei, abbandonando di colpo l’atteggiamento ingenuo, per passare ad una malizia assoluta’
Stefano non ebbe nemmeno il tempo di prendere atto del fatto che l’erezione si faceva sentire, che Paola ritrasse la mano e si mise a sedere normalmente, come nulla fosse. In quel mentre, arrivarono Serena e Marco.
Paola non potè che nascondere un sorriso’ Serena era stravolta, occhi come i suoi lo vedevano chiaramente’ stravolta, ma inappagata, sicuramente. Marco si accomodò con lei al tavolo e, non visto, fece l’occhietto a Paola. Sì, la conferma che la preda era calda’ bollente’
‘Peccato non aver pensato a prendere un dolce’ potrei andare io, ma qui non conosco la zona” disse Marco, guardando dispiaciuto Stefano, il quale, bisognoso di raffreddarsi, ebbe una nuova idea.
‘Beh, se mi date venti minuti, qualcosa recupero’ c’è un posticino dove mi possono dare qualcosa, se ne avete voglia.’ Disse alla sua piccola platea.
Serena sorrise in modo spento al marito, pensando a quanto inconsciamente quello stupido stesse facendo il gioco dei due’ Ma non osava fiatare, non osava dirgli di non allontanarsi’ Marco, nel giro di pochi minuti, l’aveva realmente fatta gocciolare sul pavimento. Le mani’ il cilindro’ il lavorio sulle sue tette’ la volevano, e la volevano implorante’ e tutto era costruito ad arte’ anche il dolce da andare a prendere’ cosa sarebbe accaduto non appena Stefano fosse uscito da quella porta? Come l’avrebbe presa?
Non poteva immaginare che i due gli riservavano un trattamento assolutamente diverso’ speciale’
‘Grandioso!’ esclamò Paola ‘però prendi anche qualcosa da bere, mi raccomando!!’ disse sibillina all’indirizzo di Stefano, che già si stava alzando.
‘Mezz’oretta, e sono qui, resisterete senza di me?’ chiese, chinandosi sulla moglie per darle un bacetto sulla guancia, che lei ricevette sperando non notasse il tremito che la invadeva.
Mentre Stefano apriva la porta, Paola si alzò veloce.
‘Uh, già che ci sono, recupero una borsa in auto, che non mi va di lasciarla in strada’ e sgambettando veloce, raggiunse Stefano, che la fece passare e poi accostò la porta dietro di sé.
Nell’attimo in cui scomparvero, Marco si alzò e prese per i capelli Serena, obbligandola ad alzarsi a sua volta. ‘Il divertimento vero comincia adesso, puttana’ andiamo di sopra” le sussurrò ad un orecchio, poi prese a sospingerla verso la scala, senza mollare la presa.
Poco prima di salire, rientrò Paola, una borsa in mano e Serena riconobbe subito quella che aveva visto nel negozio’ si stavano preparando’ ma a cosa? Stefano non ci avrebbe messo molto a tornare, cosa diavolo avevano in mente??
‘E’ andato l’imbecille?’ chiese Marco, all’indirizzo di Paola.
‘Sì, certo. Ha’ senz’altro bisogno di aria fresca.’ Sorrise lei, rispondendo all’uomo. Lo sguardo di Serena si fece furioso, ma non c’era nulla che si sentisse di dire o fare’ ora i due sembravano determinati come non mai, qualsiasi cosa dovessero farle subire, lei sentiva, avrebbe costituito una svolta non da poco’
‘Perfetto, raccogli il mio pc, lì sul mobile, e saliamo. Non hai molto tempo per la tua ricompensa” disse Marco, iniziando a salire la scala, sempre tenendo Serena per i capelli e spingendola a salire. Giunti in camera da letto, Paola appoggiò la borsa e ne estrasse subito le polsiere’ a quella vista, Serena, tenuta ritta in piedi da Marco, cercò di districarsi’
‘No’ vi scongiuro!! Se Stefano dovesse tornare prima’ vi prego!!’ li implorò.
Fu un errore protestare. Marco la fece voltare verso di sé e, mentre Paola procedeva nel fissare le polsiere alla struttura del letto, brutalmente le tolse maglia e gonna, in un lampo, per poi riprenderla per i capelli ed esporla verso Paola. Lei terminò di sistemare i legacci e aprì il pc in modo da inquadrare per bene il letto, poi attivò la registrazione.
‘Ammorbidiscila un po, subito.’ Ordinò Marco.
‘Con piacere, signore.’ Rispose Paola, avvicinandosi a Serena, che tentava di tenere le mani avanti, troppo vulnerabile, vestita solo dei due collari intorno alle tette, davanti alla donna. Ma Marco tolse la mano dai capelli e fece passare le sue braccia attorno a quelle di Serena, bloccandosela contro il petto, a disposizione di Paola.
‘Procedi.’ Ordinò ancora lui.
I quattro ceffoni di Paola raggiunsero le tette di Serena, che urlò sia per la sorpresa che per il dolore.
‘Dio mio non così!!!’ disse Serena, reclinando il capo, la pelle che si arrossò subito. Paola la prese per i capelli, le alzò il capo per guardarla direttamente negli occhi’
‘Su, cagnolina’ protesta ancora’ dai” le disse piano, a denti stretti’
Serena sentiva le lacrime lungo il viso’ ubbidire’ ubbidire’ mezz’ora’ quanto poteva impiegare Stefano? Mezz’ora’ in mezz’ora cosa potevano farle’ ubbidire’ doveva di nuovo imporselo’
‘N-no” disse in un bisbiglio.
‘Ed ora, la parte migliore, puttana.’ Sentenziò Marco gettandola sul letto, come una bambola di pezza. I due furono fulminei nel bloccarle le braccia con le polsiere e una volta fatto, si fermarono a contemplarla’ Una visione da capogiro’
Serena, nuda, a braccia larghe e bloccate, i seni costretti dai collari’ una vulnerabilità che eccitava Marco e Paola come belve’
E appunto da belva eccitata la guardava Paola, fremente’ Paola che adesso si voltava verso Marco’ in attesa’
Lui ricambiò lo sguardo, in silenzio’ un sorriso a fior di labbra’ poi parlò’
‘Prendi la tua ricompensa. Hai venti minuti.’ Disse imperativo, generando un’espressione quasi sadica in Paola, che tornò a voltarsi verso Serena, legata e a disposizione’ E Serena cominciava ad intuire’ capiva che la sua aguzzina aveva il via libera’ capiva che ci sarebbe stato un nuovo livello di umiliazione nella sua discesa’ Tentò inutilmente di far forza sulle polsiere, mentre vedeva Paola abbassare la zip del corpetto, liberando i seni, pieni, con capezzoli pronunciati e areole grandi’ lasciava cadere l’indumento a terra’ poi passò alla gonna’l’abbassò, rivelando le autoreggenti e niente altro, salvo una figa depilata alla perfezione’
‘No’ Paola, qualsiasi cosa tu abbia in mente, no!!! Ti scongiuro!!!’ quasi urlò Serena, mentre Marco si sedeva tranquillamente sul bordo del letto per assistere alla scena.
‘Sentiamo com’è buona la tua pelle” disse Paola, ignorando completamente le parole di Serena, e salendo sul letto a quattro zampe, accanto alle gambe serrate di lei, con le stesse movenze di una pantera pronta a divorare la preda’
Marco si godeva lo spettacolo’ Serena legata che subiva un trattamento del tutto inaspettato per lei, e proprio sul letto matrimoniale’ Paola, affamata, che giocava con il corpo dell’altra’ la vedeva ora prendere per le caviglie Serena’ allargarle le gambe, tra le proteste e le urla della donna’ immaginava quanta vergogna ci doveva essere dentro quelle urla’ esposta in quel modo, umiliata, eppure luccicante, dopo la serata di pura stimolazione’ in cucina l’aveva resa assolutamente liquida’ ma era giusto torturarla ulteriormente’
Mentre Paola si chinava sulle gambe della preda, iniziando a leccarle dal ginocchio verso la figa, accese il cilindro’
La reazione fu subito evidente’
Serena si contorceva come non mai’ il corpo di Paola tra le cosce, la lingua della donna che si indirizzava verso la sua figa lentamente’ e lei che non poteva fare altro che gemere sotto le vibrazioni e la stimolazione della sua aguzzina’
Donna o uomo, umiliata nel peggiore dei modi, Serena non poteva nascondere il fatto che il suo corpo necessitava orgasmi’
‘V-vi p-prego’. N-on’ Ohmiodioohmiodio” delirava la sua puttana, mentre Paola era arrivata ad assaggiare i suoi succhi, direttamente dalla fonte’ la lingua della donna andava su e giù lungo il taglio’
‘S-sto’ s-to per’ oddddiooo’ NOOOOO!!!’ urlò scrollando il capo a destra e a sinistra, quando Marco fermò il cilindro e in contemporanea Paola passò oltre, cominciando a leccare il ventre di lei’ Delirava’ di voglia, frustrazione’ non importava come o chi la portasse al limite, nella sua mente annientata dal piacere, l’importante era che quel limite venisse superato’ Si sentiva impazzire, impazzire!
E Paola procedeva, godendosi ogni millimetro di quella pelle e del suo potere su Serena’ fu quasi azzannando che prese tra le labbra i capezzoli eretti di lei, succhiandoli con un’avidità senza pari’ e mentre li succhiava, rimuoveva lentamente i collari, passando poi la lingua sul segno lasciato da quegli oggetti’ sentendo Serena fremere come non mai’
Ora’ sì, ora l’avrebbe completamente annullata’
‘Di-dio mio’ no’ cos-sa an-ancora’ no’ no Paola, non questo!!!!’ tornò ad urlare Serena’ un grido che fu interrotto dalla posizione di Paola’ che si era alzata sulle ginocchia, si era girata verso i piedi del letto’ la testa di Serena tra le sue cosce’ e si abbassava sulla sua bocca, mentre le cosce si serravano intorno al capo di lei, la sua figa che aderiva alle labbra di Serena, che non riusciva a scostarla di un millimetro’
Ed ora Marco vedeva le gambe di Serena scalciare disperate, mentre Paola andava avanti e indietro sulla bocca della donna’ in un’oscena masturbazione che le velava il corpo di sudore, che le rendeva gli occhi vitrei di piacere’ ma voleva di più’
‘Fammi sentire la tua linguetta cagna’ su” diceva accelerando il ritmo’ Ma Serena rifiutava quell’ultima caduta verticale’ e Marco corse in aiuto’ il cilindro si accese’ e così il corpo di Serena ora si inarcava, premendo sui talloni’ le chiappe sbattevano sul letto’ l’orgasmo che stava arrivando’ e lui spegneva’
Ancora’ e ancora’ mentre Paola continuava quel movimento, mentre lei stessa si sentiva ribollire’ ma attendeva la lingua’ l’arrendersi totale della donna’
E ancora la vibrazione nel corpo di Serena, mentre ora Paola prendeva i capezzoli nelle sue dita’ squassata dal piacere, la preda legata cercava, tentava di non infierire su sé stessa con quell’ultima oscenità’ ma il messaggio era chiaro’ ubbidire, ancora, di nuovo’ o scordati di godere’ la mente cedeva’ la vibrazione cessava di nuovo’ e lei era distrutta’ cedeva, cedeva e cadeva’
Marco vide Paola inarcarsi a sua volta’ ‘E-eccola’ la puttana lecca’ sì’ sìììì’ sìììììììììììììì!!!!!’ urlò Paola, e Serena si sentì inondare il viso dai succhi di lei, che godeva con spruzzi potenti, a cui lei non poteva sottrarsi’ Incapace di ritrarsi da quella fontana, restava solo la frustrazione’ dov’era il suo orgasmo ora???? Aveva leccato!!! Aveva leccato!!!
Ma Marco, guardando Paola piegarsi appagata sul ventre di Serena, non ci pensava nemmeno a dare soddisfazione alla schiava’ no’ doveva rimanere nel tormento per ora’
Si alzò, uno schiocco di dita, e Paola smontò dal corpo di Serena e, a quattro zampe, si portò con il viso davanti alla patta di lui’ svelta aprì la lampo dei pantaloni’ estrasse il cazzo dell’uomo, e rimase immobile…. lasciando che lui cominciasse a scoparle la bocca’ davanti agli occhi sconvolti di Serena, totalmente in fiamme, totalmente delirante, totalmente consapevole di quanto il nuovo abisso dove l’avevano precipitata fosse profondo’ ma l’umiliazione non bastava a spegnere i suoi sensi’ mentre sentiva la figa gocciolare sulle coperte, gli occhi rimanevano incollati a Paola, a quel cazzo che teneva nella bocca’ e il gocciolare aumentava’ isterica ora piangeva’
Ma incapace di distogliere lo sguardo, vide Marco estrarre dalla bocca il suo membro’ Paola prepararsi con le tette fra le mani’ e lui schizzava su quel seno’ ci si ripuliva sopra’
E poi il sorriso predatore di Paola ancora rivolto verso di lei, indifesa’ la donna, sempre a quattro zampe, si posizionava sopra di lei, lasciando che le tette penzolassero direttamente sul suo viso’
‘Lecca per bene, cagna’ Sibilò Paola ‘lecca le mie tette sporche” tornò a ripetere, prendendosi in mano un seno e strizzandolo davanti alla sua bocca’
Lei scrollò il capo, i capelli umidi degli umori della donna’ per sfuggire alle pretese di Paola’ una fuga che sapeva di ridicolo’
‘Su, cagna’ sei bagnata che peggio non si può’ pulisci dove mi ha sporcato il padrone, oppure ti garantisco che a leccarmele tra poco sarà quell’imbecille di tuo marito”
Nuove lacrime sul viso di Serena, su un volto già indecentemente umido’ la lingua uscì dalle labbra’ passava timida sul capezzolo portole da Paola’ troppo lentamente’
E le vibrazioni ricominciarono’ dieci secondi’ venti’ in cui il suo corpo sembrava teso fin quasi a spezzarsi’ Poi Marco arrestò di nuovo quella stimolazione’ e il leccare di Serena divenne senza limiti’ lappava, quasi saporitamente le tette dell’altra’ con una foga che chiedeva di essere ricompensata’ leccava, ripuliva’ Serena sentiva il sapore di Marco e di Paola assieme’ avrebbe dovuto schifarle tutto questo, ma il suo corpo chiedeva una cosa sola’ una sola’
Paola intanto si stava godendo quella lingua, che le rendeva lucida la pelle’ l’insalivavano per bene’
‘Brava cagna’ continua’ sei degradata ormai’ sei un animale da compagnia’ brava, continua” incitava e offendeva la donna, di nuovo accesa come poco prima’
Serena subiva tutto, udendo le parole di Paola, si rendeva conto di quanto erano vere’ la possedevano ora più di prima’ Mai, mai in vita sua avrebbe immaginato di poter essere usata completamente in quel modo, e da una donna poi’ Li odiava, dal profondo’
Ma il suo senso di colpa bussava alla porta’ Non era forse lì a leccare le tette di Paola pur di avere un orgasmo? E non aveva leccato anche la figa di lei per lo stesso motivo? E non era forse vero che avrebbe voluto essere a succhiare l’uccello di Marco al posto di Paola?
Le sconvolgevano corpo e mente’ ed era stata lei ad indicare la via ai due’ ed era il suo corpo che chiamava piacere a gran voce’
‘Può bastare’ intervenne Marco ‘l’imbecille sarà qui a minuti’.
‘Sì, signore.’ Disse Paola, togliendosi dal corpo di Serena. Prima di scendere dal letto, le sorrise ‘E siamo solo all’inizio, gran signora’ vedrai cosa ti farò” e scese, iniziando a rivestirsi.
Marco guardava la preda, ansante sul letto. Incrociò le braccia sul petto.
‘Dimmi, puttana’ devo per caso farti godere?’ chiese con tono duro.
Serena era avvilita. Nuda, legata’ oltraggiata’ con ancora accanto due collari che le avevano costretto le tette per tutta la serata, con i capelli ancora umidi e appiccicosi dovuti al venire di Paola’ il marito che poteva giungere a minuti’ avvilita’ perché sentiva la sua bocca dire ‘Sì’ ti prego”
A quel punto l’avevano trascinata’ ad implorare, davanti ad uno schifoso, e ad un’altra bastarda che rideva in maniera beffarda accanto a lui, nel sentirla ridotta a in quel modo’
Marco rimaneva invece serissimo.
‘Mi spiace’ manca il tempo, puttana” le disse Marco di rimando, osservando come la frustrazione per quella risposta la portasse a guardarlo con una rabbia inaudita’
‘Ho’ ho fatto tutto quello che mi avete chiesto!!! Occorre solo un minuto, ti prego!!!’ gemeva disperata Serena’ ma Marco, conscio del pc che registrava, voleva di più’
Senza salire sul letto, si chinò sulla sua puttana, prendendole un capezzolo tra le dita’ titillandolo lentamente, e notando piacevolmente come Serena subito ansimava’
‘Non c’è tempo, puttana’ Stefano sarà qui a minuti, lo sai” le disse quasi dispiaciuto’
E Serena esplose.
‘Non me ne frega nulla!!! Che si fotta anche lui!!!!Che vada a fare in culo anche mio marito!!! FATEMI GODERE, MAIALI!!!’ urlò isterica la donna, alzando il capo per quanto possibile, prima di farlo ricadere esausto sulle coperte, chiazzate in più punti di umori’
‘Bene’ disse Marco, ora sorridente ‘direi che sei cotta a puntino, puttana. Ma quando dico no, non voglio proteste. E’ chiaro?’ disse aumentando la pressione sul capezzolo.
Serena si morse il labbro, sentiva l’avvertimento di Marco sul suo corpo’ la tortura del piacere’ o per meglio dire, della negazione del piacere, si affiancava alle costrizioni, alle umiliazioni, all’esporsi davanti a chiunque’ Ubbidire. Sempre e solo l’unica scelta.
‘Sì” bisbigliò sconfitta.
‘Ottimo. Paola, slega la puttana e falla rivestire, spiegale anche cosa dovrà indossare domani.’ Precisò Marco, chiudendo il pc e dirigendosi verso la scala, per attendere Stefano.
Paola raggiante e appagata, sciolse le polsiere e le ripose nella sua busta assieme ai collari, nel contempo estrasse degli abiti. Serena ancora non si alzava, sfinita e incredula da quanto le era appena stato fatto.
‘Su su, gran signora, vestiti. O l’imbecille ti becca nuda in una stanza che sa solo di sesso’ oh, ti suggerisco anche di nascondere questa coperta’ sai, è umidiccia.’ Disse civettuola, osservando divertita Serena alzarsi di scatto e rendersi conto del fatto che effettivamente la coperta era chiazzata in più punti’ veloce si alzò, prese la gonna, maglia e sandali e indossò tutto in un baleno, poi raccolse rabbiosamente la coperta, e la infilò alla bell’e meglio nell’armadio…
Una volta richiuso, si appoggiò all’anta con la mano sulla fronte, disperata’ la realtà le cadeva addosso’ la realtà di quanto aveva appena fatto’ il peso delle catene che le avevano messo addosso’ catene invisibili che pesavano come macigni… e la realtà del fuoco che aveva nel ventre’ avrebbe solo voluto accucciarsi per terra, riposare, dimenticare i due bastardi’ dimenticare il fatto che sempre, sempre riuscivano a farle fare ciò che volevano e a guidarla verso l’umiliare sé stessa, a farle accettare le perversioni tramite l’esigenza del piacere’ Dimenticare’
Ma Paola la richiamò subito all’ordine.
‘Gran Signora, ti appoggio sul mobile i vestiti che dovrai indossare domani, per venire al lavoro.’ Disse, riponendo gli abiti presi dalla borsa sul mobile dove stava anche il suo pc.
Serena si riscosse un attimo, non capendo’
‘Come’ che vestiti? Cosa sono??’ disse guardando l’ordinato mucchietto.
‘Oh, è roba che ho indossato io qualche giorno fa, ancora da lavare’ ma tu ti vesti con i miei scarti, al momento.’ Disse Paola incrociando le braccia sul petto, in posizione di piena dominanza’
‘Da lavare’ tu’ tu proprio non hai alcun rispetto” disse Serena avvilita.
‘Rispetto, gran signora?’ chiese avvicinandosi alla donna, passandole adesso due dita sul viso, mentre Serena voltava la testa di lato, schifando quel tocco’ ‘Vedrai che arriverai ad un punto in cui lo riterrai un onore mettere quello che io scarto’ tu neanche immagini quanto ci apparterrai’ Ma lo capirai, oh se lo capirai’ E adesso, scendiamo, ho sentito il rumore dell’auto dell’imbecille” disse, facendole segno di procedere davanti a lei.
Serena si mosse lenta verso le scale’
Si sentiva persa’ l’unica certezza che sentiva, era la sicurezza che Paola avrebbe mantenuto quanto aveva appena detto. Lei era una loro proprietà.
Capitolo 11.
Paola aveva sentito bene’ mentre scendeva vide che nell’ingresso era appena entrato Stefano, reggendo una busta, e stava chiacchierando con Marco.
Stefano’ non aveva idea di quanto era accaduto, né notava come lei fosse stravolta’ un gradino alla volta, si chiedeva come non potesse suo marito vedere i capelli in disordine, in certi punti impiastricciati dagli umori di Paola, o come non notasse quanto reattiva l’avevano resa’ Arrivata ai piedi della scala, Stefano le diede il solito bacetto’ il cuore di Serena a mille, ma nemmeno in quel momento l’uomo si accorse dell’odore’ un odore che lei sentiva netto su di sé’ di sesso, di sperma, di piacere, di orgasmo’ ma a quanto pareva, sotto il naso di lui tutto questo passò inosservato’
E di nuovo si trovò a lottare contro la parola che tratteneva in gola’ ‘imbecille” no’ no, non doveva cedere al lavaggio del cervello che Paola e Marco le stavano somministrando in maniera così sottile’
Suo marito non se ne accorgeva perché non poteva immaginare’ come poteva aspettarsi che sua moglie l’aveva prima tradito, poi era stata per tutto il giorno esibita, scopata sia da un uomo che da una donna, umiliata’ no, non poteva immaginare’ né avrebbe mai dovuto saperlo’
Ubbidire. Sempre. E niente sarebbe stato rivelato’
Ubbidire’ anche quando la rabbia si impossessava di lei, come in quel momento, in cui vedeva Paola tornare a fare la gatta morta con suo marito’
Difatti, la donna si buttò braccia al collo di Stefano, come se non lo vedesse da una vita’
‘Ma che caro’ disse schioccandogli un bacio sulla guancia ‘hai preso anche una bottiglia!’ e lo strinse per bene’ una stretta che rivelò a Paola quanto l’uomo non rimanesse indifferente’ si sentiva netta l’erezione’
Quando sciolse l’abbraccio, i quattro si risederono attorno al tavolo, scartando il dolce e aprendo la bottiglia. Per una quindicina di minuti, tutto filò in maniera tranquilla, almeno per tre di loro, che chiacchieravano, scherzavano’
Mentre Serena viveva in una tensione continua’ nervosismo, frustrazione, il sapere che da un momento all’altro Marco poteva accendere di nuovo il cilindretto’ del resto, così la volevano, bagnata e in tensione sempre’
La staffilata però non le arrivò non nei modi, ma nei discorsi’ non era bastata la questione della domenica al mare’ fu sempre Marco a portare una nuova notizia, mentre parlavano di lavoro’
” eh, la crisi c’è” e, voltandosi verso Serena, proseguì ‘pensa Stefano che io giro per risollevare i negozi in difficoltà, e sono costretto a rimanere da Serena per almeno tre settimane continuative’ ‘ concluse con un sorriso corrucciato’ che ebbe l’effetto di un’inondazione di disperazione nella donna’
Serena pensava che Marco avrebbe continuato a comparire come prima’ con il lavoro che faceva, non poteva rimanere ogni giorno nel suo negozio’ ma evidentemente, con la scusa del momentaccio, si era procurato il pretesto’ come sempre, aveva pensato a tutto’
L’unica consolazione, è che la serata sembrava volgere al termine’ due minuti dopo fu proprio Marco ad alzarsi per primo, adducendo il fatto che l’indomani c’era da alzarsi presto. Serena stava quasi per tirare un sospiro di sollievo’ sarebbe stata comunque sorvegliata, ma almeno uscivano da casa sua’
Ma avrebbe dovuto imparare a non illudersi’
‘Oh Serena” se ne uscì di colpo proprio Marco ‘mi volevi mostrare il gazebo’ ci terrei, sai che devo farne fare uno a casa mia” disse sorridente.
Lei ci rimase di sasso’ laddove sembrava finita, qualcosa ancora bolliva in pentola’ ed ovviamente, il sostegno arrivava da parte di suo marito’ Stefano ne faceva un vanto di quel gazebo’
‘Sì Sere, facciamoglielo vedere, magari poi gli diamo il numero del tizio che l’ha montato!’ disse l’uomo, non vedendo l’occhiata d’intesa di Marco verso Paola, che prontamente intervenne.
‘Stefano, scusami’ mentre loro fanno, mi aiuteresti un attimo a sparecchiare? Ha fatto tutto Serena stasera” disse guardandolo con un viso implorante, e l’uomo subito si fermò, non facendo caso agli occhi fiammeggianti della moglie, che però nulla poteva, mentre Marco l’accompagnava verso la porta posteriore.
Una volta usciti, Marco sospinse la donna contro il muro, a lato della porta, che provvide a chiudere. In meno di un secondo, la mano di lui era tra le sue cosce’ Doveva essere un gesto brutale, ma il fatto che Serena fosse completamente bagnata, rese l’estrazione del cilindro di una semplicità disarmante, nonché imbarazzante per lei, visto che un nuovo gemito di piacere le uscì dalle labbra’
Marco alzò l’oggetto davanti agli occhi di lei’ gocciolava’
‘Luccicante’ non mi aspettavo di meno, puttana” le sussurrò, riponendo poi l’oggetto in tasca.
In piena vergogna, Serena distolse lo sguardo’
‘Sai c-che mi stai torturando’ il mio corpo” tentava di giustificare lei, ma lui le intimò il silenzio.
‘Il tuo corpo? Ti devi rendere conto che non solo il tuo corpo è da puttana, ma che anche la tua mente desidera cazzo in quella figa bagnata’ ma stasera non ne avrai’ né cazzo, né orgasmi, puttana.’
La riprova di quanto aveva appena detto, riguardo alla mente della sua schiava, Marco la ritrovò nella reazione di Serena’ occhi sorpresi’ occhi impauriti all’idea di non poter godere’ fu solo un attimo, che però trasparì chiaro, come fu chiaro a Serena il fatto che non era riuscita a nascondere quello che si portava dentro’ E la vergogna la consegnava ancora di più nelle mani di lui’
Che sorrise’
‘Vedo che nonostante tutto, è la tua figa a comandare su di te, puttana” disse lui in un sussurro.
Serena strinse gli occhi, vergognandosi.
‘Siete stati voi’ voi a farmi questo” rispose flebile.
‘Noi? Devi renderti conto che sei puttana dentro’ guardati’ anche ora saresti disposta a tutto per un altro orgasmo’ e ne avrai, non stasera, come ti dicevo’ il godere è un qualcosa che ti devi conquistare di volta in volta’ Domani, forse. Piuttosto, è meglio che tu ora pisci, visto che non ti permetterò di andare in bagno fino a domani” Disse Marco, mettendosi a braccia incrociate sul petto.
Serena spalancò gli occhi.
‘Che’ che significa??’ chiese stupefatta.
‘Quello che ho detto. Rimarrai sempre sotto l’occhio della cam, fino a domani mattina, quando verremo a prenderti. Saluterai l’imbecille quando si alza, e attenderai, senza alzarti. Niente bagno, niente lavarsi’ niente. Attenderai noi.’ Precisò lui.
‘Ma” cercava di obbiettare lei, Marco la interruppe subito.
‘uno” disse semplicemente.
‘Marco, ma ti rendi conto di quello che” cercava di spiegare ancora lei, senza ottenere risultati.
‘due” proseguì infatti lui.
Serena si passò le mani sul volto, sconcertata, affranta. E nuovamente senza uscita. Sì, aveva bisogno del bagno, fuori discussione riuscire ad attendere il mattino’ ancora una volta, Marco la poneva in una situazione limite, dove il rifiutare l’ubbidienza non era scelta’ l’ubbidire era pura necessità’
Uno sguardo alla porta, a controllare che nessuno arrivasse’ e poi, come già le avevano insegnato, giù, inginocchiata, a umiliarsi nuovamente’
‘P-per favore’ posso andare in bagno” chiese in un sussurro Serena, le ginocchia sull’erba del giardino’ il capo chino’
‘No, puttana.’ Disse Marco, secco.
Serena alzò la testa di scatto.
‘Ma’ non puoi pensare’ non posso riuscire a tenerla fino a domani!!! Marco, per favore!!’ cercò di farlo ragionare lei.
Marco sorrise.
‘Non ti ho detto che non devi pisciare’ ti ho detto che non puoi andare in bagno” spiegò con tono sadico.
‘Co-sa’ non ci credo” singhiozzò Serena’ stava capendo’
‘Su, puttana. Un brava bestia da compagnia non usa il bagno, e piano piano, lo capirai’ La domanda che devi farmi diventa un’altra’ chiedimi il permesso di pisciare, cagnolina.’ Ordinò, la mano che si infilava premonitrice tra i capelli di lei’
Serena si mordeva il labbro’ tremava di rabbia’ tremava del freddo che una catena fa sentire sulla pelle di una schiava’ quando pensava di arrivare al gradino più basso, scopriva quanto ancora potessero spingerla più giù’ quello che chiedevano erano semplice’ distruggere ogni forma residua di dignità potesse ancora avere’
E, al solito, nessuna via d’uscita’ sentiva già la presa tra i capelli cominciare a tirare’ a far male’
‘Dunque, puttana? Più tempo passiamo qui fuori, più tempo Paola sta con l’imbecille” sussurrò Marco, sempre con un gran sorriso sul viso’
Serena sentì una fitta al petto, sentendo quelle parole’ Solo Marco poteva limitare Paola, una donna che, se lasciata libera di fare, senz’altro avrebbe provato di tutto per arrivare a scoparsi suo marito, solo per il gusto di farlo’ Ed il suo matrimonio sarebbe stato distrutto, come anche se Stefano fosse venuto a conoscenza del suo tradimento’ e avesse poi visto video, stampate’. Un doppio ricatto’ così perfetto da’
Da indurla ad allargare le cosce’ ad alzare il bordo della gonna’
Da indurla a chiedere’
‘Per favore’ posso’ posso pisciare” chiese ad occhi chiusi.
‘Certo puttana. Piscia pure davanti a me.’ Dichiarò Marco, trionfante. Piegarla ad ogni suo volere era qualcosa che non smetteva di farlo sentire pienamente soddisfatto’ e l’udire adesso il rumore del liquido di lei che toccava il terreno, gli procurava una nuova erezione’
Quand’ebbe finito, Serena lo guardò con occhi lucidi’
‘Ne’ ne ha avuto abbastanza?’ chiese, con un moto d’orgoglio decisamente fuori luogo. Difatti, Marco la tirò per i capelli, facendola alzare a forza, e la costrinse faccia contro il muro, mentre lui aderiva al corpo di lei da dietro. Serena poteva così sentire netto il cazzo dell’uomo contro il suo culo’
‘Abbastanza? Veramente, ora si passa alle regole per la notte” disse all’orecchio della donna, mentre le alzava la gonna, per farle sentire meglio il membro contro le chiappe’ ‘e voglio sentirti dire sempre sì signore, dopo ogni ordine, altrimenti il culo te lo spacco qui dove siamo” e, detto questo, la sentì irrigidirsi, impaurita’ indubbiamente, il discorso dello sverginarle il culo la gettava nel panico’ molto bene, pensò lui’
‘S-sì’ signore’ disse tremante Serena.
‘Bene, puttana. Appena usciamo, andrai subito in camera. Accenderai il tuo pc, e ti assicurerai che inquadri bene il letto. Hai Skype, già lo so, e infatti troverai la nostra richiesta già lì. L’accetterai subito. Chiaro, puttana?’ chiese lui, mentre con una mano la teneva sempre per i capelli, viso contro il muro, e l’altra raggiungeva un capezzolo della donna.
‘Sì’ Signore” rispose lei, stringendo le palpebre.
‘Avrai il tuo telefono accanto, tienilo in silenzioso, riceverai l’ordine di accendere la cam in non più di dieci minuti. Nel frattempo ti spoglierai completamente, l’imbecille ti deve trovare nuda quando sale” proseguì Marco.
‘Ma’ s-se’ se Ste-Stefano’ mi’ mi facesse do-domande’ Ahh!!’ fu costretta ad emettere un piccolo urlo, quando lui strinse il capezzolo in maniera decisa.
‘Come si risponde al padrone?’ chiese lui, perentorio.
‘S-sì Signore” si arrese lei.
‘Non credo farà tante domande’ anzi, mi sa tanto che sarà bello reattivo stasera’ ma lui non dovrà assolutamente penetrarti, e tu non puoi godere senza il mio ordine. Capito, puttana?’
‘Sì’ signore” rispose sottomessa Serena’ nonostante la situazione, si rasserenava su un fatto’ Stefano di solito alla sera era stanchissimo, anche trovandola nuda, avrebbe apprezzato, ma con tutta probabilità, si sarebbe messo a dormire, come accadeva quasi sempre’ e lei avrebbe inventato qualche scusa’ magari che voleva far la doccia, ma non ne aveva più voglia’. Quello che non capiva era il discorso della presunta reattività di suo marito quella sera’
Ma fu rapido Marco a spiegarlo, senza nemmeno chiedere’
‘Chissà come arriverà voglioso’ del resto Paola sa riaccendere bene certi fuochi latenti” insinuò lui, sempre continuando a stimolarla’
‘Che’ che vuoi dire’ quel-quella stronza’ che’ che fa” disse Serena, combattendo tra la rabbia e il resistere a quelle carezze che non smettevano di mantenerla eccitata’
‘Oh’ niente di più che stuzzicare’ per ora’ tutto dipende da te, puttana, sempre e solo da te” ribadiva lui. Serena ribolliva dentro di sé, mentre l’altro continuava a divertirsi con il suo corpo, con la sua mente’ ribolliva ma non smetteva di chiedersi dove potesse arrivare quello stuzzicare’ dio come avrebbe cavato gli occhi a Paola’ voleva rientrare, ma Marco non lo permetteva ancora’
E, tagliata fuori, Serena non poteva sapere che Paola si era messa d’impegno per rendere quei pochi minuti, per così dire’ significativi’
Infatti, non appena Marco si era richiuso la porta del retro alle spalle, uscendo con Serena, lei aveva tenuto impegnato Stefano. Decisamente impegnato.
‘Uh, Stefano’ aveva detto non appena la porta si era chiusa ‘quasi dimenticavo la mia giacca in bagno” e lui, da buon padrone di casa l’aveva accompagnata a riprendersela.
‘Proprio un bel bagno, Stefano’ aveva detto, entrando decisa nella stanza, assieme a lui ‘e una doccia meravigliosa’ aggiunse avvicinandosi di un passo all’uomo, con sguardo carico di malizia’ Stefano si era fatto indietro di un passo, ben conscio della carica erotica della donna’
‘S-sì’ l’abbiamo fatta fare proprio come ci piaceva e” stava dicendo lui, ma fu subito interrotto dalla donna.
‘E’ proprio nella doccia che ti scoperei volentieri” sussurrò ancora lei, avvicinandosi e, di fatto, costringendolo contro il muro piastrellato con il suo semplice avanzare’
‘Paola’ forse’ cioè, io sono sposato e’ Serena è tua amica, forse ci siamo capiti male” diceva lui, imbarazzato, ma al contempo affascinato e non solo dai modi spicci di Paola’
Fu un attimo. Paola che riduceva le distanze a pochi centimetri, che con un gesto veloce apriva la zip del corpetto, rivelando il seno’ che se lo prendeva tra le mani, da sotto, offrendolo all’uomo che le stava davanti’
‘Ed io rispetto la tua integrità’ diceva massaggiandosi le mammelle, da cui Stefano, a bocca aperta, non riusciva a staccare gli occhi ‘ma così almeno penserai un po a me quando baci Serena” e lo disse compiendo l’ultimo passo e coprendo i pochi centimetri che li separavano’
Stefano si ritrovava con la fronte coperta di sudore, incapace di formulare un atteggiamento di totale diniego’ diavolo, Paola era estremamente seducente’ e aveva avuto ragione sul discorso della passione nella coppia’ nell’ultimo periodo, tra lui impegnatissimo sui lavoro e Serena distante anni luce dal saper provocare, gli arretrati si erano accumulati’ sia di sesso, sia riguardanti al semplice sentire di piacere’ ma non era una scusa’ doveva fermare quella donna’ doveva’
‘Paola’ sei’ veramente, sei una bella donna’ ma, per favore’ copriti’ e usciamo di qui, ripeto, sono sposato” era riuscito almeno a dire quello.
Lei fece un’espressione imbronciata, assolutamente finta, che serviva più a far capire il suo non arrendersi davanti a nulla’
‘Ok’ però vedi, tu mi piaci’ e non demordo mai, se qualcosa mi piace, me lo prendo’ ma solo dopo essere supplicata” disse, passando un dito lungo la camicia di Stefano, un dito che scendeva’ scendeva’ lungo un petto che ansimava, eccitato’ e più giù’ sulla cintura di lui, che guardava il gesto della donna, ma non interveniva’ più giù’ a trovare l’erezione di lui’
E il dito diveniva una mano che afferrava il membro attraverso il tessuto leggero del pantalone elegante’
” e qui c’è già qualcosa a cui piaccio, e che mi supplicherebbe volentieri” diceva Paola, con un sorriso carico di dominio, e una mano che non solo stringeva, ma massaggiava lenta’
Stefano non ebbe il tempo di riflettere. Non seppe neanche il tempo di poter decidere se fare o non fare qualcosa’ Paola si ritrasse all’improvviso, con un’espressione di assoluta tranquillità, si allontanò di un passo, riallacciando il corpetto e prendendo la giacchettina, e mentre lui rimaneva a bocca aperta contro il muro, lei lo guardò con un sorriso assolutamente normale’
‘Su, andiamo, credo rientreranno tra poco.’ E usciva dal bagno, lasciandolo di sasso’ prima di muoversi per seguirla’
E Paola, il viso celato alla sua vista, riprendeva lo sguardo di chi ha tutto sotto controllo’ lo sguardo di chi sa di avere un giocattolo che le trotterella dietro’ un giocattolo che pensava alle sue tette, alla sua mano sul cazzo’ e che ci avrebbe pensato anche più tardi, mentre era a letto con la sua mogliettina’
‘Ottimo’ pensava, raggiungendo la cucina nel mentre Serena e Marco rientravano. Marco, assolutamente a proprio agio, Serena obbligata a fingere di esserlo’ come del resto, per ragioni diverse, Stefano, poco dietro di lei.
Proseguirono nei saluti, dalla cucina, poi verso l’ingresso. Pochi minuti, poi i due ospiti uscirono, non senza lanciare un significativo sguardo verso Serena’ un chiaro messaggio negli occhi’ ‘Ubbidisci.’
Quando la porta si chiuse, Stefano si voltò verso la moglie, con un’agitazione che stemperava nel buon umore’
‘Piacevole serata’ due persone ottime direi” disse lui, che in cuor suo desiderava un momento per calmarsi’ per fortuna Serena gli procurava il pretesto’
‘Sì’ io’ sono dei buoni colleghi’ sì’ rispose lei, atterrita, ma mostrando un sorriso tirato che voleva nascondere al suo uomo tutto quello che aveva subito’ e che ancora avrebbe continuato a subire’ per lo meno, non notava segni particolari di qualcosa tentato da Paola’ e poi, suo marito gliel’avrebbe detto’ o no?
No’. Non doveva pensare il peggio’ stava ubbidendo’ e Stefano la amava’ Ma perché non si accorgeva di quanto era stata usata? Di come ogni centimetro del suo corpo sapesse di sesso’ dai tormenti inflittegli da Paola, alle torture mentali e fisiche di Marco’ alla sua stessa voglia inespressa’
‘Imbecille” ancora quella parola a fior di labbra’ e ancora a dominarsi, a non voler cedere al lavaggio del cervello che i suoi aguzzini volevano farle’ ‘Vado di sopra Stefano’ ti spiace sistemare qui’ io’ sono molto stanca” disse già avviandosi verso la scala, sentendo i minuti che scorrevano, sentendo che ancora per quel giorno non era finita’
Proseguì verso la camera da letto, dopo che Stefano le ebbe assicurato di mettere tutto in ordine e, una volta giunta sulla porta, non potè che appoggiarsi allo stipite, mano sulla fronte, a contemplare la stanza’
Una camera dov’era stata legata, portata al delirio, costretta ad implorare piacere’ ma dove pure aveva dovuto servire nei modi più osceni non solo Marco, ma anche Paola’ l’avevano squassata nel piacere, anzi, nell’assenza del piacere completo, per arrivare a renderla disposta a tutto’ Persino ad essere trattata come una cagna’ a fare i bisogni sul prato della sua stessa casa’
Si riscosse, ricordando che i minuti passavano’ Accese il pc. Dopo un minuto, controllò skype’
E in effetti, c’era la nuova richiesta’ non pensò nemmeno di ignorarla’ non doveva mai pensare di disubbidire’ mai. Se il loro giocare con lei era quello quando si comportava come volevano, non osava pensare alle punizioni’
Accettò la richiesta. Fece la prova con la cam’ sì, abbracciava il letto, come le avevano ordinato’ il cellulare era in silenzioso e appoggiato sul comodino’ Non le rimaneva che spogliarsi, e attendere’
Non che avesse tanto da togliersi’ via la maglia, seguita dalla gonna e dalle scarpe’ quante volte si era denudata alla stesso modo, normalmente’ ora cambiava tutto. L’odore sulla pelle’ il sapersi tra un attimo sotto controllo, il guardare il letto dove era da poco stata legata e usata’
E la voglia.. nonostante tutto, la voglia’ ma gli ordini erano chiari. Niente penetrazioni. Niente orgasmi. Sentiva Stefano in salotto che finiva di sistemare’ non avrebbe probabilmente costituito un problema, anche se l’avesse trovata così, nuda com’era’ ma le frasi di Marco l’avevano messa in agitazione. E se’
No, no’ Stefano di solito arrivava stanchissimo e poi’ dio mio’ l’idea di essere sotto l’occhio della cam mentre era in intimità con il marito’ dio mio’
I suoi pensieri furono interrotti dalla lieve vibrazione del telefono’ Serena chiuse un momento gli occhi, per darsi forza, poi lo prese e controllò’
‘Accetta la videochiamata e abbassa la schermata. Poi stenditi sul letto, non coprirti. Una volta accesa la cam, non dovrai più spegnere.’ Recitava il whatsapp.
Ecco’ proseguiva lo schiavizzarla’ quella non era più la sua camera da letto, ma un’altra parte della sua gabbia’ Vide la chiamata sullo schermo, e cliccò sul tasto verde’ la schermata si aprì. Lo schermo era buio’ qualcosa copriva la cam dall’altra parte’ Ovvio. Loro la vedevano, lei però non poteva’ così non avrebbe saputo quando era realmente sotto osservazione e quando non lo era’
Non cambiava la sostanza’ era di nuovo nuda davanti a loro, a disposizione. Potevano guardarla, registrarla, fotografarla’ tutto. E tutto senza obiezioni.
Si sentiva oltre la vergogna mentre si stendeva’ il bel corpo offerto ad occhi che non vedeva, immobile, in attesa di chissà quali ordini potessero arrivare’ e nel mentre, sentiva Stefano risalire le scale’ pochi secondi, ed entrò nella stanza’ Serena lo guardò’ e capì subito che non sarebbe stata la solita serata da parte di lui.
Piccole sfumature, che coglieva nello sguardo dell’uomo’ aveva voglia, e il trovarla così a disposizione, non faceva che accentuarla. Difatti, Stefano fece un sorriso malizioso, iniziando a spogliarsi’ e lei non poteva fare altro che fingere una felicità che voleva andare solo a coprire il terrore che la invadeva’
E il telefono vibrò. Serena sentiva il cuore battere a mille’ non sapeva che fare’ ma a quell’ora, solo uno poteva essere il mittente’ Prese il telefono al volo dal comodino.
‘Non fargli togliere le mutande. Devi inzuppargliele strusciandoti su di lui. Lo farai godere con un bel pompino solo quando tornerai a sentire il telefono vibrare. Niente penetrazioni, niente godere per te.’
Le mani tremavano mentre leggeva il messaggio’ già avevano visto le intenzioni di Stefano, come le aveva viste lei’ E volevano continuare nel gioco del torturare il suo piacere’ senza tregua, senza pietà’
‘Chi è tesoro?’ chiedeva Stefano, perplesso, mentre si accingeva a togliersi i pantaloni.
‘Oh’ Marco e Paola’ volevano’ sì, volevano ringraziarci della bella serata” disse balbettando.
Stefano si contrasse per un secondo’ poi guardando altrove rispose ‘Già’ simpatici’ e’ ci divertiremo domenica assieme.’ Aggiunse lui. Serena lo guardava’ era imbarazzato, e senz’altro acceso, lo vedeva adesso che i pantaloni venivano tolti’ ma certo’ Paola senz’altro aveva usato le sue armi per stimolarlo’ per farlo arrivare in quella stanza pronto a scoparsi chiunque’
Maledetta’ e non poteva far nulla’ nemmeno far trasparire rabbia o risentimento’
Ubbidire.
Sempre.
Ubbidire. Nei modi più umilianti.
Sempre.
Posò il cellulare’ lo sguardo inevitabilmente le andò al pc’ che sembrava indifferente a loro, ma che in realtà spiava tutto’ uno sguardo veloce e un respiro profondo’ poi si voltò verso il marito, proprio mentre lui metteva mano alle mutande grigie , per togliersele’
Mise addosso la maschera più maliziosa che poteva, avvicinandosi a quattro zampe verso di lui’
‘No” gli disse in un sussurro ‘non’ non toglierle’ ho voglia di giocare” disse fermandogli le mani e traendolo sul letto.
Stefano, seppur perplesso, era felicemente sorpreso dall’atteggiamento della moglie’ già averla trovata nuda era qualcosa di speciale, e quel prendere l’iniziativa completava il tutto’ solo che’ sì insomma, Serena era indubbiamente una bella donna, e l’apprezzava anche in quel momento’ ma’ il viso, il corpo di Paola, il suo atteggiamento si insinuavano nella mente’ ma che diamine, non doveva farsene una colpa, era normale’ remissivo, lasciò fare sua moglie’ che lo fece stendere sul letto’
Serena chiuse gli occhi mentre si metteva a cavalcioni sul marito’ la voglia a mille’ Stefano comunque era suo marito e a lei piaceva’ in più, avrebbe voluto devastarlo di sesso per cancellargli dalla mente qualsiasi immagine di quella stronza dalla mente’ ma in primis era una schiava, anche in quel momento, una schiva che al primo posto doveva mettere il fatto di offrire uno spettacolo porno ai suoi padroni’
Avevano fatto in modo di accendere lui, ma il problema era la continua stimolazione a cui era stata sottoposta lei’ e lo sentiva di nuovo ora, mentre la sua figa aderiva alle mutande di Stefano’ un gemito la colse subito, quando tra le cose sentì il cazzo duro del marito’ le venne naturale artigliargli il petto immediatamente’ Uno sguardo ancora verso la cam’ come a dire ‘bastardi, sto facendo quello che volete” il viso trasfigurato dal piacere’
Iniziò a muoversi avanti e indietro’ strusciando come le era stato ordinato’ lentamente’ per non scivolare oltre il limite che l’avrebbe fatto esplodere l’orgasmo’
Avanti e indietro’ avanti e indietro’
Sentiva la figa pulsare’ gli umori colavano, iniziando ad inumidire le mutande di Stefano, che si godeva quel massaggio intimo ‘ da parecchio l’erezione si faceva sentire, ed aveva bisogno come non mai di sesso’ e infatti le mani si alzavano a prendere le mammelle di lei, a piene mani’
E Serena entrava nel suo delirio, aumentando la velocità, spingeva la figa forsennatamente, gemendo e al contempo tentando di trattenere il piacere’ il disgusto le saliva dallo stomaco, nel pensare che ogni cosa era osservata’ ma il corpo se ne infischiava, cercava e voleva più contatto’ le mani si Stefano sul seno le impedivano di stare concentrata’ sentiva di arrivare al limite’ e allora alzò il culo, a sporgersi in avanti e porgere i capezzoli alla bocca di lui, in cerca inutilmente di un sollievo che non poteva arrivare’ Stefano ora succhiava come un pazzo, succhiava le sue tette reattive come non mai’
E il telefono non dava segnali’ mentre lei impazziva di voglia’ mentre sentiva suo marito che voleva di più, voleva scoparla’ sarebbe bastato spompinarlo ora, svuotarlo, e tutto avrebbe smesso quell’inconsapevole tortura’ ma evidentemente al di là della cam non giudicavano le mutande abbastanza zuppe’
Giù ancora’ a strusciarsi, con una rabbia piena dovuta alla frustrazione di dover controllare ogni millimetro del suo movimento per non esplodere’ avanti e indietro’ avanti e indietro’
Il clitoride le rimandava scariche che le cavavano piccole urla dalla gola’ Isterica’ stava diventando isterica dalla voglia’
‘Toglimi’ toglimi le mutande ‘ Serena” disse Stefano’ sperando la moglie non avesse colto quella lieve esitazione sul nome’ infatti a tratti, colpevolmente, continuava a rivedere il corpo di Paola’ il suo modo di fare diretto’ doveva scopare’
‘N-no’ no!!’ quasi urlò Serena’ disperata’ mentre si sentiva colare, un fiume che scendeva dal suo corpo ad indicare lo stato indecente in cui si trovava’ d’improvviso lei si inarcò, le braccia appoggiate al letto dietro al corpo, a cercare ancora più contatto’ non resisteva’ non poteva resistere oltre’
Il telefono vibrò.
Fu con le lacrime che Serena recepì quel segnale’ era allo stremo, assolutamente incapace di capire quale fosse la tortura peggiore’ se il fermarsi, o il continuare e affrontare le conseguenze’ alla fine agiva proprio come una cagna addestrata’ obbediva all’ordine dei suoi padroni’
Si staccò dal cazzo di Stefano, che emise un grugnito di protesta, subito cancellato dal vedere la moglie assatanata con la testa tra le sue gambe che gli abbassava le mutande ormai zuppe’
Non era da lei, assolutamente fuori dal suo normale essere controllata’ ed invece ora, pur conscia dello spettacolo che offriva, si fiondava sul cazzo del marito senza controllo, leccava, succhiava’ a tratti infilandoselo tutto in bocca’ e, disperatamente, attenta a scacciare il confronto che in maniera subdola si infilava nella sua mente’ Marco’ il suo cazzo’ più lungo e più grosso di quello di Stefano’ no’ doveva rifiutare quell’insinuarsi’ e doveva svuotare il marito prima che tentasse di impalarla’
Voglia’ voglia che faceva male’ voglia che si trasformava in un succhiare veloce, mentre l’uomo subiva il suo spompinare senza pretendere altro’ già appagato nello scoprirla così inaspettatamente vorace’
E la cam inquadrava’ inquadrava un uomo che restava pressochè immobile, e una donna che agiva da puttana su di lui, una donna infoiata, che non trovava pace’ una puttana delle migliori, per chi avesse visto senza sapere’
Serena era ben conscia di questo’ mentre sentiva susseguirsi i gemiti del marito’ tutto studiato, alla perfezione’ torturarla nella maniera più subdola, per farla apparire come la cagna in calore in cui la stavano lentamente trasformando’ La cagna e l’imbecille’
No! Ancora voleva farsi largo quel pensiero’
Aumentò il ritmo’ doveva finire velocemente’ poi le avrebbero permesso di riposare’
Su e giù’ su e giù’ e il gemito del marito si prolungava, mentre schizzava il suo seme riempiendole la bocca’ Ed ora lei, mentre ingoiava tutto, aveva un attimo in cui lo detestava’ vedendolo lì appagato, mentre lei si consumava nel desiderio ‘
Non si aspettava un continuo’ e infatti un continuo da parte di Stefano, stravolto, non venne’
‘Sei magnifica’ Sere” mormorò ad occhi chiusi, lungo disteso, mentre già la voce si affievoliva sotto la stanchezza’
Serena si spostò, adagiandosi accanto a lui’
‘Tu lo sei’ amore” rispose, stringendo con le mani le lenzuola, cercando di dominare il fuoco del ventre’ Un minuto di silenzio’ poi due’ infine arrivò il leggero russare di Stefano, che si voltò nel sonno dall’altra parte’
Serena prese il telefono in mano’ c’era ancora il messaggio di poco prima’ quello arrivato mentre masturbava il marito’
‘Appena finito, puttana, in ginocchio sul letto, voltata verso la cam. Mani sopra la testa e sorridi. Dobbiamo fare qualche scatto.’
Non avevano un limite’ l’umiliazione era continua’ il possesso su di lei era continuo’
Ubbidire. Solo che in quel momento non sapeva se lo faceva per non essere punita, o per il permesso di masturbarsi’
Un’occhiata al marito’ l’imbec’si morse il labbro’ lui dormiva’ Si mise in posizione, ginocchia larghe, mani sulla testa’ esposta completamente’ e, da ultimo, il sorriso’ falso, tirato, che non raggiungeva di certo gli occhi’ ma sperava bastasse.
Trenta secondi in quella posa’ non osava muoversi’ poi ancora il telefono’
‘Bene. Ora lascia pure accesa la luce del tuo comodino, tutta la notte. Dormi nuda, e con la cam accesa. Sarai sempre sotto controllo. Buona notte, puttana.’ Diceva il messaggio.
Buonanotte’ come poteva esserlo, si chiedeva Serena, mentre spegneva la luce della stanza e accendeva quella che le avevano indicato’ Poi si stese, con quel disagio derivante dal sentirsi osservata’ con il fuoco nel ventre’ le veniva da piangere, mentre artigliava le lenzuola, un gesto che doveva comunque celare, per non dare la soddisfazione a chi stava osservando’
Un giorno assurdo si era chiuso’ un giorno in cui era stata usata nei modi più indecenti’ dall’essere mostrata come una puttana, all’essere costretta a leccare la collega’ dall’essere schiavizzata da Marco, fino a ritrovarsi a implorare di godere’ pure quando si era trovata al guinzaglio’
E con angoscia, pensava che purtroppo era il desiderio di venire che imperava dentro di lei’ mente e corpo’ volevano possederle entrambe’ e ci stavano riuscendo’
Stesa immobile’ non aveva nemmeno il coraggio di voltarsi rispetto al pc’ mostrare ancora parti di sé’ silenziosamente, le lacrime le segnavano il viso’ poi, senza accorgersene, finalmente si addormentò.
‘Sveglia amore’ sono le sette” fu la voce del marito a farle aprire gli occhi. Per un attimo, le parve che il mondo fosse tornato alla normalità’ Guardando gli occhi compiaciuti del marito, tornò brutalmente alla realtà. Nuda’ la cam accesa’ gli ordini’
Schiava.
Stefano colse l’apprensione nei suoi occhi’
‘Che c’è tesoro, un brutto sogno?’ chiedeva lui, già vestito.
Serena si riscosse’ non doveva far capire nulla ‘Sì.. sì un brutto sogno’ ma’ già pronto tu?’
‘Non hai sentito la sveglia tesoro’ disse lui, chinandosi sulla moglie per un bacio, accompagnato da una carezza sul seno, che generò subito una scarica nel corpo della donna ‘e così ti ho lasciato riposare un altro po’.’ Gli occhi di lui accarezzarono il corpo nudo di Serena. ‘Purtroppo ora devo andare’ tu non ti alzi?’
Gli ordini. Ubbidire. La cam.
‘No’ aspetto’ aspetto ancora qualche minuto” disse cerando di evitare di voltarsi verso il pc.
‘ok’ allora io vado” salutò l’uomo, uscendo dalla stanza. Un minuto dopo, Serena sentiva la porta d’ingresso aprirsi e chiudersi’ era sola.
E sentiva anche un’altra cosa’ l’ovvia esigenza di andare in bagno’ pressante’ ma non poteva muoversi fino a nuovo ordine. Incredibilmente, tre minuti dopo si augurava di ricevere ordini al più presto possibile, l’esigenza diveniva pressante, anche se tentava di non darlo a vedere davanti alla cam’
E poi capì’ Le venne quasi un sorriso amaro quando il pensiero la colpì’
Chiedere il permesso. Era ovvio.
Per ancora cinque minuti lottò con sé stessa per non cedere davanti a quella tortura assurda’ considerò l’idea anche di infischiarsene degli ordini’ di riprendersi i suoi spazi’ ma’ e poi? Sarebbe stata una vittoria che avrebbe portato a quali conseguenze’
Un sospiro di rassegnazione. Avvilita, si mise in ginocchio sul letto’
‘Per favore’ posso’ posso pisciare?’ chiese deviando lo sguardo. Nemmeno dieci secondi dopo, il telefono vibrò. Serena lo prese, con il cuore in gola.
‘Scendi nell’ingresso, nuda come sei, e apri la porta. Il tuo padrone aspetta.’
Serena si coprì gli occhi con una mano’ si ricominciava’ non le davano un istante di tregua, non un momento in cui potesse essere fuori dal loro controllo.
Stava esitando’ e sapeva che questo non era apprezzato. Si alzò dal letto e nuda come le era stato ordinato si recò verso la porta’ Ansia. Vergogna. Chi avrebbe trovato? Marco? Paola? O entrambi? Era quello che l’angosciava, il non poter prevedere cos’avessero in serbo per lei’
La mano sulla maniglia’ un ultimo respiro profondo, e poi aprì, facendosi scudo con la porta’
Marco. A braccia incrociate.
Ma Serena rimase a bocca aperta per un altro motivo’ accanto a Marco, con una borsa in una mano ed un secchio nell’altra, stava Sonia, la ragazzina del negozio di animali.
‘Buongiorno, puttana.’ Disse Marco, secco.
‘Ma’ che significa’ perché lei qui??’ chiese esterrefatta Serena, sempre nascondendosi dietro la porta.
Marco avanzò, facendo segno a Sonia di seguirlo verso l’interno della casa. Serena non potè fare altro che scostarsi e lasciarli passare. Appena furono entrati, la donna ancora insistette con lo stupido gesto di coprirsi seno e figa con mani e braccia’
Fu Sonia a chiudere la porta una volta entrati. La ragazzina era rossa in viso, notò Serena, ma aveva un sorrisetto compiaciuto che le faceva accapponare la pelle’
‘Su, Sonia, saluta la puttana.’ Disse Marco, ora sorridente.
‘Buongiorno, gran puttana.’ Disse la ragazza, guardando Serena che non riusciva a credere di avere in casa anche quella stronzettina’ La fissò, odiandola’ ma non riuscì a proferire parola.
Marcon intervenne prontamente.
‘Dunque, puttana, meglio spiegarti. Sonia è qui perché si occupa della tua preparazione, stamattina. Voglio una cagna sistemata a dovere, e sarà lei a seguire queste piccole incombenze. Chiaro, puttana?’
‘Marco’ ma’ io dovrei’ è una ragazzina’ ti rendi conto?? Cosa pretendi mi lasci fare???’ chiedeva Serena sconvolta.
Lui non perse tempo. L’afferrò per i capelli, obbligandola ad abbassarsi, prima sulle ginocchia, poi a quattro zampe. Poi si rivolse a Sonia.
‘Collare e guinzaglio, prego.’ Ordinò. Prontamente, la commessa mise la mano nella borsa, e passò a Marco gli oggetti, che lui provvide a far indossare a Sonia, che restava adesso remissiva, singhiozzando a capo chino. Poi l’uomo passò il guinzaglio a Sonia.
‘Bene Sonia. Procedi pure. Ti ho dato la scaletta da seguire’ cominciamo prima dal farla pisciare, visto che la puttana a quanto pare ha fretta”
‘Sì signore, dove” chiedeva raggiante Sonia, praticamente ignorando Serena, l’unica considerazione derivava dal fatto che aveva iniziato a tirare il guinzaglio.
‘Seguimi.’ Disse Marco semplicemente, incamminandosi verso la cucina. E Serena iniziò a comprendere’
Si attaccò con le mani al guinzaglio, rimanendo comunque in ginocchio.
‘No Marco! Dove mi vuoi portare?? Non puoi! Non di giorno!!! Non puoi farmela fare in giardino!!!’ quasi urlò Serena.
Lui non si scompose. Tornò sui suoi passi, e si chinò fino a guardarla dritta negli occhi’
‘Vedi puttana, il pisciare fuori a quest’ora è una fortuna per te’ magari alle sette e quindici del mattino, non c’è nessuno che ti possa vedere’ o desideri forse continuare a protestare? Perché vedi, posso anche decidere di farti fare molto altro in giardino. Nuda e al guinzaglio. Che ne pensi, puttana?’
Serena piangeva a dirotto, ricadendo a quattro zampe’ alzò gli occhi verso Sonia, cercando una parvenza di comprensione, ma trovò solo una stronzetta che guardava Marco come fosse un idolo’ rapita dal potere che aveva su di lei’ Chinò il capo, sconfitta’ ‘ok” bisbigliò, lasciandosi ora tirare dalla ragazzina, verso la porta posteriore.
Marco osservava, camminando lento a fianco di Sonia’ Osservava Serena, al guinzaglio, sconfitta e in suo potere, con le tettone che ballavano sotto il corpo, umiliata, convinta di aver toccato il fondo’
Sorrise, mentre spalancava la porta del retro’ Il fondo era ancora molto lontano’
‘Prego Sonia, porta a pisciare la puttana.’ Disse rivolto alla ragazza.
Sonia, raggiante, si voltò verso Serena’
‘Su, cagnetta, che dopo devo lavarti per bene” le disse, godendosi il viso sconvolto della donna.
Serena singhiozzava senza sosta, mentre varcava la soglia’ e di nuovo si rendeva conto che l’ubbidire era necessario, per rientrare il prima possibile’. Sonia la guidò a due metri di distanza da Marco, appoggiato allo stipite della porta, verso il centro del giardino’
‘Puoi farla qui, cagnetta.’ Disse Sonia, sempre più cosciente del potere che le stavano dando’
Serena tremava’ ciò nonostante doveva ubbidire, ed anche l’urgenza ormai non le dava scampo’ guardando con tutto l’odio possibile verso Sonia, accucciò il culo, allargando le ginocchia’ e iniziò a pisciare’
Quand’ebbe terminato, si avvide che Marco non era più sulla porta’ non importava’aveva sentito un rumore, proveniente dal giardino del vicino’ iniziò a tirare sul guinzaglio, a quattro zampe cercava di tornare più in fretta possibile verso la porta della cucina’
E Marco ricomparve sulla porta. Aveva un indumento in mano.
‘Ferma.’ Ordinò. E Sonia trattenne la donna, tirando il guinzaglio con due mani’
Marco si chinò un attimo su Serena, togliendo il guinzaglio, ma non il collare. Poi si rialzò, lanciandole addosso l’indumento che aveva in mano’
‘Indossa questo, puttana.’ Disse.
Serena spiegò prese in mano quella che risultò essere una camicia bianca, leggerissima’ e completamente fradicia. Non si chiese nemmeno il senso di quello che accadeva’ indossò la camicia, stando ritta sulle ginocchia’ e si accorse che fradicia in quel modo, le aderiva addosso come una seconda pelle, per giunta trasparente’ Era praticamente nuda quanto prima’ la camicia non faceva altro che esaltare le sue forme, con l’unica copertura rappresentata dal bordo inferiore, che le copriva a malapena il taglio’
Quando cercò i bottoni, ne trovò solo due, gli ultimi due’ li abbottonò, rendendosi conto di quanto poco cambiasse il suo essere esposta’
Voleva rientrare, disperatamente rientrare’ i rumori dal giardino vicino si susseguivano’
E Marco colse quell’apprensione’
‘E’ il tuo vicino, puttana’ sembra che oggi abbia da fare in cortile” disse calmo.
‘Marco’ ti scongiuro, fammi rientrare’ prima che mi vedano nuda” implorò Serena, angosciata.
‘Tra non molto’ c’è il problema delle proteste di prima’ quindi, ora mi segui, e andiamo a chiedere al tuo vicino se può prestarci una cosetta”
Serena spalancò gli occhi, incredula. Il vicino già le lanciava chiari segnali normalmente, se poi si fosse presentata con una camicia fradicia ed un collare’ no’ non poteva’ non’
‘Marco’ Marco ti scongiuro!!!’ cercò ancora di dire.
Ma lui la interruppe prontamente, con espressione pensierosa’
‘Quale video preferisci mandi a tuo marito? Quello in cui mi succhi il cazzo, o la parte in cui lecchi la figa di Paola? Dimmi pure’ sono già pronti”
Sonia fece un sorrisino, mentre Serena si prendeva il volto tra le mani’ Scosse la testa’ dicendo un ‘perché?’ senza fine’
Marco le mise la mano tra i capelli, e le impose di alzarsi’
‘Su puttana, andiamo.’ Le ordinò Marco, sentendola nuovamente arrendevole’ Serena si faceva infatti guidare da quella mano’ come una bambola di pezza’ il limitare del giardino, dove il garage della casa accanto li celava ancora
Avanzavano’ tre metri’ due’
Marco la teneva ancora per i capelli, quando raggiunsero la bassa siepe del confine’
Serena vide l’uomo al di là della siepe intento a spostare un vaso’ alzare il capo’ e immobilizzarsi a bocca aperta’ per poi sorridere, prima di appoggiare il vaso a terra, e dirigersi verso di loro.
Serena si sentì perduta’
Lei era una proprietà di Marco’ lui era il suo padrone’
E il padrone voleva mettere in mostra la sua schiava.
Capitolo 12.
‘Bu-buongiorno Serena” disse l’uomo, arrivato di fronte a loro. Sulla quarantina, in maglietta e calzoncini, piuttosto prestante’ imbarazzato, ma forse più rapito da quell’inaspettata visione’
‘Buongiorno Tiziano” mormorò lei, nella vergogna più completa. La camicetta offriva già con la scollatura una visione da capogiro, il fatto che fosse bagnata poi, rendeva Serena un qualcosa di sublime’ il corpo disegnato dal tessuto bagnato, areole e capezzoli perfettamente visibili’ per un uomo che già le faceva il filo, questo era un offrirsi che chiunque avrebbe colto come invito a scopare’
Marco sorrideva, godendosi l’espressione di Tiziano, i suoi occhi’ che passavano in quel momento dal corpo di Serena, a lui’ oh no, non a lui, ma alla mano che continuava a tenere tra i capelli di Serena’
E lui decise di far capire ancor meglio la situazione’ Tolse la mano dai capelli di lei, per allungarla oltre la siepe e presentarsi’
‘Piacere, io sono Marco, il capo di Serena.’ Disse sibillino.
Tiziano lo guardò perplesso, ma ricambiò il gesto e si presentò.
‘Vedo che non è l’unico a dedicarsi al lavoro di mattina presto’ diceva Marco, allegro, e nel contempo, si stringeva ancor di più a Serena, facendo scomparire il braccio dietro il corpo di lei’ un gesto che a Tiziano non sfuggì’ Lo intuiva fin troppo bene’
E lo sapeva ancor meglio Serena, sentendola scendere lungo la schiena, e poi sulle chiappe’ un lievissimo pizzicotto’ e il senso era chiaro. Suo malgrado, Serena allargò le gambe, immaginando la nuova stimolazione’ non era pronta’ non era pronta a resistere. Non sfogava il suo piacere dal giorno prima e’ No! Marco non si stava indirizzando verso il suo taglio’ cercava’
‘Uh!’ le sfuggì dalle labbra, quando un dito dell’uomo le entrò nel culo.
Tiziano, con una faccia incredula, e continuando a guardarla, rispose comunque a Marco’
‘Sì’ io’ finchè sono in ferie’ meglio farli con il fresco questi lavoretti’ e si soffermò un attimo fissando il viso di Serena, che si stava mordendo il labbro, lasciando fare al suo capo’ cosa? La palpava? La masturbava? Che razza di puttanella saltava fuori’ ” con le mani sono bravo” proseguì, con un sorriso ora che niente aveva di misterioso’
‘Eh, la capisco, Tiziano’ io invece sono qui perché Serena voleva parlarmi per un aumento, pensi un po” e lo diceva iniziando a muovere il dito’ avanti’ indietro’ avanti’ indietro’
Serena serrava la mascella, ma la sua rigidità, e il tentativo ormai inutile di nascondere quello a cui era sottoposta, la portava solo ad inarcare il corpo, offrendo le sue tette ad una vista ancora più completa’
‘Beh’ fece Tiziano, leccandosi le labbra ‘non mancano gli argomenti per discutere, a quanto vedo”
Serena sprofondava nella vergogna, offerta in quel modo, stava ricevendo i commenti che si riservano ad una vera puttana’ e come doveva essere? Vestita di nulla, con un dito che le stava masturbando il culo’ e disperatamente, si rendeva conto, eccitando’
Il gioco perverso di Marco’ ad una ad una, le persone che gravitavano attorno a lei, dovevano percepirla sia come porca assoluta’ ma anche come proprietà privata di lui’ e come sempre, il gioco risultava perfetto’ compreso il fatto di tenerla sempre in una condizione di eccitazione costante’
Serena implorante si voltò verso Marco’ che le facessero quello che volevano’ ma non lì! Non i giardino!
Ma Marco aveva ben altre idee, prima di rientrare’
‘Vedremo se saprà convincermi’ rispondeva intanto a Tiziano, con un sorrisetto sulle labbra ‘invece, volevo chiederle’ lei fa piccoli lavori, Tiziano’ non è che domani mattina, verso le dieci, aiuterebbe Serena? Ha qualcosina da sistemare in casa,,,
Serena si sentì gelare’ l’indomani’ il suo giorno libero’ e Marco stava già organizzando come passarlo’ tentò di divincolarsi’ di togliersi da quella masturbazione, e il ragazzo fu lesto, togliendo la mano dal culo di lei e riprendendola per i capelli. Con rudezza le girò il viso verso di sé’
‘Qualche problema? Il signor Tiziano credo che un favore te lo farebbe, no?’ disse, voltandosi verso l’uomo’
Gli occhi di Serena si fecero lucidi’ non riusciva a spiccicare mezza parola’ e il cuore le andò a mille sentendo le parole di Tiziano’
‘Volentieri! Domani mattina alle dieci va benissimo!’ disse con occhi da porco, che guizzavano dalle tette di lei alla mano di Marco, che la trattava come un oggetto, a quanto pareva’ Tiziano pregustava il divertimento’ tanto la moglie sarebbe uscita presto, e lui sarebbe stato libero di avere per le mani quel gran pezzo di figa tettona che desiderava da mesi’ Sentiva il cazzo duro’ sentiva l’acquolina in bocca’
Dietro di loro, vicino alla porta, semi nascosta, stava Sonia’
Osservava la scena, tenendo tra le mani il guinzaglio, pronto all’uso’ C’era una parte di lei che si chiedeva che diavolo stesse facendo’ Era sempre stata una ragazzina piuttosto schiva, certo, il sesso le piaceva eccome e le sue esperienze le aveva avute’ però niente di esaltante. Una routine, più che altro, dovuta anche al fatto di essere carina, anzi, di piacere’ forse proprio per il fatto di essere sulle sue’
E quella parte di lei le diceva che non andava bene quello che faceva’ che non poteva partecipare alla riduzione in schiavitù di una donna, che non era giusto’
Ma.
L’altra parte di lei, quella che le faceva fremere il corpo vedendo Serena semi nuda in giardino, quella che al guinzaglio aveva portato a pisciare la gran signora’ quella parte voleva di più, aveva fame’
La fame di avere sotto le sue mani quasi inesperte, la possibilità di giocare con una dama che si riteneva al di sopra di giovani come lei, che se la tirava’ la fame dovuta alle scosse che quel tormentare dava al suo corpo’ anche ora si sentiva fradicia dentro i jeans, all’idea di cosa doveva fare a Serena non appena fossero rientrati’
La sera prima, un messaggio l’aveva avvertita di trovarsi a quell’ora davanti a quell’indirizzo, senza se e senza ma. E lei era accorsa’ chiaramente, Marco l’avrebbe anche pagata per quei servizi, ma l’avrebbe fatto anche gratis! Ed era dura da ammettere, ma quando Marco le aveva fatto capire, prima di entrare in quella casa, che avrebbe voluto anche altro’ beh’ aveva detto ‘sì, signore’ senza esitare’ Quello era il genere d’uomo che la calamitava’ che poi le permetteva di abusare della gran dama tettona’
Sì, aveva detto. E sì avrebbe risposto ad ogni richiesta di lui’
E adesso stava lì’ in attesa di loro’ di lui, e dei suoi ordini’ di lei, e della possibilità di tortur’ ma sì, diciamolo’ di torturarla’ E un nuovo sorriso imbarazzato le nacque sul viso’
Alla siepe, nel frattempo, Tiziano fu distratto dal suo godersi la situazione da un rumore alle sue spalle’
‘Ehm’ ci vediamo domani mattina allora’ io scappo a finire” e corse verso il vaso, senza dare spiegazioni.
Le intuì Marco, vedendo la moglie dell’uomo uscire dalla casa, e diretta verso il garage, verso suo marito’
Marco non potè non notare che la signora in questione era carina, pantalone elegante e canotta rimandavano l’immagine di una donna piacente’
La donna non li aveva scorti, e lui, con calma, trascinò Serena verso la casa’ era soddisfatto, l’indomani si preannunciava molto interessante’ ma c’era ancora molto da fare sull’oggi’
Serena, spinta all’interno della casa, si lasciò guidare da Marco nella posizione a quattro zampe. Singhiozzava, senza capacità di opporsi alle mani di Sonia che ora le stava rimettendo il guinzaglio’
Ubbidire in silenzio’ ma come poteva?? Da una parte, Marco la rendeva puttana agli occhi di tutti’ dall’altra permetteva ad una ragazzina di trattarla come’ come’ non riusciva nemmeno a dirlo’
E intanto Marco, portando una busta e il secchio, guidava Sonia verso il bagno’ cosa ancora dovevano farle? Per lo meno, l’avevano fatta rientrare’ ma come sarebbe mai riuscita a guardare ancora in faccia il vicino? Lei l’aveva tenuto sempre a distanza, lusingata dalle occhiate, ma mai disposta a concedere di più’ mentre l’indomani se lo sarebbe ritrovato in casa’ e con quale libertà?
Pensava a questo mentre, giunti in bagno, le indicavano di posizionarsi sullo scendi vasca, rimanendo a quattro zampe’
‘Bene puttana’ cominciò Marco, mentre Sonia prendeva dalle sue mani il secchio e iniziava a riempirlo al rubinetto della vasca ‘chiaramente, doccia e vasca non sono più cosa per te’ stamattina penserà Sonia a lavarti”
Serena guardò prima la ragazzina, poi Marco’
‘Che’ che significa? Io dovrei’ dovrei farmi lavare??? Da questa puttanella???’ quasi gridò Serena.
Marco sospirò, a dimostrare la sua stanchezza verso simili uscite’
Si chinò su Serena, la mano nei capelli, ad avvicinarle l’orecchio alla sua bocca’
‘Perché devi farmi fare queste figure davanti a Sonia’ è qui apposta per te, per tenerti pulita’ è la tua padroncina, ed è così che la chiamerai ora” disse in un sussurro Marco.
Serena non poteva sopportare l’idea di essere nelle mani di una ragazzina. La stavano umiliando su tutti i fronti, ed era costretta ad accettare tutto’ ma perché anche quello??
‘Non puoi pretendere che io stia zitta’ io’ ahhhh!!!’ urlò, quando lui tirò forte i capelli.
‘Hai capito male, puttana’ non lo pretendo, è così punto e basta.’ Sentenziò Marco. Poi prese il capo del guinzaglio e lo chiuse ad occhiello attorno al termosifone. Serena si ritrovava così bloccata a terra nella stessa maniera in cui era nel negozio di animali’ e sempre al cospetto di Sonia’ solo che questa volta, a quanto pareva, la ragazzina aveva un ruolo decisamente più attivo. Infatti, alzando gli occhi, Serena in piena angoscia, vide Sonia indossare una sorta di guanto in spugna ed avvicinare al suo corpo umiliato il secchio con l’acqua’
‘Un momento, Sonia’ disse Marco, fermando la giovane ‘se non mi sbaglio, ti ha offeso, la nostra gran puttana” disse Marco, guardando serio Sonia, mentre Serena dal basso ascoltava a bocca aperta, sconcertata.
‘Sì, signore’ disse la ragazzina, e Serena notò ancora quell’insulso incresparsi degli angoli della bocca’ si imbarazzava la stronzetta, ma rideva’ bastarda!!!
‘Allora mi sembra giusto tu cominci a punire, quando vieni offesa, e che pretendi le scuse. Dico bene, Sonia?’ chiedeva ancora Marco, le braccia incrociate sul petto.
‘Sì signore, mi sembra giusto.’ Disse elettrizzata lei, un’emozione che la scuoteva, ma che stemperava sempre in quell’atteggiamento contenuto ed ingannatore’
Serena guardava la ragazzina con occhi di fuoco, cosa che non sfuggì a Marco’
‘Vedo che ci intendiamo perfettamente, Sonia’ ora fammi vedere come metti in pratica l’addestramento della nostra puttana” disse l’uomo, appoggiandosi al lavandino, braccia incrociate, rilassato e pronto a godersi lo spettacolo.
Perché di spettacolo si trattava’ la sua puttana, nuda e al guinzaglio, ai piedi di una giovane che indubbiamente dimostrava un sadismo emergente che lui gradiva non poco’ ma non solo quello’ lo stesso sadismo la rendeva disponibile ad una volontaria sottomissione che sarebbe stata piacevole, sicuramente’
Sonia e Serena si fissarono occhi negli occhi per diversi secondi’ Colma di rabbia Serena, assolutamente tranquilla Sonia’ E con quella tranquillità Serena la vide sfilarsi il guanto di spugna, chinarsi a bagnarlo nel secchio, fino a renderlo intriso d’acqua’ Nemmeno Marco capiva cosa stesse facendo, e gli occhi divertiti erano curiosi’
Serena respirava veloce, aspettandosi le mani di lei sul corpo’ aspettandosi l’umiliazione del lavaggio da parte di quella stronzetta e invece’
‘Ahiaaaaa!!!!’ urlò Serena, piegandosi sui gomiti. Sonia appena usato il guanto bagnato sulla sua schiena, come una rudimentale frusta, che non lasciava segni. Marco ora sorrise apertamente al suo indirizzo.
Sonia, con un’espressione soddisfatta, lo guardò ‘l’ho imparato tempo fa, per cani indisponenti” spiegò, senza scomporsi. Poi si chinò davanti a Serena, lenta’ le accarezzò piano i capelli’
‘Mi vuoi offendere ancora, signora?’ chiese quasi con dolcezza.
Serena, che sentiva ancora il bruciore del colpo, alzò lo sguardo incredula, sentendo quel tono di voce che sapeva di presa in giro’ cercò di ritrarsi, ma il collare la inchiodava lì dov’era’ Ecco com’era ridotta’ lei, donna in carriera, piacente, sposata, rispettabile’ Al guinzaglio. Schiava. Usata e frustata ora da una ragazzina che arrivava appena alla metà dei suoi anni’ E ancora quel guanto si alzava, e’.
‘AHIAAAAAAAAA!!!!!’ urlò ancora, quando lo sentì abbattersi sui fianchi. Ancora ricadde sui gomiti, ancora la mano di Sonia tornava ad accarezzarla’
‘Dimmi gran signora, mi vuoi offendere ancora?’ chiedeva ancora la ragazzina.
‘N-no’ giuro’ n-no’ scusami’ scu-scusami” balbettò a testa bassa Serena, sconfitta.
Sonia voltò il capo verso Marco, con l’espressione di chi ha svolto bene il compitino’
‘Sì, direi che va bene. ‘ disse l’uomo, osservando il tutto con estremo interesse ‘Ora devo fare alcune telefonate di lavoro. Voglio ritrovare la puttana ben ripulita, Sonia.’
‘Sì signore, sarà fatto.’ Disse lei, smettendo di accarezzare la testa di Serena e rimettendosi il guanto.
‘Bene. Abbiamo un altro po’ di tempo, visto che tu cominci alle 14.00 in negozio e Paola apre il negozio da sola’ ma la mia puttana ha diversi impegni importanti oggi” disse lui, guardando Serena che restava a capo china, subendo le parole del suo aguzzino.
Marco stava per uscire dal bagno, telefono in mano. Si soffermò un attimo sulla soglia’
‘Sonia’ ripulita, e assolutamente calda’ spero di essermi spiegato.’ Disse lui, guardandola intensamente.
Serena tremava. E tremava ancor di più rivedendo sul viso di Sonia quella goduria malamente celata’ di chi voleva fare la santarellina puzzando di diavolo’ E nuovamente si rese conto di una cosa’ desiderava che Marco restasse’ in quelle oscene torture, in quelle umiliazioni’ desiderava che Marco restasse, quasi divenisse per lei una sicurezza che nessun altro avrebbe esagerato su di lei’
Questo le stava facendo quel demonio’ le si insinuava dentro in una maniera che non aveva previsto’
E tremava, mentre risentiva la voce quasi atona, da automa piacevolmente sottomessa di Sonia, che gli rispondeva’
‘Sì, signore. Assolutamente calda” e sorrise, quasi da bimba.
Un assenso di Marco in risposta, e la porta si richiuse, lasciandole sole’ Serena a quattro zampe, nuda, vulnerabile rispetto ad una ragazzina pronta a lavarla come si lava un animale’
Sonia intinse il guanto nel secchio, con lentezza, come pure con lentezza cominciò a passarlo sulle spalle di Serena, che singhiozzava, guardandola incredula’ lo stava facendo’ le passava quella sorta di spugna, prima sulle spalle’ poi sulle braccia’ La guardava in faccia, vedendo quanta serietà la giovane stava impiegando’ ora le prendeva un polso, per alzarlo’ Serena rifiutò per un attimo di lasciarsi trattare in quel modo’ tenne la mano ben piantata a terra’
‘Dammi la zampa, su, signora.’ Disse Sonia, quasi dolce.
Zampa. Era quello che aveva detto. No’ non poteva accettarlo’ non così’
‘Ma perché mi fai’ AHHH!!!’ urlò Serena, colpita in pieno volto da uno schiaffo di Sonia.
Tentò subito di rialzare il capo, pronta ad urlare contro la ragazzina, ma fu raggiunta ancora da un’altra sberla, seguita poi da un’altra, finchè Serena non ricadde con il volto tra le braccia, singhiozzante e sconvolta.
‘Signora’ mi spiace, credimi’ ma mi hanno dato carta bianca sull’addestramento’ e il tempo non è poi molto’ la zampa, adesso, per favore” disse quasi con rammarico Sonia, come se le fosse costato sofferenza prenderla a ceffoni’
Serena si rialzò sui gomiti’ il guinzaglio non le permetteva di ergersi ulteriormente’ fissò Sonia, mentre questa le alzava il braccio, lo passava per bene con il guanto’ lenta, fin sotto le ascelle’ E poi, un pezzo alla volta, tutto il suo corpo’ il ventre’ le gambe’ il viso, le sue tette’ senza che lei osasse più protestare’
Anche perché il lavaggio di Sonia cominciava a diventare per lei agonia’ Serena era fin troppo sensibile, costretta fin dalla sera prima alle continue stimolazioni senza appagamento’ e non poteva rimanere indifferente a quelle mani che ora passavano e ripassavano sui capezzoli’ il corpo si tendeva, seppur cercasse di non farlo notare, e Sonia insisteva’ insisteva’ iniziando a provare un deciso piacere nel mettere in pratica quella sottile tortura’ Un piacere che passava al sadico quando vedeva la gran signora mordersi le labbra piuttosto di far fuoriuscire anche solo un gemito’
E Sonia era smaniosa di raccogliere quella piccola sfida, mentre si posizionava dietro la cagnolina che aveva alla sua mercè, pronta a iniziare la parte interessante del lavare’ quella tra le cosce della cagnolina’
Immediatamente, Serena serrò le gambe.
‘Sonia’ Sonia’ non cadere nel loro gioco’ almeno tu’ non diventare’ non diventare come loro’ cercò di balbettare Serena, senza riuscire nemmeno a vedere dietro, costretta com’era dal guinzaglio.
Sperava di dissuadere quella ragazzina, di portare almeno lei dalla sua parte’
‘AHIIIA!!!! PERCHE’?????’ si ritrovò invece ad urlare all’improvviso, dopo il ceffone ricevuto sul culo.
‘Devi divaricare per bene le ginocchia, signora. E, per favore, non parlarmi. Il signore non credo gradirebbe.’ Le disse Sonia.
Serena stava per ribellarsi ancora, ma in quel mentre rientrò Marco.
‘Qualche problema, Sonia?’ chiese lui, indifferente verso Serena. E quell’indifferenza lo faceva sudare’ Non era facile ammirare quel corpo al guinzaglio’ quelle femmina stupenda e sottomessa e non scoparla immediatamente’ ma tutto doveva svolgersi con ordine’
‘La signora tentava di dissuadermi dal mio lavoro’ e ancora non apriva le gambe per bene’ disse quasi dispiaciuta la giovane.
Marco accigliandosi, si chinò a lato di Serena, alzandole il capo dopo averla presa per i capelli.
‘E’ vero quel che dice Sonia?’ chiese secco.
Serena lo vedeva tra le lacrime, lacrime di rabbia, di angoscia, ma anche di frustrazione pura’ come poteva permettere di essere toccata da lei? Dopo la tortura sessuale della sera prima, il suo corpo avrebbe ceduto anche sotto le dita di quella stronzetta’ il gioco a cui l’avevano sottoposta l’aveva ormai assoggettata agli ordini della sua figa, anziché della sua mente’
‘No’ io’ dio mio’ ‘ farfugliò Serena, e vide Marco sorridere.
‘Apri le gambe allora, puttana. O hai veramente protestato? Se fosse così, dovrei punirti ancora” disse Marco, lasciando in sospeso la frase’
Serena singhiozzò, chiudendo gli occhi, sconfitta anche questa volta’ lentamente aprì le ginocchia, esponendo completamente la sua figa davanti a Sonia. Marco non mollava la presa dai capelli di Serena, la voleva guardare bene in faccia’
‘Bene’ ora Sonia, procedi pure. Solo esternamente, mi raccomando, e attenta a non farla godere’ ‘ Disse Marco, mentre la ragazzina iniziava a passare il guanto lungo il taglio di Serena che, sotto gli occhi dell’uomo, emise subito un gemito’ E Marco, divertito, osservava quel viso cambiare’ gli occhi di lei velarsi di eccitazione’ di agonia, quando le mani di Sonia divenivano insistenti’
Marco lasciò i capelli di Serena, e sciolse il collare’ fece un cenno a Sonia, che smise di passare il guanto. Subito dopo, l’uomo fece distendere la sua cagna sul tappetino, ventre in alto, e montò sopra di lei, le braccia della donna bloccate dalle gambe di lui, le belle tettone a disposizione’ i capezzoli duri pronti ad essere succhiati’ Serena ansimava’ disperatamente rifiutando il pensiero che covava dentro’ che lui glielo infilasse tra le cosce’ che spegnesse quel fuoco che si sentiva dentro’
Ed invece lo vide prendere qualcosa dalla tasca della giacca’ un pennarello’ avvicinarlo al seno sinistro’
‘C-che f-fai’ Marco’ che stai” disse con voce impastata dall’eccitazione’
Lui non rispose subito’ prese a passare il pennarello sulla pelle di lei’ rapidamente’
‘Ecco fatto’ disse quand’ebbe finito ‘Ed ora, un paio di scatti” ed estrasse dall’altra tasca il telefono’
Serena spalancò gli occhi ‘Perché’ perché il mio telefono?!!?? No! Che hai scritto!!! Che fai?!?’ urlò cercando di divincolarsi, ma il corpo di lui la serrava senza scampo.
Marco scattò una decina di foto, in cui le tette di Serena risaltavano piene, bianche e eccitanti’ coronate dalla scritta che vi aveva apposto, e che lei non poteva vedere’ né vide, dato che Marco la fece cancellare immediatamente da Sonia.
‘Ed ora, cominciamo a vestirti, partiamo dagli accessori’ ‘ Disse lui, rialzandosi dal suo corpo e prendendola per i capelli, rimettendola a quattro zampe e inserendole il cilindro vibrante nella figa’ immediatamente, lo accese’
‘N-no’ n-non anco-ancora” diceva Serena, sentendosi immediatamente un lago tra le cosce’ iniziò a dimenarsi’ preda dell’eccitazione crescente, pur conscia della presenza di Sonia lì accanto, che la vedeva ora quasi gocciolare dal piacere’ Fu il delirio a farle commettere l’errore’
Senza nemmeno rendersene conto, alzò la mano sul polso di Marco, e strinse, lasciando il segno delle unghie sulla pelle di lui’
Il cilindro si spense. Gocciolante e rabbiosa, Serena sentì la stretta tra i capelli allentarsi. Voltò il capo, solo per vedere Marco che pescava dalla busta due paia di collant e tornava verso di lei’
‘Scusami’ Marco’ scusamiahiiiaaaaaaaa!!!!’ gridò lei, quando fu ripresa per i capelli e indirizzata a quattro zampe verso la scala, con Sonia che seguiva. Con brutalità l’uomo la guidò verso la stanza da letto, e le indicò l’abito che Paola aveva lasciato per lei’ abito usato, che Paola stessa non si era preoccupata di lavare’
‘Indossalo.’ Sentenziò Marco, serissimo.
Serena sapeva di aver commesso un errore, come sapeva che Marco, così silenzioso e brutale, non poteva che essere infuriato. Non proferì quindi parola e si limitò ad ubbidire, indossando il vestito’
Era un vestitino estivo elasticizzato, color crema, con gonna che arrivava due dita sopra il ginocchio’ in teoria, doveva essere semplicemente provocante’ in teoria’
Le forme di Serena erano più abbondanti di quelle di Paola, di un niente, ma quel tanto che bastava per renderlo una seconda pelle’. Specialmente sul seno tirava in maniera tale da rendere oltremodo visibili i suoi capezzoli’ e, si accorse Serena angosciata, era costretta a tirarlo’ visto che non si chiudeva con bottoni o zip, ma incrociando un lembo fino a fermarlo sul fianco con un fermaglio’ il risultato era a dir poco da mozzare il fiato’
Il culo era stretto nell’abito, così come il seno, già comunque esibito dalla profonda scollatura’ il tessuto così teso poi lasciava capire non solo la fin troppo ovvia assenza di reggiseno, ma anche di altro intimo’
E tutto sapeva di Paola’ e di sesso’
Il vestito infatti era percepibilmente usato e non lavato, Serena lo sentiva dagli odori, fin troppo conosciuti ormai, quell’essenza che le persone riconoscevano senza tuttavia riuscire a inquadrare con precisione’ un odore che alla fine attirava’
E le macchie’ sotto il seno’ semplici aloni, non netti, ma comunque chiari’
Umiliazione che si sommava ad umiliazione’ indossare gli abiti sporchi di colei che l’aveva usata per il suo piacere’ Serena l’avrebbe uccisa’ subito’
‘Piacevole l’effetto’ disse Marco guardandola ‘ho scopato Paola quattro sere fa mentre indossava questo vestito’ e si vede pure” continuò sogghignando. Serena si guardò ancora una volta, avvilita’
‘Non posso andare a lavorare così’ non posso Marco” cercò di dire lei. Marco tornò serio, toccandosi il punto dove lei l’aveva segnato’
‘No? Io penso che sarai anche peggio di così oggi, e te la sei guadagnata da sola come sempre la punizione’ a cominciare da subito’ visto che non sei convinta del tuo abbigliamento, sentiremo subito un’altra opinione” e detto questo, la prese per i capelli, guidandola nuovamente al piano di sotto. Sonia li seguiva, sia divertita che incuriosita’
Ma soprattutto eccitata. Non lo dava a vedere, perché l’imbarazzo verso Marco le imponeva inconsciamente sempre di controllarsi, ma ormai la sua parte più perversa aveva chiaramente il sopravvento verso di lei’
Eccitata’ perversamente eccitata, mentre guardava Marco sospingerla verso l’ampia finestra del salotto, mentre lo osservava aprire velocemente la finestra’ non capiva, ma era rapita ancora una volta da quanto accadeva’ Serena sottomessa, che si lasciava spingere contro il davanzale, viso verso l’esterno, una debole protesta ora, mentre Marco le legava un polso al termosifone, sotto la finestra’ una protesta subito sedata dallo sguardo duro di lui’ come le piaceva quell’uomo’ e poi l’altro polso’
Serena si ritrovava bloccata, legata con le braccia distese ma distanti una decina di centimetri dal corpo, sia a destra che a sinistra’ cosa le voleva fare’ non lo sapeva, non lo intuiva’ capiva solo che aveva sbagliato ancora’
Ubbidire’ e non lo aveva fatto’ per di più, questa volta Marco non smetteva quell’atteggiamento brutale, iroso, che lei stessa aveva provocato’ Ma perché si stava incolpando, diamine! L’avevano trattata come si tratta una bestia, un animale da compagnia e’
Ubbidire. E non l’aveva fatto bene’
Godere.
Dipendeva dal suo ubbidire’
Sottomettersi’ Basta! Ancora quel lavaggio del cervello che le imponevano, a cui doveva resistere’ se solo avesse avuto modo di sfogare almeno la tensione sessuale’ se solo l’avessero lasciata ragionare con lucidità’
E invece si ritrovava legata di nuovo, inspiegabilmente in quel modo, non capiva e’
Marco le si fece accanto. Sbirciò fuori’ e sorrise, sadico.
Serena rimase dapprima atterrita, vedendo quel ghigno, poi l’atterrimento divenne terrore quando sentì le parole di Marco, urlate, fuori dalla finestra’
‘Signor Tiziano? Signor Tiziano?’ chiamò a gran voce.
Serena andò nel panico. Bloccata alla finestra, visibile dalla vita in su’ anche se vestita, temeva la punizione paventata da Marco’
‘Marco’ Marco, ti scongiuro’ che vuoi fare?? E’ un mio vicino’ mi ha già vista in condizioni’dio mio, ti scongiuro, fammi quello che vuoi ma”
La voce di lui era un sussurro, mentre la guardava ghignando’
‘Vedrai, puttana’ anzi, sarà Tiziano a vedere che cagna in calore è la sua vicina”
Serena non ebbe il tempo di replicare, Tiziano comparve lungo la siepe, distante un tre metri dalla loro finestra’ l’espressione incuriosita si trasformò in sorriso pieno’ dalla sua posizione vedeva parzialmente il corpo di Serena, ma quelle boccione trattenute a stento dal vestito gli bastavano per farlo sudare’ il suo capo vicino a lei gli stava facendo dei bei regali quel giorno’
Marco sorrideva ancora, considerando che l’uomo dall’altra parte non poteva nemmeno intuire che Serena aveva le mani bloccate’ perfetto’
‘Ehilà, avevate bisogno?’ chiedeva Tiziano.
‘Sì” rispose Marco, sempre al fianco di Serena ‘vede, la signora qui presente pensa di non stare bene con questo vestitino’ volevamo un’altra opinione”
Tiziano si leccò le labbra, prima di rispondere’
‘Beh’ da quello che vedo, Serena, sei incantevole”
‘Ringrazialo puttana” sussurrava Marco al suo orecchio. Serena, troppo imbarazzata, rimaneva però esitante’
‘Oh!’ ebbe un sussulto, gemendo, quando il cilindro si attivò’ l’ordine implicito era chiaro’
‘G-grazie’ g-grazie mille” riuscì a sussurrare, prima di voltarsi implorante verso Marco, che le sorrise, spostandosi dietro di lei, in una sorta di abbraccio da dietro.
‘Sicuro signor Tiziano?’ chiedeva ancora lui, accarezzando dolcemente il ventre di lei’ ‘eppure la signora era convinta che le stringesse troppo qui su” e lo diceva facendo scorrere le mani fino a passarle sotto i seni’
Serena sentiva già le gambe tremare, sottoposta alle vibrazioni del cilindro e, istintivamente, tirava sui legacci, per tentare di fermare le mani di Marco, che a quanto pareva era deciso ad offrire al vicino un’esperienza da ricordare’ ma era bloccata’ le mani legate, il corpo di Marco che la premeva contro il davanzale’ e la voglia’ la voglia che le impediva di ragionare’ la sua figa che gocciolava lungo l’interno delle cosce’
‘No, no’ diceva Tiziano, strabiliato ‘non sfigura proprio’ anzi” continuò, incapace di deviare lo sguardo da quel corpo’ sentiva il cazzo duro come poco prima, non sapeva perché, ma quella troia aveva deciso di farlo impazzire quella mattina’ Troia, proprio una troia’ pensava mentre la guardava muoversi palesemente eccitata, mentre le mani del suo capo andavano ora ai capezzoli’ vedeva quelle dita girare intorno a quei chiodini, con lei che si dimenava tutta’
‘Vedi Serena? Tu dicevi che si vedevano troppo i tuoi capezzoli” diceva Marco guardandola e continuando a stimolarle i chiodini duri come marmo da sopra il tessuto.
La testa di Serena si inarcò all’indietro’ lo scavare del cilindro, assieme a quella lenta masturbazione dei capezzoli la stava guidando verso il godere, lì, davanti ad un uomo che da quel giorno in poi l’avrebbe guardata non più come una signora distaccata, ma come una vacca pronta a tutto’
‘M-marco’ t-ti prego’ oddiooo’ oddiooo” sussurrava Serena mentre tirava come una forsennata sui legacci, umiliata, esposta, ma soprattutto delirante’
‘Vuoi che spenga puttana?’ chiedeva Marco in un sussurro.
Eccola la domanda che la mandava in crisi’ lo voleva? Troppo stimolata, troppo portata al limite’ se ne voleva infischiare di dove fosse e davanti a chi’ voleva urlare il suo orgasmo, voleva cazzo, voleva cazzo!!! Ma al solito il gioco sadico in cui Marco la trascinava le imponeva un’unica scelta’ non poteva, non lì’ fu quindi con disperazione che rispose’
‘S-sì’ bastar’ sì signore’ sì!’ diceva continuando a dimenarsi contro di lui, ormai al limite’
Il cilindro si spense’ la voce di Marco all’orecchio’
‘ora ubbidiente’ e sorridente, puttana” disse lieve, per poi tornare a rivolgersi a Tiziano, che li fissava’
‘Sa, signor Tiziano, la nostra bella Serena è sempre così insicura riguardo al suo vestire, non è vero Serena?’ chiedeva sempre cingendola da dietro e sempre giocando con i suoi capezzoli’ Lei mise in faccia un sorriso isterico’ in testa una parola’ ubbidire’
‘Sì’i-io’ penso’ es-essere troppo’ troppo in mos-mostra” diceva balbettando
Tiziano guardava quella puttana’ quella puttana che si era presentata in camicetta bagnata davanti a lui e che ora si lasciava palpare senza alcun ritegno’
‘No Serena! Sei una bella donna’ sempre pensato, lo sai” diceva malizioso ‘solo che fin’ora eri stata sempre troppo coperta a dire la verità”
Marco prese la parola rapido.
‘l’aiuto io ora a scegliere i suoi abiti” disse, mentre una mano scendeva lungo il fianco di Serena’ ‘è già tanto bella, quindi ho optato per la semplicità’ ad esempio, un semplice fermaglio invece di bottoni” e, mentre lo diceva, le mani di Marco lo sganciavano’
Serena quasi non respirava, pur mantenendo un sorriso di pietra sul viso’ gli occhi le divenivano lucidi, mentre Marco apriva i lembi del vestito’ di più’ sempre di più’ lasciandoli ora a ricadere a filo dei capezzoli’ bastava un niente perché il vestito rivelasse il suo seno davanti a Tiziano’
‘Vedi Tiziano?’ continuava ora Marco, passandole due dita lente, dall’ombelico, fin quasi ai capezzoli, ancora celati alla vista del vicino’ Che dava l’impressione di sbavare.
Tiziano non riusciva a crederci’ quell’uomo la stava spogliando davanti a lui’ le tette erano quasi scoperte’ grosse, bianche’ E quella vaccona si lasciava fare tutto!! Non solo, ma a quanto pareva, sorrideva pure mentre il suo capo se la godeva con lei’
‘Vedo vedo’ immagino che avrai ottenuto l’aumento, vero Serena?’ chiedeva Marco, la voce impastata dall’eccitazione’ com’era dura attendere il giorno successivo’ l’indomani, con la scusa dei lavori, avrebbe tentato in tutti i modi di piantargli il cazzo ovunque a quella troia’
‘I-io’ io n-non soooh’.’ Nuovi gemiti’ le mani di Marco’ leggere’ continuavano a stimolarla’ dal collo, giù’ leggere’ lungo il profilo dei seni’ una che le entrava sotto il lembo del vestito, a ghermirle un capezzolo’ l’altra che scendeva ancora’ vicinissima alla sua figa, ma senza sfiorarla’ impazziva’ impazziva di voglia e vergogna’
‘Oh’ stavamo finendo di discuterne proprio ora’ disse Marco ‘infatti, se ci vuole scusare un secondo” e d’improvviso, tirò la tenda, senza però chiudere la finestra.
Appena Tiziano fu tagliato fuori vista, Marco scostò ancora di più i lembi del vestito di lei, prendendo le sue tette a piene mani, stringendosi corpo contro corpo’
‘Prima hai fatto qualcosa che non dovevi, puttana” sussurrò lui.
Serena fremente, non poteva fare altro che limitare l’ira di lui’
‘Per f-favore Marco’ ti chiedo’ ti chiedo perd-perdono” disse flebile, attenta a non farsi udire oltre la tenda, dove sapeva il vicino era in ascolto’ ecco come la stava riducendo’ esibita come una troia, legata, eppure costretta a chiedere perdono’ ad un passo dall’umiliarsi per chiedere altro’ ii cilindro dentro di lei’ quelle mani sul suo seno, che stringevano sapientemente un corpo già portato al limite’
‘Perdono? Bisogna meritarselo” continuò lui, togliendo ora una mano dal seno di lei , abbassandosi la zip dei pantaloni e scostando la gonna di Serena’
‘N-no’ per favore’ per’ qui’ no’.’ Balbettò lei, ma il capo le ricadde sulla spalla di lui, le labbra si serrarono, cercando di evitare gemiti, mentre sentiva il cazzo dell’uomo strusciare sull’interno coscia, a pochi centimetri dalla sua figa’
‘M-Marco’ Mar’ oddio” fu costretta a mordersi il labbro’ il membro di lui’ Marco gliel’appoggiava al taglio’ piccoli tocchi’ bagnava la punta e lo muoveva di pochi millimetri avanti e indietro’ avanti e indietro’
‘Ahh!!’ le sfuggì dalle labbra. Istintivamente, una mano tirò sui legacci’ l’inutile tentativo di coprirsi la bocca, di non far udire nulla’ frustrazione, angoscia’ non poteva fare nulla per non farsi udire, se non cercare di dominarsi’ ma il bisogno’
Troppo stimolata’ troppo portata al limite, e per troppo tempo’
‘Senti senti come cola la figa della puttana” sussurrava Marco ‘hai tanta voglia di cazzo”
‘N-non’ io’ mio’ marito’ il’ suo’ voglio il suo!!’ sibilò lei. Marco sorrise, sentendo quelle parole biascicate, in netto contrasto con i movimenti di lei, che tentavano di avere più contatto’ contatto che lui concedeva solo a piccole dosi’
‘Davvero puttana? Vuoi il cazzo dell’imbecille? Secondo me, vuoi il mio” disse ancora lui, mettendo una mano nella tasca’
‘NOOO!!! Spe-spegni!!!’ urlò Serena, quando il cilindro si accese, facendola piegare sulle ginocchia, le mani ancora saldamente legate al termosifone’ le tette seguivano la danza senza controllo che la donna eseguiva mentre cercava di non soccombere al piacere’
Marco le si portò di fianco, il cazzo ben eretto nella mano, a pochi centimetri dal viso di lei’
Nel suo delirio, Serena spalancò gli occhi’ chi voleva ingannare’ avrebbe preso quel membro tra le cosce immediatamente’ lo avrebbe cavalcato, succhiato’ doveva godere, doveva godere!!
A Marco non sfuggirono quegli occhi carichi di voglia’
‘Allora puttana’ sussurrava ancora ‘non lo vuoi? Su, dillo”
Serena chiuse gli occhi un istante’ cadeva ancora’ precipitava’ così come Marco voleva. Non c’erano umiliazioni abbastanza forti da annullarle la voglia. Quella tortura sessuale la piegava ai suoi voleri sempre, sempre’
E Sonia, appoggiata al tavolo dietro di loro, osservava tutto silenziosa. Immobile, occhi estremamente interessati, ma ancora non pienamente soddisfatti’ sapeva che era sbagliato, sapeva che non era giusto nemmeno il solo pensarlo’ ma voleva vedere la sua cagnolina ancora più giù’ E poi, c’era l’altro particolare’ le sue mutandine erano zuppe’ Ma eccola, eccola la resa’
‘S-sì.. lo’ voglio’oddio od-ddio” diceva Serena, incapace di star ferma, il cazzo di Marco davanti agli occhi.
‘Puttana, voglio sentirti dire che vuoi tanto cazzo” bisbigliò lui.
‘I-io’ ta’ voglio’ v-voglio tanto’ voglio tanto cazzooohh!!!’ disse Serena, serrando subito la bocca.
‘Non ho sentito bene, puttana’ a voce più alta, per favore.’ Precisò Marco, sorridendo.
Serena fremeva, chinava il capo, tornava ora a guardare il membro di lui’ ma non poteva urlare’ il vicino’ il vicino avrebbe sentito’
Il cilindro si spense.
‘No!!! A-accendi!! Ti’ ti prego!!! Ho bisogno’ Marco ho bisogno!!’ sputò fuori, guardandolo disperata in faccia.
Ma lui rimaneva immobile, ricambiando lo sguardo.
‘Mio’ Mio Dio” sussurrò, ormai oltre il confine della sconfitta ‘io’ io voglio tanto cazzo’ per favore”
‘Non ho sentito ancora, puttana.’
E per tre secondi, il cilindro vibrò ancora, squassandola’
‘OMMERDAAAAA! IO VOGLIO TANTO CAZZO!!! DAMMI IL TUO CAZZO PER FAVORE!!!!’ urlò a pieni polmoni.
Il sorriso di Marco era di trionfo. Nuovamente, l’aveva piegata alla sua volontà. Guardava quella tettona ansimante, legata e inginocchiata ad implorare di essere scopata’ Molto diversa dalla spocchiosa signora di qualche tempo prima’ ma era ancora all’inizio’ l’avrebbe spogliata di tutto, l’avrebbe fatta dipendere dal suo cazzo in tutto e per tutto. Certo che ora lui doveva svuotarsi’ e quella tettona era lì, pronta a subire di tutto’ ma’
Un’occhiata andò verso Sonia, lì, ferma, ubbidientemente silenziosa.
Uno schiocco di dita di Marco, e la ragazzina si avvicinò, portandosi vicina a Serena, che la guardò smarrita.
Che succedeva? Si era umiliata come Marco voleva, gli aveva urlato in faccia quanto voleva il suo cazzo’ ora’ perché aspettava??
Una sorta di tacita complicità scorreva tra i due in piedi lì accanto’ lo vedeva dal loro modo guardarsi’ Marco, sempre padrone assoluto della situazione’ e quella troietta con quel fare da servetta’
‘Dunque Sonia, dimmi tu’ se il mio cazzo non viene svuotato subito, dovrò soddisfare la nostra puttana” disse Marco, espressione furba in viso.
La ragazza non dubitò sul senso di quella frase. Né fece espressioni di sorpresa. Guardò Serena per qualche istante, e poi sorrise, di una falsa remissività’
‘No, signore, posso provvedere io” disse inginocchiandosi.
Serena restò sconvolta. Non si disse che le era risparmiato un altro abuso’ no… mente e corpo’ Marco la trasformava’ isterica ora, davanti a quella scena’
‘No’ ma che fai??? Io! Io voglio il cazzo!!!’ diceva tirando sui collant che la imprigionavano.
‘Magari la prossima volta, puttana’ quando imparerai la vera ubbidienza” sussurrò Marco, mentre una mano accarezzava il viso di Sonia, e poi traeva la testa verso il membro eretto.
‘Marco, ti scongiuro!!! Fammi godere!!! Ti sto implorando!!!!’ quasi urlava Serena, incurante di chi poteva udirla’
Il viso di lui tradì un secondo di visibile piacere, mentre Sonia se lo infilava in bocca e iniziava a lavorarglielo’
‘Mani dietro la schiena Sonia’ se vuoi fare la brava servetta, fai sempre come ti dico” diceva lui, ignorando ora Serena, resa furiosa da quello che vedeva. Sonia intanto, ubbidiente, si metteva in posizione, lasciando che Marco le guidasse il movimento, avanti e indietro.
‘Me la pagherai troia!!! Me la pagherai bastarda!!!’ continuava Serena. Sonia continuava il suo spompinare, ma gli occhi adesso si spostavano verso la cagna legata’ con sguardo di vittoria lappava e lappava, trionfante su di lei.
‘Vedi puttana, cosa vuol dire essere ubbidienti?’ diceva Marco, godendosi il succhiare di Sonia ‘ma non preoccuparti’ godrai anche tu oggi, puoi starne certa’ ma per ora, la tua punizione continua” e lo disse riaccendendo il cilindro’
‘ODDIO’ fammi god-godere’ p-per’ fa-favore!!’ continuava a gemere Serena, divincolandosi, senza riuscire a togliere gli occhi dalla bocca di Sonia che, eccitata alla vista di quella tortura, aumentava il ritmo fino ad arrivare ad un succhiare forsennato’
Marco godeva e si divertiva’ godeva della bocca della ragazzina, tutta concentrata soddisfarlo, e nel contempo si divertiva, nell’accendere e spegnere di continuo il cilindro, fermandolo sempre qualche istante prima del godere di Serena’
La voleva a pezzi, la voleva strisciante… e la voleva puttana agli occhi di tutti’ ed anche su quel punto, in quel momento, stava raggiungendo l’obbiettivo, visto l’implorare di Serena, dopo aver fermato nuovamente la vibrazione dentro di lei’
‘LO C-CAPISCI CHE HO BISOGNO DI GODERE!!! TI IMPLORO ANCORA’ DAMMI IL TUO CAZZO!!! PER FAVORE!!!’ urlò, prima di ricadere a capo chino, sconfitta.
Le mani di Marco, ora sulla testa di Sonia’ a spingerle il membro in gola’ e lei arrendevole e compiaciuta, come fosse un premio, riceveva tutto il seme di lui, lo ingoiava senza proteste’
Appena Marco finì di schizzare, glielo estrasse dalla bocca.
‘Molto bene, Sonia. Chiaro che per guadagnarti il piacere di servirci, sia me, che Paola, dovrai essere servizievole sempre’ e in premio, chiaramente, avrai molte altre gioie, oltre all’addestramento della cagna’ Voglio il tuo sì ora, un sì che sarà incondizionato.’ Disse guardandola in viso, dall’alto in basso.
‘Sì signore.’ Disse lei, senza esitare. Non sapeva cosa la spingesse di preciso, se fosse il fascino dell’uomo che gli stava davanti, il piacere di tormentare Serena, o entrambe le cose indistintamente, ma sapeva che lo voleva, proprio come aveva detto lui’ incondizionatamente’
Serena, singhiozzante, osservava quel mercanteggiare di carne’ dove lei era stata ceduta anche a quella troietta’ Una bastarda che in pratica, si era venduta per poter continuare ad abusare di lei’ Per poter continuare a vederla ridotta ad implorare cazzo, per poter continuare quel trasformarla che prevedeva la perdita di ogni sua dignità’
Nessuna via d’uscita’ avevano in mano tutto di lei, e avevano in mano lei! Marco spezzava sempre e comunque ogni sua resistenza, spezzava la sua volontà e’ disperatamente’ le stava cambiando ogni priorità’ il liberarsi da quella schiavitù diveniva secondario rispetto al soddisfare le sue voglie’
Sentiva mani che le liberavano i polsi’ le braccia le ricaddero lungo il corpo’ Il fuoco nel ventre’ aveva implorato e avrebbe implorato ancora’
‘Richiuditi il vestito , puttana, è tempo di andare.’ Disse brutalmente Marco guardandola dall’alto in basso.
Serena, con mani tremanti, ubbidì.
Cinque minuti dopo, Marco apriva la porta d’ingresso, sospingendo Serena fuori, in giardino. Lei non capiva perché Sonia non li stesse seguendo.
Fu Marco a chiarire la cosa.
‘Sonia, sistema tutto e portami quanto ti ho detto. Poi vai a fare le copie delle chiavi di casa’ A mezzogiorno in negozio.’ disse secco.
‘Sì, volentieri, signor Marco.’ Disse la ragazzina, richiudendo la porta.
Serena ebbe un sussulto, quasi di rivolta, ma Marco la guardò con occhi di fuoco.
‘Problemi puttana? Voglio avere libero accesso a questa casa. Quando, come e con chi voglio. Chiaro.’
Torcendosi le mani in grembo, Serena riuscì ad ingoiare le sue proteste, dicendo solo un flebile ‘sì”, ma si sentiva colpita al cuore’ le chiavi di casa’ della sua casa’ in mano loro. Nessun limite. Le volevano entrare in ogni intimità. Addirittura Sonia rimaneva lì, a scavare nelle sue cose’
E la colpa era sua’ per aver tradito, per essersi concessa una, una sola scopata in giro!!!
Non ebbe il tempo di commiserarsi’
‘Andate? Complimenti Serena, devi aver ottenuto l’aumento a quanto sentivo” sorrideva Tiziano, malizioso, da dietro la bassa siepe.
Lei diventò paonazza, tentò di voltarsi di spalle, ma di nuovo Marco la prendeva per i capelli, esponendo non solo la vergogna che aveva dipinto in faccia, ma anche il suo essere vestita da troia’
‘Diciamo che è sulla buona strada, signor Tiziano” sorrise Marco ‘mi raccomando domani, alle dieci”
‘Sicuro che ci sarò!’ disse lui di scatto ‘non mancherei per nulla al mondo”
I due si salutarono rapidi, mentre Serena si sentiva il cuore in gola, mentre Marco le ordinava di salire in auto.
Appena Marco si mise in strada, Serena si fece piccola sul sedile. Puttana’ puttana anche agli occhi del vicino’ e se avesse detto qualcosa a Stefano’ al suo Stefano’ non osava nemmeno pensarci’ Ma sicuramente Marco aveva provveduto a tutto’
E come sempre, tutto dipendeva sempre dal suo totale ubbidire’
Stefano’ avrebbe voluto sentirlo’ pensava, mentre si avvicinavano al centro commerciale.
Non immaginava che nel frattempo Paola non era rimasta con le mani in mano’
Whatsapp’
-ciao Stefano’ sono Paola’ spero tu abbia pensato un po a me stanotte’
-Paola, per favore, te lo ripeto, sono sposato, lavori con mia moglie’
-lo so bene. Però non posso fare a meno di pensare a te che mi succhi i capezzoli’ mi basta che tu mi dica che ti sarebbe piaciuto farlo’
-devo lavorare ora, per favore, Paola.
-sì o no?
-ovvio che sì’ sei bella e provocante’ ora per favore, devo staccarmi dal cellulare.
-ok’ mi chiedevo solo, prima di staccare, se la gradissi una foto delle mie tette’
-sì.
-a minuti te la invio. Ti spiace se ogni tanto ti scrivo?
-‘ no.
-a più tardi allora, e’ pensami ;)
Stefano si passò la mano sul viso’ aveva detto sì, quando doveva dire no’ ma’ una foto’ non era niente di che’ poi le avrebbe detto basta.
Le mani sudavano, non pensava che in realtà non riusciva a riporre il cellulare’ desiderava rivedere quel corpo’
In tutte le volte in cui Maria ordina a Serena di spogliarsi, Serena rimane sempre anche a piedi nudi oppure…
Quanto vorrei che il live action di disney fosse più simile a questo racconto! Scherzi a parte: divertente, interessante, bel…
grazie amore
Non credo di aver avuto il paicere, ma grazie intanto della lettura.
Leggendo i tuoi racconti continua a venirmi in mente Potter Fesso dei Gem Boi