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Racconti CuckoldRacconti di Dominazione

M’s story. Capitolo 3. Mansarda, nido d’amori

By 17 Ottobre 2022No Comments

La domenica dopo la lezione all’ipermercato stavo preparando qualcosa in cucina, quando Adelmo chiamò Luigi per fare il punto della situazione. Anche se non capii tutto, sentii dalla derivazione in cucina e cominciare a intuire qualcosa del mio destino.
Adelmo espresse soddisfazione per come andavano le cose con me e cercò di spiegare a Luigi la direzione in cui muoversi per aiutarlo, senza però stare a dettagliare troppo le conseguenze che, con ogni probabilità, la sua vita di coppia avrebbe sperimentato.
A. “Ora che sei allineato sul punto in cui è arrivata M., sarebbe necessario che le facessi fare anche alcuni esercizi quando vi vedete da soli”
L. “Lo farò con grande piacere”, rispose.
A. “Ci contavo. La prima cosa è questa: non mi interessa che tipo di rapporto avete avuto sinora, ma sarebbe bene che d’ora in poi, specie quando siete soli voi due, M. si comporti da schiava. Di fatto, sei tu il suo padrone principale, ed è giusto che lei perda la confidenza che fino ad ora si aveva con te”.
L. “Capisco. Domani stesso le comprerò una villa con parco che un socio di mio padre deve vendere. Non ci sono lavori da fare e dirò ad M. che sarà la nostra casa dopo sposati. Ha un parco recintato da alte mura che assicura riservatezza e una mansarda che penso sia molto adatta al nostro scopo. Ma concretamente cosa…?”.
A. “Concretamente, vuol dire che appena restate soli nella casa, lei dovrebbe cambiarsi, indossare qualcosa che le ricordi la sua condizione di persona inferiore e comportarsi di conseguenza”.
L. “Capito. Ma cosa potrebbe essere?”. Dalla voce di Luigi sentivo che il suo interesse cresceva.
A. “Non so, dobbiamo deciderlo insieme e andare piano con lei. Se a te piace che indossi il reggicalze, potrebbe essere utile farla stare solo in reggicalze e scarpe adeguate quando siete soli”.
L. “Sarebbe fantastico… ho anche visto quel piccolo fallo anale coda che le hai preso al sexy shop…”, commentò.
A. “Benissimo, ti mando una mail con queste disposizioni per lei. Aggiungerò che, quando tu entri in mansarda, lei ti accolga inginocchiandosi e leccandoti il dorso della mano”.
Man mano che parlavamo sentivo l’entusiasmo di Luigi crescere.
Adelmo raccomandò perciò di non esagerare e, soprattutto, di non punirmi per nessuna ragione: era troppo presto ed eventualmente mi avrebbe punita lui per insegnare a Luigi come farmi sentire molto dolore senza lasciarmi segni.
Sola, in cucina, ebbi un brivido di paura: ma con il mio carattere insicuro non avrei saputo far altro che subire. Anche Luigi doveva essere dolce e comprensivo, incoraggiarmi, coccolarmi e persuadermi con le parole.
Era anche importante che ogni settimana venisse fatto un passo avanti nella direzione di concreti preparativi per il matrimonio, che poi era la molla che mi aveva convinta a farmi sottomettere: perciò, l’idea di comprarmi subito la nostra futura casa era perfetta per indurmi a ubbidire a tutto.
Luigi, concordava su tutto, sembrava uno scolaretto cui stessero insegnando come si fa il gelato.
L. “Ok. Questa settimana avrò le chiavi, le intesterò la casa per motivi fiscali. È già arredata in modo moderno e ottimamente tenuta. Cos’altro posso fare?”.
A. “Sempre da questa settimana, cerca una soluzione per la madre malata, così che finita la scuola, M. prenda subito servizio nella casa che le comprerai. Dovrai piano piano portarla a restare sempre più in silenzio e a svolgere le faccende domestiche: non vogliamo che sia un gioco solo sessuale, vero?”.
L. “No, no, lo so che non è solo sesso!”, confermò.
A. “Bene, allora i primi giorni le chiederai di fare le pulizie – senza cambiarsi ma restando sempre nuda, in reggicalze e con la coda, davanti a te! -, di riordinare, di prepararti da mangiare. Come credo ti abbia detto, le ho già fatto fare da poggiapiedi e anche se si vergognerà ad ammetterlo, le piace: si è tutta bagnata. Se non ha nulla in cui servire, le farà bene stare in ginocchio, zitta e aspettare: per es. se guardi le partite, la metti accanto al televisore, in ginocchio e a fare niente. Naturalmente te la scopi quando ti va, ma cerca di fare in modo che abbia tutti i suoi orgasmi: serve per tenerla su di morale e, in fondo, sarà molto bello formarla soprattutto nella direzione sessuale. Sei d’accordo?”.
L. “Assolutamente sì. Sono entusiasta di aiutarti!”. Dal tono di voce era davvero entusiasta.
Adelmo continuò spiegando l’esercizio più importante, ma capivo che stava attento non dire troppo.
A. “Quelle che ti ho detto sinora sono pratiche esterne, la aiuteranno, vedrai. Ma ci sono altri esercizi che sono molto importanti per lei.
Si tratta di darle un po’ tempo e lasciarla da sola per pensare a come sta cambiando. Le ho già spiegato che deve ripensare spesso a quello che sta facendo e perché. Le ho detto di farlo anche prima di dormire, la sera a casa con sua mamma, dopo aver spento la luce. È una cosa lunga da spiegarti adesso, ma ripensare a tutto le serve per accettarsi. Perciò ci terrei tanto che tu le dessi almeno dei quarti d’ora in cui farla stare al buio e da sola per l’esercizio del ripensare. Ti va bene?”
L. “Credo di aver capito: M. deve superare la propria repulsione razionale verso la sua condizione di schiava e sono pratiche che servono a questo. Mi piace moltissimo, questa cosa. Gliele faccio fare senz’altro, perché a volte stiamo insieme da quando esce da scuola fino anche a mezzanotte, il tempo non mancherà”.
Il mio fidanzato aveva capito anche troppo. E gli piaceva la cosa. Lo aveva portato all’euforia.
Fu a quel punto che Adelmo giocò la sua carta.
A. “Senti, adesso c’è una cosa delicata, spero che tu sia pronto”.
L. “Sentiamo”.
A. “Allora… il primo sabato si è fatta leccare tutta e me la sono scopata, e questo lo sai già. Il secondo l’ho fatta godere con la mano e l’ho un po’ umiliata facendomi sbocchinare in fretta. Quindi ho introdotto per la prima volta degli estranei, ma fino a convincerla a lasciarsi solo palpare. Il prossimo sabato… capisci cosa sto per dirti?”.
L. “Ho capito”. Dal tono sembrava che Luigi non facesse una piega.
A. “Cos’hai capito?”.
L. “Dai ho capito. Si deve far scopare da altri”.
Sola, in cucina, sussultai e misi una mano alla bocca per evitare di far sentire eventuali miei lamenti. Luigi aveva capito e acconsentiva! E io tremavo, sola, per quel che mi aspettava.
A. “Sì, si deve far scopare da un estraneo. Ma non deve saperlo prima. Ti va bene?”
Luigi mi sorprese: “Non vedevo l’ora. Pensi che un giorno sarà possibile che anche io la veda all’opera?”.
A. “Stavo per chiedertelo. Come prima volta, per come è fatta la sua testolina sensibilissima, sono sicuro che le sarebbe di grande aiuto se sia tu che io fossimo presenti. Si fa?”.
L. “Siiiiiiii!!!!”.
Il mio fidanzato era proprio un gran maiale: era al settimo cielo.
A. “Ok. Mi sei di grandissimo aiuto, sai? Vedrai che alla fine sarai soddisfattissimo dei risultati”, promise.
L. “C’è solo un problema” disse lui, “mi ha detto che questa settimana avrà le sue cose”.
A. “Non è un problema, fate un salto da me sabato pomeriggio, resterete una decina di minuti: comincerai a vederla farmi un bocchino. Ci servirà per verificare se si bagna così tanto anche in tua presenza. Per l’altra cosa rimanderemo alla settimana dopo. L’importante è che si eserciti anche quando siete soli voi due”.
La telefonata volgeva al termine. Adelmo fece altre raccomandazioni minori e disse che avrebbe spedito una mail per M. con le istruzioni essenziali concordate con lui per questa settimana e quella dopo, assieme alle disposizioni sul vestire.
Poi, come per caso, svelò che aveva alcuni amici di una città vicina che, come lui, amavano educare alla sottomissione femminile: erano persone educate, professionisti affermati, ideali per il mio primo rapporto sessuale completo con estranei. Avrebbe contattato uno esperto, non troppo vecchio, attraente per non forzarmi troppo. Luigi ne fu entusiasta e si diedero appuntamento per il sabato successivo
La villa con parco fu acquistata e intestata a me come dono di nozze: ero fuori di me dalla gioia. Il mio cuoricino cambiò: ora avrei fatto qualunque cosa per far contento Luigi.
Vedemmo Adelmo nella nuova mansarda e lui verificò che il posto era adatto anche per altre pratiche “educative”.
Non ebbi nessuna difficoltà a farmi spogliare da Adelmo davanti a Luigi: gli piacevo tantissimo, lo capivo dall’immediato bozzo al centro dei suoi pantaloni.
Nuda, in ginocchio tra le gambe di Adelmo, finalmente vidi il suo sesso alla luce del sole: era molto più grande di quello del mio fidanzato, ma non enorme: proporzionato, armonioso, già dritto e arrogante.
Ebbi solo un momento di incertezza quando Luigi avvicinò il viso per vedermi da pochi centimetri di distanza, per il resto ubbidì con facilità a tutto.
Poi feci il mio dovere con dolcezza, quasi con amore, riuscendo ad accoglierlo tutto, fin dentro la mia gola.
Succhiavo Adelmo, mentre Luigi mi accarezzava la testa bionda, come a una gattina: mi bagnai tantissimo, come una maialina.
Fui felice quando sentii i tanti spruzzi di Adelmo in gola e penso che se non avessi avuto le mie cose, forse avrei avuto un orgasmone.
Mi lasciarono nuda, in ginocchio, col sapore del seme di Adelmo per un’altra oretta, a ripensare.
Poi si salutarono.

Quinto sabato.
Nella telefonata successiva al bocchino del sabato, Adelmo chiese conferma dell’incontro successivo e se era possibile, che con il suo amico cenassero da noi. Nella risposta, Luigi confermava che li aspettava nella (ormai mia) mansarda dalle 17 in poi. Per non sbagliare aveva chiamato una badante per mia mamma, in modo che io potessi eventualmente dormire fuori.
Per tutta la settimana rifeci mille volte l’esercizio del ripensare e, finalmente, il venerdì mi rassegnai a quanto stava per succedermi.
Adelmo arrivò alle 17, puntualissimo, non voleva perdere un minuto.
Aprì Luigi, con un gran sorriso.
Io ero dietro di lui, nuda, con solo un reggicalze bianco ornato da fiorellini rosa e un paio di decolleté rosa a tacco alto (non altissimo!), in ginocchio: mi fece un bel sorriso e un “Ciao!” festoso.
Era rossa per un po’ di legittima vergogna, ma ero proprio contenta di vederlo, almeno inizialmente, da solo.
Entrò, salutò Luigi e io, senza riuscire a controllarmi, sorrisi di gioia.

A. “Come ti permetti tu? Lo sai che mi devi dare del lei! Viso a terra e bocca a sfiorare il pavimento, adesso: in punizione! E resta così finché non ti chiamiamo”.
Non mi spaventai, ormai lo conoscevo, sapevo che non voleva farmi del male e gli volevo bene: ubbidii e restai zitta.
A. con un tono fintamente severo: “Se non impari chi siamo per te, non ti daremo più il permesso di leccare la mano, cagnolina!”.
Il sorriso sul mio visino riapparve subito spuntando da sotto. Ma non mi mossi. Speravo tanto di piacergli: col culetto nudo in alto, incorniciato dai fiorellini rosa del reggicalze!

Adelmo chiese di vedere con calma tutta la mia nuova casa. Luigi era di famiglia ricca, e mi aveva regalato molto più di un pied-à-terre: erano praticamente come 8 mini-appartamenti, più un immenso parco. E non mancava nulla, dall’aria condizionata al materasso ad acqua.
Arredata in modo moderno e funzionale, ma con molto gusto, aveva molti armadi specchio alle pareti che facevano sembrare gli ambienti molto più grandi.
La zona della mansarda (dove avevo fatto il bocchino il sabato precedente) era genialmente divisa da una serie di pareti mobili di laccato bianco, alte circa un metro e mezzo. Quando le pareti venivano tutte aperte rendevano la mansarda un’unica stanza di circa 100 mq. Quando, invece, venivano chiuse il locale era diviso in un angolo cottura, una camera e un’ampia sala. Particolare interessante: il bagno aveva una grande porta a vetri e la Jacuzzi.

A. “Se vorrai, sfrutteremo questa splendida villa per giocarci a più non posso”. Una pausa e poi… “Comincio?”, chiese a Luigi.
L. “Sì, si, dai”.
A. “Ti coinvolgo io, se è il caso, ok?”, continuò.
L. “D’accordo, fai tu”.
Si accomodarono su due eleganti poltrone.
A. “M…. subito qui! Ho sete!”, mi chiamò a voce alta.
Mi alzai svelta sgambettai velocemente, dopo nemmeno 10 secondi ero in ginocchio davanti a loro.
Emozionata, ma contenta di giocare, feci sentire la mia vocina da bimba buona:
“I signori desiderano una coca, una birra? c’è anche qualcosa di più forte…”.
Per tutta risposta, Adelmo disse distrattamente:
“Le scarpe, ho male ai piedi, presto”.
Ebbi un attimo di esitazione, uno sguardo insicuro a Luigi per cercare conferme… ed ero già intenta a togliergli le scarpe e massaggiargli i piedi.
Adelmo aspettò qualche minuto e poi… “Brava, ora vieni vicino e fammi sentire se i tuoi esercizi di questa settimana li hai fatti bene”.
Allungò delicatamente la mano tra le mie cosce: “E’ bagnata” disse rivolto a Luigi. “E’ merito tuo, non suo, bravo”, aggiunse.
Non ero ancora fradicia, ma già eccitata: diventai rossa e abbassai gli occhi.
Sì, mi ero esercitata parecchio, ma per togliere la paura del dover fare quello che avrebbe voluto lo sconosciuto che – non dovevo saperlo! – sarebbe arrivato di lì a poco.
Tacevano entrambi, erano abbastanza tesi, ma sicuramente per motivi opposti.
A. “Fammi vedere quanto ami il tuo futuro marito: vai tra le sue gambe, prendigli l’uccello in bocca e stai ferma e buona, senza fare altro. Devi solo tenere l’uccello in bocca ed essere contenta di farti vedere”.
Non feci fatica. Loro due si misero chiacchierare come se fosse una situazione normalissima. Luigi però ebbe l’erezione dopo pochi secondi. Aveva il pene più piccolo di Adelmo, riuscivo ad acoglierlo facilmente, fino a sentire i pelacci contro il mio nasino.
Mentre glielo tenevo in bocca, Adelmo si fece aggiornare sugli esercizi fatti, su eventuali difficoltà… chiese persino a Luigi se avesse qualche consiglio e idea.
L. “Per quanto ne capisco io, mi sembra che vada tutto bene. E’ stata addirittura più calda a letto: di solito viene almeno due volte ma, da giovedì, ho perso il conto… viene appena la penetro… forse adesso, durante il rapporto, è in orgasmo continuo, non sono sicuro però. Comunque sta diventando una maialina, questo è sicuro!”.
Risero allegri, io rossa come un pomodoro maturo…. Ma lusingata per i complimenti che mi aveva fatto il mio fidanzato.
A. “La cosa importante è M. sembra sempre più naturalmente predisposta ad essere sottomessa. Brava M., brava… adesso vediamo se sei capace di far vedere a Luigi quanto mi sei devota. Su, vieni qui e fai la stessa cosa a me”.
Un attimo di indecisione, cercai di nuovo conferma negli occhi di Luigi scoprendoli in piena euforia da eccitazione. Poi, lentissimamente, andai dall’altro.
A. “Coraggio, su, guarda come piacerà al tuo ragazzo…”. La mano di Luigi era scivolata verso il suo uccello.
Invece, a me sembrava di trascinare un pesante macigno… ma arrivai a destinazione: mentre Luigi aveva preso a tirarselo delicatamente, il bel pene di Adelmo si adagiò tra le mie labbra.
Mi… mi piaceva provare vergogna… e anche Adelmo, che si sforzava di far finta di nulla, godeva della situazione era tremendamente eccitante.
Parlarono un po’ del campionato appena iniziato e del tempo, io cercavo di distrarmi per calmarmi e ci riuscii… e il rossore si attenuò.
Dolcemente umiliata, restai nuda a quattro zampe, in mostra per loro, con il viso tra le forti gambe di Adelmo, un buon pezzo del suo uccello in bocca e la testolina appoggiata al suo interno coscia. Mentre chiacchieravano mi accarezzò teneramente i lunghi capelli castani. Gradii moltissimo e sorrisi.
A. “Visto che M. impara velocissimamente, ho pensato che la lezione di questa sera debba introdurre una pratica nuova e.… più birichina, diciamo”.
L. “Ottima idea!”. Luigi lo spalleggiava, mentre io stavo buona a cuccia, sempre col suo uccello in bocca.
A. “Sì, sembra buona anche a me”, continuò. “Siccome M. è stata brava penso sia giusto che si diverta e.… si faccia corteggiare un po’, da qualche bel ragazzo o signore”, azzardò.
L. È giusto, se lo merita. Forse merita anche qualcos’altro… qualcosa di grosso e duro…”. Si aiutavano l’un l’altro e Luigi lo stava imbeccando.
A. “Sì, lo merita senza forse, ma credo che sia ancora un passo un po’ lungo per lei” disse, forse per provocarmi.
L. “Dici? Dai, dai proviamo, vedrai che farà la brava… solo che… insomma…”
A. “C’è qualche problema?”, chiese facendo il finto tonto.
L. “Insomma… credo che lei sarebbe più contenta se potesse farsi vedere da me, ecco”. Luigi aveva fatto la mossa.
Mi sentii osservata, di certo volevano capire se fossi pronta per farmi penetrare da altri. E io ero ridiventata di un rosso-viola, spostando alternativamente lo sguardo da Luigi ad Adelmo. Ma non mi ribellai, mi ero preparata tutta la settimana e sapevo cosa si aspettassero da me.
A. “Facciamo così: chiamo un mio amico e vediamo… se non ce la fa, proveremo un’altra volta”, dissi Adelmo, fintamente conciliante: in realtà era chiaro che, sapendomi fragile e fifona, non volevano forzarmi.
L. “Oh, cazzo… ma a me piacerebbe tantissimo!”. Luigi era contrariato.
A. “Dai, vediamo come si metteranno le cose, vedrai che la tua futura sposina ce la metterà tutta per farci piacere”
Era chiaro: voleva attenuare la tensione e prepararmi per l’arrivo del suo amico.
A. “Intanto, se non ti dispiace, le diamo il «brava» che si è meritata per i miglioramenti di questa settimana”.
Glielo sentivo gonfio e rigidissimo, quasi in gola. Restando sulla poltrona, mi scostò il viso dalla coscia, mi alzò e sorridendo mi fece sedere sul suo uccello col viso rivolto verso il fidanzato. Mi lasciai guidare docilmente. entrò senza fatica: ero pronta e calda.
Essere timida e insicura, non vuol dire essere frigida: iniziai a mugolare a voce bassa, come facevo sempre. Vedendomi, Luigi si alzò di scatto, mi pose il sesso davanti al viso e, guardandomi negli occhi, mi disse un: “Ti amo”.
Quando Luigi mi spinse il cazzo in bocca, iniziai a tremare leggermente e piantai senza volere le unghiette sulle cosce di Adelmo: avevo avuto subito un bell’orgasmo.
Cercavo di muovermi poco, volevo che lo facesse lui, non volevo sembrare una super vogliosa. Ma mi piaceva stare così, tanto tanto. L’uccellino di Luigi entrava completamente e senza fatica nella mia bocca: dopo appena due movimenti, mi esplose in gola con un “Aaaahhhh…!”.
Mandai giù tutto senza togliere il pene dalla bocca e, purtroppo persi il controllo per il piacere: presi a muoversi restando seduta su Adelmo.
Mi accarezzava le tettine e le gambe velate dalle calze, io cercavo di distrarmi, lui voleva portarla ancora all’estasi. Continuavo a tenere il pene ormai moscio del mio fidanzato in bocca muovendomi lentamente e continuando a mugolare. Passarono 3-4 minuti, Luigi era ipnotizzato da quello che vedeva ma non si muoveva.
Adelmo spostò una mano da davanti a dietro, insinuandola tra il mio sedere e il suo pube, mentre con l’altra continuava a coccolarmi prima una e poi l’altra tettina. Si insinuò un po’ sotto di me, fino a sfiorarmi il fiorellino posteriore. Dopo qualche carezza, spinse delicatamente un dito dentro il mio culetto. Ecco, ce l’aveva fatta: ebbi un secondo orgasmo… prese a muoversi anche lui, facendomi sobbalzare su sé stesso.
Approfittando del mio momento di passione, mentre mi sbatteva in profondità, disse: “Dai, chiamo un nuovo amico per te”.
Restai un attimo paralizzata, ma aveva scelto il momento giusto e mi ero preparata:
A. “Anche lui sarà un tuo padrone. Cerca di fare la brava e non preoccuparti: è una bravissima persona. Se non te la senti lo capiremo e si fermerà. Non ti costringerò ad essere sua schiava se non vuoi”.
Con lo sguardo sognante per i colpi che prendevo, abbassai gli occhi e sorrisi: era un sì. Mi avevo convinta e tranquillizzata. Si rilassò anche lui e si lasciò andare, riempiendomi tutta di cremina.
A. “Alzati e stai un po’ ferma, devi sentire colare lo sperma lungo le cosce: devi capire che è il tuo premio, che lo hai meritato perché mi hai servito bene”.
Mi arrivò una sculacciatina forte ma affettuosa e continuò:
A. “Ora vai di là in bagno, puoi pulirti, ma poi stai al buio, a fare l’esercizio di ripensare. Ti chiamo tra un quarto d’ora. Vai, sei stata bravissima: siamo tanto contenti di te e vedrai che al mio amico ti piacerai e sicuramente sarai degna di servirlo”.
Ero felice dei complimenti: arrossii, dolcissima come sempre, e sorrisi di nuovo, stavolta anche a Luigi. Tornai in ginocchio e strisciando andai in bagno… ma lasciai la porta socchiusa per sentire
Si erano fatte ormai le 18.00: il suo amico sarebbe arrivato tra poco e sentii che stavano mettendo in ordine.
A. “Luigi, stai sereno, goditi il momento. È davvero brava e il mio amico Daniele è un padrone molto esperto. Mi ho già spiegato un po’ delle qualità di M. È una persona educata e pulita, dall’altro è un vero padrone, per tante cose più esperto di me. Quindi non pensare a botte frustate: ti aiuterà molto nel cambiarle il modo di pensare e nel portarla a ubbidire sempre più, a tutto”.
“Ok” disse Luigi a tornando a sorridere. Senti bottiglie: bevevano qualcosa-
A. “Pensa: solo un mese prima non avresti neanche lontanamente pensato di poter vedere uno spettacolo come quello appena conclusosi”.
L. “È vero, scusa, è che vorrei ancora vederla tante volte come prima su di te… è una cosa che mi fa impazzire”.
A. “Rifletti! Non è solo bellissima, ma è anche molto portata a servire. Non abbiamo ancora dovuto punirla: le si spiegano i perché e lei si convince. E gode, gode continuamente, forse pian piano avrà orgasmi per qualunque cosa. Vedrai che se la guidiamo e addestriamo con delicatezza cose come quella di poco fa succederanno ancora tante volte”.
Uscii dal bagno. Ero del tutto calma e mi sembrava proprio di esser pronta al nuovo gioco: avevano ragione loro’ ero nata per dare piacere agli uomini? mi stavo davvero accettando?
Mi ricontrollarono: un colpo di spazzola ai capelli, un ritocco al mascara, le calze bianche da cambiare, i denti da lavare, il rossetto di un lievissimo rosa da ripassare.
Adelmo sembrava tenere moltissimo a far bella figura con il suo amico: trovai questa cosa strana, sembrava una specie di suo superiore. Mi rispiegò cose che già sapevo:
A. “Ricorda quel che ti ho insegnato! Sii naturale, è la tua natura che deve apparire! In ginocchio nel salutarlo, leccare la mano, sorridere, non prendere iniziative, fai sempre come ti dice, subito e tutto”.
Il tutto condito con tanti complimenti e palpandole il culettino sodo, cosa che gradivo ma di cui provavo imbarazzo.
Luigi collaborava leccandomi ogni tanto i capezzoli, quasi volesse che li avessi turgidi per la presentazione al nuovo amico.
Insomma, mi piaceva tutto, ero tranquilla, annuivo o rispondevo “Sì, lo so”.
Adelmo ripeteva: “Se non ce la fai puoi piangere e chiedere a me di fermare tutto, ok?”
M. “Sì, ok, ma state tranquilli… ora me la sento di provare… non solo perché ho tanto caldo… ma perché mi sento tanto amata da voi quando vi ubbidisco… mi sento realizzata, non so come spiegare… voglio provare a farvi contenti… non farete brutte figure, ce la metterò tutta”.
A. “Brava, sei bellissima sai?”, concluse: “Ora vai in ginocchio davanti alla porta ad aspettarlo e intento fai l’esercizio del ripensare. Manca pochissimo”.
Mi portai davanti all’ingresso, piegai prima un ginocchio, e poi l’altro. Misi docilmente il viso contro il pavimento e feci l’esercizio mentale prescritto: è giusto così per me, sono nata per servire, devo ubbidire a tutto, devo ubbidire a tutti…
Luigi mi ammirava soddisfatto e strizzò l’occhio ad Adelmo.

Daniele.
Alle 18.35 il campanello suonò, Luigi andò ad aprire e Adelmo al mio fianco, evidentemente teso, quasi sull’attenti.
Alzai il busto e guardai verso la porta, mi accorsi di avere le puntine del seno gonfie e rigidissime: oscene. Ridivenni rossa all’stante per la vergogna, ma non avevo paure.
Daniele entrò sorridente e sereno, strinse calorosamente la mano a Luigi, un “Ciao!” a me e… vidi due occhi magnetici: esistono davvero degli uomini così. Abbassai gli occhi all’istante, per un innato senso di riverenza.
Un metro e 90 circa. Due spalle larghe come un armadio. Sui 40, forse 45 anni. Moro con i primi capelli grigi, barbetta lasciata un po’ incolta, in realtà curatissima come Brad Pitt. Un colosso, fisico abbastanza sportivo. vestito grigio chiaro, finissimo, senza essere appariscente. Un bronzo di Riace… fortunatamente vestito!
Mi porse un mazzo di profumatissime rose rosse, restai inginocchiata a occhi bassi, le presi e sorrisi dolcissima, spontanea, senza controllarmi.
Come se fosse la cosa più naturale del mondo, mentre porgeva il dorso della enorme manona alla mia lingua, commentò rivolto allegramente agli altri due:
D. “Ah, ma siamo proprio agli inizi… è ancora senza collarino”. Sentii nel mio cuoricino che costui aveva la capacità di rendere tutto più semplice e naturale, di sdrammatizzare tutte le situazioni, anche le più umilianti.
Leccai quel dorso felice, leccai tanto, mi sentivo al mio posto nell’universo.
Scoprirò poco tempo dopo che si era laureato a pieni voti una ventina d’anni prima e da allora lavorava come avvocato, con uno studio molto importante, in una città vicina, con tanti collaboratori.
Lo invitarono in sala mentre si asciugava la mano con la pochette, lasciandomi dove ero, forse per abituarmi alla nuova situazione e a ripensare alla parola “collarino”. Parole che aveva reso tesissimo Adelmo, come se avesse preso un meno a scuola. Sentii che i rapporti dei due non erano tra amici, ma da capo a sottoposto. E chi dei due fosse il capo era chiarissimo.
Daniele prese a conversare del più e del meno per togliere ogni tensione al momento, finché Luigi non disse un: “Amore, puoi portarci un aperitivo per piacere?”
Mi alzai – nuda, reggicalze e calze bianche ornate da fiorellini rosa, decolleté rosa a tacco alto (non altissimo!) – passai poco distante da loro e andai verso l’angolo cucina: ero concentrata, non volevo sbagliare, il visino tutto sommato sereno: mi abituavo in fretta?
Tornata da loro, volai in ginocchio e offri diligentemente a tutti e tre il vassoietto con i bicchieri.
A. “Daniele, pensi che M. possa interessarti?”.
D. “Vediamo se è degna”, disse lui alzandosi e prendendomi le manine nelle sue, dentro le quali le mie quasi scomparivano.
Mi fece alzare davanti a se’ e mi alzò il visetto: “Che begli occhi verdi, da cerbiatta… e visino bellissimo, da bimba buona”, commentò.
Passò delicatamente il dito sul mio nasino e sulle labbra, poi scese sul seno.
Ebbi un leggerissimo sussultò, ma riuscii a controllarmi, mentre Dan aggiungeva “Le tettine sono un po’ piccole, ma i capezzoli così chiari fanno tenerezza… va bene, questo può andare”.
L’ispezione continuò: “Che bel pancino… la fica è depilata bene… e sei già bagnata, brava! Vediamo le gambe adesso… però! sono splendide, complimenti…. E che belle caviglie… voltati ora”.
Mi lasciavo guidare docilmente e con le guance di un bel rosa vivo, mi sentivo come una mucca al foro boario… o come all’esame di licenza media. Ma il sorriso di Dan mi incoraggiava, mi sembrava di potergli andar bene.
Ogni tanto guardavo Luigi, anche lui rosso in viso ma per l’eccitazione. Adelmo, invece, sembrava stesse facendo l’esame.
Dan mi scostò i capelli e accarezzò il collo, continuando l’ispezione verso il basso: “Capelli lunghi e tenuti morbidi, bene… Il collo potrebbe essere più affusolato, ma è bello anche così… ottima la proporzione tra spalle, vita e fianchi”.
Ebbi un altro sussulto solo quando la mano di Dan mi avvolse una chiappa e strinse: “Hai un culo notevole, sai bambina? Non sarai brasiliana – seguì una sua risata dolce – … e neanche un filo di cellulite, brava!… sei già aperta? Non sarai sfondata vero?”.
La mia vocina tremò, a quelle parole ebbi una piccola crisi di vergogna, ma riuscì a dire: “Sono aperta, ma credo non sfondata, signor Daniele”.
D. “Ooohhh… ma che educata… che bella umiltà nel rispondere… allora, scusami se ho usato parole un po’ forti” (che uomo meraviglioso!).
Mi lasciai chinare in avanti da Daniele, che mi infilò un ditone su per l’ano: “No, sei stata sincera: non sei sfondata e sei ancora bella strettina, brava… torna pure in ginocchio, ora”.
Daniele tornò a sedersi e sentenziò: “Amici, qui siamo oltre i 9 decimi: non è solo bellissima, e ben educata e umile. Ma la testa? E il cuore? Quanto tempo impiegherà per raggiungere la perfezione nell’ubbidienza? Comunque va bene, mi interessa usarla, naturalmente se il suo padrone è d’accordo”.
Luigi era un po’ nervoso, sicuramente per paura di non vedere montata la sua cagnetta anche da Daniele. Ma era eccitatissimo, non riuscì a dir nulla, sorrideva come un cretino.
A. “Siamo ancora agli inizi, è la quinta settimana e ci si vede solo nel week end… Non la vogliamo forzare, abbiamo constatato che M. si adegua con facilità, ti ho chiamato proprio per questa ragione: fa tutto, senza bisogno di punizioni. Se possibile, ancora per questa volta lasciarla decidere se essere usata. E’ la sua prima volta con estranei. Altrimenti come vuoi tu”.
D. “Capisco benissimo e sono d’accordo con voi. Se è come dite, sarebbe un delitto rovinare questo diamante grezzo. Non mi offenderò se non ce la fa e sarà per un’altra volta. Intanto però vi ringrazio per aver pensato a me, e perché siete una compagnia piacevole”, disse intelligentemente Dan.
Sentii gli occhi dei tre su di me. Ero tornata in ginocchio accanto a Luigi e con gli occhi bassi: mi sentivo perfettamente nel suo ruolo.
A. “M. cara, hai sentito? Hai visto che gentiluomo è questo tuo nuovo amico?”.
Io annuì con la testa.
A. “Devi sentire come un grande onore aver superato la valutazione di Daniele, sai? Ora prepara la tavola che noi chiacchieriamo… e continua a fare i tuoi esercizi e a ripensare. Vai!”.

Mi alzai: ero fradicia, non so perché. Tutti videro i miei umori amorosi che bagnavano l’interno cosce.
Rimasti soli, sentii qualcosa della loro conversazione: ero un soggetto più unico che raro, e non solo per il fisico. Era contento di essere stato il primo “anziano” (?) a vedermi servire. Ci raccomandò di fare piano e di non rovinare tutto; l’educazione sino a quel momento impartita gli sembrava ottima.
Ci misi poco ad apparecchiare e ci accomodammo. Erano ormai le 19.30:
A. “M., vai pure e servi da mangiare”.
Continuavo a eseguire l’esercizio di ripensare: ero concentrata mentre silenziosamente ripetevo a me stessa: “sei nata schiava, ti piace servire, è giusto che tu sia scelta, impara a sperare di essere usata…”.
Mentre servivo, Daniele prese astutamente a raccontare qualche innocente barzelletta… si misero a ridere … e anche io ascoltavo e ridevo, benché in silenzio. Apprezzai: per me era molto importante ci fosse un clima di gioco e allegria.
Mentre passavo tra loro, scherzando mi accarezzavano la fichetta, mi palpavano il culetto e pizzicavano i capezzoli: ad ogni scherzo mi sembrava di essere più sciolta, spero non fosse evidente che la situazione mi intrigava da morire.
Durante la cena, Adelmo mi feci stare buona, in ginocchio al loro cospetto, accanto al tavolo mentre mangiavano. Dolce umiliazione: ogni tanto mi tastava la patatina per controllare che tutto funzionasse: e, dato il liquido umorale presente, mi sembrò soddisfatto e molto meno teso rispetto ai primi momenti in cui Daniele era arrivato.
Quando finirono dovetti subire un’altra piccola umiliazione: ebbi il permesso di mangiare: ma naturalmente sul pavimento, accanto al loro tavolo, in modo che tutti mi potessero vedere e io vedessi loro.
Quando ebbi finito la mia “pappa” era di nuovo rossa in viso, ma non avevo paure, ero serena.
Adelmo mi porse un tovagliolo e mi spiegò:
“Ora vai sotto al tavolo tesoro. Là sotto, non vista, proverai meno imbarazzo: devi fare un bel bocchino a chi vuoi tu. Se spompinerai Daniele, per me vorrà dire che vuoi fare l’amore con lui. Sai già da sola cosa piacerebbe ai tuoi due padroni, ma puoi scegliere. Sappi però che se ci farai contenti e sceglierai il mio amico, avrai un premio”.
Alzai la tovaglia e andai sotto al tavolo: i tre avevano già il pene di fuori. Quelli di Daniele spiccava tra gli altri per proporzioni, armonia e… dimensioni. Vinsi me stessa e cercai di imboccare quello di Daniele: lui raggiunse una splendida erezione in pochi istanti, ma così era troppo grande per me, rischiavo di fare brutta figura. La sua voce allegra e sdrammatizzante, mi incoraggiò:
D. “Bimba, prima le palle. Devi adorarle, coprirle di baci: solo così farai capire quanto è importante per te e per la tua realizzazione quel che producono. Poi, capisco che non sei abituata a un cazzo così: quindi fai piano, non ti picchierò e nemmeno ti sgriderò se non riesci. Ci vuole tempo, lo so”.
Lo amai per quelle parole gentili e, dopo aver compiuto quella sconcia adorazione, in qualche minuto riuscii ad accoglierne oltre la metà. Entrò in gola, ma Dan era espertissimo: stette immobile per non rischiare di soffocarmi.
Raggiunta l’erezione, mi prese delicatamente per i capelli, mi fede uscire da sotto e si alzò da tavola… mettendo in mostra un sesso importante e, lo confesso, bellissimo.
Tenendomi per i capelli (li porto lunghi quasi fino al sedere) mi fece camminare a gattoni accanto a lui e lasciando tutti le pareti aperte perché potessero valutare la mia performance e reazioni.
Mi sollevò come se fossi una piuma depositandomi sul letto. Si spogliò: cercai di non farmi scoprire, guardai di sottecchi: era un colosso, alto circa 40 centimetri più di me, con solo un filo di pancetta.
Si distese piano, facendo attenzione a non schiacciarmi troppo: fu su di me, mi guardò negli occhi e io non riuscii ad abbassarli. Era magnetico, mi trasmetteva la consapevolezza di dover ubbidire, di essere una persona inferiore, di doverlo compiacere in ogni modo.
Entrò piano, delicatissimo: non mi face alcun male perché mi bagnavo ed emozionavo ad ogni suo gesto. Ebbi il primo orgasmo dopo pochissimi minuti: fu un piacere violento, tremavo tutta e miagolavo a lungo, sottovoce, come una gattina in calore quando chiama i maschi.
Mi penetrò davanti agli occhi morbosi del mio fidanzato per due ore e mezza: Luigi si masturbò tre volte. Io persi il conto dei miei orgasmini e orgasmoni: ogni tanto guardavo Luigi e Adelmo e poi tornavo a godere, godevo di tutto, ogni affondo, ogni bacio, ogni carezza. L’immagine che penso restò impressa nella memoria dei due: un corpo grande e grosso che ricopre il mio; due splendide lunghe gambe, fasciate da calze bianche, con le scarpine dal tacco sottile, che stringono i fianchi di lui, come per imprigionarlo dentro di me.
Mi fece di tutto, in tutte le posizioni, ma non mi sodomizzò: disse sottovoce, perché i due sentissero: “Non voglio rovinarla, ma il lato B va preparato al più presto, per lei sarà una forma di sottomissione più completa”.
Non ero vergine nel lato B, ma un conto è Luigi, altro è il gigante che avevo sopra.
Alla fine, ero vinta, sottomessa, domata. Daniele si prese la sua soddisfazione sporcandomi tutto il visino: era proprio bella così e le dissi di restare sporca finché non saremmo andati via. Io ero in trace, crollai a dormire con un dolcissimo sorriso sul viso, assieme al seme di Dan.
Immagino che abbiano festeggiato, dormivo, distrutta.
Luigi ricevette alcune istruzioni: dal mio risveglio dovetti inserirmi nell’ano un cuneo con una lunga e bella coda da gatta.
Si saranno sentiti nei giorni successivi per le istruzioni del sabato dopo, la quinta lezione del sesto sabato.

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