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Racconti sull'Autoerotismo

La fata di mezzanotte

By 12 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Le fate piangono prima di morire, sapete?

Piangono, e soffrono’ Anche alla Fata di Mezzanotte era successo, prima che una ad una le bianche stelle del cielo fossero soffocate dalla tormenta. E la neve bianca aveva ricoperto la sua tomba.

Oh, voi lo sapete, voi lo sapete, non &egrave vero, qual &egrave il destino di una fata? Le fate muoiono d’inverno, e in primavera rinascono, sotto forma di fiordalisi, sbocciati alle prime piogge d’Aprile. Le fate vivono una vita breve e triste, chiuse in una prigione, vedono gli alberi spogli dell’autunno, ascoltano il sibilare triste del vento di Dicembre, dopo aver passato i mesi precedenti pensando soltanto ai loro ricordi’ E infine arriva Gennaio, un brutto giorno, arriva il Carro della Morte, tirato dai grigi destrieri del Destino. Un cocchiere scende da cassetta, &egrave avvolto in un nero manto, ha in mano una frusta che fa schioccare nell’aria con crudeltà, porta una gamba di legno. Bussa alla porta delle fate, e loro non possono rifiutarsi di aprirgli!

Cielo!

E così le uccide, le rapisce, con la stessa cattiveria con cui il fato le ha fatte vivere chiuse in una prigione e incatenate.

La Fata di Mezzanotte non conosceva il suo destino. Ma i suoi occhi sapevano, sì! Quegli occhi languidi, fatti per amare, quei lunghi capelli turchini, che le adornavano il volto, così spesso ricoperto di lacrime, quelle mani bianche, dalle dita lunghe, dalle unghie dipinte di celeste, quel lungo manto, oh! La morte doveva risparmiare tutto questo!

Oh, mia dolce fata, ti voglio bene, e vorrei sentire la tenera carezza dei tuoi lunghi boccoli azzurri sulle mie spalle, vorrei stringerti a me, e dirti che ti posso salvare dal tuo destino triste!

In quegli sguardi aveva brillato la tristezza dell’autunno, con i suoi tramonti infuocati, offuscati dalle foglie morenti delle querce, un giorno, dalla sua finestra, l’infelice aveva visto seppellire un fanciullo, e morire un angelo’ Era stato allora che aveva compreso la sua sorte.

La Fata di Mezzanotte però aveva un segreto: dopo che la pendola aveva suonato gli ultimi dodici rintocchi, poteva abbandonare il suo corpo mortale, e volare via.

Ed era volata via tante volte, verso la città, in cerca di un uomo che la prendesse tra le sue braccia e la sapesse consolare. Ma nessun mortale poteva vederla, né parlare con lei. Era stato soltanto il suo Angelo Custode a dichiararle il suo amore, e a giurarle che sarebbero stati insieme per sempre.

Ma lui non poteva entrare nella sua prigione, poteva soltanto parlarle attraverso le sbarre.

Un giorno, alla Fata di Mezzanotte venne a parlare la Strega Nera.

Questa Strega era bionda, portava un lungo abito color pece, e le diceva, sogghignando:

– Oh, pensi di essere davvero felice nella tua vita, bambina mia? Lo pensi davvero? Rispondi: cosa puoi vedere dai vetri appannati della tua finestra? Felicità e gioia? O soltanto morte? Puoi uscire veramente da questa stanza? O &egrave una prigione? Dimmi: e quanti mortali hai visto col sorriso sulle labbra? Quanti mortali possono dire di essere contenti della loro vita? Chi &egrave colui che sa di dover morire e può gioirne? Chi, se non un illuso?

E mentre la Strega Nera le diceva questo, le andava accarezzando i lunghi capelli turchini, così amorevolmente, che’ oh!

– Io sono buona, lo sai? Io ti sono amica, e non voglio che tu soffra. Per questo ti dico la verità e non uso menzogne: presto arriverà uno spettro cattivo, che ti farà morire atrocemente, arriverà il Carro della Morte, e tu piangerai’ Nessuno può salvarti, nessuno, nessuno, nessuno’

Le parole della Strega svanivano nell’ululato della tormenta.

– Tu hai paura di me?

– Sì.

– Oh, no, non devi, io ti sono amica, io ti amo’

La Strega Nera era davvero una bella donna, aveva un volto di fanciulla, e le labbra rosse come il fuoco, che risaltavano ancor più grazie a quegli occhi azzurri come il gelo.

– Sì, io ti amo, anche se non posso salvarti.

E la Strega abbracciò la Fata di Mezzanotte, appoggiando le sue labbra infuocate su quelle dell’infelice. Sì, la baciò, accarezzandola con le sue mani d’alabastro, mentre lei piangeva.

– Tu non sai ‘ disse la fattucchiera. ‘ Ma un giorno, mi ghigliottineranno’

E mentre la neve ricopriva le querce spoglie, la Strega Nera agitava la sua bacchetta magica, intonando una formula misteriosa.

E le sue mani cercarono la vulva della Fata, la trovarono, e cominciarono a strusciarla, a strusciarla, a strusciarla, mentre il petto dell’infelice s’alzava e s’abbassava, in preda all’affanno.

– E’ la prima volta che provi questo, vero? ‘ sogghignava la Strega. ‘ Sì, la morte ci divorerà tutti, ma nulla può contro il mio Fuoco!

Ed era un fuoco più forte e bruciante di quello che ardeva nel camino, e inceneriva i rami secchi, sì, la Strega Nera aveva generato una creatura nuova. E fu così che il Fuoco, incontrando la Morte, le disse:

– Fatti, amica, costà sotto, e spalanca il tuo nero manto, che tu possa ricevermi bene fra le tue scarne braccia.

La Morte gli obbedì, ma il Fuoco, con le sue fiamme, la sbranò.

La Strega Nera insegnò alla Fata di Mezzanotte come accendere quel Fuoco, anche da sola, le promise di tornare, e lo fece.

E si accomiatava sempre da lei baciandola sulla bocca.

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