L’avevo già intravista, un paio di volte, l’estate scorsa. Uscire dal palazzo di fronte, il seno che ondeggiava morbido, sfacciato. Un immagine non registrata nel mare di stimoli estivi.
Ma l’autunno mi erode sempre alla base manco fossi una scogliera calcarea. E quel giorno che me la trovai accanto mentre ambedue cercavamo invano del riso basmati, quel giorno che mi disse scusi sa mica dov’è il basmati per cortesia, quel giorno che mi girai per dirle non lo vedo ho paura non ce l’abbiano, quel giorno mi fece tutto un altro effetto.
Sotto i capelli mechati di biondo spesso e giallo, incastonati nella carnagione troppo abbronzata di chi passa l’estate allungato in spiaggia, due occhi neri profondi vispi, con un’inafferrabile sfumatura malinconica. Il decolleté maestoso a far capolino dal cappotto aperto nonostante il sopraggiungere del freddo, un indicatore di situazioni percorribili.
Anna. Facile. Un palindromo. Puoi iniziare a leggerlo dalla fine, è sempre annA.
Mi ritrovo a cena da lei dopo un valzer di riso basmati consegnato a domicilio, caffè, discorsi sul cinema, e soprattutto sguardi assai più eloquenti di tutto questo.
Mi ritrovo sul suo divano dopo il muller thurgau di aperitivo e il refosco a cena.
Mi ritrovo a sentire questo bulbo di voglia di dare piacere dopo averla squadrata con carezze d’occhio gentile.
Perchè Anna ha quarantasette anni e una vita di delusioni rintracciabili nel broncio appena accennato delle labbra, nei toni neri degli occhi e dei loro dintorni, nelle mani frustrate e ben curate, nel suo decolleté ostentato come ultimo attacco all’avverso fato. Perchè Anna è sola e stanca. Perchè Anna è sensuale di dita unte succhiate col sorriso e voglia di profumi e di cachemire sulla pelle. Perchè nonostante tutto questo Anna è timida e ha mani nervose e denti che mordicchiano le labbra. E c’è questa pulsione di giustizia che mi spinge a dare amore a chi lo merita ma se l’è visto negare. Marxismo erotico. Volontariato amatorio. Fornicazione liberal.
E allora espando il sorriso. E allora le prendo le mani chiedendole come mai non stiano mai ferme. E la risposta di un istante sorpreso sul viso mi dà il via libera.
E allora una mano passa a carezzarle i tratti marcati di ligure.
E allora mi avvicino e la bacio piano e sospiro e sospira.
E allora schiude le labbra e la sua bocca è calda morbida liquida e intrisa di vino.
Il suo corpo mi chiama, quello che ho intravisto ieri dalla finestra quando ritirava il bucato steso in sottoveste, le gambe stondate e compatte e abbronzate, il ventre tondo sotto il peso di quei seni ostentati. E’ corpo di donna vera, madre, venere, giunone, fertilità. Ne sento la pienezza nelle mani, che vorrei più grandi per contenerla tutta.
E lei mi sfila maglione e camicia e comincia a strizzarmi e annusarmi e baciarmi, gli occhi socchiusi. Via il top nero di lycra, Anna, via quel reggiseno imponente con un gesto preciso dietro la sua schiena. E mi tuffo in quel peso di carne cadente, soffice e spessa e chiara di chi non ha mai osato il topless. Ed è un tuffo senza atterraggio, verso profondità celesti. Le lecco, le succhio la sensibilità dei capezzoli grandi che si rattrappiscono, protrudono veloci mentre i sospiri accelerano e si accalorano.
E poco dopo siamo nudi sul suo letto e sorridiamo e non smettiamo di cercarci, avvolgerci, stringerci e leccarci. La adagio sulla schiena e guardo le sue forme adagiarsi nell’orizzontalità e il colle lieve di femmina che mi chiama del suo atavico richiamo. E le sono di fronte, ad aprirle le cosce, a leccarne l’interno, baciarlo e morderlo, a farmi sempre più insistente sul punto focale di lei. La bacio, ne sento il gusto afrodisiaco che già sgorga in umori densi mentre il corpo tutto è già teso, e le sue mani fra i miei capelli mi schiacciano a lei. E i miei gemiti di gusto soddisfatto la eccitano e il suo incitare mi eccita e mi fa gemere ancora. Mi spinge via, si rizza d’improvviso e mi è davanti carponi, che mi soppesa e mi bacia leggera, mi libera e mi accoglie nel tepore torpore della sua bocca, mentre chiude gli occhi ed entra in una trance dedicata e delicata e ondeggia e dondola e mi tasta e mi carezza, finchè non posso più aspettare di fare dei due uno e cerco la plastica nella tasca dei miei pantaloni gettati in un angolo.
E le sono dentro facile, e lei geme e sgrana gli occhi e poi li chiude.
E parto lento ed il mio corpo striscia contro il suo, strabordante, straripante meraviglia.
E lei mi si stringe intorno, mi serra come un boa, rapace, vogliosa adesso, determinata.
E mentre i colpi aumentano di ritmo e di forza, mentre il suo seno rimbalza su e giù seguendo il tempo, mentre i lineamenti di lei battono il levare, mi sento vero, umano, al posto giusto.
Mi vuole venir sopra. Il pube che strofina contro il mio, le sue anche tonde e le sue cosce calde che mi cingono, il movimento rapido e profondo, le sue mani che mi straziano il petto ed i capezzoli, la sua lingua che mi cerca e mi percorre e si insinua sul mio collo, solletica le orecchie. Il suo seno ha un movimento sussultorio e rotatorio inarrestabile ed ipnotico. Le sono dentro ma ancora fremo, vorrei toccarla tutta, leccarla tutta, annusarla tutta in un istante.
Un istante che arriva quando lei impenna il ritmo, e alza la voce ed alza i toni. Aumenta la pressione del suo grembo su di me, mi stringe le mani forte e indurisce lo sguardo per poi celarlo dietro le palpebre azzurrine che sfumano nel mascara delle ciglia. E il suo moto fluido diventa scatti, morsi, ed urla e interiezioni, e diventa i miei scatti, i miei morsi, le mie urla. Il mio seme che s’infrange nel lattice diventa ogni sua fibra tesa all’infinito che coincide con ogni mia fibra che è il suo umore dolce che è la nostra armonia di un istante espanso che come un universo nel momento del big bang è già esplosione ed ancora un tutto, unico ed indivisibile atto d’amore.
E poi si plana, dopo la detonazione si creano galassie di pensieri, supernove d’emozioni che nascono per esplodere e buchi neri d’amore non riempibili e mondi imperfetti e differenze e divisioni e un elemento diventa due dieci cinquanta centosette.
Il punto senza massa e dimensione diventa infiniti mondi e possibilità perdute, il mondo in cui non voglio starle accanto e in cui è giusto così, il mondo in cui è giusto che stia sola ed è giusto che io parta, a qualche ora della notte, quando le intimità e l’estasi appaiono più lontane dell’epopea di atlantide, incredibili frammenti di preistoria troppo distanti dall’ora e dal qui per apparire reali.
grammaticalmente pessimo........
Ciao Ruben, sei un mito! Hai un modo di scrivere che mi fa eccitare! La penso esattamente come te. Se…
Ti ringrazio, sono felice che ti piacciano. Vedremo cosa penserai dei prossimi episodi, quando si chiuderà anche la sottotrama di…
Davvero molto bello. Piacevole come gli altri e decisamente pregno di sentimenti espressi senza risultare melensi o ripetitivi. D'impatto leggiadro,…
Come ti ho detto, in pochi e poche sanno sa scrivere in maniera così eccitante sia dare un senso ad…