Era il 2002, e il periodo per me era tutto fuorché sereno.
Mi stavo separando, e nel frattempo avevo una relazione con la mia amante. Vivevo alla giornata, con un lavoro schifoso, mal pagato e frustrante. Il negozio dove lavoravo girava bene, ma il titolare era un vero ragno: tirchio, viscido e sempre acquattato in attesa di fregarti.
Fu proprio lì, in quel negozio, che conobbi una BBW. Una vera donna, niente mezze misure. Aveva problemi con il suo portatile e chiese se potesse portarlo in assistenza. Il proprietario non c’era, e così mi offrii per un intervento a domicilio a un prezzo ridicolo.
Naturalmente era solo una scusa: volevo rivederla nel suo ambiente e, chissà… farmi stordire dai suoi profumi, dalla voce, da come si muoveva tra le stanze. Galoppare con la fantasia, insomma.
L’appuntamento era fissato per un paio di sere dopo. La strada era lunga, ma ne valeva la pena. Viveva in centro città, quindi lasciai l’auto e presi il mio scooter fiammante che adoravo.
Giulia — così scoprì chiamarsi — mi aspettava affacciata al balcone. Quando scese, mi fece segno di sistemare lo scooter nel cortiletto interno.
Il palazzo era d’epoca, e l’ascensore ne era il cuore antico: una gabbia in metallo, con il vano a vista e un cancelletto in ferro con la maniglia lucida, consumata da decenni di mani e storie.
L’ascensore saliva lento, col suo rumore metallico e quel solito odore di palazzo antico. Giulia indossava una tuta abbastanza anonima, nulla di particolarmente provocante, ma il suo corpo già parlava. Arrivati nell’appartamento, mi mostrò il portatile da sistemare e mi chiese se gradivo qualcosa da bere.
Il guasto era banale, e lo sistemai in pochi minuti. Restai a parlare con lei sul divanetto. Lo sguardo mi cadeva spesso sul seno, che la tuta conteneva a fatica. Lei se ne accorse. Mi disse, con una voce calma e un mezzo sorriso, che voleva cambiarsi d’abito.
Accese un giradischi. Dalle casse uscì un brano rilassante, jazz vellutato. Dopo pochi minuti riapparve. La tuta era un ricordo lontano. Indossava una camicetta bianca, quasi trasparente, sotto la quale non sembrava esserci nulla. Una gonna con spacco profondo mostrava calze nere e reggicalze. Il perizoma, se c’era, era invisibile. La sua voce sensuale avvolgeva la stanza.
Azzardai un gesto, ma fu lei a guidare: prese la mia mano e la portò là, tra le cosce, sulla peluria del suo sesso. Era bagnatissima.
Mi fece alzare, mi prese per mano e mi condusse nella camera da letto. La piega che stava prendendo la serata mi intrigava più di quanto volessi ammettere. Spense la luce centrale. Rimase solo un’abat-jour con luce calda, puntata verso il soffitto. Un piccolo comodino sul lato destro, tende rosse pesanti alle finestre. Sul tappeto, davanti al letto, le sue scarpe argentate con un piccolo fiocco.
Si spogliò lentamente, un pezzo alla volta. Mi proibì di toccare. Dovevo solo guardare.
Il piede di una seconda lampada a stelo, di metallo cesellato, assomigliava a due serpenti che si intrecciano senza toccarsi. Lei si adagiò sul letto con una gamba distesa fuori dal materasso, completamente nuda. Fu allora che vidi alcune cicatrici, piccole, discrete. Ma non le toglievano fascino: gliene davano di più.
Si alzò dal letto e venne verso di me. In piedi, mi prese il viso tra le mani, poi mi fece inginocchiare con uno strattone deciso, indicandomi la strada che la mia lingua doveva percorrere: la sua vulva. Leccai con cura e profondità, sentendo il suo corpo fremere a ogni colpo della mia lingua.
Venni travolto dalla scoperta del suo squirting, i suoi getti caldi mi bagnavano il viso in un’estasi che non avevo mai immaginato. Un altro strattone e mi guidò sul letto, sussurrandomi con voce rotta dal desiderio: “Scopami, bastardo.”
Fu una cavalcata selvaggia, i colpi che davo la scuotevano appena, intrappolata com’era nell’abbondanza del suo meraviglioso corpo. I suoi seni ondeggiavano ipnotici, trascinandomi sempre più in profondità nel vortice del piacere. Venne ancora e ancora, fino a quando anche io cedetti, riempiendole l’utero del mio desiderio.
Ero esausto, ma lei non si fermò. Mi girò sul letto e iniziò a darmi un pompino incredibile, così intenso da risvegliare subito la mia impazienza.
All’improvviso, mi trovai ammanettato alla testiera. Mi guardò intensamente, alitando il suo respiro caldo sul mio membro, e con un sorriso malizioso mi disse: “Adesso ti farò impazzire.”
Era una maestra nell’arte del piacere. Sentiva quando stavo per arrivare e interrompeva il ritmo, girandomi intorno come uno squalo alla preda. Dopo circa trenta minuti, non si fermò più, guidandomi all’orgasmo con una forza e una dolcezza che mi fecero quasi piangere, un misto di piacere e dolore in ogni apice.
Quando mi liberò dalle manette, mi lanciò i vestiti con un ordine deciso: “Vestiti, puttana. Ti voglio qui la prossima settimana. Tieni il mio perizoma e senti il suo profumo quando penserai a me.”



scusa, al quarto sono bloccato!
ti ringrazio, mi fa molto piacere sapere che ti sia piaciuto! il secondo capitolo l'ho completato. nel terzo sono bloccato.…
ne ho scritti altri con altri nick...spero ti piacciano altrettanto.
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Ti ho scritto, mia Musa....attendo Tue...