Luana camminava ancheggiando lungo Via Eisenhower, avvolta nei jeans di cavalli, sexy nel suo top tempestato di strass con le tette ferme sostenute dal wonderbra, i suoi lineamenti d’angelo incorniciati dai capelli biondi.
Aveva seguito sua madre per una ventina di minuti. Le succedeva ogni tanto di sentirsi male, e allora tornava nel rione Marshall per assaporare gli odori dell’infanzia, spiare di nascosto sua madre intente nelle commissioni quotidiane.
Erano otto anni che non le parlava.
Da quando Luca aveva annunciato la sua decisione di diventare Luana.
Ostracizzato, buttato fuori da casa, Luca/Luana passò tre anni a prostituirsi come travestito per i middle managers della grande città. Risparmiando, si era poi potuta permettere una serie di interventi chirurgici, un seno terza misura, nuovi zigomi, labbra più carnose, nuove sopracciglia, fianchi più pieni.
Piacere, sono Luana.
Ricomincia da zero la tua vita sociale.
Luca è morto, viva Luana.
Ma anche dopo l’operazione la prostituzione era stata una delle poche fonti di sopravvivenza per una Luana sempre meno idealista, e non esattamente fiera dell’uso della sua nuova femminilità.
Certo, c’era il porno. Frequentazione squallida dopo frequentazione squallida, Luana era approdata ad una piccola casa di produzione in qualche casale della Brianza.
Luana DeFox, l’avevano chiamata. Aveva esordito come comparsa in Transfotting, per poi vedersi offrire un ruolo da protagonista in Lucrezia d’Orgia. Era persino finita in televisione, a sorridere petto in fuori e ammiccare alla telecamera in un programma notturno su una tv locale.
I soldi non le mancavano, ma Luana aveva voluto essere donna. E avrebbe dovuto fare porno per altri cinque, dieci anni, per potersi permettere l’operazione. Dopodichè sarebbe stata disoccupata.
E a ventisette anni l’idea di aspettare ancora uno o due lustri le pareva insopportabile. Voleva un ragazzo, un appartamentino che non fosse pieno di dildo e futon giapponesi. Andare a cena fuori, ricevere fiori e anelli. Preparare la colazione e portargliela a letto. Voleva essere una ragazza come tutte le altre.
Cominciava a chiedersi se veramente bastasse sentirsi donna per essere donna. Se non ci fosse un senso nella reazione della gente davanti al suo pseudo-ermafroditismo chirurgico.
Mentre la frustrazione le si scioglieva nella mente, le passo davanti in bicicletta, pedalando stancamente nella tonaca nera.
Don Pastragno.
Luana fu investita da un’onda scura e spessa di rancore ed altri sentimenti indecifrabili ma invariabilmente neri.
Affrettò il passo, lo seguì. Di certo era diretto in parrocchia.
Luana non passava mai davanti alla parrocchia. Troppi ricordi soffocanti, troppe connessioni scomode con il suo presente.
Don Pastragno imboccò il vicolo e sparì dietro l’angolo verso la sacrestia.
Luana inspirò profondamente, tremava, non sapeva perchè. Non capiva esattamente cosa le stesse succedendo.
Luca, sconvolto dalle conseguenze della coglionata, si era fiondato nel confessionale per parlare con don Pastragno. Quello lo aveva ascoltato, aveva saggiato la sua disperazione. Poi aveva detto che sarebbe stato costretto ad avvertire la polizia. E Luca lo aveva pregato, in ginocchio, per favore, la polizia no. E don Pastragno gli aveva proposto un compromesso.
Tocca.
Succhia.
E ogni volta che Luca aveva un accesso d’orgoglio, don Pastragno riusciva a terrorizzarlo.
Hai ucciso la signora Malinghetti, ricordi?
Sei un omosessuale, come la prenderebbero i tuoi?
Durò ancora tre anni, fino a quando Luca, ormai violato in ogni modo, era partito per fare il liceo dall’altra parte della città. Sentendosi ormai Luana, la donna sottomessa e condizionata, schiava del sesso squallido e della perversione. Dell’abuso.]
Luana entrò in chiesa, l’aria fresca e umida la avvolse con l’odore tenue di incenso. Si fece in fretta un segno della croce, passò oltre un paio di vecchine raccolte in preghiera. Non le guardò, ma era certa di sentire i loro sguardi su di lei mentre procedeva verso la porta della sacrestia.
Bussò.
Sentì qualche rumore oltre il rovere della porta. Don Pastragno, invecchiato, le aprì e con aria cordiale le disse buonasera. Poi la squadrò dall’alto in basso.
Posso aiutarla? Luana chiese se potesse entrare. Certo, disse il prete, ma ci conosciamo? E’ di questa parrocchia, signorina?
No, rispose Luana, guardandolo fisso negli occhi. Sono una pecorella smarrita, gli disse.
Oh, beh, ma mi sembra che lei sia entrata qui come il figliol prodigo, signorina. Brava.
No, dice lei, non esattamente.
Don Pastragno le si fece vicino, poi tirò la tenda del piccolo soggiorno della sacrestia. Cosa posso fare per lei, chiese.
Non lo so. Cosa le viene in mente nel guardarmi?
Beh, sa, sono un prete, io la vedo come una figlia. Vedo tutti come miei figli, non so se rendo l’idea.
Oh, mi creda, capisco perfettamente, gli disse lei con le narici che già si dilatavano per la rabbia.
Tutti come bambini, per cui se aveva strane idee signorina, debbo dirle che è peccato…
Senta, don Pastragno, io ho sentito dire certe cose e sono qui per fare l’amore con lei, lo incalzò Luana.
Il prete le fece cenno di fare silenzio. Non si chiese come la ragazza sapesse il suo nome. Forse qualche collega.
Con un cenno del capo la invitò nella piccola e spartana camera da letto. Lui col sorriso sul volto prese a svestirsi. Luana tirò fuori il fermacarte di vetro con dentro il corallo e con un gesto rapido da corso di autodifesa femminile stordì il sacerdote che caracollò sul letto con i pantaloni mezzi calati.
Quando don Pastragno si risvegliò aveva mal di testa.
Era imbavagliato. Messo sul letto a novanta gradi. Senza pantaloni nè mutande. Le mani legate dietro la schiena e il volto costretto a guardarsi pieno di paura nello specchio dell’armadio di mogano. Gli occhi fuori dalle orbite per la paura.
Erano passate diverse ore. Era notte fonda, e le strade erano silenziose. Luana era corsa a casa e tornata a San Basile ben equipaggiata. Ora indossava il completo da dominatrice che aveva portato di recente in Mistress DeFox, il suo miglior film. Il prete mugolava qualcosa dentro il bavaglio.
Devi stare zitto, disse lei, prima di far schioccare un frustino sulla chiappa destra del prete.
Dunque, don Pastragno, spero si senta meglio. Mi dica, come sta Luca Boggifondi?
Gli occhi del prete si aggrottarono, da dietro il bavaglio emerse un eh?
Luca Boggifondi, non si sarà mica dimenticato, don Pastragno, di uno dei suoi figli?
Luana tolse il bavaglio al sacerdote che dopo aver respirato qualche secondo disse non lo so, non lo vedo da anni.
Ma che peccato, fece lei. Per tre anni e passa, mi corregga se sbaglio, le ha fatto seghe e pompini. Gratis, no, don Pastragno?
Non so di cosa stia parlando, balbettava il prete pallido pallido.
E come le piaceva, padre, metterglielo nel culo a quel poverino, vero?
Lei è una matta, io chiamo la polizia.
Frustino sul culo. Forte. Segno rosso istantaneo.
Se lei è un amica di Luca, per favore lo faccia venire qui, di certo gli devo delle scuse ma lei non deve credere a tutte quelle storie, fargfugliava il prete.
Beh, allora si scusi, don Pastragno, ma si scusi con me, che Luca è morto e io sono quel che ne rimane. Il prete di nuovo imbavagliato e silenziato.
Detto questo Luana si insinuò fra le gambe del prete incaprettato e prese a giocare col suo pene, ripetendosi in testa le richieste del prete di tanti anni prima. Dai tanti schiaffetti con la lingua. Succhialo più forte. Fallo entrare di più.
E al primo gemito di piacere del prete si staccò, e gli disse no, no, caro don Pastragno, questa volta il copione lo decido io. Cominciò a frustarlo con forza e frequenza crescenti, e tirò fuori dallo zainetto un dildo da quaranta centimetri, rosso scarlatto. E senza smettere di fustigare, cominciò a premere contro il culo del prete. Ma era troppo stretto. Allora prese un po’ di vasellina e ricoprì il grosso cazzo di plastica di unguento. Poi aprì un barattolino della borsetta e sparse una polverina rossastra sul dildo.
Le piace piccante, don Pastragno?
Detto quello, cominciò a spingere con forza e poteva sentire il dildo forzare il culo stretto dell’indecente prete pedofilo e puttaniere. Poteva sentire le sue urla al contatto del peperoncino di caienna con le mucose del retto. Cominciò a spingere quel dildo dentro e fuori a ritmo forsennato. Il prete perdeva sangue. La sua rosa era già deflorata, gonfia e rossa come avesse appena partorito. Piangeva, chiudendo gli occhi per non vedersi nello specchio. Luana lo frustò sui coglioni e gli disse di aprire gli occhi se non voleva ritrovarsi eunuco. Quando il culo di lui fu sfondato, rosso e deformato, quando da esso presero ad uscire liquami compositi di plasma e feci e lubrificanti, Luana si spalmò di crema stimolante e si infilò un profilattico ultraresistente. Si mise in ginocchio dietro al prete e prese ad entrare in quel culo spannato.
Con una mano gli strinse i coglioni. Lui urlò, ovattato dal bavaglio.
Inculava quel prete concentrando nei movimenti del suo bacino tutta la rabbia verso di lui e verso il mondo che, mentre guardava Luana come un fenomeno da baraccone, proteggeva e rispettava l’indecente sacerdote. Sentiva la curva del retto bloccargli la strada, ma farsi più docile ad ogni affondo che contorceva il volto del prete in smorfie di dolore. Sapeva bene come far male inculando, Luana. Perchè don Pastragno prima, una schiera di yuppies poi e un’armata di cattivi attori ancora dopo le avevano fatto male con inculate malfatte, prive di sentimento. E lei ora concentrava tutto quel che poteva in quegli affondi rabbiosi che sconquassavano le budella del prete.
L’orgasmo arrivò inaspettato, e stranamente intenso come di desiderio di vendetta appagato. Luana continuò a spingere con odio spaccando il culo del sacerdote fino a che il cazzo non prese ad afflosciarsi. Poi gli uscì dal culo, gli guardò lo sfacelo della violenta deflorazione anale, le palle viola di certo dolenti, il viso deformato.
Luana si affrettò a rimettere le sue cose nello zaino, mise dei vestiti normali sopra il completino da dominatrice. Per ultimo liberò il prete dei legacci e del bavaglio. Quello ansimava e rantolava. Rotolò su un fianco e ruzzolò per terra battendo la testa.
Beh, è stato bello rivederla don Pastragno. Ci vediamo all’inferno fra una cinquantina d’anni…
Luca, aspetta, trovò la forza di dire il prete. E lo stivale puntuto e borchiato gli sferrò un calcio secco nei coglioni facendogli perdere il respiro e facendolo contorcere per terra come una larva pungolata da un bastone.
Luana, brutto figlio di puttana. Luca l’hai ammazzato tu. Non c’è più. Mi chiamo Luana.
Il prete a fatica si mise seduto e le disse scusa, certo, scusa, Luana. Luana, è stato bellissimo. Torna da me domani, ti prego.
Luana strabuzzò gli occhi e scosse la testa. Guardò il prete dall’alto in basso, quel prete che la pregava di tornare un altro giorno a violentarlo con un dildo cosparso di pepe di caienna.
Tu sei malato, prete. Più malato di tutti i dannati dell’inferno messi insieme. Mi fai schifo.
E gli allungò un altro calcio nei coglioni che questa volta gli lacerò la pelle dello scroto.
Luana si girò con la voglia di vomitare e uscì in fretta dalla sacrestia. Camminò in fretta fino a Piazzetta Truman con gli occhiali da sole e i capelli biondi nascosti da un cappello di lana. Il taxi la aspettava davanti alla tabaccheria. Il tassista era molto cortese. Le fece delle avances. Lei era stanca. Ma gli lasciò il numero di telefono e gli disse di chiamami uno di questi giorni che ci divertiamo. Non poteva farci niente. Non riusciva a respingere chi la desiderava. Per un istante ebbe la sensazione di non aver punito don Pastragno a sufficienza. Forse sarebbe davvero tornata a tormentarlo. Accese una sigaretta aprendo il finestrino e accese una merit con lo sguardo triste velato dagli occhiali di gucci.
grammaticalmente pessimo........
Ciao Ruben, sei un mito! Hai un modo di scrivere che mi fa eccitare! La penso esattamente come te. Se…
Ti ringrazio, sono felice che ti piacciano. Vedremo cosa penserai dei prossimi episodi, quando si chiuderà anche la sottotrama di…
Davvero molto bello. Piacevole come gli altri e decisamente pregno di sentimenti espressi senza risultare melensi o ripetitivi. D'impatto leggiadro,…
Come ti ho detto, in pochi e poche sanno sa scrivere in maniera così eccitante sia dare un senso ad…