Il paese era arroccato sul cocuzzolo della collina, dove s’erano insediati i primi profughi, venuti dal mare, sfuggiti alle razzie e alle stragi degli invasori. Pur essendo gente rissosa e violenta, sarebbero stati sopraffatti dalle orde che tutto predavano, tutto distruggevano, trucidavano i maschi, rapivano le femmine: le vergini destinate agli harem orientali, le altre, se ancora giovani e piacenti, divenivano le loro donne, se vecchie, ma efficienti, erano assegnate ai lavori domestici.
Erano belle, le loro donne, brune, ricciolute, d’aspetto seducente e di fattezze perfette. Questa, soprattutto, la ragione delle infinite scorribande di cui erano vittime. Ed erano ardenti, appassionate, splendide amanti.
Avevano portato con loro gli usi, i costumi, le consuetudini, qualche animale, pochi semi.
Nel corso degli anni, pur conservando parte del loro idioma, avevano assorbito le abitudini della popolazione locale, avevano osservato attentamente il loro modo di coltivare la terra, di allevare le bestie. Il semi nomadismo s’era trasformato in stanzialità, c’erano stati alcuni matrimoni tra i nuovi giunti e quelli che avevano trovato, ma le caratteristiche principali erano sempre evidenti. Tra di loro parlavano la lingua madre, anche se sempre meno pura, e quello che più persisteva era una serie di consuetudini tribali, tanto che la loro legge interna prevaleva su quella statale.
Durante gli anni trascorsi, alcuni erano scesi dalla collina, cominciando a costruire proprie abitazioni, sempre più lontane dal centro, e coltivando la terra, specie le viti.
***
La masseria Mirta era tra le più belle, appena fuori del boschetto, a poche centinaia di metri dalla carrareccia. Dal nucleo originale s’erano staccati e allontanati i gruppi familiari che andavano costituendosi nel tempo.
Ora vi vivevano Nicola e Maddalena, coi loro due bambini, la madre di Maddalena, Nora, e quando servivano chiamavano dei braccianti giornalieri per farsi aiutare nei lavori, per raccogliere uva e olive.
Poco discosto dall’edificio principale, avevano realizzato un fienile, la stalla col ripostiglio degli attrezzi e di quant’altro serviva nei campi.
S’erano sposati dopo la guerra, al rientro di Nicola dalla prigionia in Germania, dove aveva imparato, abbastanza bene, il tedesco, grazie anche alla confidenza con Gretchen, la prosperosa Verwalterin dell’azienda agricola dov’era stato mandato a lavorare. Lo chiamava Nik, mein lang Nik, lo trattava bene, non gli faceva mancare il cibo, perché lo voleva in forze quel brunetto che sostituiva calorosamente e di buon grado il grasso Peter, troppo preso dai barili di birra, per pensare ai suoi doveri coniugali. Gretchen era insaziabile, desiderosa in ogni momento, dovunque, senza preoccuparsi d’essere eventualmente sorpresa dal marito. Ora lo voleva su di lei, ora lo amava cavalcare freneticamente, con le grosse e bianche tette che si agitavano frementi, e il ventre che sembrava un’ingorda mungitrice. Nicola non capiva quello che gli sussurrava, tra un gemito e l’altro, gut’ sehr gut’ gli porgeva il seno, sauge’, lo incitava, gib’ gib’ gorgogliava, roca, ich komme, ich komme’ ah.. mein gut Nik. Lui ricambiava con ‘fotti’ fotti..’ palpandole voluttuosamente le chiappe sode e imponenti, tra le quali lei spesso desiderava che il giovane riponesse il brando. Quello che non capiva, Nicola, pur giovane e prestante, come quella femmina non fosse mai sazia di sesso, e non tralasciasse occasione per goderne, baciarlo, idolatra del fallo.
Maddalena era bellissima, con un corpo statuario, dalle proporzioni perfette. Ed era ardente. Nacque subito un figlio, Mirko, meno di un anno dalle nozze, e dopo venti mesi l’altro, Giulio. Le cose filavano abbastanza bene. Nicola tornava i Germania ogni stagione, così da sei anni, anche per lunghi periodi, ad dare una mano a Peter, soprattutto nei confronti di Greta che lo aspettava, avida begierig und ungeduldig. Non sentiva, in cuor suo, di tradire la moglie. Era lontano da casa, per un tempo non breve, una femmina gli ci voleva, e questa era ancor giovane, piacente, e più che ben disposta, premurosa. Inoltre, invece di pretendere qualcosa, lo colmava di regali. Soleva chiarire, più che per giustificarsi, che pur se spendeva un po’ d’interessi fuori casa l’importante era di conservare il capitale per la consorte.
***
Quel mattino Nora, la madre, s’era alzata che il sole era sorto da poco. Aveva deciso di andare alla prima messa. Era la vigilia della festa del paese, la Madonna del Carmelo. Col suo passo avrebbe impiegato ben più di un’ora per raggiungere la chiesa madre.
Maddalena aveva riposato poco e male. Un po’ il caldo, ma prima di tutto una smania irrefrenabile che l’agitava, la turbava. S’era anche tolta la leggera camicia da notte, ma seguitava a voltarsi e rivoltarsi, passandosi le mani sul corpo, sul seno, sul ventre inquieto, soffermandosi tra le gambe, carezzandosi, sempre più vogliosa e insoddisfatta.
Aveva sentito la madre che s’aggirava nel cucinone, al piano terreno, infilò di nuovo la corta camicia e scese.
‘Com’è, ma’, già in piedi?’
‘Si, vado alla messa.’
Era già pronta, salutò la figlia e uscì.’
Maddalena prese un bicchiere d’acqua dalla ‘quacquarella’ di coccio, e bevve un lungo sorso. L’acque era fresca, le dette un senso di ristoro. Andò a sedere fuori, sulla vecchia sedia impagliata.
Nora aveva raggiunto il viottolo nel bosco. Percorreva la scorciatoia, senza fare il giro lungo per raggiungere la strada comunale. Dopo qualche minuto scorse un uomo che veniva verso di lei.
‘Salute, Giorgetto, come mai da queste parti. Oggi è festa.’
‘Ho lasciato qualche lavoro da finire, e ne profitto presto così sarò libero nel pomeriggio e potrò partecipare al palo della cuccagna. Speriamo di vincere qualche cosa. E voi dove andate?’
‘A messa. Già comincia a far caldo, però. Il ritorno sarà duro.’
‘Buona messa.’
Giorgetto era un omone, tra i quaranta e i cinquanta, con una forza eccezionale. Atletico, tutto muscoli, quasi li avesse curati con sapienti allenamenti. I suoi esercizi consistevano nei lavori che andava facendo nei campi e nelle stalle. Era molto richiesto e apprezzato, per la sua laboriosità, la sua giovialità. Viveva con la madre, non aveva mai deciso di formarsi una famiglia. Molti massari lo avevano adocchiato per le loro figlie, ma lui preferiva la liberà, non voleva, in ogni caso, ‘vendersi’ al padre di un’eventuale moglie.
Maddalena rientrò in casa. Visto che c’era tempo, e i bambini ancora dormivano, poteva rassettare i vari vasi che stavano sulle scansie. Prese una scala di legno, a forbice, la portò dinanzi al camino spento, l’aprì. Vi salì. La corta camicia, abbastanza trasparente, saliva ben sopra il ginocchio quando alzava le braccia per muovere i recipienti, aprirli accertarsi del contenuto, spolverarli, rimetterli al loro posto o prepararli per portarli giu.
Quando prese un piccolo orcio, con i carciofi sotto olio, e s’apprestò a scendere s’accorse che, appoggiato alla scala, stava Giorgetto, a bocca aperta, con gli occhi incantati che la frugavano sotto la camicia, tra il bianco rosa delle gambe, delle natiche, e l’ombra conturbante che le avvolgeva il pube.
Maddalena restò immobile, col recipiente tra le mani, e fu percorsa da un’agitazione che avrebbe voluto fosse di disappunto, ma non era così.
Giorgetto tese una mano.
‘Dammi il vaso, così scendi meglio.’
La donna si chinò per porgerglielo e gli mostrò il seno fiorente, turgido, bianco e rosa, con le procaci ciliegine dei capezzoli.
Giorgetto mise l’orciuolo sulla tavola, si voltò verso Maddalena, tese la mano per aiutarla. Quando fu a terra, con mano ferma e delicata, le accarezzò il seno. Lei restò impietrita. S’infilò nella scollatura, titillò la rossa turgida ciliegina. Con l’altra mano sollevò la camicia, la carezzò tra le gambe. Con gesti sempre delicati ma risoluti, le tolse l’indumento, lo stese per terra, vi adagiò la donna, che sembrava in trance, ma palpitante, si denudò lestamente, senza fretta, le allargò le gambe, si chinò su lei, la penetrò lentamente, fino a quanto lo poté ricevere, fremente, avvinghiandogli le gambe sul dorso. Un amplesso lungo, intenso, vigoroso e non violento, sapiente, esperto, appagante. Quando capì che lei stava raggiungendo l’acme
del piacere la condusse a sensazioni deliziose, sconosciute, finché il totale rilassamento di lei, l’abbandono, dopo i palpiti appassionati e voluttuosi, non gli dissero che Maddalena aveva deliziosamente goduto ciò che aveva concupito nell’insonnia della notte.
S’inginocchiò, prese a baciarla. Sugli occhi, sulla bocca, sulla gola, sul seno, sul piccolo ombelico, più giù, fino ai piccoli piedini.
Maddalena ebbe un brivido, cominciava a rendersi conto di quanto era accaduto, e con chi, ma non riusciva a sentire alcun senso di colpa. La sua arsura era stata placata. Rimase immobile, cogli occhi al soffitto, mentre Giorgetto si rivestiva, cercando nella di capire come era potuto accadere. Era successo!
Nelle viscere della terra c’è sempre qualcosa che ribolle, tumultua, la fa tremare, fremere, e quando le forze della natura si scatenano, nulla le può fermare, procedono lungo la loro strada, irrefrenabili, travolgendo tutto e tutti, fino al momento in cui iniziano a sedarsi, raffreddarsi, raggiungere la quiete, tanto da pietrificarsi, solo esternamente. L’interno è tutto un fuoco.
Giorgetto la lasciò così, prese l’uscio e tornò sui suoi passi, verso casa, dove viveva con la madre.
Maddalena si mise a sedere, poggiò la testa sulle ginocchia, cingendo le gambe con le braccia. Era nuda, scarmigliata. Appagata ma non tranquilla. I bambini potevano essere scesi da un momento all’altro, qualcuno, sia pure in quella strana ora, avrebbe potuto vederli dalla porta che era rimasta aperta. I suoi figli avrebbero sorpresa la madre mentre s’accoppiava con un forestiero, con Giorgione, come lo chiamavano. Scosse la testa, s’alzò, raccolse la camicia, intrisa di sudore e d’altro, salì lentamente le scale, come ebbra, andò a gettarsi su letto, così.
Non sapeva dire quanto tempo era trascorso.
Dalla camera adiacente giunse la voce del più grande, Mirko.
‘Mammaaaa..’
‘Vengo subito.’
Indossò una vestaglia, com’era, andò dal bambino che la chiamava.
***
Giorno dell’Assunta. D’estate, nei paesi, si festeggia, profittando del bel tempo e delle lunghe giornate. Da quel quindici luglio, Giorgetto non era più tornato a lavorare alla masseria Mirta. Aveva fatto sapere che non stava bene. Mamma Nora non sembrava persuasa delle ragioni addotte dall’uomo. Lui godeva una salute di ferro, e gli sembrava anche di averlo visto in un campo non lontano dalla loro casa. Aveva cercato di sapere dalla figlia se era accaduto alcunché il giorno che lei era andata alla prima messa, se avessero avuto a che dire. Maddalena aveva risposto a monosillabi. Disse che Giorgetto era arrivato poco dopo che lei, la mamma, era uscita, aveva fatto qualche lavoretto, ed era andato via dicendo di non stare bene. Nora guardava la figlia, ed era certa che le nascondesse qualcosa. La giovane cercava di eludere l’argomento. La prima volta era anche visibilmente diventata rossa. Da qualche giorno appariva anche pensierosa, come preoccupata.
Lo era, e in che modo! La mestruazione era in notevole ritardo. E lei era sempre stata un orologio, in materia.
Nora decise che doveva parlare a Giorgetto, e tanto fece che riuscì a incontrarlo, di li a qualche giorno, mentre lui camminava lungo il viottolo boscoso.
‘Come mai non ti fai più vedere? Non mi sembra che tu stia male, come dici.’
‘Meglio così, ho pensato che venire a casa vostra quando non c’è Nicolino potrebbe far nascere pettegolezzi, sapete com’è la gente.’
‘Ma tu eri con gli altri, e quelli ancora vengono a lavorare da noi, come ti fai certe idee, certi scrupoli.’
Lo scrutava, indagatrice.
Giorgetto scuoteva la testa.
‘Credete a me, meglio così. Scusate ma devo sbrigarmi, sono in ritardo. Salute.’
Si allontanò accelerando l’andatura.
Dunque, pensò Nora, c’era stato qualcosa tra Maddalena e quell’uomo. Ma cosa?
In paese, intanto, non era sfuggito che Giorgetto aveva improvvisamente abbandonato il lavoro alla masseria Mirta. Gliene avevano chiesto le ragioni. Lui era stato evasivo, ed aveva finito col domandare perché non si facevano i ca’ loro!
Così, alcuni pettegolarono che Giorgetto ci aveva provato e lei non c’era stata, altri che, invece, la tresca c’era, solo che riuscivano a mantenerla segreta. Certo che Nicolino, brav’uomo, cosa andava a fare in Germania, e per tanto tempo, visto che i soldi non gli mancavano? Lasciare sola, così a lungo, una bella donna, giovane e affascinante come Maddalena, significa proprio andare a cercarsele le corna!
***
Erano i principi di ottobre.
Nicola tornava a casa.
Trovò tutto in ordine e la solita calorosa accoglienza dei figli e della moglie. I loro rapporti ripresero, appassionati, come sempre. Maddalena, però, di tanto in tanto si rabbuiava e diveniva silenziosa. Rimuginava il pensiero che la tormentava.
Era incinta! Da oltre due mesi. Questa creatura sarebbe nata ai primi di aprile, mentre se fosse stata di Nicola non avrebbe potuto vedere la luce che a fine giugno!
Nicola aveva domandato a Nicola la ragione della sua improvvisa defezione, non rimase soddisfatto delle risposte, vaghe, evasive.
Chiese agli amici se loro ne sapessero qualcosa. Dapprima si schernirono, una sera, dopo un’abbondante libagione a casa di Domenico, uno gli disse che, forse, doveva chiedere alla moglie il motivo per cui Giorgetto non era andato più a lavorare. Ridendo grasso, aveva soggiunto, che si riferiva a lavorare i campi’
L’atavica diffidenza della sua gente, s’impadronì di Nicola.
Cosa aveva voluto intendere con quell’insistere sul lavoro nei campi? Non è che voleva insinuare che Giorgetto s’era lavorato Maddalena?
A casa, quando tutti erano andati a dormire, e si trovavano, soli, nella loro camera, Nicola decise di affrontare la questione. Con calma, possibilmente.
‘Maddalé, non è che Giorgetto ti ha mancato di rispetto, o ha cercato farlo?’
‘Ma che dici?’
Era impallidita, però, con le labbra esangui e stirate.
‘Sei certa?’
‘E come? Non sono certa? E che, non avrei saputo metterlo a posto se si fosse azzardato solo di uno sguardo meno che corretto?’
‘Mah!’
Nicola scosse il capo, si spogliò, andò a letto ripromettendosi che si sarebbe subito messo a dormire. Quando Maddalena gli fu accanto, ne sentì il profumo, il tepore, e la gelosia si trasformò in travolgente desiderio di lei. La sentì tanto sua che quasi si pentì di averle fatto quel discorso.
***
Maddalena giaceva per terra, si torceva per il dolore, era evidente che avesse vomitato.
Nicola, appena tornato dal fienile, si spaventò. Non sapeva cosa fare, attaccò il calesse, la sdraiò con attenzione, sì avviò al paese, al galoppo. Il medico disse che bisognava subito portarla in ospedale, a circa trenta chilometri. Si cercò un’auto. Il tempo trascorreva, Maddalena non si riprendeva, si lamentava, diveniva sempre più pallida.
Le fecero subito la lavanda gastrica, la ricoverarono
L’indomani morì.
Il direttore sanitario, inteso il medico di servizio al pronto soccorso, disse di conservare quanto era uscito dallo stomaco e informò il Magistrato che sarebbe stata opportuna l’autopsia, perché Maddalena era morta avvelenata.
La necroscopia e l’esame del liquido, confermò tracce evidenti di solfato di rame (Cu SO4.5 H2 O) in percentuale da determinare con successivo approfondimento sui visceri. La donna era gravida, il frutto del concepimento era di circa 10 o 12 settimane.
Nicola si aggirava nell’ospedale, senza comprendere bene cosa stesse accadendo.
Il Magistrato dispose che i Carabinieri indagassero sull’uomo, sui suoi precedenti, sulla vita dei due coniugi. Non dette ancora l’autorizzazione alla tumulazione.
Il sintetico rapporto dell’Arma, descriveva Nicola come un elemento senza precedenti penali, di buona condotta, e non risultavano dissapori noti tra i coniugi. La madre di Maddalena, distrutta dal dolore, aveva detto che solo i consueti bisticci di coppia. Per il resto nulla da rilevare. Tra i conoscenti, s’era raccolta qualche voce che si riferiva alle periodiche assenze di Nicola, quando andava in Germania lasciando sola la giovane moglie. Nulla di certo, solo supposizioni, illazioni, ma era sembrato strano che Giorgetto avesse improvvisamente lasciato il lavoro nella masseria Mirta, proprio quando Nicola era all’estero.
Giorgetto, interrogato in proposito, ribadì che s’era allontanato solo per motivi di salute. Il maresciallo, sapendo che era andato a lavorare immediatamente presso altri, in attività più pesanti, non fu convinto dalle giustificazioni dell’uomo e lo tempestò di domande che sembravano strane, ma erano perfettamente mirate, tanto che, alla fine, Giorgetto ammise, a malincuore e dopo che il maresciallo aveva promesso di tenere la notizia solo per sé, che, si, c’era stata qualcosa, ma solo una volta, e lui ne era pentito e aveva lasciato quel lavoro proprio per evitare il peggio.
Tirare le conclusioni non fu difficile.
Maddalena aveva concepito durante l’assenza del marito, questi, venutone a conoscenza ‘non si era riusciti a sapere come, ma interrogandolo, forse, si sarebbe accertato- ha avvelenato la moglie. Si temeva, dati gli usi tribali di quella gente, che Giorgetto fosse in pericolo.
Il Magistrato ordinò l’arresto di Nicola, con l’accusa di uxoricidio premeditato e aggravato.
Nicola disse alla suocera di avvisare l’avvocato Carnevale, e senza sollevare obiezioni, prese una sacca con qualche indumento e seguì i carabinieri. Non gli era molto chiara la ragione di quell’arresto, Cosa c’entrava, lui, con la morte della povera Maddalena? Erano certi che, come gli avevano detto, si era trattato di veleno?
‘Non ci capisco niente, signor giudice.’
‘Tra voi e vostra moglie, andava tutto bene?’
‘Ogni tanto non andavamo d’accordo su qualche cosa, ma veri e propri litigi non ci sono mai stati.’
‘Scusate, ma devo fare anche delle domande particolari.’
‘Fate pure.’
‘Sapevate che vostra moglie era incinta?’
‘No, non me lo aveva detto, ma forse non lo sapeva neanche lei, perché non è molto che io sono tornato.’
‘Avete avuto rapporti sessuali, con lei, dopo il vostro ritorno?’
‘Certo. Era mia moglie.’
‘E voi, precisamente, quando siete tornato?’
‘Domani fanno tre settimane.’
Il Magistrato rimase in silenzio, a testa bassa. Nicola lo guardava, preoccupato.
Dopo un po’, il giudice si decise.
‘Vostra moglie era incinta di tre mesi.’
Nicola sembrò essere stato colpito da una mazzata. Gli si gonfiarono le vene delle tempie e del collo, era livido. Deglutì a fatica, si afferrò al bordo della scrivania.
‘Siete sicuro, signor giudice?’
La sua voce era roca, soffocata.
‘Si, l’embrione lo testimonia.’
Nicola si prese la testa tra le mani. Nella mente si accavallavano mille pensieri. Quando gli era stato detto’ Allora quella insinuazione su Giorgetto’ Ma no, non poteva essere vero. Maddalena non poteva aver fatto una simile infamia. Quando era tornato lo aveva accolto con l’entusiastica passione di sempre’
Il Magistrato attese qualche minuto.
‘Cercate di riprendervi. Non immaginate chi possa essere il responsabile di questa gravidanza?’
Nicola scosse la testa. Distrutto, annientato, improvvisamente invecchiato.
Il giudice proseguì.
‘E’ stata raccolta qualche voce, non confermata”
‘Su chi?’
‘Nulla di certo, almeno fino a questo momento. Ma voi comprendete, il marito torna, trova la moglie gravida, la avvelena. Nel vostro magazzino, i Carabinieri hanno rinvenuto confezioni di solfato di rame ed erogatori.’
‘Per forza, lo usiamo per le viti.’
‘Allora? Avete ucciso vostra moglie?’
‘E non ho ammazzato lui?’
‘Ma non sapete chi é.’
‘E non me lo facevo confessare da lei, prima di toglierla di mezzo? Anche se dovevo torturarla, suppliziarla? E usavo il veleno e non il coltello? Non la strozzavo con le mie stesse mani? Signor giudice, sapendo una cosa del genere avrei fatto una strage”
‘Il veleno può sfuggire alle indagini.’
‘E correvo dal medico?’
‘Proprio per allontanare i sospetti.’
‘E mia moglie beveva il veleno, zitta zitta?’
‘Potevate dirle che era sale inglese, che serviva per liberarla da qualche imbarazzo viscerale”
‘Pensate quello che credete, che volete”
‘Quello che risulta dalle indagini. Avete un avvocato?’
‘Si, l’avvocato Carnevale.’
‘Bene, lo avvertiremo. Per ora potete tornare in cella.’
La porta si aprì, vennero i carabinieri che lo avevano accompagnato.
‘Potete riportarlo in carcere. Buongiorno.’
Nicola si alzò, barcollando, si avviò all’uscita.
***
L’arresto di Nicola era l’argomento del giorno. Se ne parlava dovunque, dalla casa del parroco ai crocchi dinanzi alle case, all’osteria. Malgrado la segretezza dei documenti giudiziari e delle indagini, qualcosa era trapelata. Maddalena era ‘prena’ e non del marito, lui aveva detto di non saperlo, altrimenti avrebbe fatto una strage. Una strage non significava ammazzare una sola persona. Certo per Giorgetto erano cacchi acidi. Meno male che Nicola era in galera, e chissà per quanto tempo ci sarebbe restato.
Maddalena era stata ammazzata col veleno che si dava alle viti. Chissà come aveva fatto, Nicola, a farglielo bere. Certo, l’aveva immobilizzata, le aveva aperto la bocca, e giù, con l’imbuto. Sul corpo della vittima, però, a quanto s’era saputo, non erano state rintracciate tracce di violenza. Mah!
Nanninella, la mammana, ascoltava tutto, senza dire parola. Aveva giurato a Maddalena, sulla testa dei suoi figli, che non ne avrebbe parlato con nessuno.
‘Vedi, Nanniné, non è che ci sia nulla in calendario, ma se dovesse capitarmi di aspettare un altro figlio sarebbe un bel guaio, con Nicola che ogni tanto deve andare in Germania. Se dovessi accorgermi di essere incinta, si può fare qualche cosa?’
‘Tu vieni da me e vediamo che si può fare, ma non far passare troppo tempo da quando te ne accorgi.’
‘Ma ho sentito che non c’è bisogno di’ come dire’ di metterci le mani’ ci sono anche delle bevande che ti fanno liberare di tutto.’
‘Poi vediamo.’
‘Ma tu, nel caso, te le puoi procurare queste pozioni?’
‘Se e quando sarà, si può provare col solfato di rame.’
‘Quello per l’una?’
‘Si, proprio quello, ma bisogna starci molto attente, si può pure morire. Tu, Maddalé, statti attenta con Nicola, la cosa meglio è di non rimanere gravida.’
‘Eh, si fa presto a dirlo, poi quando si è là’ non è come una carretta che tirala martellina e si ferma”
‘Va buo’, ma stacci accorta.’
‘Grazie, Nanniné, giurami che non ne parlerai con nessuno, se lo viene a sapere Nicola m’accide!’
‘Va tranquilla.’
‘No, me lo devi giurare.’
‘Te lo giuro”
‘A nessuno.’
‘A nessuno, abbi pace.’
Ora quel discorso le tornava in mente. Da quello che si diceva, Maddalena era già gravida quando andò a parlarle. Non poteva darsi pace. Doveva chiedere consiglio.
L’indomani andò in chiesa, quando non c’era nessuno. Don Giacinto stava in sagrestia.
‘Permettete Don Giacinto? Buongiorno.’
‘Entra, Nanninella, entra. Buongiorno.’
‘Mi vorrei confessare, Don Giacì.’
‘Avviati, che vengo subito.’
Assicuratasi del vincolo della confessione, Nanninella gli raccontò tutto, e gli manifestò il timore che Maddalena non avesse saputo dosare il solfato. Il sacerdote rimase molto turbato. Disse che si doveva raccontare tutto al giudice.
‘Ma io finisco in galera.’
‘Fammi parlare con l’avvocato Carnevale, l’avvocato di Nicola. Farò in modo che non riesca ad identificarti. Gli dirò i fatti, non le persone.’
Nanninella si fece il segno della croce, sospirò profondamente, s’alzò, si diresse verso l’uscita, dubbiosa se avesse fatto bene a confessarsi.
Carnevale escluse che l’aver detto che qualcuna tentava di provocare l’aborto ingerendo del solfato di rame costituisse reato. Se non aveva fornito il preparato e non lo aveva nemmeno consigliato, non le si poteva attribuire alcuna responsabilità. Comunque, avrebbe cautamente sondato il pensiero del magistrato.
Il giudice Luparini lo ascoltò con attenzione. Osservò che questo non provava l’estraneità del marito nell’avvelenamento, non rimuoveva il movente, comunque ci voleva pensare, anche perché l’eventuale richiesta di proscioglimento per non aver commesso il fatto era di competenza di altri. In ogni caso, sarebbe stata necessaria una deposizione della donna che aveva parlato col prete. Lui, intanto, si sarebbe informato se, tra quelle genti, era conosciuto l’uso del solfato di rame per fini abortivi. Carnevale lo ringraziò e gli assicurò che anche lui, da parte sua, avrebbe fatto delle ricerche in merito. E fu fortunato, perché il medico condotto frugò tra i suoi libri e trovò un vecchio manuale sul soccorso agli avvelenati, in cui, alla voce solfato di rame si dettavano interventi d’urgenza e si diceva che tra gli avvelenamenti involontari bisognava citare anche il caso di quelle donne che, intendendo abortire, aveva ingurgitato solfato di rame in misura letale. Ciò era in uso, continuava il libro, specie tra le popolazioni di certe zone. Tra queste veniva indicata quella dove loro vivevano.
Nanninella confermò al magistrato ogni particolare, firmò il verbale, con mano tremante, e sgusciò dal tribunale cercando di non farsi riconoscere dai passanti.
Nicola fu scarcerato il giorno dopo. Gli restituirono i documenti che avevano sequestrato. Andò direttamente allo studio dell’avvocato.
‘Avvoca’, voglio allontanarmi per qualche giorno, quando torno vi pagherò, ma non finirò mai di ringraziarvi. Ho pensato che a garanzia vi firmo una cambiale.’
‘Ho fatto il mio dovere, Nico’, va dove devi andare. Non voglio che firmi nulla. Ti aspetto al ritorno. Starai fuori parecchio?’
‘No, forse una settimana.’
‘Buon viaggio e arrivederci.’
‘Grazie ancora. Arrivederci.’
Con la testa bassa, s’avviò verso la corriera che lo avrebbe portato vicino casa. Non vi avrebbe trovato nessuno. La suocera e i ragazzi erano andati da una parente.
Raccolse poche cose nella vecchia valigia, prese il danaro che aveva nascosto nel luogo che conosceva solo lui, e andò alla strada provinciale, ad aspettare di nuovo il pullman, questa volta diretto al grosso paese che affacciava sul mare. Di là, ancora con l’autolinea, si diresse a sud, fino alla città, poi prese il treno, cambiò due volte, e giunse dove erano dei suoi parenti, anche essi discendenti di profughi della sua stessa etnia, ma insediatosi in altra zona.
Fu accolto con affetto e ospitalità. Raccontò le sue vicende, calmo, senza apparente emozione. Chiese consiglio, ascoltò attentamente il parere dei più anziani. Convenne con loro sul da farsi, come farsi, quando farsi. Chiese e ottenne un consistente prestito, serviva per l’avvocato e per tante altre cose. Ne doveva lasciare un po’ anche alla suocera. Due procugini sarebbero andati a curare i suoi interessi, durante la sua assenza. Fecero insieme il viaggio di ritorno.
Pagato l’onorario all’avvocato, Nicola decise di andare in Germania. Aveva delle proposte da fare a Peter. Ormai non era più un loro dipendente saltuario, ma una specie di socio parziale. Si scambiavano pareri sul come coltivare, cosa produrre, dove vendere. Cercavano di organizzare le cose in modo da essere complementari. Nicola era convinto che Peter sapesse della sua relazione con Gretchen e che quasi gliene fosse grato. Ogni tanto gli batteva la grossa mano sulla spalla, gli porgeva un boccale di birra e lo invitava a brindare, prosit!, alla loro freundlich intesa.
Peter si dichiarò dispiaciuto per la perdita di Maddalena e per le vicissitudini di Nicola. Gretchen, al momento opportuno, cercò di dimostrargli la sua solidarietà così come lei la intendeva.
La coppia tedesca accolse con interesse l’idea di Nicola di realizzare una piccola società agricolo-commerciale che curasse produzione e vendita delle due piccole aziende. Il giorno dopo Nicola sarebbe andato al Consolato italiano, a chiedere informazioni in merito, e Peter avrebbe fatto la stessa cosa con la sua organizzazione imprenditoriale.
Un paio di giorni dopo, una lettera espresso della suocera lo informava di un efferato omicidio consumato al loro paese, a danno di Giorgetto. Era stato trovato in fondo a un pozzo secco, con la gola tagliata, nudo, e con i genitali conficcatigli in bocca.
Nicola lo raccontò a Peter e Gtretchen, dicendosi stupito e inorridito.
L’indomani ripartì per l’Italia, promettendo a Peter e Gretchen che presto li avrebbe invitati a visitare la sua terra. Peter disse che ci avrebbe pensato. Gretchen era entusiasta, era pronta a muoversi.
Durante il lungo viaggio di ritorno, tornò col pensiero agli eventi che s’erano succeduti. Li riviveva come in una pellicola piena di imprevisti, di suspense, in un intreccio che aveva del romanzesco, ripercorrendo il percorso, la trama che aveva ideato, costruendola pezzo per pezzo.
Quella mattina era tornato dal paese, serio in volto, ma calmo, freddo. Maddalena stava finendo di preparare il pranzo.
‘Siediti, Maddale’. Ti devo parlare.’
La donna lo guardò. Il volto del marito non esprimeva inquietudine, irritazione, collera. Era pensieroso, questo si, ma gli capitava spesso. Gli si sedette di fronte, dall’altra parte del tavolo.
‘Che c’è?’
‘E’ una cosa seria. Ascoltami bene, non m’interrompere. Quando avrò finito mi risponderai. Sono calmo, lo vedi. Ma non mi è facile. Ho sentito tante chiacchiere, ho veduto come ti comporti, i tuoi improvvisi pallori, la tua tristezza, il tuo aspetto a volte impaurito, quasi terrorizzato. Ho ripensato allo strano modo di agire di qualcuno. Non farmi dire di chi. Ne ho tratto una prima conclusione. Maddale’, tu sei gravida, e non di me.’
La donna balzò in piedi, sconvolta.
‘Siedi, Maddale’, lo vedi che ci ho azzeccato in pieno? Lasciami finire. Le strade che mi si presentano sono due. Scanno e te e il tuo amante, ammetto dinanzi a tutti che la madre dei miei figli è una puttana, li marchio per sempre, finisco in galera. O cerchiamo di porvi riparo, silenziosamente, senza che nessuno se ne accorga, e presto tutto sarà dimenticato. Ma devi liberarti di questo bastardo che hai in pancia. Tutto, poi, seguiterà come prima. Adesso parla, e dimmi come è stato. La verità, Maddale’, senza cercare di imbrogliarmi, altrimenti scoppio come una delle mine che hanno tolto dai nostri campi. Forza.’
Maddalena era mortalmente pallida e nello stesso tempo incredula del come il marito stava comportandosi. Per un istante pesò di negare, poi pensò di dire come erano andate le cose, riversando, però, la responsabilità di tutto su Giorgetto. In ogni caso, non lo avrebbe nominato.
La voce era roca, quasi incomprensibile. Si torceva le mani, guardava per terra.
Raccontò cosa era accaduto, accomodandolo un po’ a suo favore. Faceva caldo, era in camicia, era festa, la madre era uscita, non aspettava nessuno, la porta era aperta, di mattino, molto presto, ma già faceva caldo. Non lo aveva sentito entrare, era sulla scala. Si, solo con la corta camiciola. Lui la ghermì, appena scesa dalla scala, la immobilizzò, la violentò, malgrado lei si ribellasse pur senza urlare per non svegliare i bambini, e tanto non l’avrebbe potuta aiutare nessuno. Era stata una cosa nauseante, dolorosa, schifosa. Lui scappò subito via e lei vomitò anche l’anima. Si sentiva insudiciata, infangata, disonorata. Aveva pianto, a lungo, in silenzio. Da allora era pensierosa, si, triste, con l’incubo che le torturava le viscere. Ma amava sempre il marito e, malgrado l’accaduto, glielo aveva dimostrato. Si, doveva liberarsi del bambino, sarebbe andata a chiedere consiglio alla comare.
Nicola ricordava esattamente che aveva detto di andarci presto.
Quando la moglie tornò, dopo l’incontro con Nanninella, ascoltò attentamente.
‘Va bene, proverai con quello che ti ha detto la mammana. Il solfato di rame c’è: Quanto ha detto che ne serve?’
‘Poco, perché è molto velenoso, ci si può lasciare la pelle.’
‘Lo prenderai domani.’
Maddalena lo guardava, incredula. Quella calma la preoccupava. O forse Nicola aveva creduto a tutto quello che lei aveva raccontato e desiderava veramente mettere tutto a tacere.
Dormirono insieme. Lui, però, non la sfiorò nemmeno. Era comprensibile.
Il mattino successivo Nicola si svegliò presto. Chiamò la moglie.
‘Maddale’, io vado a preparare la medicina, tu vestiti e scendi. La devi prendere prima che io esca.’
Andò nel ripostiglio, prese un bicchiere, vi mise una più che abbondate dose di solfato, vi aggiunse acqua, girò bene perché si sciogliesse, la zuccherò col miele, molto miele, tornò in cucina.
Maddalena era vicino al tavolo.
‘Ho preparato tutto. C’è anche il miele. Non credo che sia di sapore gradevole. Fai uno sforzo e devilo d’un sorso, tutto altrimenti una parte di deposita sul fondo e dobbiamo aggiungere acqua.’
La donna prese il bicchiere, respirò, mandò fuori l’aria dai polmoni e bevve come le aveva detto il marito. Era un intruglio disgustoso.
Nicola uscì, dicendo di andare in paese. S’avviò piano verso i campi, bighellonò, sedette su un tronco abbattuto, restò così, a lungo, con la testa che gli scoppiava.
Quando tornò, trovò la moglie per terra.
Il treno che riportava a casa correva nella campagna, dopo aver superato la lunga galleria ferroviaria.
Seguitò a ripercorrere quello che aveva fatto.
Anche i cugini avevano ammesso che Giorgetto non poteva passarla liscia. Ci avrebbero pensato loro, secondo la legge della loro gente. Nicola, però, doveva andare lontano, in un posto dove altri ne avrebbero potuto testimoniare la presenza. Anzi, un certo giorno era bene recarsi presso le autorità consolari italiane e, in un modo o nell’altro, far notare la data e l’ora al funzionario che lo avrebbe ricevuto. Loro, i cugini, quelli che erano incaricato di curare la masseria durante il viaggio di Nicola, si sarebbero trattenuti al circolo l’intera notte, giocando e perdendo qualche cosa, mentre altri avrebbero dato la giusta punizione a quell’infame che s’era permesso di molestare la donna.
Il treno seguitava a correre.
No, non avrebbe toccato nulla in casa. Avrebbe aiutato la suocera a vivere dalla sorella e a tenersi i bambini. Lui li avrebbe visto il più spesso possibile. E quando Gretchen andava a trovarlo, li avrebbe ospitati. Gretchen li avrebbe trattati benissimo. Di sicuro.
Altrimenti’.
grammaticalmente pessimo........
Ciao Ruben, sei un mito! Hai un modo di scrivere che mi fa eccitare! La penso esattamente come te. Se…
Ti ringrazio, sono felice che ti piacciano. Vedremo cosa penserai dei prossimi episodi, quando si chiuderà anche la sottotrama di…
Davvero molto bello. Piacevole come gli altri e decisamente pregno di sentimenti espressi senza risultare melensi o ripetitivi. D'impatto leggiadro,…
Come ti ho detto, in pochi e poche sanno sa scrivere in maniera così eccitante sia dare un senso ad…