Entriamo da Gucci, ci accoglie il direttore di sala che ci chiede di cosa abbiamo bisogno con la tipica untuosa gentilezza di questi papaveri griffati, Marta gli risponde che vuole dare un’occhiata in giro. Vaga per lo show room ma sembra che la sua attenzione sia rivolta più al personale che si aggira indaffarato per la sala che non ai prodotti, vede una commessa e le si avvicina per chiedere qualcosa riguardo una costosa borsa che campeggia in uno scaffale. La commessa è una bella ragazza mora, capelli ricci, carnagione scura, con un viso ampio e solare e un sorriso smagliante di denti perfetti e bianchissimi, dalla targhetta spillata sulla giacca del tailleur leggo che si chiama Sara.
Marta si intrattiene a lungo con la ragazza che con pazienza e cortesia le mostra il campionario del negozio. C’è qualcosa negli occhi di Marta che non misfugge, qualcosa di diverso che nulla ha a che fare con la donna viziosa, acida e snob che conosco. Terminati gli acquisti stacca un altro assegno da 6000 euro e si reca dal direttore di sala per complimentarsi per la competenza e la professionalità della ragazza. Conoscendo Marta rimango esterrefatto, Sara è emozionata e anche un po’ perplessa, i nostri sguardi per un attimo si incontrano e Sara mi guarda quasi schifata, penso che creda che io sia il giovane mantenuto della signora, come faccio a dirle che sto solo lavorando?
Quando usciamo siamo carichi di buste e bustone, ci avviamo verso la macchina, Marta cammina lentamente, deve avere la testa altrove. In auto vedo dallo specchietto che ha ora indossato dei grandi occhiali da sole da cui sotto stanno sbucando delle grosse lacrime e la smorfia di chi lotta per trattenere il pianto. Non so cosa l’abbia turbata, ma una rotellina comincia a girare nell mia testa, solo una rotellina però.
Tornati in albergo mi chiede di seguirla in camera, in ascensore si toglie gli occhiali mostrando due occhi di una tristezza infinita che evitano accuratamente di guardarmi e il trucco completamente sfatto.
Arrivati in camera neanche il tempo di chiudere la porta e mi si butta braccia al collo in un pianto dirotto e disperato.
Sono colpito e imbarazzato ma non posso negarle la spalla su cui piangere, Marta mi strige forte fino a farmi male disperandosi, non ho mai visto nessuno piangere così disperatamente e meno che mai sulla mia camicia che sento bagnarsi di lacrime facendomi toccare con mano l’incommensurabilità di quel dolore infinito. Cerca di balbettare qualcosa tra i singhiozzi, mi sembra di capire
‘Fa tanto male’, cerco di consolarla ‘Cosa fa tanto male?’ le chiedo io carezzandole il capo ‘Fa tanto male, Davide! Non immagini quanto…’ replica lei tra i singhiozzi. Le afferro delicatamente il mento per dirigere il suo sguardo verso di me ‘Cosa fa tanto male, Marta?’ mi guarda fisso negliocchi ‘ non lo saprà mai…’ ed esplode nuovamente in quel pianto struggente ‘Cosa non saprà mai, Marta? Sfogati pure, a me puoi dirlo’ la rassicuro io, sembra che si stia calmando e i singhiozzi si stanno diradando, quindi prende coraggio e dice ‘Non lo saprà mai che oggi ha avuto davanti a se la sua mamma’. Era come immaginavo quindi, la commessa di Gucci, Sara, era sua figlia. Una figlia alla quale dovette rinunciare chissà per chi o per cosa, l’uomo al ristorante era un investigatore privato che le ha portato le prove sull’identità della ragazza.
‘Sapessi quanta voglia ho avuto di abbracciarala e di tenerla stretta al mio seno’ Riprende a piangere, ci sediamo sul letto e le afferro la testa asciugandole le lecrime con i pollici e dandole un bacio sulla fronte ‘Ora calmati’ le chiedoio con voce rassicurante. Mi guarda a lungo fisso negli occhi, le nostre labbra si sfiorano fino a diventare un bacio caldo e sincero. Le bacio il viso e il collo mentre inizia a spogliarsi, poco dopo è sdraiata sul letto sensuale e tremante. Io a spogliarmi ci metto un attimo e mi getto su di lei come un animale sulla preda, la desidero, anzi ora la voglio, la bacio in bocca, sul collo, sui seni che come un affamato vorrei mangiare, quindi con la lingua scendo sull’ombelico che succhio e aspiro ma mi guardo bene dall’arrivare subito al suo ventre, voglio portare il suo desiderio di me al parossismo. Scendo con la lingua percorrendo tutta la lunghezza della gamba, arrivo su uno dei suoi piedini smaltati che che prendo a baciare e a leccare, risalgo lungo l’altra gamba e mi tuffo col viso sulla sua vagina. La bacio come fosse una bocca, vi affondo dentro la lingua, succhio il clitoride e mordo le labbra vogliose. Marta geme e si contorce torturandosi i capezzoli con le dita, scuote nervosamente la testa inarcando la schiena come per offrirsi meglio, poi le sue cosce si stringono sulla mia testa e quattro violenti sussulti mi dicono che ha avuto un primo dirompente orgasmo.
Ma ora la mia eccitazione è all’apice, le apro le gambe e mi affondo su di lei, dentro di lei col mio cazzo durissimo che sprofonda nel suo sesso morbido e caldo ‘Si…si…Davide fammi tua! Fammi tua!’ sussurra Marta travolta dal delirio dei sensi. Spingo il bacino con ritmo lento e forte per penetrarla fino in fondo come se volessi arrivare al suo cuore. Marta fa lo stesso in contro tempo, con i muscoli pelvici della sua vagina che stringono ritmicamente il mio cazzo come in una morsa, siamo due corpi modellati l’uno sull’altro, fusi l’uno per l’altro e catapultati al centro dell’universo. Ora il nostro ritmo aumenta come i nostri respiri e i nostri gemiti, le sue mani affondano le unghie nelle mie natiche, mi tira a se come se temessi che le fuggissi, sentiamo entrambi che l’orgasmo sta arrivando fiero, potente e impetuoso come un purosangue al galoppo e quando ci pervade all’unisono siamo cielo e terra, mare e rocce, rami e radici. Siamo yin e yang.
Continua
Quanto vorrei che il live action di disney fosse più simile a questo racconto! Scherzi a parte: divertente, interessante, bel…
grazie amore
Non credo di aver avuto il paicere, ma grazie intanto della lettura.
Leggendo i tuoi racconti continua a venirmi in mente Potter Fesso dei Gem Boi
grammaticalmente pessimo........