Dov’ero arrivato, ah sì al primo incontro, Debora mi aveva anche chiesto quando mi ero innamorato l’ultima volta avevo risposto ‘un paio d’anni fa’ ma senza scendere nei dettagli, non mi era sembrato il caso di raccontare di Eva, lei vedendo che non volevo dare dettagli ha alzato le mani sorridendo in segno di resa, poi…poi è arrivato il 24 febbraio. La sera del 24 febbraio sono tornato nel lap dance, in quel mese e mezzo (dall’11 gennaio per chi non avesse letto la parte prima) avevo pensato a lei un po’ sì e un po’ no, o molto no, l’avevo vista una volta e per me era una presenza vaga, era simpatica e bella ma nulla di più, non avevo voluto il numero perché mi ricordavo di Eva (rumena come Debora), e temevo un epilogo uguale, però…Però la spontaneità dei modi era diversa, e la bellezza di Debora era a sua volta diversa, non una bellezza aggressiva ma dolce, pur essendoci in Debora una sensualità di cui nessun uomo normale avrebbe potuto dubitare. Il 24 sono entrato, non l’ho vista subito, poi lei mi ha sorriso dalla parte opposta dell’angolo bar, ha agitato la mano sorridendo, ecco il sorriso di Debora è la seconda cosa che mi colpisce di lei, è il secondo motivo, oltre alla frase del primo incontro (anche questo lo trovate nella prima parte), per cui non ho ancora rinunciato a lei: no, non sono soggiogato dal sorriso, non me lo sogno anche di notte o simili, è che in quel sorriso ho visto una sincera felicità di (ri)conoscermi in quel secondo incontro, cioè non che fosse al settimo cielo ma che le facesse sinceramente piacere rivedermi, come potrebbe essere se al supermercato, per puro caso, qualcuno che era in fila alla cassa con noi un mese prima ci riconoscesse nella corsia dei sottaceti. Certo, avete ragione, è strano paragonare un lap dance ad una corsia di sottaceti, ma vedete quando vado nei lap dance apprezzo, eccome, i corpi seminudi delle donne che ci lavorano, ma non sono quelli a colpirmi, sono anni che li vedo: a colpirmi davvero sono i modi di una donna, a farmi perdere la testa è il modo in cui lei si pone nei miei confronti, spregiudicato come Eva, o spontaneo, e dolce, dome Debora. Ecco perché il sorriso di Debora dal lato opposto del bar mi ha colpito, anche se era con un cliente, e infatti si sono seduti a bere qualcosa…io mi sono seduto a mia volta, da solo, ad un tavolo, dopo un po’ il cliente si è alzato per andare a prendere da bere, io mi sono avvicinato a Debora, ‘ciao’; mi ha sorriso, ho detto che stavo andando via ha risposto ‘solo dieci minuti’…non potevo non aspettare, e così abbiamo bevuto, abbiamo chiacchierato, e naturalmente abbiamo fatto un altro prive. Non c’è niente di straordinario, credetemi, in tutto questo, ma in tutto questo c’è Debora, lei che mi sorride lei che spogliandosi a poco a poco rivela un corpo perfetto, lei che si siede su di me, io che la guardo già complice, che intanto scopro che ha studiato farmacia, che fa gli anni il prossimo sabato…e poi mentre si sta rivestendo mi chiede di nuovo se voglio il suo numero. Ora, molti penseranno che io abbia accettato il numero inebetito dal corpo di Debora, dal prive: non è vero. Ho accettato il suo numero perché ero entrato nel locale con la precisa intenzione di prendere il suo numero, lo avevo già deciso prima di andare, e il prive non ha in nessun modo rafforzato la mia decisione. Quando sono uscito ho avuto una brutta sorpresa, la mia bicicletta era sparita e sono tornato a casa a piedi, le tre di notte arrivato ho scritto a Debora ‘ciao, sono appena arrivato a casa perché sono tornato a piedi, mi hanno rubato la bicicletta, è stato bello vederti stasera’, dopo un po’ risponde ‘ciao, mi dispiace per la tua bicicleta (con una t, vi ho detto che non è italiana), anch0io sono stata bene, un bacio’. Io mi chiedo, nei giorni successivi, cosa fare, voglio dire: la chiamo, le scrivo, le scrivo direttamente sabato, giorno del compleanno, per mandarle gli auguri? La mia idea di fondo (non si è mai troppo sicuri in questi casi, ma era così che contavo di fare, ero solo incerto se non fosse meglio chiamarla prima) è di chiamarla sabato, farle gli auguri e invitarla a bere qualcosa, nel frattempo scegliere un regalo carino. Il mercoledì arriva un suo sms, ‘ciao come stai? Quando sei libero che ci vediamo? Un bacio?’, io dopo averci pensato un po’ rispondo che ci possiamo vedere lunedì e che sto cercando di comprare un’altra bicicletta, eli risponde ‘anche a me si è rotto il telefono, tu puoi aiutarmi a comprarne uno?’, ecco qui inizia il melodramma. Mi sento tradito, preso in giro, umiliato, non provo nemmeno a pensare cosa risponderle, le scrivo ‘pensavo ti interessasse conoscermi come persona, già qualche anno fa ho avuti problemi con una tua collega per questi motivi, la mia mail è…, chiamami o scrivimi solo se sei interessata a me’, rispondo così perché mi dico ‘eh no, fesso no, stavolta no’, però non posso non pensare a lei, il vuoto è lancinante. Lei per me era già, come dire?, non un amore, ma una speranza possibile, era già una persona con cui avevo iniziato ad avere a che fare, mai vista fuori dal locale e vista solo due volte in tutto ma, in qualche modo, già dentro di me…Sono arrivati qui i primi pianti, in un giorno e mezzo le avrò scritto quattro o cinque messaggi, ‘non posso credere che tu sia così, mi sembravi una persona onesta’, ‘spero ancora che tu mi chiami’; ‘forse ho sbagliato qualcosa io, ti va di parlarne con calma?’, poi il giovedì non ne posso più, alle due di pomeriggio sono a casa (meno male che c’è la flessibilità, non ero dell’umore per restare in ufficio più a lungo) e la chiamo. Lei chiede ‘con chi parlo’, le dico il mio nome e lei ‘ciao’, al voce un po’ dura ma non cattiva, come guardinga…mi chiede se sono al lavoro, poi se mi sono arrabbiato, dico ‘sì perché non capivo bene perché, a parte che già non ho capito come mai mi hai voluto dare il numero’, ‘è che a me il telefono non lo danno, sarebbe stato come fare una firma poi io avrei dato i soldi a te, come spiegarti…’ (forse intende che voleva che io facessi da garante, o simili? Boh), ‘immagino che adesso che ho detto di no al telefono non ci possiamo più vedere, vero?’, lei con tranquillità dice ‘no, perché, non è che per forza telefono se no non ci vediamo’, restiamo d’accordo che la chiamo lunedì. Il sabato le mando via sms (senza risposta) gli auguri di buon compleanno, intanto il mio appetito ha un pauroso calo, il fatto è che ho stretto il suo corpo fra le mie braccia solo due volte, e infatti non mi manca il suo corpo, mi manca poter sperare di avere a che fare con lei. Mi ricordo di lei che nel prive si è girata per permettermi di stringermi ai suoi glutei e sfogare la mia eccitazione, pur restando vestito, premendo contro di lei, mi ricordo certo dei sui occhi languidi, ma me ne ricordo come mi ricordo di tanti altri prive fatti nella mia vita…invece del suo sorriso mi ricordo in un altro modo, ed è per questo che mangio poco, che piango spesso, perché se fosse solo una storia di corpi, di abbracci clandestini, allora sarebbe facile dire ‘non la cerco più’…ma non è più così, non è mai stato così.
L’ho chiamata lunedì, come eravamo d’accordo, ma c’era la segreteria in rumeno, e allora il giovedì…ma questo lo racconterò nella prossima puntata, forse per adesso vi ho detto abbastanza.
In tutte le volte in cui Maria ordina a Serena di spogliarsi, Serena rimane sempre anche a piedi nudi oppure…
Quanto vorrei che il live action di disney fosse più simile a questo racconto! Scherzi a parte: divertente, interessante, bel…
grazie amore
Non credo di aver avuto il paicere, ma grazie intanto della lettura.
Leggendo i tuoi racconti continua a venirmi in mente Potter Fesso dei Gem Boi