Rinchiuso in questa camera, tra queste antiche mura, mi guardo attorno, penso, ricordo, mi domando, voglio capire da dove vengo e verso dove sto andando’
Guardo questa mia piccola scacchiera di cristallo con i pezzi che sembrano fatti di fluida gelatina’
Guardo le mie foto appese alle pareti ‘ Praga ed il ‘Ponte Carlo’, Vienna e la ruota del ‘Prater’, poi ancora una famosa piazza ed un lago scozzese: le foto di un pezzo della vita’ – mentre dalla sinistra mi sorride sbiadito il ritratto di E. J. Smith, capitano del Titanic, immortalato sulla prima pagina del ‘New York Times’ all’indomani della tragedia. Cimelio che mi fa ricco? No, è soltanto un ‘puzzle!
Poi un vero cimelio, questa volta alle mie spalle, una lettera del 1908 con affrancatura originale e a firma di un grande matematico’ Me l’ha donata un amico d’altri tempi, un rigattiere che l’ha strappata per poco ad un imbecille cliente.
Mi hanno pregato, certo, quei ‘sepolcri imbiancati’ e abbarbicati in cattedra di farne loro dono’ Ma se la scordano la lettera, e sono io, invece, che ogni giorno me la godo, sigillata con le mie mani dentro a due sottili lastre di vetro e accuratamente montata in una piccola cornice in radica. Piccolo capolavoro! Vengano pure qui a prendersela, la lettera, quei sepolcri, se trovano il coraggio!
Solitudine: brutta parola da pronunciare, addirittura terribile se compare d’un tratto tra i tuoi pensieri’
Non mi consoleranno queste mie foto, i miei quadri o il ritratto di Mozart alla parete questa sera. Non mi consolerà l’ouverture del suo ‘Flauto magico’ ‘ opera somma, inarrivabile, testamento spirituale e dono all’umanità di un genio ormai prossimo alla morte -, non mi scalderanno gli acuti di alcuna ‘Regina della Notte’ ‘ figura che ha dignità di dea, Iside senza tempo, fuoco puro per l’anima ‘ così come non mi lascerò sedurre dalla dolcezza bucolica di un tenero ‘Papageno’.
Apro un libro, ne leggo il frontespizio: ‘La casa della vita’, autore: Mario Praz, acquistato nell’agosto del ’92, in piena estate, letto perché Praz possiede la migliore delle prose possibili e perché, in breve, nessuno scrive come lui! E pace all’anima sua!
Ed intanto la luce bassa della lampada si riflette sopra un graffito che riproduce il ‘Teatro degli Stati Generali” – ancora una volta Praga, ancora una volta Mozart, che il 29 ottobre del 1787 proprio in quel teatro diresse la prima del suo ‘Don Giovanni’.
Tutt’un’altra cosa, il ‘Don Giovanni’.
‘Dramma giocoso’, c’è scritto nel libretto. E drammatica e giocosa a un tempo è la scena finale. Scena apocalittica, non c’è dubbio, con Leporello bocconi che trema sotto l’enorme tavola imbandita per la cena e Don Giovanni solo a fronteggiare la sinistra statua di pietra; col Commendatore che ordina al suo assassino di pentirsi e questi che gli dà del ‘vecchio infatuato’ , e così fino al ‘no!’, deciso, irremovibile del protagonista.
Don Giovanni non si pente, neppure in punto di morte, ed ecco allora levarsi, da dietro le quinte impietosamente il coro:
‘Tutto a tue colpe è poco.
Vieni: c’è un mal peggior!’
e poi, finalmente, il fuoco ‘ quel fuoco che Mozart ed il librettista da Ponte prescrissero nella didascalia dell’opera ma che quasi sicuramente non fu possibile portare sulla scena a Praga -: è il momento in cui il palcoscenico si squarcia e Don Giovanni cala all’inferno.
Voi che ne dite, non è forse anche questo
‘Erotismo allo stato puro’?
Ma non mi consoleranno neppure i demoniaci accordi in re minore del ‘Don Giovanni’, questa sera’
‘Chissà che fai, dove sei. Chissà quale letto sconosciuto stai scaldando col tuo corpo. E chissà da chi ti stai facendo ‘sbattere’.
è giusto così, deve essere così. Del resto, cosa mai avrebbe potuto darti uno come me? Uno prigioniero dei suoi ricordi, di antiche mortificazioni, malintesi, delusioni, piccole paure. Un’araba fenice che sempre risorge dalle sue ceneri, d’accordo, per poi però ritornare a morire un’altra volta!
è solo per questo che non è andata? O forse hai avuto semplicemente paura di uno con la mente che non si muoveva in sincronia col proprio corpo?
Un mistero a me stesso, questo io sono! Lo sapevi, non te l’ho mai negato. Ma sentivo che con te potevo essere migliore, sapevo che potevo essere migliore’ O forse era solo utopia? Non posso rispondere: non mi hai dato il tempo!
Eppure sono stato io a mollarti, prima che lo facessi tu, e l’ho fatto in grande stile, GRANDISSIMO, con una di quelle lettere la cui prosa avrebbe fatto impallidire perfino l’irraggiungibile Praz! Una lettera breve, asciutta, scritta con la morte nel cuore ed una LUCIDA FOLLIA NELLA MENTE. Ma scritta solo dopo aver finito le parole, ‘TUTTE LE PAROLE’ ‘ e ancor oggi mi domando se tu abbia obbedito a quanto ti raccomandavo nell’ultimo rigo: ‘(‘) Non smettere mai di sorridere’ .
Ed eccomi qui, tra le mie cose, i miei ricordi, con le mani doloranti che carezzano un’altra volta la tastiera del pc, mentre lo schermo ‘vomita’ e ‘vomita’ parole.
è stato amore? Voi ditemi cos’è esattamente ‘l’amore’, ed io vi risponderò!
”Vedi, queste linee qui, sulla tua mano? Rassegnati, hai amato in molte altre vite precedenti e sei destinato a non conoscere l’amore in questa” ‘ mi disse anni fa una cara amica esperta in chiromanzia.
Ma io non mi rassegno e continuo a scrivere, a trasformare in parole emozioni e tensioni, e così facendo mi illudo di essere come Praz, se possibile anche meglio di Praz, come E. J. Smith cazzutissimo al comando del suo inaffondabile transatlantico ‘ davvero ‘inaffondabile’, se ancor oggi si continua a parlarne! ‘ e mi illudo ancora di possedere la più importante e ricercata tra le lettere che portano la firma di un noto matematico ‘ nonché la più prestigiosa collezione di ‘scacchiere’.
Avete letto fin qui? Santi!
Rimango per un attimo in silenzio ad osservare. Osservo quel quadro appeso proprio vicino al letto dove dormo, noto qualcosa, mi avvicino e guardo meglio. Il ‘qualcosa’ si muove, ha forma, ha vita: è un bel ragno dalla testa rossa e le lunghe gambe. Di nuovo lui! Non è la prima volta che, negli ultimi giorni, mi capita di scorgerlo.
Adoro i ragni, creature intelligentissime e misteriose nello stesso tempo. Adoro i loro silenzi, la loro staticità, le loro pose meditative. Ma questo è anche un ragno un po’ ‘snob’ e riservato, poiché al mio arrivo corre sempre a nascondersi dietro il quadro per poi ritornare fuori soltanto se metto su della ‘buona musica!
Eppure, questa volta rimane lì, immobile, quasi voglia ascoltare le paranoie del genere umano’
‘Ebbene, rimani pure mio piccolo ragno! Ascolta il mio delirio e dammi tu la soluzione!’
Dov’eravamo rimasti? Ah, sì, con me che insieme a te sarei stato migliore, che avrei rimesso assieme la mente ed il corpo. Proprio come accadeva quando ti sorprendevo in questa stessa stanza, seduta a scrivere davanti al pc, e mi sedevo anch’io alle tue spalle sulla stessa sedia, e ti abbracciavo e poggiavo sul tuo ventre le mie mani, e poi sul tuo seno, che stringevo con forza attraverso i tuoi soliti pagliaccetti di maglia aderente e spingevo verso l’alto perché era esattamente così che tu volevi.
Poi cominciavo a baciare la tua nuca, il tuo collo, le tue orecchie, ti sollevavo di peso sulla scrivania del pc e mi perdevo sopra di te, pazzo del tuo odore, col mio sesso che pulsava sulle tue natiche invitanti e tu splendida che fingevi di opporre resistenza.
A questo punto le varianti erano diverse.
A volte ti giravi, mi abbracciavi, divoravi la mia bocca con la tua, avida di baci, spingevi le tue mani giù fino al mio sesso e lo stringevi follemente, quasi con disperazione, quasi me lo volessi staccare, e ne palpavi con bramosia la punta già umida e ricoperta di quel dolce miele trasparente e filamentoso. E nel frattempo mi fissavi con quei tuoi occhi grigi, strani, e poi ti chinavi istericamente verso il basso per liberare completamente la mia carne, per poggiartela sul viso, sulle guance, per schiacciarne sopra le tue narici la sola punta ‘ calda, gonfia, odorosa ‘, che avvolgevi un attimo dopo nella tua lingua e facevi sparire all’interno della tua bocca ingorda e spalancata all’inverosimile.
Solo allora io affondavo le mie dita tra i tuoi capelli, mi spingevo di più contro di te e ti chiamavo ‘amore’, perché così a te piaceva, perchè ‘ dicevi ‘ ‘mi sento sciogliere completamente la fica ed il culo quando mi chiami amore’ . Ed intanto tu non smettevi di succhiare e leccare dappertutto ‘ l’inguine, le palle, il glande ‘ e ti fermavi solo di tanto in tanto per ricordarmi che ‘il sapore più buono è comunque quello della punta’ , e così ingoiavi fin dove ti permetteva la tua piccola bocca, muovendoti nervosa dall’alto verso il basso e subito dopo ancora verso l’alto, mai sazia di assaporare la punta luccicante dei miei umori, simile ad ‘una calda prugna matura e senza buccia’ ‘ dicevi sempre ‘ mentre, spostando le tue piccole mani, affondavi le tue dita tra le mie palle alla ricerca di quel punto sensibilissimo che le separa, e rimanevi così per un tempo indefinito aggrappata al mio sesso, quasi si trattasse della tua personalissima ‘ancora di salvezza’.
Le sento ancora quelle mani, sai, quasi in lotta con la mia carne calda. Sento ancora l’estremità delle tue unghia mentre mi sfioravano lo scroto e accendevano in me una passione irrefrenabile. Sento pure i tuoi gemiti di piacere mentre riempivo la tua bocca o ti liberavo dei jeans aderenti o delle mutandine di pizzo nere, trasparenti, oltre le quali il tuo sesso appariva sempre aperto e scivoloso, pronto a risucchiarmi in quell”abbraccio’ divoratore che dopo avrei continuato a ricordare per giorni e giorni.
Ti piaceva.
Mi dicevi che ti mancava il respiro quando soffocavo il tuo sesso bagnatissimo con le mie mani, e le tue gambe ‘ splendide appendici della tua piccola vita di vespa che quasi stringevo in una sola mano ‘ oscillavano a mezz’aria come fuscelli al vento.
In quei rari momenti, avevo la sensazione che tu mi appartenessi completamente, ed io a te, ed era la felicità pura per me sentire che potevo spingermi oltre, più avanti, senza alcun limite, sopra di te, contro di te, guidato dalla passione, perché tu rispondevi e chiedevi di più, perché mi desideravi come io ti desideravo, perché rimanevi aggrappata al mio corpo senza alcuna inibizione e ti esibivi in un crescendo di urla soffocate aspettando soltanto con ansia che io selvaggiamente ti ‘scopassi’ ‘l’anima!
Ma tutto questo accadeva raramente.
La maggior parte delle volte tu rimanevi immobile, insensibile, fredda ‘ “perchéééééééééé???” ‘ con i gomiti poggiati sulla scrivania del pc e col sedere proteso in avanti verso il mio sesso, in tutto simile ad una statua di marmo.
Un altro avrebbe cercato certamente il suo piacere con te in quella posizione, con te che saresti rimasta muta ed indifferente. Un altro ti avrebbe violata in uno qualunque dei tuoi buchi, ti avrebbe tenuto stretta per i fianchi e, senza tanti complimenti, ti avrebbe preso con forza fino a farti sentire il suo duro sesso esploderti nel ventre. Un altro, ma non io!
Non io, che per provare piacere ho bisogno di percepire il desiderio della partner ed il suo godimento. Che senso hanno, altrimenti, l’atto fisico e l’AMORE?
Il capitano Smith è sempre immobile: ora mi guarda accigliato e con aria fortemente perplessa da dietro quel vetro che ricopre il puzzle incorniciato e appeso alla parete ‘ chissà che scopate, lui, lupo di mare d’altri tempi!
Mozart è alla sua sinistra ‘ serafico, fuori dal tempo, con i capelli raccolti in una piccola coda: direi che guarda E. J. Smith con aria assolutamente spensierata da dentro quell’acquaforte acquistata nel ’91 a Salisburgo! Anzi, direi che lo guarda con l’aria di chi stia per dirgli: ‘Ma non romperci i cogl’, mio caro capitano! Avanti, togliti quella brutta cera, che anche tu, nella vita, avrai sofferto almeno una volta per amore!’
Di fronte a loro, cioè proprio alle mie spalle, altrettanto immobile è la piccola cornice con la lettera che porta la firma di quel grande matematico’
Sono i piccoli (e futili) tesori della mia vita.
Proprio come i soldi, questi tesori non servono a molto, è vero, ma in certi momenti di sicuro aiutano!
Faccio cadere lo sguardo nuovamente sull’altro quadro, quello che il piccolo ragno ha eletto da qualche giorno a sua gratuita dimora. Già da un bel pezzo la splendida bestiola s’è stufata del mio farneticante delirio ed è tornata a nascondersi nella fessura sottilissima tra la cornice e la parete!
Ma prima di andare a letto ‘ con la mia solitudine, con le mie paure ed i miei pensieri ‘ voglio ammirare ancora una volta la sua naturale perfezione, i suoi movimenti plastici ed eleganti che sembrano quasi ispirati da un divino algoritmo, la misteriosa bellezza di questa creatura che per certi versi pure mi somiglia ‘ lui, impegnato ogni giorno a sfidare la gravità ‘danzando’ coraggioso sul precipizio verticale della parete, così come io, invece, danzo ogni giorno su quello non meno pericoloso dei ‘sentimenti!
So io come sedurlo, so come convincerlo a ritornare allo scoperto: ama la musica il mio ragno!
Mi alzo, inserisco un cd nel lettore e aspetto’
Ma questa notte non mi consoleranno né l’ouverture del ‘Flauto magico’ né l’apocalittico finale del ‘Don Giovanni’. E neppure mi scalderanno gli acuti orgastici della ‘Regina della Notte’.
Gli unici accordi saranno quelli della ‘Sinfonia numero 40’ ‘ KV550 ‘ in ‘Sol minore’: la tonalità dell”affanno’, della ‘disperazione’, della ”PASSIONE’.
*Mario Praz (Roma 1896-1982):
anglista sommo, critico e saggista insuperato nell’indagare soprattutto
il mondo del Romanticismo e del Neoclassicismo, ha lasciato innumerevoli
saggi noti e tradotti in tutto il mondo, scritti in quel suo stile unico, colto,
caleidoscopico ed erudito che per la sua originalità viene oggi indicato con
l’esclusivo termine ‘prazzesco’. ‘La casa della vita’ ‘ il cui titolo vuol essere
anche un omaggio al nome che gli antichi egizi davano al luogo sacro ove
conservavano le mummie ‘ è in particolare l’appassionato ‘inventario’ della
storia e degli oggetti, in stile neoclassico, raccolti dall’autore nel corso della
vita nella sua casa romana di via Giulia. Tali oggetti, certamente ‘unici’ nel
loro genere, costituiscono oggi la vastissima collezione privata conservata
nell’ultima residenza del grande critico, l’attuale ‘Museo Praz’ sito in
Palazzo Primoli, in via Zanardelli, 1 a Roma.
– Nota dell’autore –
Alla fine del mio ultimo racconto, ‘L’angelo della notte’, avevo anticipato che il successivo sarebbe stato un racconto ispirato alla leggenda del Sacro Graal, scritto insieme all’autrice Micia.
La complessità di tale racconto, tuttavia, ha costretto Shining e Micia a ritardarne purtroppo di alcune settimane la pubblicazione. Gli autori si scusano con i loro lettori a causa di questo ritardo, ma assicurano loro che, alla fine, l’attesa sarà pienamente ‘ricompensata!
Mamma mia ruben, mamma mia... Ti prego, scrivimi a gioiliad1985[at]gmail.com , mi piacerebbe condividere con te le mie esperienze…
ciao ruben, mi puoi scrivere a gioiliad1985[at]gmail.com ? mi piacerebbe condividere con te le mie esperienze...
Davvero incredibilmente eccitante, avrei qualche domanda da farvi..se vi andasse mi trovate a questa email grossgiulio@yahoo.com
certoo, contattami qui Asiadu01er@gmail.com
le tue storie mi eccitano tantissimo ma avrei una curiosità che vorrei chiederti in privato: è possibile scriverti via mail?