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Racconti Erotici Etero

E lui mi disse

By 8 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Iniziò tutto per gioco un giorno di fine ottobre. Il tempo era ancora tiepido ma la nostalgia, che sempre accompagna l’autunno, già pervadeva gli animi.
Ci incontrammo in quella piazza immensa che era il web. Una piazza dove una folla sterminata e vociante si intratteneva a parlare di tutto ma soprattutto era lì per farsi compagnia. Ci incrociammo in una serata tiepida mentre io mi stavo allontanando.

“Ciao, come ti chiami?”

“Essenza”

“Io Cerebrale. Hai una foto?”

“Si”

“Inviamela”

“Lo faccio subito”

“Osè mi raccomando”

Questa richiesta non mi turbò’ spesso capitava di incontrare uomini in quella piazza in cerca di un po’ di eccitazione’ Stetti al gioco e cominciai a giocare con una mia foto ritoccata, anche perché di foto osè mie non ne avevo.

Lui la vide e non disse nulla’. Gli chiesi di ricambiare e di risposta mi sentii chiedere: La vuoi vista alta o bassa?

Mi colpì questa risposta perché denotava un senso forte dell’ironia ed anche di saper stare al gioco.

Gli risposi: Alta prima

Mi inviò una sua foto dove si scorgevano solo gli occhi ed un po’ di naso. Era stato bravissimo nel gioco. Lo rimproverai e lui si difese dicendomi:

“L’ho fatto apposta perché tu mi hai mandato un fotomontaggio. Ma ti assicuro che il resto è meglio.”

Millantatore, pensai’. Ma divertente.

Iniziò così e continuammo ad incontrarci in chat per alcuni giorni fino ad una fatidica sera in cui entrambi desideravamo l’altro ma non osavamo dircelo’ ma lo capimmo quando vedemmo entrambi i nostri nomi in linea.

Nei giorni precedenti avevamo deciso di incontrarci da vicino per il lunedì seguente a cena e questa attesa ci solleticava molto.

Iniziammo a parlare in maniera molto garbata un po’ di noi, del nostro modo di vivere il sesso, delle nostre fantasie ma entrambi desideravamo andare oltre. Così iniziammo un gioco dialettico dove una metafora cinematografica dichiarava le vere emozioni che sentivamo l’uno per l’altra. Un gioco dialettico dove un regista sceglieva la parte per un’attrice e dove l’attrice la rendeva migliore del suo desiderio. E fu così che lui mi disse:

“Pensi che dopo cena potresti restare un po’ con me in albergo?”

Così a bruciapelo, senza averne mai parlato prima, e non sapeva ancora quanta strada queste sue parole facevano nella mia mente. Vidi aprirsi varchi mai superati ed attraversati.

Ed io gli risposi raccontandogli una barzelletta:

Un uomo torna a casa e trova la sua donna pronta con la cena e vestita in maniera molto sexi.

Come la vede, le chiede:

Mangiamo prima e poi facciamo’

O facciamo prima e poi mangiamo?

E lei, sorridendogli risponde:

Come vuoi tu’ e poi mangiamo!

E così lui capì che tipo di orizzonte aveva dinanzi. E mi ordinò che al nostro primo incontro non avrei dovuto indossare gli slip’con spontaneità accettai.

Arrivò lunedì.

Lui si stava dirigendo verso le mie terre e più si avvicinava e più la voglia di noi cresceva’. tanto che, programmato per vederci di sera, con un colpo di testa ci toccammo subito alle dieci e mezza del mattino e lui trovò la mia figa nuda, proprio così come avrebbe voluto fosse, ma inattesa perché non realizzata come aveva ordinato.

Mi riconobbe’. Come io lo riconobbi.

Senza dire tante parole, ci bastò assaporarci.

E così decidemmo di fare come volevamo entrambi’ di sera ci incontrammo e nel frattempo mangiammo.

Giunti al gelato’ senza increspature e forzature’ mi portò a giocare con lui intimamente come non avevo mai fatto’ affondò’ il suo cucchiaino nel gelato’ lo riempì’. E guardandomi negli occhi e sorridendomi’avvicinò quello strumento così quotidiano alla mia figa’e delicatamente spalmò quella cremosità fredda e metallica nei miei anfratti bollenti’ed un tepore, inimmaginabile per me fino ad allora, mi rapì’ poi sfilò quel piacere dalla mia vagina’. e raccolto il nuovo nettare fatto di dolce crema ai frutti di bosco ed umori di femmina eccitata, se lo portò alla bocca e ne godette’ con il gusto e con i suoi occhi dentro i miei”

”infinito piacere”.poi mi penetrò con le sue dita e talmente forte fu l’eccitazione di quel momento che uno schizzo di urina mi uscì a mo’ di sborra’..liberatorio’.

Era perfetto per me, e lo era perché era il primo uomo che incontravo che dimostrava la sua insaziabilità’. tanto grande che eguagliava la mia’ tanto intensa da volerci sempre di più’ tanto intrigante da voler percorrere nuove strade’ tanto complice da non chiedercelo. Tanto profonda da non fermarsi al solo sesso’ tanto sensuale da volersi godere il cervello.

Ci lasciammo al buio di una squallida strada al limite di un raccordo autostradale illuminata solo dai falò delle negrette che vendevano sesso. Ci lasciammo tacendo la consapevolezza di volersi rivedere’. E così fu’.dopo un giorno.

Fissammo di andare finalmente a cena insieme in un locale che lui adorava.

Fui eccitata per l’intero giorno’le ore interminabili che mi distanziavano da lui trascorsero nel lavoro e nella incertezza di come avrei presentato la mia immagine’ i capelli’ che indosso?’ Così non va’ così si’

Poi inattesa giunse una telefonata:

“Sai, Essenza, oggi è arrivato per un imprevisto il mio amico, di cui ti ho parlato. Non è che stasera potresti portare con te una tua amica per uscire insieme?”

“Mi spiace- dissi, e mi spiaceva davvero- non ho amiche che mi seguono su questa strada. Ma può venire con noi, mi farebbe piacere.”

Fu entusiasta di questa proposta e ridendo mi disse:

“Sai, lui già ti conosce, gli ho parlato di te. Lo vuoi salutare?”

“Certamente “‘ risposi.

Me lo passò.

Ciao ‘ gli dissi e lui:

Ciao, Essenza.

Io sono Maurizio.

Lo so chi sei. Tu e Cerebrale siete compagni di merende!- risposi ammiccante.

E lì qualcosa solleticò la mia fantasia. Parlammo un po’ e poi mi ripassò il mio uomo che allegro mi disse vedrai che ti piacerà e scherzando, da intrigante qual’era, mi disse:

Sai è molto più bello di me.

Che fai il suo sponsor?- incalzai e lui:

No, ma è più bello di me!

Ti dirò stasera quando lo vedrò ‘ affermai.

Giunse la sera, finalmente.

Io arrivai sul luogo dell’appuntamento e lui mi venne incontro. Era bellissimo. Portava un maglione blu scuro a girocollo con un filo del colletto di una camicia azzurra a righe spesse bianche, su un pantalone in cotone pesante sempre blu scuro. I suoi occhi da bambino ingenuo erano esaltati da un paio di occhiali fatti di solo vetro quadrato’. Il tutto gli dava un’aria da ragazzino ma la leggera neve sparsa tra i capelli dava la consapevolezza della sua mascolinità.

Mi entrò ancora di più dentro’. tanto da farmi sentire orgogliosa di essere colei che lui aveva scelto. E lo baciai’in attesa trepida che mi riscegliesse’ mi scelse di nuovo, ricambiando il bacio e cingendomi la vita.

Il suo amico Maurizio era un bell’uomo, ma non bello quanto lui. Non aveva il profumo del desiderio, non emanava sapore di intrigo ma sembrava simpatico.

Il suo ristorante era proprio il tipo di locale che piace a me per mangiare, per dare spazio al gusto di assaporare il secondo piacere della mia vita’. il cibo. Il primo è fare l’amore. Lui questo non lo sapeva ancora di me’ ma io di lui sì’.perché me lo aveva detto. In quella circostanza non gli avevo rivelato che per me era lo stesso in quanto volevo scoprire me e lui pian piano’ perché da buongustaia quale sono volevo confrontare lentamente il piacere della compatibilità.

Era un locale ben arredato, con non tantissimi tavoli’ lievemente rischiarato da una luce diffusa, accompagnata da musica elegante.

Lontano dalla finestra affianco al nostro tavolo si vedeva il mare ed una bella terrazza dove d’estate, mi ispirava, si poteva godere del piacevole effetto della fresca brezza profumata di salsedine. Il luogo ideale per rilassarsi insieme, scherzare un po”ed intanto toccarsi.

E’ questo un gioco istintivo che mi nasce dall’intimo quando sono con il mio uomo. Talvolta mi sembra anche di essere sfacciata ma questa mia “mania” (intesa nel senso di gioco di mani e di piedi) mi dà eccitazione e allo stesso tempo mi richiama alla mente i paletti pedagogici del “queste sono cose sconce e una vera signora non le fa né le pensa”. Fatto sta che per me la proibizione ha sempre rappresentato il luogo della curiosità prima e del piacere poi. In più toccarsi di nascosto mentre si mangia o giocare col cibo a tavola, imboccandosi pezzetti di prelibatezze ben preparate, rappresenta uno di quei modi eccitanti per scambiarsi emozioni che fanno gustare di più il piacere di mangiare ed anticipano il sapore di un incontro di sensi.

Fu così che lui mi imboccò una alicetta fragrante appena fritta.

Che soddisfazione!

Un lieve sciogliersi in bocca di un fresco sapore di mare unito al profumo di un buon olio d’oliva italiano.

‘e mentre giocavamo tra noi e parlavamo con Maurizio’.passava piacevolmente il tempo’ fin quando Maurizio si allontanò e lui mi chiese sotto voce in un orecchio:

“Che ne dici? Invitiamo Maurizio a prendere un caffè con noi in camera dopo?”

Io lo guardai e risposi:

“Non so ancora. Mi affido a te.”

E lui: Fidati.

Mi fido.

Finita la cena ci avviammo alle macchine. Lui salì nella mia, Maurizio nella sua e ci avviammo in albergo. Maurizio ci disse che voleva prima andare un po’ in camera sua e noi ci avviammo alla nostra. Entrati, io dissi: Devo andare in bagno.

E lui: Bene vengo con te.

E senza aggiungere altro avevamo già compreso.

Ci svestimmo’ entrammo nella vasca.

Lui mi fece piegare’e cominciò a realizzare una mia fantasia’..’ sentire il suo cazzo dentro di me mentre urinava.

Me lo infilò’trovandomi già pronta’ ed un piccolo ma caldo fiumicello mi riscaldò’provocandomi una secrezione di umori intensi. Poi mi spinse a sdraiarmi nella vasca rivolta verso di lui’ mentre la sua profumata urina iniziava a docciarmi’ e pian piano saliva verso il mio viso’. fino a raggiungerlo’. E tanto cresceva in me il desiderio di possederlo che aprii la bocca e la sua intimità mi riempi tutta. La mia lingua iniziò a leccarmi le labbra mentre questo effluvio caldo e suo mi inondava’ mai cosa fu più intensa. Poi si sdraiò lui’. Ed io alzandomi ‘ allargai le mie gambe fino a raggiungere con la mia figa il suo viso’e senza alcun freno iniziai a liberarmi della mia urina con tutto il desiderio e l’impellenza che avevo dentro. Un liquido misto di me ed urina lo inondò e lui’

‘ e lui’..

andò oltre’

‘iniziò a leccarmi la figa mentre urinavo’ e più leccava e più mi liberavo e più mi liberavo e più godevo’una sensazione forte di scoprire l’ultimo mistero fino a raggiungere l’appagamento e mi sembrò quasi di aver sborrato e alla fine di godere del meritato sfinimento.

Qualcuno forse un giorno potrebbe scrivere che fu solo perversione’

‘io dico che fu solo profonda intimità. Tutte le inibizioni svaniscono di fronte all’ultimo tabù che cade e senti solo il desiderio di donarsi fino all’ultima cellula. Una pervadente immersione nei sensi, inabissandosi nei più nascosti anfratti del piacere. Ci scaldammo al calore dell’acqua smossa dall’idromassaggio ed umidi raggiungemmo il letto dove la voglia di sentirsi ancora iniziò a scatenarsi’

‘e così giunse il tempo di Maurizio’

Si sdraiò solo con gli slip sul letto davanti a me che a pecorina mi stavo godendo la leccata profonda e micidiale di Cerebrale che più che penetrare con la lingua ogni mio buco, sembrava mi entrasse dentro il cervello’ e vedermi davanti una cazzo moscio coperto dagli slip’ mi attrasse così tanto che senza alcuna esitazione’lo tirai fuori e cominciai a spalmarlo con la lingua nella mia bocca’ incitata sempre di più dalla lingua di Cerebrale nella figa. L’istinto animale si sciolse e la voluttuosità si accese’ mentre col pensiero desideravo di sentire il cazzo duro e vigosoro di Cerebrale dentro di me’ quasi un richiamo lanciato con i miei miagolii’ lui mi penetrò’e Maurizio si eccitò così tanto che cominciò a gemere’ e fu in quell’istante che godendo di me’ Cerebrale disse:

“Visto che bocchini fa, Eh, Maurizio?”

Ed io non ebbi più altro da fare che desiderare di farmi squartare dal suo cazzo duro dentro di me e da quello finalmente mio di Maurizio nella mia bocca e spingevo talmente tanto entrambi in profondità quasi desiderosa che si incontrassero nel giusto mezzo della mia mente’ e così fu.

Un orgasmo completo’un appagamento totale di tutti i sensi, dove il tatto, il gusto, l’olfatto, la vista e l’udito avevano ricevuto contemporaneamente il giusto stimolo di soddisfazione e capii finalmente cosa vuol dire raggiungere il sesto senso: il piacere.

Quasi un piacere epicureo l’assenza totale di dolore, tensione o imbarazzo e continuai a leccare quel cazzo in bocca e a stringere i muscoli perineali per sentire di più quel mio cazzo in figa con l’intento di prolungare quell’istante e fu così’. talmente intenso che Maurizio sborrò nella mia bocca. Cerebrale a quel punto mi chiamò a sé e mi infilò quel suo meraviglioso cazzo nella mia bocca, ancora grondante della sborra di Maurizio’e sentire il suo sapore mi diede la spinta a godere di lui’ e solo di lui’. Quasi per mettere la firma ad istanti irripetibili’ fu allora che amai quel cazzo e quella testa e li succhiai con tutta la mia voglia e lui venne prima in me’tra le mie papille gustative’poi sulle mie labbra’sul mio viso’e chiudendo gli occhi mi godetti quel delicato scorrere di lui sulla pelle del mio viso’ Allungò allora le braccia e mi tirò a sé’. E tenendomi avvolta a lui, mi sussurrò all’orecchio:

“Sappi che ti ho bevuta!”

Ed io sapevo già cosa voleva dirmi’. Voleva dirmi’che aveva bevuto la mia urina’. Voleva dirmi che mi aveva fatta sua in tutti i modi possibili’. Fino a bersi la mia ultima intimità. E non sapeva ancora che anch’io lo avevo bevuto.

Ed io finalmente appagata, intenta a godermi le sue carezze, mi accorsi che per la prima volta nella mia vita mi sentivo in coppia e così riaffiorarono alla mente le parole di Baricco’ e non furono scritte parole più giuste per definire un momento come quello:

“…Immobile, con la lanterna spenta in mano, Elisewin sentiva il proprio nome arrivarle da lontano, mescolato al vento e al fragore del mare. Nel buio, davanti a sé, vedeva incrociarsi le piccole luci di tante lanterne, ognuna sperduta in un suo viaggio sull’orlo della burrasca. Non c’erano, nella sua mente, né inquietudine né paura. Un lago tranquillo le era esploso, tutt’a un tratto nell’anima. Aveva lo stesso suono di una voce che conosceva. Si voltò e lentamente tornò sui suoi passi. Non c’era più vento, non c’era più notte, non c’era più mare, per lei. Andava, e sapeva dove andare. Questo era tutto. Sensazione meravigliosa. Di quando il destino finalmente si schiude, e diventa sentiero distinto, e orma inequivocabile, e direzione certa. Il tempo interminabile dell’avvicinamento. Quell’accostarsi. Si vorrebbe non finisse mai. Il gesto di consegnarsi al destino. Quella è un’emozione. Senza più dilemmi, senza più menzogne. Sapere dove. E raggiungerlo. Qualunque sia, il destino.
Camminava – ed era la cosa più bella che avesse mai fatto. Vide la locanda Almayer avvicinarsi. Le sue luci. Lasciò la spiaggia, arrivò sulla soglia, entrò e chiuse la porta dietro di sé quella porta da cui, insieme agli altri, chissà quanto tempo prima, era uscita di corsa, senza ancora nulla sapere. Silenzio. Sul pavimento di legno, un passo dopo l’altro. Granelli di sabbia che scricchiolano sotto i piedi. In un angolo per terra, il mantello caduto a Plasson, nella fretta di corrersene via. Nei cuscini, sulla poltrona, l’orma del corpo di madame Deverià, come se si fosse appena alzata. E al centro della stanza, in piedi, immobile, Adams. Che la guarda.
Un passo dopo l’altro, fino ad arrivargli vicino. E dirgli:
– Non mi farai del male, vero?
– No.
No.
Allora
Elisewin
prese
tra le mani
il volto
di quell’uomo,
e
lo baciò.
Nelle terre di Carewall, non smetterebbero mai di raccontare questa storia. Se solo la conoscessero. Non smetterebbero mai. Ognuno a modo suo, ma tutti continuerebbero a raccontare di quei due e di un’intera notte passata a restituirsi la vita, l’un l’altra, con le labbra e con le mani, una ragazzina che non ha visto nulla e un uomo cha ha visto troppo, uno dentro l’altra – ogni palmo di pelle un viaggio, di scoperta, di ritorno – nella bocca di Adams a sentire il sapore del mondo, sul seno di Elisewin a dimenticarlo – nel grembo di quella notte stravolta, nera burrasca, lapilli di schiuma nel buio, onde cataste franate, rumore, sonore folate, furiose di suono e velocità, lanciate sul pelo del mare, nei nervi del mondo, oceano mare, colosso che gronda, stravolto – sospiri, sospiri nella gola di Elisewin – velluto che vola – sospiri ad ogni passo nuovi in quel mondo che valica monti mai visti e laghi di forme impensabili – sul ventre di Adams il peso bianco di quella ragazzina che dondola musiche mute – chi l’avrebbe mai detto che baciando gli occhi di un uomo si possa vedere così lontano – accarezzando le gambe di una ragazzina si possa correre così veloci e fuggire – fuggire da tutto – vedere lontano – venivano da due più lontani estremi della vita, questo è stupefacente, da pensare che mai si sarebbero sfiorati, se non attraversando da capo a piedi l’universo, e invece nemmeno si erano dovuti cercare, questo è incredibile, e tutto il difficile era stato solo riconoscersi, riconoscersi, una cosa di un attimo, il primo sguardo e già lo sapevano, questo è meraviglioso – questo continuerebbero a raccontare, per sempre, nelle terre di Carewall, perché nessuno possa dimenticare che non si è mai abbastanza lontani per trovarsi, mai – lontani abbastanza – per trovarsi – lo erano quei due, lontani più di chiunque altro e adesso – grida la voce di Elisewin, per i fiumi di storie che forzano la sua anima, e piange Adams, sentendole scivolare via, quelle storie, alla fine finalmente finite – forse il mondo è una ferita e qualcuno la sta ricucendo in quei due corpi che si mescolano – e nemmeno è amore, questo è stupefacente, ma è mani, e pelle, labbra, stupore, sesso, sapore – tristezza, forse – perfino tristezza – desiderio – quando lo racconteranno non diranno la parola amore – mille parole diranno, taceranno amore – ….” (Baricco – Oceano mare)

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