Risplendo addirittura, lo so, nel mio abito rosso, che lascia scoperto gran parte del seno e nude le spalle e tu sei impeccabile, nell’abito grigio con la camicia e la cravatta perfettamente intonate al verdazzurro degli occhi.
Stai seduto vicino a me, a questa tavola rotonda che ha ben poco in c omune con quella dei cavaliere del Grande Re.
Non siamo a Camelot, ma in una nota località turistica ancora semideserta- l’inizio
di un prematuro caldo giugno riscalda gli animi e i corpi- in un lussuoso ristorante, ex villa di antica costruzione, il cui salone delle cerimonie, che occupa tutto il piano terreno, è stato adibito a sala da pranzo; e i miei cavalieri, tranne te, han ben poco da spartire con quegli altri giovanissimi di Cornovaglia; anche se, a dir il vero, mi trattano con galanteria e qualcuno si azzarda pure a sbirciare nella invereconda scollatura.
Son cinque illustri professori Universitari, di una certa età, meno tu.
Tu sei giovane e affascinante, tanto da metter subbuglio nei miei già agitati ormoni , appena ci hanno presentato.
La biochimica che governa l’attrazione fisica tra gli umani non finirà mai di stupirmi.
Mentre conversiamo con gli altri cercando di render meno noiosa questa cena di rappresentanza offerta da una nota casa farmaceutica , noi due continuiamo a scambiarci occhiate di rapina, inquiete, interrogative.
Le schiene sono erette, i gesti controllati, un poco rigidi, ma attraverso i nostri movimenti quasi leziosi- i miei accuratamente studiati per attirarti a me come farebbe un ragno con una mosca nella trappola della sua invisibile tela- è evidente, almeno così credo, l’attrazione reciproca che aumenta vorticosamente con il passar del tempo per assomigliare sempre più a un fiume in piena che minaccia a ogni istante di straripare.
Per calmarmi guardo fuori dalle grandi portefinestre aperte, le cui tende bianche e leggere si gonfiano al vento di mare come vele,per perdermi nella contemplazione dei giganteschi cedri del Libano che fan da mura verdi alla enorme villa.
Sotto la tovaglia le nostre ginocchia si sfiorano casualmente e il contatto mi travolge: un infuocato richiamo sale dalle cosce umide e accende il ventre.
Non è cambiato nulla nei nostri gesti, ma il desiderio è così intenso che lo si può palpare, diventa una nebbia densa e calda che ci isola dal mondo circostante.
Io sollevo la forchetta, socchiudo le labbra e , mentre le nostre dita sulla tovaglia paiono inseguirsi, so con sicurezza che tu indovini il sapore della mia saliva, senti la mia lingua muoversi nella tua bocca come un mollusco soffocante e avvolgente.
Ti guardo negli occhi e mi par di sentire la frase’ti voglio’ salirti alle labbra. Dissimuli tossendo con discrezione.
Eppure pare che nessuno si accorga del nostro turbamento: i riti dell’etichetta vengono compiuti a dovere; ma anche se partecipiamo alla conversazione generale, in realtà non sentiamo niente di quanto viene detto.
L’uragano del desiderio ci rende sordi al mondo.
Abbiamo scatenato forze primitive: ansimi e ruggiti di guerra, immagini di carne cruda, di abbracci crudeli, di lance infiammate, di fiori carnivori.
Senza toccarci sentiamo l’odore e il calore reciproci, intuiamo i nostri corpi nell’atto della resa totale e del piacere , immaginiamo carezze nuove, mai sperimentate prima, così intime e audaci da essere solo nostre.
La tua mano sfiora casualmente la mia mentre, in un soffio, mi mormori all’orecchio:
-Tra quanto finirà questo supplizio?-
Sono atterrita dalla furia travolgente delle mie emozioni, il tamburo del ventre batte con sempre maggior insistenza e in crescendo.
Conto i minuti di questa cena eterna e noiosa , ma nello stesso tempo voglio che la tortura si prolunghi, fino a che il desiderio diventi insostenibile, tanto da indurci a far l’amore qui , su questo tavolo, davanti a tutti questi fantasmi in abiti eleganti , e mi vedo, costretta da te, a piegarmi in avanti sul tavolo, il seno premuto contro la tovaglia sporca, in mezzo ai piatti e bottiglie rovesciate, il vestito ridotto a inesistente straccio sotto le scapole, esposta alla luce dei lampadari viennesi, scarmigliata femmina implorante oscenità , mentre tu mi prendi con forza, da dietro; allora tra gemiti e parole spezzate, preziose stoviglie rotte, macchiati di sugo, gocciolanti di vino,mordiamo e divoriamo.
La visione è così intensa che mi pare di oscillare sull’orlo di un abisso.
Non mi resta altro da fare che verificare se anche a te sono passate davanti agli occhi le stesse immagini..
– Scusatemi, vi prego- mormoro alzandomi- devo telefonare; esco nel parco, speriamo ci sia campo…
-Vengo anche io, ho lo stesso tuo problema…-aggiungi tu, scostando di scatto la sedia.
Usciamo, io malferma sulle gambe, bagnata tra le cosce, con la tua mano che imprime un marchio di fuoco sulla mia schiena nuda , per cercare, nel parco che circonda la villa antica sul mare, un posto buio e tranquillo dove consumare in pace il nostro pasto nudo.
La mia ispiratrice, quando si tratta di racconti che si rifanno al rapporto cibi/sesso è sempre Isabelle Allende e il suo Afrodita.
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Mamma mia ruben, mamma mia... Ti prego, scrivimi a gioiliad1985[at]gmail.com , mi piacerebbe condividere con te le mie esperienze…
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Davvero incredibilmente eccitante, avrei qualche domanda da farvi..se vi andasse mi trovate a questa email grossgiulio@yahoo.com
certoo, contattami qui Asiadu01er@gmail.com
le tue storie mi eccitano tantissimo ma avrei una curiosità che vorrei chiederti in privato: è possibile scriverti via mail?