Se ne stava lì seduta, con lo sguardo nel vuoto, dondolando i piedi oltre la spalletta del canale. All’improvviso una folata di vento la fece ritrarre di scatto e urtò inavvertitamente la birra poggiata accanto a sé, che cadde nell’acqua gorgogliando.
“Cazzo!” imprecò.
Era mezza piena. Poi scoppiò in un pianto dirotto.
Claudio l’aveva osservata dal momento in cui si era avvicinata a qual tratto di spalletta, camminando rapida, aveva anche perso un sandalo durante il tragitto. Aveva gli occhi rossi e gonfi e il mascara le era colato lungo le guance. Il naso le gocciolava e tirava continuamente su, asciugandosi di tanto in tanto con il dorso della mano dopo aver cercato invano nella borsa i fazzoletti. Nonostante immaginasse che non fosse al suo meglio, c’era qualcosa in quella ragazza che lo aveva colpito fin da subito: minuta, abbronzata, capelli mossi scoloriti dal sole tirati su alla bell’e meglio con una matita. Al polso aveva dei braccialetti d’argento che tintinnavano ad ogni tentativo di asciugare gli occhi o il naso. Approfittò di quel momento per avvicinarsi, staccandosi dal suo gruppo d’amici che lo guardavano perplessi e un po’ complici.
“Ciao, mi chiedevo se ti andasse di finire la mia birra, è la seconda che prendo e a me non va più.”
“No, n-no, io non… s-sì, io… scusami” sospirò con la voce ancora rotta dal pianto “Scusami, non sono dell’umore adatto.”
“Non ti preoccupare. Io mi chiamo Claudio.”
A quel punto la ragazza sollevò lo sguardo e Claudio poté vedere i suoi occhi d’un azzurro intenso, chiarissimi nonostante la fioca luce del lampione accanto a loro.
“Silvia, piacere di conoscerti. Non è stata una buona giornata per me. É ancora valida la tua proposta per la birra?”
Senza neanche aspettare una risposta gli sfilò la bottiglia di mano e la bevve tutta d’un fiato, facendone cadere un po’ sulla canottiera bianca, la quale bagnandosi permise a Claudio di intravedere il colore del reggiseno: azzurro chiaro, come i suoi occhi. Nonostante iniziasse ad avvertire un formicolio al basso ventre, continuò a guardarla dritto in faccia e le chiese se per caso avesse voglia di raccontargli che cosa le era capitato.
“Mah, si fa presto” disse Silvia stringendosi nelle spalle per il freddo “il mio ragazzo mi ha lasciata. Più o meno mezz’ora fa. Sono scesa dalla macchina e sono corsa via, ed eccomi qui. Ho anche dimenticato il mio golfino, vaffanculo!”
E iniziò di nuovo a piangere, più per la rabbia che per il dispiacere.
“Dovrei avere una felpa in macchina, se ti va la andiamo a prendere.”
“Ti ringrazio, sto morendo di freddo. Dov’è la tua macchina?”
“Nel parcheggio dietro la chiesa, non lontano.”
Scendendo dalla spalletta Silvia iniziò ad osservare il suo inatteso benefattore. Com’era diverso da Emanuele! Non poteva dirsi magro ma il modo in cui la maglietta spiegazzata gli ricopriva le spalle le faceva venir voglia di stringerlo per le braccia, come a saggiarne la resistenza. Inoltre era alto, molto più alto di lei. Aveva i capelli scuri, di un nero intenso, lucidissimi. E portava gli occhiali, un paio di occhiali con una stanghetta storta, che davano al suo viso un che di asimmetrico. Nonostante quello che a lei pareva essere un gran freddo, aveva la fronte imperlata di gocce di sudore.
“Hai una felpa in macchina per ogni ragazza infreddolita?” gli chiese sarcastica, più per rompere il silenzio che per effettivo interesse.
“Solo per quelle che hanno avuto una brutta giornata”, replicò lui sorridendo.
Arrivati alla macchina, della felpa non c’era traccia. Silvia rimase un attimo interdetta ma notando la sorpresa sul volto di lui ed etichettandola come genuina capì che non aveva nulla da temere.
“Mi dispiace, credevo d’averla presa. Se vuoi puoi entrare un attimo e accendiamo il climatizzatore, o ci spostiamo in un pub, o ti riaccompagno a casa. Dimmi tu.”
Lei gli sorrise debolmente e con un accenno di malizia e senza dire una parola si accomodò sul sedile posteriore, indugiando con lo sguardo sullo smalto rosso dei piedi liberati dai sandali. Claudio non sapeva che fare, se salire al posto di guida o vicino a lei. Si guardò intorno: nel parcheggio non c’era un’anima ed era tutto buio. Si fece coraggio e aprì la portiera posteriore. I due ragazzi si guardarono per qualche istante, poi lui fece scivolare la mano sotto la gonna di lei, che gli si accostò e gli sfilò gli occhiali, indossandoli a sua volta.
“Sei miope.” disse con uno strano tono di sorpresa e soddisfazione, dovuto forse all’imbarazzo.
Non ne ricevette in cambio una conferma ma un bacio appassionato. Claudio le si accostò e la strinse per la vita, baciandola con impeto e spingendola quasi verso il finestrino. Lei ricambiò il suo bacio e avvertì immediatamente una sensazione di umido al di sotto della gonna. Aveva le mutandine zuppe. Cercò con le mani, un po’ goffamente, la cerniera dei pantaloni di lui e sentì il suo cazzo duro al di sotto di questa. Insieme sganciarono i pantaloni con una certa frenesia e quando lei gli abbassò le mutande ebbe modo di osservare l’intensità della sua erezione. Non resistette e gli stampò un bacio sulla cappella, quasi felice per la scoperta appena fatta. Claudio si mise a ridere e iniziò a giocherellare con le spalline della canottiera di Silvia che in un batter d’occhio finì appallottolata su uno dei tappetini. Le sollevò il reggiseno e iniziò a leccarle i seni turgidi e i capezzoli intirizziti dal freddo. La ragazza iniziò a gemere e si sfilò da sola il reggiseno, invitandolo a continuare. Poi fu la volta della gonna e infine delle mutandine, su cui – e Claudio non seppé spiegarsi perché la cosa lo eccitasse a tal punto – erano disegnati dei cagnolini.
“Sei bagnatissima.” le disse stupito.
Poi le sollevò le gambe e iniziò a leccarle il clitoride, la sua lingua la sfiorava con dei piccoli colpetti irregolari.
“Toccami, ti prego, toccami!” gridò lei gemendo di piacere.
Claudio non se lo fece ripetere due volte e infilò, molto lentamente, un dito nella stretta fessura della fica di lei. Poi un’altro, e accelerò il ritmo senza smettere di leccarla. Ad un tratto Silvia si sollevò e dopo averlo baciato e aver sentito nella bocca di lui il suo odore gli si inginocchiò davanti. Il suo cazzo era durissimo. Le vene in rilievo, la pelle liscissima. Sembrava stesse per esplodere da un momento all’altro. Prese a leccarlo dal basso verso l’altro, per tutta la lunghezza e poi lo prese tutto in bocca, succhiandolo con decisione. Claudio non riusciva a respirare, tanto era il piacere che provava, e dovette fare molti sforzi per non venire. Il suo corpo era contratto e quando lei allontanò la bocca e iniziò a toccarlo facendo su e giù con la sua manina tatuata credette di non farcela. La scostò da sé e raggiunse i pantaloni, dai quali estrasse il portafoglio. Fu lei a prendere il preservativo e a farglielo indossare. In un attimo gli fu sopra. Erano entrambi sudatissimi e cercavano i rispettivi corpi con grande avidità, stringendosi e mordendosi. Ad un tratto lei iniziò a muoversi più rapidamente e sussurrò
“Sto per venire… sto per venire!”
Lui assecondò i suoi movimenti e senza trattenersi raggiunse con lei il colmo del piacere in un orgasmo potentissimo e liberatorio.
Si abbracciarono a lungo dopo che fu finito, baciandosi a fior di pelle e intrecciando le dita l’una con l’altro.
“Hai ancora freddo?” le chiese lui.
Lei sorrise. No, non aveva più freddo.
Ciao Ruben, sei un mito! Hai un modo di scrivere che mi fa eccitare! La penso esattamente come te. Se…
Ti ringrazio, sono felice che ti piacciano. Vedremo cosa penserai dei prossimi episodi, quando si chiuderà anche la sottotrama di…
Davvero molto bello. Piacevole come gli altri e decisamente pregno di sentimenti espressi senza risultare melensi o ripetitivi. D'impatto leggiadro,…
Come ti ho detto, in pochi e poche sanno sa scrivere in maniera così eccitante sia dare un senso ad…
Grazie davvero, sono racconti di pura fantasia. Da quando ho scoperto la scrittura come valore terapeutico, la utilizzo per mettere…