Avevamo tutto organizzato per appagare il desiderio di Giorgio, mio figlio, che aveva chiesto un viaggio negli Stati Uniti quale regalo per la sua brillante maturità. Eravamo stati particolarmente inteneriti a sentire Giorgio che chiedeva a me e a Elena, mia moglie, sua madre, di accompagnarlo.
Strano per un quasi diciannovenne. Di solito i ragazzi, a quella età, preferiscono soldi e libertà.
Era tutto pronto. Si doveva partire l’indomani, sabato, per New York.
Tutto pronto, certo, ma era anche pronto il diavoletto che ci va a mettere sempre la coda e spesso riesce a rovinare i programmi. Infatti, la notte prima, tra venerdì e sabato, fui chiamato d’urgenza in clinica ostetrica, per un caso gravissimo e urgente che, per di più, riguardava la figlia di un collega, il primario cardiologo e, tra l’altro, il decano.
Inutile dire il disappunto. Giorgio voleva rinviare tutto.. Alla fine decidemmo: Elena e Giorgio sarebbero partiti regolarmente, io li avrei raggiunti appena possibile.
E così, io andai subito in clinica e loro si alzarono per prepararsi alla partenza.
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Era quasi mezzogiorno quando uscii dalla sala operatoria. Una cosa lunga, delicata, difficile, ma tutto era tecnicamente riuscito bene, ora si doveva attendere la reazione della paziente. Era abbastanza giovane e forte, per cui anche suo padre, il collega cardiologo, era fiducioso.
Mi ringraziò, il professor Rossi, e fummo d’accordo che non restava che attendere, con un’adeguata e oculata terapia. Ci sarebbero volute almeno quarantotto ore prima di sentirsi definitivamente sicuri. Gli dissi che restavo a contatto telefonico, col mio cellulare, e che, in ogni caso, la mio aiuto sarebbe rimasta in clinica.
Guardai l’orologio, Elena e Giorgio erano in volo da quasi quattro ore!
Dal mio studio mi venne in mente di telefonare a Carla, mia sorella. Mi salutava sempre con tanto affetto. La mia sorellina. Ormai anche lei era mamma, da diversi anni, ma per me, di quattordici anni più anziano, era sempre la mia sorellina. Viveva ancora, col marito e il figlio, Marco, nel non grande Capoluogo dove anche io ero stato, da studente, dopo che mio padre, vedovo, s’era risposato. Tutto, bene, d’accordo, ma non appena mi iscrissi all’Università mi trasferii definitivamente a casa di una zia, a Bologna, dove trascorsi i sei anni di Medicina, gli altri cinque per ginecologia-ostetricia, poi ancora tre anni in Inghilterra.
Avevo lasciato Carla che aveva poco più di quattro anni, e poi l’avevo rivista di quando in quando. Un po’ di più dopo il suo matrimonio.
Quando seppe che ero solo, a Roma, mi disse di andare a trascorrere da loro la domenica, o meglio da lei, perché marito e figlio erano con amici alle Tremiti per una gara di pesca subaquea. Ero tentato, ma avevo la mia paziente.
Nell’uscire incontrai il collega Rossi, e così, chiacchierando, gli dissi della partenza dei miei e dell’invito di mia sorella.
Mi esortò ad andare da Carla, non era, poi, tanto lontana, e fino al lunedì pomeriggio c’era solo da attendere. Mi convinse. Chiamai di nuovo Carla e le dissi che sarei arrivato nel tardo pomeriggio.
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Fui accolto con molto affetto, potrei dire con entusiasmo. Non credo che mia sorella mi aveva mai abbracciato e baciato in quel modo. Figlio e marito erano a pesca. Mi sembrava splendente, mi offrì subito qualcosa da bere, mi accompagnò nella camera degli ospiti, sedette in poltrona mentre io mettevo la valigetta sullo sgabello. Si alzò, venne verso me, mi abbracciò di nuovo.
Le dissi che aveva un incantevole aspetto, la guardai a lungo, le presi la mano e la feci girare su sé stessa.
“Si, Carla, sei veramente bella!”
“Trovi? Ne ho quasi 33, Piero..”
Sorrisi.
“Non dirmelo, io sono a 47! Tu stai benissimo, vero?”
Si morse un labbro, leggermente.
“Veramente. è da qualche giorno. ma lasciamo stare. non farai il medico anche con me!”
Le presi di nuovo la mano.
“Non posso impedirmelo. Dimmi.”
“Andiamo in salotto, ti offro da bere e ti dirò cosa sento.”
In effetti mi sembrava particolarmente attraente, Carla. I suoi lunghi capelli neri, quegli occhini di cerbiatta, tutto il suo personale, mi ricordava qualcosa di indefinito, di confuso.
Sedemmo sul divano, vicini, si alzò un momento per prendere l’aperitivo dal frigo-bar, tornò a sedere.
“Allora, Carletta?”
L’abbracciai stretta. Si rincantucciò pigramente, quasi fosse una bambina.
Quante cose avevo perduto di lei. Ma ora sentivo una particolare tenerezza.
“Non credo sia niente di importante, ma ho qualche dolore addominale.sai. come qualche volta mi capitava da adolescente, alle prime mestruazioni.”
“Prendi la pillola?”
Scosse la testa.
“E, come.”
Arrossì.
“Profilattico.. Quando lo facciamo. non troppo di frequente..”
“Beh, piccola, dovrei vedere un po’. Dove posso visitarti?”
“Possiamo andare in camera mia.”
“Veramente il letto, di solito, è troppo basso. Ma in qualche modo faremo. Io, intanto, vado da me e mi lavo le mani, mi tolgo la giacca. credo di avere dei guanti nella busta della valigetta. Va, ti raggiungo.”
“Devo spogliarmi?”
“Credo proprio di si.”
“Mi fa un certo effetto farmi visitare da mio fratello. Tra l’altro, ho un medico femmina, che è anche ginecologa.”
“Dai, che ti ho visto tante volte quando facevi il bagnetto..”
“Ma sono passati trent’anni!”
Le detti un’affettuosa pacca sul sedere e mi avviai verso la mia camera. Si, avevo i guanti, e anche la lampadina frontale, ma non il dilatatore. In qualche modo avremmo fatto. E non è detto che servisse una visita ginecologica.
Quando andai nella camera di Carla, lei era seduta sul letto, con una vestaglia leggera, di quelle a libretto, aperte davanti. I lunghi capelli, nerissimi, sciolti, che le arrivavamo quasi ai fianchi.
Era veramente bella, e quei capelli. ecco. come quelli di mamma. Avevo quindici anni quando la persi, improvvisamente, drammaticamente.
Tirai un profondo respiro. Sorrisi a Carla.
“Carletta, prima di tutto mi devi far vedere come cammini; a volte certi doloretti possono dipendere anche dalle articolazioni dell’anca. Poi devo osservare altre cose per escludere alcune possibilità.”
“Cioè?”
“Quello che potrebbe essere ritenuta una semplice smagliatura, specie in una mammella, può significare altro.”
“Ma. scusa. devo togliere anche la vestaglia?”
Annuii.
“Ma, ripeto, io non mi sono mai presentata completamente nuda a un uomo. oddio, salvo che a mio marito, e adesso.?”
“E adesso lo devi essere davanti a un medico che, tra l’altro, è anche il tuo vecchio fratello.”
Alzò le spalle, si levò in piedi, io sedetti sul letto, lasciò cadere la vestaglia.”
Non l’aveva mai considerata dal punto di vista, diciamo così, anatomico. Era veramente una visione incantevole, la mia sorellina. Statuaria, di forme perfette, senza un’ombra di cellulite.
“Va verso la finestra, Carla, per favore, lentamente. Cammina disinvolta.”
Si avviò verso la finestra. Spalle diritte, glutei perfetti, eccezionali, molto ben sostenuti, e si vedeva che erano ben sodi. I muscoli si muovevano armonicamente. Nulla da eccepire.
“Ora, Carla, voltati, fermati un momento e poi vieni verso me, sempre lentamente.”
Rimase ferma per un attimo, sembrava indecisa. Poi, si voltò.
Rimasi estasiato da quella visione, e dire che di donne più o meno nude ne vedevo tante e tutti i giorni!
Seno florido, meraviglioso, eretto, senza alcuna parvenza di flaccidità. Grosse areole scure e capezzoli carnosi. notai che erano turgidi, dritti. Gambe snelle, ventre piatto, e un foltissimo triangolo nerissimo dal pube all’incontro delle cosce. Si vedevano i lunghi riccioli serici, ed era evidente con quanta cura li tosava, verso gli inguini, per impedirne la. fuoriuscita dalle mutandine.
Un incedere perfetto, maestoso. Aveva lo sguardo rivolto al pavimento, ma vedevo vibrare, quasi insensibilmente, le sue narici.
Quando fu vicina a me mi alzai.
Allungai una mano, palpeggiai attentamente una mammella, per sentire eventuali malaugurati noduli, saggiai la consistenza e la malleabilità del capezzolo ben eretto; poi feci lo stesso con l’altra. Durante questa manovra, Carla era restata con gli occhi chiusi, e si mordicchiava il labbro inferiore.
“Tutto bene, sorellina, benissimo. Ora siedi sul letto, sentiamo il resto.
La feci sdraiare. Palpai l’addome, fegato, milza, reni, il basso ventre, il pube, là dove era l’utero, poi, lateralmente, le ovaie, chiedendo di quando in quando se le facessi male. Disse che verso il basso, centralmente era dove, ogni tanto, avvertiva dei doloretti.
“Ora, sorellina, devi cambiare posizione, mentre indosso i guanti, devi metterti di traverso, con le gambe fuori del letto. Io siederò su quello sgabello basso, appoggerai i tuoi talloni sulle mie spalle, ma devi tenere le gambe non rigide e bel aperte. Soprattutto, devi rilassarti. OK?”
Mi guardò con espressione perplessa, fece un profondo respiro e poi rispose ‘OK’.
Infilai i guanti, e intanto pensavo che i lunghi capelli neri erano come quelli di mamma, e anche nel personale, nel corpo, c’era molto che mi ricordava di mamma. Non l’avevo mai vista nuda, certo, ma ricordavo le sue tette rigogliose quando allattava Carla. Fui percorso da un brivido.
Avvicinai lo sgabello, sedetti, misi la luce frontale e la accesi.
Aiutai Carla a porre i talloni sulle mie spalle.
Più o meno la posizione ginecologica che assumevano le mie pazienti, è vero, ma la visione che si presentò ai miei occhi, non posso negarlo, mi turbò, anzi, mi emozionò. Non era l’organo genitale di una paziente, era il sesso splendido di una femmina incantevole. Incredibile! Stavo eccitandomi!
Mi chinai, guardai attentamente. Una anatomia eccezionale, senza difetti. Grandi labbra meravigliosamente modellate, alquanto turgide. poi le piccole. rosee, perfette, senza sfrangiature, lisce. Un clitoride minuto, elegante, e si vedeva bene che era gonfio, tumido. Guardai Clara, aveva la testa da un lato, gli occhi chiusi, il dorso della mano sulla fronte che era leggermente aggrottata. Abbassai gli occhi, tra le sue gambe, mi soffermai sul folto cespuglio nero del pube. sentii come una scarica elettrica traversarmi la mente, poi un bagliore improvviso, nebbia, confusione, e, lentamente, emergeva dal profondo dei ricordi l’immagine che s’era indelebilmente impressionata nella memoria: mamma, completamente nuda, sul letto, con gli occhi chiusi -dormiva- il lenzuolo raccolto sotto lei, i capelli sparsi, il dorso sulla fronte, le gambe leggermente divaricate, il nero del pube.. Ero andato da lei per chiederle se potessi andare dal mio amico. era un caldissimo pomeriggio di agosto. lei mi aveva detto che avrebbe riposato un po’ a letto, che aveva molto caldo. ma non immaginavo. avevo aperto la porta, senza bussare. ed ero rimasto affascinato di fronte a quello spettacolo, inatteso, ma forse inconsciamente vagheggiato e bramato da sempre. Rimasi impietrito, smarrito, ammaliato, stregato. Mi riusciva difficile perfino a deglutire. avrei voluto toccare. ero agitatissimo ed eccitato. riuscii a capire che dovevo far piano, uscire.. Ma quella visione mi era rimasta dentro.
Mi riscossi da quei ricordi. Quella era Carla.
Non riuscivo a riprendere il ruolo di medico. stavo per toccare il sesso di mia sorella (di mamma?). era tutt’altra cosa da quando ero alle prese con le quotidiane visite nel mio studio. La sfiorai quasi timorosamente. vidi vibrare il suo clitoride. alzai gli occhi verso lei. i capezzoli erano prepotentemente eretti. ed anche in qualcosa di me stava accadendo la stessa cosa. Decisi che non avendo il dilatatore, avrei esplorato direttamente, manualmente. Fu impossibile evitare che una mano si posasse su quel caldo nido rosa in una carezza delicata e amorevole. Il pollice andò istintivamente a sfiorarle il clitoride. Sentii contrarsi l’orifizio vaginale. Guardai Carla. Una strana espressione nel volto, come di ansia e nel contempo di tormento. Mordicchiava il labbro inferiore.
Inutile temporeggiare. Dovevo accertarmi delle condizioni interne della sua vagina e sentire l’utero.
Le dita entrarono in lei, sobbalzò appena, sentii che si irrigidiva.
“Per favore. Carletta. rilassati.”
La mia voce era roca.
Carla aveva sollevato il bacino e la sua muscolatura vaginale stringeva le mie dita. Non solo, ma il suo movimento, il palpitare del suo sesso, lo stringersi e allargarsi delle sue gambe dicevano chiaramente che Carletta stava godendo, si stava avvicinando rapidamente all’orgasmo. di contro.. tra le mie gambe era un inferno. il mio sesso era imprigionato, compresso nei vestiti.
Ero totalmente conquistato anche io da una frenesia incontenibile, incontrollabile. Mossi le dita, in lei, e titillai delicatamente il clitoride. I sussulti di Carla divennero sempre più forti, voltava la testa a destra e manca, respirava a fatica, gemeva, sempre più forte, e fu travolta da un orgasmo sconvolgente. subito seguito da un altro. interminabile. fin quando sentii, con le dita, che stava lentamente rilassandosi.
Aprì appena gli occhi, mi sorrise con un’espressione trasognata, come se non avesse capito quanto era accaduto.
Ma ero io che stavo scoppiando. non riuscendo a mettere bene a fuoco quella splendida femmina nuda che era là, distesa sul letto. ma chi era veramente? Carla o mamma?
Non lo sapevo, non volevo saperlo. e quasi non mi accorsi che m’ero alzato in piedi, tolto guanti e lampadina frontale, spogliato.si, spogliato. col mio fallo prepotentemente eretto, vibrante.
Rimisi i talloni di Carla sulle spalle, mi avvicinai a lei, col glande che guidai all’ingresso fremente della vagina, lo introdussi appena. mi venne incontro col bacino, entrai in lei, lentamente, molto lentamente, fin quando potei. sentii le sue gambe scendere sui miei fianchi, stringersi, attrarmi a lei. Entrai ancora.
Presi a muovermi. sempre più in fretta. Carla sembrava in preda a una specie di delirio, mi attirava su lei, mi prendeva la testa, mi baciava forsennatamente, golosamente, sentivo le sue unghie sulla schiena.. Il suo gemito era gutturale, inarticolato.. Fu di nuovo travolta dall’orgasmo. io non riuscivo più a trattenermi. le dighe si ruppero e la inondai del mio seme caldo, in quantità che non immaginavo poter produrre. e spingevo.spingevo. e lei mi mungeva.avidamente. Eravamo sudati, ansanti.
Rimasi su lei, in lei.
Mi carezzava il volto, la schiena.
Non so quanto tempo trascorse, così. poi la guardai.
“E’ stato favoloso, Piero, sbalorditivo. non immaginavo che si potesse godere così. certo è perché ti desideravo tanto. da sempre.”
Stavo rientrando lentamente in me.
Ebbi un brivido. Carla non prendeva la pillola.
Cercammo di aggiustarci alla meglio, sul letto disfatto. Mi guardò e sorrise, allungò la mano e cercò il mio sesso. incredibile. stava rifiorendo.
Carla, con la massima disinvoltura, si mise a cavalcioni a me, prese il glande e vi si impalò palpitando. mi cavalcò a lungo e quando il piacere la vinse si gettò su me, ingorda, insaziabile.
Poi ci addormentammo. ci svegliammo che era tardi. ci rassettammo alla meglio, andammo in cucina per mangiare qualcosa, bere. ma sapevamo che era il ‘tornare a letto’ che ci interessava.
La notte fu meravigliosa. la sua esuberanza era infinita. non altrettanto le mie risorse. anche per la mia maturità. Ma il piacere fu immenso.
Solo poco prima di partire, chiamato dal mio dovere professionale, Carla sedette sulle mie ginocchia, mi abbracciò e tra un bacio e l’altro mi chiese se io non ritenessi che lei fosse molto simile, fisicamente, alla mamma.
Annuii senza parlare, ma il bacio che le detti confermò la mia risposta.
Le dissi che avrei lasciato un paio di pillole da prendere per evitare che la nostra pazzia potesse avere delle.. conseguenze.
“Devo proprio? Sarebbe così bello avere un figlio tuo.”
“No, Carletta, oggi c’è il DNA.”
Si strinse nelle spalle.
Mi abbracciò stretto e gli occhi erano pieni di lacrime quando la lasciai.
“Sarò sempre qui ad aspettarti, Piero. per un altro consulto!”
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grammaticalmente pessimo........
Ciao Ruben, sei un mito! Hai un modo di scrivere che mi fa eccitare! La penso esattamente come te. Se…
Ti ringrazio, sono felice che ti piacciano. Vedremo cosa penserai dei prossimi episodi, quando si chiuderà anche la sottotrama di…
Davvero molto bello. Piacevole come gli altri e decisamente pregno di sentimenti espressi senza risultare melensi o ripetitivi. D'impatto leggiadro,…
Come ti ho detto, in pochi e poche sanno sa scrivere in maniera così eccitante sia dare un senso ad…