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Racconti Erotici Etero

Nita

By 15 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Secondo me gli ‘sgarbi’ vanno contraccambiati.

Con gli interessi.

In effetti, andavo cercando il casus belli. E da sempre.

Ero geloso di Nita, anche se capivo che si trattava di un sentimento irrazionale.

Sapevo che si sarebbe fidanzata, sposata, avrebbe avuto dei figli.

La cosa, comunque, mi ingelosiva.

La conoscevo da sempre, e quando da bambina cominciò a trasformarsi in una adorabile adolescente, seguii il germogliare delle sue piccole tette, l’aguzzarsi dei suoi capezzolini, il tondeggiare del suo culetto sodo e incantevole. Bellissime natiche a pesca, e avrei voluto esserne il picciolo.

Gambe che neppure Fidia avrebbe sognato, personale incantevole.

Non mi vergogno a dire che i dieci anni d’età che mi separavano da lei erano un ostacolo solo per lo scandalo che una eventuale relazione avrebbe destato, e per il reato che avrei commesso. Era una minorenne, e con le leggi di allora si scherzava poco.

Comunque, riuscii a trovare il modo per carezzarle le esordienti tettine, e stimolarle delicatamente i capezzoli. Mi guardò con un sorrisetto che non riuscivo a capire se ingenuo o complice.

Non lasciavo sfuggire occasione, anzi la creavo, per rendermi conto del progresso del suo fondo schiena e della consistenza.

Ballando, se capitava di restare soli, le facevo chiaramente sentire il mio desiderio. E il fatto che non si allontanasse da me testimoniava che non le era sgradito.

Non mi domandavo se ero io a interessarle o quello che sentiva premerle tra le gambe, indipendentemente dal detentore.

Quelle rare volte che ebbi occasione di andare con lei su un mezzo pubblico, mi mettevo dietro a lei, ben stretto, e, pur cercando di non farmi vedere, le spingevo la mia eccitazione nel solco della pesca e cercavo di carezzarle il più possibile il seno.

Nessuna reazione negativa: prudenza o piacere?

Per ragioni che non sto qui a spiegare, ci vedevamo spesso, molto spesso. E ho sempre cercato di esserle utile scolasticamente.

L’acerba adolescente era divenuta una splendida donna. Per di più, intelligente e perspicace. Il rendimento scolastico era ottimo, la maturità fu applaudita.

Allora usava che all’immatricolazione all’università si celebrasse l’evento, con una festicciola tra amici e parenti, e si consegnasse alla ‘matricola’ il cosiddetto ‘papiello’ che consisteva, in genere, in un disegno spiritoso, anche un po’ osé, considerata l’epoca, con le firme di tutti gli intervenuti.

Mariella, che aveva una particolare capacità artistica, disegnò una provocantissima donnina, tutte curve, meno castigata di quelle di Boccasile, e molto più audace delle allora dominanti signorine ‘grandi firme’.

Erano evidenziate con molto spirito, e grande bravura, le fantastiche curve di Nita: tette da sballo, culo straordinario.

Gigetto, il brufoluto di turno, credette di fare lo spiritoso scrivendo lungo la curva dei glutei: vade retro satana.

Nita mi porse il disegno e la stilografica.

‘Firma anche tu, Piero.’

Firmai Satana.

Mi guardò enigmaticamente.

In quel momento non mi rendevo conto se fosse un affettuoso rimprovero o, che so, una promessa.

E’ bello vagare con la fantasia. Sognare illudendosi che divenga realtà.

Quella idea fissa diveniva ossessione

La domenica successiva, andammo tutti al mare.

I miei occhi erano solo per Nita.

Che schianto di ragazza.

Rimasi sulla sdraia, mentre altri andavano a fare il bagno. Anche Gisella, mia moglie, e Nita s’era sdraiata su un telo azzurro.

Mi guardai intorno, come se facessi qualcosa di sconcio, e senza che lei se ne accorgesse, la fotografai.

Ancor prima dello scadere dei quattro regolamentari anni, aveva superato tutti gli esami, preparata la tesi. Ebbe l’onore della lode.

Non le fu difficile vincere un concorso. Non la solita cattedra per insegnare qualche materia, ma un posto importante e interessante con ampie possibilità di carriera.

Non potevo immaginare che quel concorso avrebbe fatto sorgere in me l’odio più profondo che abbia mai nutrito per qualcuno, nella mia vita, né che sarebbe stato il seme dal quale sarebbe fiorito quanto di più bello abbia avuto.

Nita non rispose mai esplicitamente alla mia domanda.

‘Ma tu lo ami?’

Mugolò qualcosa, indistintamente.

‘Sei sicura di volerlo sposare?’

Alzata di spalle.

‘Andrai a letto con lui!’

Nessuna risposta diretta.

‘Andiamo via, Piero. Si sta facendo tardi.’

Non aveva finito di bere il suo aperitivo.

Io non avevo neppure toccato il mio.

Lui era un essere insignificante e ignorantello. Non che avesse importanza, ma non era laureato. Quindi, dato che erano nella stessa Amministrazione, poteva capitargli di finire alle dipendenze della moglie. E la sua presunzione, il suo maschilismo, il suo gallismo, mal si conciliava con quella futura probabile situazione.

I rapporti tra me e lui non erano né cordiali né freddi.

Non saprei definirli.

E fu il giorno delle loro maledette nozze che incassai lo ‘sgarbo’.

Quale?

Che importanza ha.

Quello che io considero, ‘sgarbo’ imperdonabile per altri può non significare nulla. Se lo dico, qualcuno potrebbe sganasciarsi per il ridere, e io desidero proteggere le sue mascelle.

Sono io il destinatario dello sgarbo, e io devo pensare al contraccambio.

^^^

Si trasferirono in un vicino capoluogo.

Guarda caso, invitarono me e Gisella a trascorrere qualche giorno con loro. Non so se l’iniziativa partì da lui o da lei.

Abitavano in un bel villino, alla periferia.

Luigi, il marito, quella mattina era di turno.

Gisella mi chiese d accompagnarla alla messa. Era di domenica.

Io nicchiai. Le dissi che avremmo visto’ più tardi’ in mattinata.

Lei s’innervosì.

‘Ho capito, sei il solito ateo. Ci vado io, sola. E subito.’

Si preparò in fretta e uscì.

Nita, credo, sentendo chiudere la porta di casa credette d’essere sola in casa.

La udii che andava nel bagno, sentii scrosciare la doccia.

Mi alzai senza far rumore, uscii nel corridoio.

La porta non era chiusa.

Come un collegiale timido e complessato, corsi a prendere la mia DigitalNikon, e tornai, cercando di non farmi scorgere. Nita era in piena luce, magnifica, eccitante. Avrei voluto averla subito, lì.

Un petto incantevole, appena carezzato dai capelli sciolti. Com’era bella, provocante, stuzzicante.

Fianchi meravigliosi, una foresta di riccioli bruni le impreziosiva il pube, nascondeva lo scrigno dei miei desideri.

Così, eccitato com’ero, ero tentato di entrare, di prenderla sul momento, dove era. Sognavo di sentire le sue gambe avvinghiate ai miei fianchi.

Per fortuna, il trillo del telefono spezzò quella tensione diabolica, pericolosissima.

Tornai di corsa in camera. Mentre lei appena avvolta in un corto accappatoio andava a rispondere al telefono.

L’agitazione e l’eccitazione non accennavano a diminuire.

Sentivo le tempie pulsare.

Gisella mi trovò ancora a letto.

Mi guardò attentamente.

Le dissi di chiudere a porta.

Le feci cenno di avvicinarsi. Presi la sua mano e la trascinai sul letto.

‘Piero’ manco da meno di un’ora’ dammi il tempo di spogliarmi”

L’aiutai freneticamente-

Quando fu completamente nuda, appena col bacino sulla sponda del letto, le gambe divaricate, il sesso in mostra e visibilmente pronto, la penetrai con foga. La sentii sussultare come non mai, raggiungere appassionatamente un voluttuoso orgasmo. Io seguitavo, instancabile, e lei rinnovava il suo piacere, non riuscendo più a soffocare i suoi gemiti, fin quando m’abbattei su lei, inondandola di me.

Respirava con affanno.

‘Piero, ti fa bene quest’aria’ benissimo’ dobbiamo tornarci spesso!’

‘Sei stata splendida.. Gisella”

M’ero dovuto fermare un istante, per non sbagliare nome.

‘Oggi sei davvero insuperabile.’

Sorrisi, come per non dare peso al colloquio.

‘Non farmi troppa propaganda, però”

‘Fossi matta. Così desterei curiosità e interesse nelle mie amiche’magari a cominciare da quella gatta morta di Nita.’

Il solo nome ebbe un effetto miracolosamente afrodisiaco.

L’erezione fu rapida e di tale portata che Gisella non poté evitare di profittarne.

Abile amazzone, si fece languidamente impalare prima di iniziare al piccolo trotto e poi sfrenarsi in un travolgente galoppo che seppe voluttuosamente condurre per il suo e mio godimento, che ci unì nello stesso sussulto, mentre dalle sue labbra tremanti e socchiuse sfuggiva il rauco grido vittorioso del fantino che taglia trionfalmente il traguardo stringendo entusiasticamente le gambe alla sua cavalcatura.

^^^

Preparare un ‘controsgarbo’ richiede riflessione, raffinatezza, freddezza.

Soprattutto quando si é deciso che consiste nel portarsi a letto la moglie dello sgarbista.

A parte che quella donna, moglie di chiunque o di nessuno, erano anni che la guatavo, la bramavo, la smaniavo, la trasfondevo in quelle che mi accoglievano ardentemente in loro.

M’era comodo, comunque, spacciarlo per ‘controsgarbo’, sentivo che mi giustificava, mi legittimava.

Bisognava pensare diverse cose.

Le persone:

Gigetto, il marito di Nita, e mi piaceva chiamarlo così dispregiativamente, per le sue modeste doti, l’angusto spirito, la pochezza totale.

Gisella, mia moglie, gran pezzo di donna, ardente e passionale, che aveva l’unito torto di non essere Nita.

Il luogo: dove?

Il tempo: quando?

Il modo: come? Forse era il problema meno agevole da risolvere.

Anche se avessi saputo superare persone, luogo e tempo, come dovevo agire con Nita?

Pensai perfino ad eccitarla con qualche pozione.

Mi rivolsi a Valentino, mio carissimo amico e farmacologo al CNR.

Mi disse che non era facile dire se e quale preparato potesse eccitate sessualmente una donna. Si, anche l’eccitazione femminile era collegata ad aumento di afflusso sanguigno nei genitali. Infatti, le grandi labbra si enfiano, i peli che l’ornano e la circondano s’increspano. Qualcun dice che si incriccano. Il clitoride diviene tumescente e sensibile, le pareti vaginali si autolubrificano’. Ma non si conosce pillola o gocce che provochino ciò automaticamente. Si parlava di Mirtazapina, Yohimbina, ma ricerche mirate avevano dimostrato che non v’era stata eccitazione superiore a quella provocata da un placebo.

Per il ‘modo’, quindi, bisognava affidarsi all’inventiva del momento, e soprattutto alla normale sensibilità verso il richiamo sessuale.

Dovevo provvedere al resto

Una opportuna visita al giovane Sottosegretario che era stato mio compagno di banco, riuscì a convincerlo ad inserire Gigetto nel gruppo che doveva recarsi in Belgio per cercare di portare a conclusione la vecchissima questione legata ai fatti di Marcinelle.

L’ometto, a giudicare dalla sua cartella personale, non ne aveva i titoli, ma un portaborse fa sempre comodo.

Gli raccomandai di non far trapelare che c’era stato il mio interessamento.

Il Sottosegretario mi rassicurò.

Accompagnandomi alla porta mi chiese, però, se, per caso, non mi scopassi la moglie di quel tal Gigetto!

Gisella era alle prese coi suoi allievi, con i loro progetti dai quali derivava, appunto, il parere dell’esaminatore in merito all’idoneità progettuale del candidato. Non avrebbe lasciato quei ragazzi per tutto l’oro del mondo.

Quindi, via Gigetto, ferma Gisella.

Il luogo non poteva essere che quello dove Nita lavorava.

Prenotai l’albergo per lo stesso giorno in cui Gigetto sarebbe partito, e ricordai al direttore dell’Hotel che dovevo svolgere una missione molto riservata, per cui chi mi avesse cercato, di persona o telefonicamente, doveva essere informato che ero occupatissimo con la controparte. In caso di telefonata notturna, si doveva tirare in ballo una speciale sessione conclusiva che non si poteva prevedere quanto durava.

C’era da attendere l’ora X. La settimana successiva.

Ci mise un’eternità a giungere.

^^^

Gisella sapeva degli incontri riservati, a Viterbo, con una missione industriale straniera. Era rammaricata di non potermi accompagnare e mi raccomandò di non fare il solito orso, e di andare a trovare Nita.

La rassicurai.

A metà mattina ero all’ufficio di Nita.

Mi accolse col suo incantevole sorriso, che mi parve più radioso del solito.

L’abbracciai, e il normale bacio sulla guancia incontrò le sue labbra vermiglie, per’ un mio movimento maldestro, le mani si assicurarono che quel paradisiaco emisfero fosse sempre lo stesso.

No! Era meglio!

Nita era usa a quel mio indulgere sul suo corpo ammaliante, e tollerava tollerante. Io speravo fosse condiscendente.

Mi comunicò che Gigetto (lei diceva Luigi) era partito quello stesso mattino, per un compito all’estero di cui andava fiero. Anche in alto, diceva, avevano compreso i suoi meriti.

‘Allora, piccola Nita, possiamo restare a pranzo insieme.’

‘Ma io esco tardi.. e poi’ va bene che forse sanno chi sei e quali rapporti ci legano, ma non sono mai andata in giro, in questa piccola città, con un uomo che non fosse Luigi.’

‘Piccola borghese, quando ti scosterai da dosso questo puritanesimo ipocrita?’

‘Perché ipocrita.. &egrave il mio modo di vedere le cose. Inoltre sono vestita così”

‘Elegante come sempre. Dai, non farti pregare. Prenoto alle Terme. Li ti conoscono, vero? Prenoto a nome tuo.’

‘OK, con te &egrave inutile parlare, fai sempre quello che vuoi.’

‘Lo spero!’

‘Allora’ diciamo alle tredici, qui?’

‘Grazie, sei sempre deliziosa. Meriti un bacio.’

Fui più maldestro di prima, e approfondii meglio la ricognizione.

Ero ad attenderla, quando uscì.

Avevo proprio ragione a definirla la visione che incanta.

L’aiutai a salire in auto. Le diedi la grossa busta di carta col nome del più elegante negozio di abbigliamento della città.

‘E questo cosa &egrave?’

‘Aprire e vedere.’

Ne estrasse un’altra busta, di cellophan, che conteneva un modernissimo ed elegante costume da bagno.

‘Bellissimo, ma cosa ci devo fare?’

‘Andiamo alle Terme, no? Può sempre venirci l’idea di fare un tuffo nella tiepida e accogliente piscina.’

‘A parte che mi sembra un po’ troppo osé, per me, ma &egrave già ora di pranzo, credo.’

‘Certo, ma nessuno ci obbliga a tornare di corsa. Ci sono sdraie, camere, tutto il necessario per riposare. Il tuffo può avvenire nel tardo pomeriggio.’

‘Piero, il solito vulcano di idee. Per questo c’&egrave una valigetta sul sedile posteriore, la tua roba da bagno.’

‘Anche.’

‘Perché, cosa altro contiene?’

‘La mia nuova macchina fotografica, una professionale. Te la farò vedere e mi auguro che ti farai riprendere.’

Mi guardò con una strana espressione, tra divertita e di rimprovero.

‘In pose ‘artistiche’.

‘Indovinato, sei un fenomeno.’

Le Terme non erano molto lontane, parcheggiammo all’ombra, ci avviammo alla palazzina che ospitavo l’Hotel e il Ristorante.

Nita portava la sua borsa col costume, io la valigetta. Lasciammo tutto alla reception, e prima di entrare nella Sala, ci fermammo per una rapida rinfrescatina.

Gustammo cose leggere e squisite.

Parlammo di noi, del tempo passato, della realtà presente.

Era vera tenerezza che provavo per lei, per la mia piccola Nita, quando tenevo tra le mie la sua piccola manina e la carezzavo dolcemente.

Ci facemmo servire il caff&egrave nel verde giardino, mentre eravamo sul dondolo tra alte siepi fiorite.

Mi sembrava cogliere una vena di malinconia, nelle sue parole, le avevo cinta la vita e lei aveva poggiato i suoi bei capelli neri sulla mia spalla. Accettava i piccoli baci che deponevo sul suo visino delizioso. Momenti di vera felicità.

C’era qualcosa che ci legava, non lo si poteva negare né trascurare.

E, almeno per me, questo rendeva Nita ancora più attraente e desiderabile.

Lei lo sapeva, non poteva ignorarlo.

‘Sto bene, con te, Piero. Mi sento sicura, protetta, rilassata. Sento che posso confidarmi.’

‘Lo sai, sei la mia piccola Nita, la bambina di allora, la giovinetta, la fiorente donna”

‘Sssss, lasciami sognare così’!’

^^^

Mi &egrave difficile descrivere cosa provavo in quel momento.

Il desiderio di farla mia ‘mi si consenta la forma decadenziale- era sempre vivo e pressante, ma non era suscitato dalla sola eccitazione puramente ed esclusivamente carnale. Vi era qualcosa di tenero, la certezza che in lei avrei inciso indelebilmente il mio amore, il vincolo di una totale e assoluta protezione per la cosa a me più cara, perché mia!

Sentivo che Nita anelava sentire nella sua carne impresso un amore come il mio, una promessa come la mia.

E quel pensiero la rendeva cedevole e desiderosa di accogliere il mio impaziente scalpello.

Non avemmo bisogno di parlare.

Ci avviammo, mano nella mano, a riprendere le nostre cose lasciate alla reception, poi andammo all’auto. Guidai lentamente, tenendo, quando possibile, una mano sulla sua coscia. Non dovetti chiederle nulla, ci avviammo verso la sua casa, in cima alla collina, nel verde.

Entrammo nel silenzio ovattato e accogliente.

‘Vorrei vedere come ti sta il costume”

Mi sorrise con infinita dolcezza.

‘Vieni”

Mi condusse nel salotto, con un accogliente sofà, comode poltrone.

A quel punto riaffiorò il ‘controsgarbo’.

‘Andiamo nella tua camera, Nita.’

Mi guardò, ma non disse nulla.

Ecco, quello era il letto dove dormiva e’ (non volevo pensarci) con Gigetto!

Dovevo farlo lì!

Mi indicò lo sgabello a piedi del letto.

Aprì la busta col costume, un delizioso e minuscolo due pezzi, e lo depose sul letto.

Andai nell’anticamera, dove avevo lasciato la valigetta, l’aprii, presi la macchina fotografica. Tornai in camera.

Nita aggrottò le sopracciglia, vedendo la macchina.

‘Non temere, piccola, nulla che tu non vorrai.’

Tolsi la giacca e la misi sulla poltrona vicino alla toilette, tornai a sedermi sullo sgabello.

Ero fortemente eccitato.

Nita, intanto, aveva cominciato a spogliarsi, rimase completamente nuda, per un istante, poi allacciò lo slip e il reggiseno.

Venne dinanzi a me.

Ero completamente stordito e sbalordito da quello spettacolo.

Tutto stava accadendo con semplicità e naturalezza, come se lo sapessimo da sempre. Forse lo sapevamo.

Ecco quelle forme nella loro realtà, senza veli, più belle e attraenti di come le mie rapaci dita avevano cercato di conoscere.

Mi alzai, la presi tra le mie braccia, la baciai per la prima volta nella mia vita come avevo sempre desiderato, ed ero ricambiato, appassionatamente.

Sciolsi i lacci del reggiseno e succhiai avidamente i suoi capezzoli, sentivo il suo ventre fremere, e, senza lasciare quel dolce ciucciare, feci cadere sul tappeto il piccolo triangolo dello slip. Mai la mia mano aveva carezzato un così delizioso prato di riccioli di seta, mai aveva sentito il caldo turgore di simili labbra nascondenti il sogno della mia vita.

Quello che mi faceva impazzire era che Nita, sbottonava la mia camicia, introduceva le sue mani sul mio petto, mi carezzava, e con le sue labbra cercava la mia bocca.

Presto, fummo entrambi completamente nudi, visibilmente e voluttuosamente eccitati.

Il letto era li. Quel letto.

Mi accolse con naturalezza, non la prima volta di due amanti, ma la ricerca di note sensazioni che si volevano rinnovare, approfondire.

Era fatta per me.

Ero fatto per lei.

Si conoscevano allora, i nostri corpi, ma sapevano tutto dell’altro.

Non solo il piacere, ma l’amore, la tenerezza, ci travolsero, più e più volte, facendola godere, facendomi godere quanto non avrei, non avremmo immaginato.

Una sensazione indescrivibile, più che un semplice piacere sessuale, poter spargere in quelle frementi e calde zolle, tutto il mio seme, che s’era prodigiosamente accresciuto per non lasciare un solo millimetro di lei senza quel balsamico lenitivo.

Eravamo spossati ma non sazi, lei riversa su me.

La mia bocca vicino al suo orecchio.

Le sussurrai piano.

‘Hai preso la pillola?’

‘Non l’ho mai presa.’

Lo disse con disarmante semplicità.

La guardai quasi preoccupato.

‘Non siamo incauti?’

‘Perché? Sono sposata da qualche tempo e non sono mai rimasta incinta.’

‘Che vuol dire?’

‘Che forse non devo avere figli.. che ne so”

Disse che andava a bere così.

Si alzò, e senza nulla addosso andò in cucina, tornò, sedette sullo sgabello.

Era bellissima.

Avevo preso la macchina fotografica, la guardai, un segno di assenso, scattai.

Nita disse che forse un drink ci voleva.

‘Aspettami qui, torno subito.’

Tornò con due bicchieri su di un vassoio.

‘Gin fizz, tonico, dissetante, corroborante. Io ne ho bisogno, tu?’

‘Che ne dici?’

‘Veramente non sembra, vista la tua inesauribilità.’

‘Adulatrice.’

‘Non direi.’

E con gli occhi indicava il mio fallo che a quelle parole s’era nuovamente imbaldanzito.

Aveva il volto alquanto teso.

‘Qualcosa non va, piccola?’

‘Va tutto arcibene, &egrave andato tutto meravigliosamente.’

‘Allora?’

‘Stavo pensando’ assurdità”

‘Posso conoscerle?’

‘Sono a disagio, non vorrei parlarne”

‘A disagio con me?’

‘Hai ragione, sei l’univa persona al mondo al quale posso e voglio dire tutto, a costo di essere mal giudicata.’

‘Vieni vicina a me.’

Ero disteso sul letto, si mise a cavalcioni, col mio fallo ben stretto tra le sue splendide gambe.’

‘Voglio che tu ricordi di me qualcosa che &egrave e sarà solo tua.’

‘Ma mi hai donato tutta te stessa, in modo sublime, paradisiaco.’

Si chinò su me, mi sussurrò qualcosa nell’orecchio. Parole smozzicate, quasi farfugliate, e il suo volto arrossì visibilmente.

Si alzò di nuovo, sempre imprigionando il mio sesso tra le sue grandi labbra, e mi guardò.

‘Sconvolto?’

‘Sconvolto? Cosa dici. Mi sento come un povero mendicante cui una dea abbia promesso il più grande e prezioso tesoro che abbia mai immaginato e sperato.’

S’illuminò.

‘Per sempre e solo a te, Piero. Qualsiasi cosa accada, a costo della mia stessa vita.’

Fu una cosa non semplicissima, ma ne valse la pena.

Ricordo unico, quello che mi regalò l’imprevedibile Nita.

Mai, con nessuna altra, simile esperienza mi dette, neppure lontanamente, la stessa sensazione.

E non immaginavo che Nita potesse esserne così entusiasta e trarne tanta voluttà.

I suoi gemiti erano particolari, il suo grido orgasmico irripetibile.

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Qualche mese dopo, l’insignificante Gigetto e la sempre più ‘bona’ Nita,, a me sempre meno sconosciuta, ci vennero a trovare.

‘Devo darvi una notizia che spero sia bella anche per voi”

Disse Nita, mentre il marito, con la solita faccia inespressiva guardava sorridendo come uno scemo.

‘Aspetto un bambino’ &egrave un maschietto’ ne sono felicissima”

Gisella ed io ci alzammo e andammo ad abbracciarla, stringemmo la mano al babbeo.

‘Vorrei anche che foste voi i padrini di battesimo.’

Rispondemmo all’unisono, Gisella ed io, che ne eravamo lusingati.

Gisella era curiosa.

‘Come lo chiamerete?’

‘Piero.’

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