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Racconti Erotici Etero

Ricordi di Berlino

By 12 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Erano anni di fuoco.

Ricordo la grande porta di Brandeburgo, affollata di giovani ariani che veneravano la musica techno, il sesso, e bevevano birra in continuazione. I loro schiamazzi arrivavano lontano. E le loro mani alzate al cielo mettevano paura.

Io non ero come loro. Loro fumavano, scherzavano, facevano a cazzotti, e soprattutto, facevano sesso. Era una gioventù sfrenata, che non aveva paura di vivere, né di morire.

A Berlino c’erano molti ragazzacci di strada, molte puttanelle giovani che si potevano incontrare ad ogni angolo anche di giorno. Le stazioni ne erano piene. Ma le potevate incontrare anche al metrò. Io ero un semplice turista. In quell’estate torrida e afosa, che forse avrei preferito trascorrere su di una spiaggia lontana, mi trovavo invece in una città sconosciuta, piena di Venere e di piacere.

Avevano costruito templi della musica techno dappertutto. E il sabato sera, in certi quartieri, il fracasso era forte. Cercavo di immaginarmi il volto di colei che aveva rapito i miei sensi’ E lo rivedevo in un sogno d’inverno, in cui spiccavano i campanili fatati di Berlino, i suoi tetti, bianchi di neve, quelle case che sembravano disegnate dalle streghe. Forse, anche lei era una strega, con le labbra rosse, che stringevano una sigaretta, i lunghi capelli biondi, gli occhi celesti, non era una delle tante Valchirie che abitano quei paesi nordici. Era molto di più, avvolta nel suo mantello nero, bordato di pizzo, la collana di perle che le adornava il seno nudo, quelle gambe statuarie, che tanto amava mostrare. E le aveva allargate per me, per farsi penetrare, affinché sperimentassimo assieme le gioie del sesso, e del sesso anale specialmente. Ah, come scopava’

Ero entrato in una discoteca dal fascino particolare: le pareti erano adorne di arazzi e di stucchi dorati, c’erano specchiere d’oro cesellato, e dei lampadari di cristallo emanavano delle luci eleganti e raffinate. C’era anche un orologio a pendolo, in un angolo, e delle statue di Venere nuda.

Per il resto, la grande sala era ingombra di gioventù. Ed era una gioventù che amava fumare, bere e diverirsi. Dimenticavo: la stanza era inondata di fumo. E c’erano ragazzi e ragazze altissimi, con i capelli rossi e biondi, i muscoli che scoppiavano sotto le magliette, o i seni enormi, che i top scollati riuscivano a malapena a contenere. Si scherzava e si faceva sesso in pubblico, senza pregiudizi. Gli scienziati avevano fatto molto per quella gioventù, distribuendo loro gratuitamente pastiglie di ormone della crescita, per aumentare di statura, e profilattici, per usare la sessualità come strumento di relazione.

Voi credete che in quel locale fatto apposta per Mozart si ballasse qualcosa di elegante. Invece no: si ballava la musica delle Streghe, sì, avete capito bene, quella del sabato notte, ah, mi sembra ancora di vedere, quelle ragazze, come se avessero dei grandi cappelli neri a falde larghe, o piumati, e la bacchetta di legno in mano. Erano tutte valchirie, stangone e prosperose.

Ed era stato alla luce di quei lampadari rococò che avevo visto lei. Una donna così, era indimenticabile. E in quel locale che addirittura odorava di sperma e di preservativi mi disse di volermi incontrare altrove. Aveva un’amica, bella come lei, e voleva presentarmela.

Facemmo amicizia. Ma a me non bastava.

Erano tutte e due giuriste nel grande tribunale di Berlino. Mi sembrava incredibile, così belle, così giovani’

Mi diedero appuntamento nella loro casa di campagna, per festeggiare il compleanno di una di loro. Avremmo riso e scherzato.

Le aspettai sotto una grande quercia.

Ed ecco venire verso di me la mia amata, vestita con una lunga toga nera, e il bavero. Teneva in mano una copia del vecchio Codice Civile tedesco, il celebre ‘Burgerliches Gesetzbuch” Rideva. Cominciò a leggermi gli articoli sul ‘Mandatum Pecunia Credendi’, facendomi cenno di avvicinarmi.

Mi inginocchiai davanti a lei e scoprii che sotto la toga era completamente nuda.

E leggeva, leggeva, ma la sua voce tradiva il piacere, mentre le mie mani si muovevano sulle sue gambe carnose, sui suoi piedi scalzi, sulle sue unghie tinte di rosso, che succhiavo, poi, salivo in su, in su.

Era senza mutandine, fradicia.

Continuava sempre a leggere del ‘Mandato’, mentre la mia lingua si insinuava sul suo clitoride, e minacciava la sua fica’

HHHHA’IL MANDANTE’.AH, DAI’ PUO’ REVOCARE IL MANDATO’ AH, AH, OOOHI’HHH’ COSI” FINO A QUANDO IL MANDATARIO’ AHHHH’ NON L’HA SUCCHIATA PER BENE’

Forse erano frottole quello che stava leggendo, ma io continuavo a leccarla come una bestia, e lei mi costringeva a farlo, tenendomi la testa con tutte e due le mani all’altezza della fica. Aveva buttato alle ortiche il suo codice civile, che non serviva a nulla’

– Fammi godere ‘ mi disse, nel suo tedesco bestiale.

Era fradicia, fradicia, fradicia’ E sbrodolava sempre di più, mi accorsi del bel tatuaggio che portava sulla coscia, la bandiera della Germania, a strisce gialle, rosse e nere, poi, fece AAAAAHHHI e venne più volte. Io non smettevo mai, e lei s’appoggiò al tronco della quercia con un braccio, mentre con una mano mi teneva per i capelli, costringendomi a succhiargliela.

Ma anch’io la tenevo stretta, per le caviglie, per quella caviglia agghindata con una catenina d’oro, o per le ginocchia statuarie, o quei piedi da Fata Turchina che aveva. I suoi enormi seni ballavano in continuazione, mentre riuscivo a strapparle dei gemiti di piacere che avrebbero innalzato il pene di un cadavere. HHMMMMM’ OHHHHHI’HHHHHAAAAAAA’ HMMMM’ COSI’, DAI’ OHHH’ era una bestia.

Poi mi disse di smetterla.

Mi accorsi che lei e la sua amica avevano scelto una casa davvero strana per festeggiare. Era rossa, a forma di fungo, una grande scala di legno le correva intorno.

Forse, era la casa delle streghe.

La sua amica scese e venne a me da quelle scale. Lei non era vestita da giurista, con la toga. Era altissima, e aveva una gonna stretta sopra il ginocchio, decorata con una catenina di bigiotteria. Era tutta vestita di blu, se poi era vestita. Mi accorsi del suo petto enorme, del rossetto che aveva sulle labbra’ era così amichevole e cordiale, così gentile’ Mi salutò baciandomi sulla bocca, con una prorompente carica d’affetto, dopo essermi corsa incontro.

– Ciao!

– Ciao.

La sua manina con le unghie dipinte portava la mia sulla’

Il resto dell’avventura ve lo lascio immaginare.

Ricordo soltanto che durante il viaggio, appeso alle pareti della mia stanza da letto volevo soltanto il poster gigante della Venere del Botticelli, la mia dea preferita, oltre ad altre splendide femmine da masturbazione.

L’autunno e la notte arrivavano presto in quella città. E le foglie delle grandi querce cadevano al suolo, ricoprivano i tetti delle case, avvolgevano come per magia le fate del Nord, che passavano avvolte nei loro lunghi manti, che ondeggiavano al vento.

E di fate, ne incontrai molte.

Forse, più di quante si potesse immaginare, e tutte sotto le stelle argentee e fredde che si raccontano nelle fiabe.

Avevano i capelli rossi o biondi, come quelli degli angeli, e le loro labbra rosse sembravano essere fatte apposta per regalare dei baci.

Forse, erano nate davvero dai ghiacci, o dalle stelle, forse, era stato il Vento del Nord a creare quei volti, dalla pelle di luna, dagli occhi verdi o azzurri, che brillavano come perle dell’inverno.

Avrei voluto morire con loro.

Oh, sì, avrei voluto morire consolato da quelle braccia, fatte solo per abbracciare, e da quelle labbra, create soltanto per dire ich liebe dich’

Incontrai fate dai capelli turchini, dai capelli di smeraldo e d’argento, forse, erano soltanto dei sogni.

Oh, forse, non erano per me!

Erano stelle proibite del Nord, scese dal cielo per brillare un solo giorno, e poi spegnersi nel blu.

Rammento soltanto dei lunghi boccoli biondi, un volto di bambola, delle lacrime’

E ripensandoci, piango.

Quelle fate mi avevano abbracciato, regalandomi i loro baci proibiti. E tutte mi avevano giurato di serbarmi per sempre nei loro ricordi.

Forse un giorno sarei morto, forse un giorno mi sarei accorto di vivere soltanto per piangere’

Ma allora avrei ricordato quei manti turchini e stellati, prima di chiudere gli occhi per l’ultima volta, e quei baci, quei dolci baci, regalati al freddo vento del Nord, o tra le brume che avvolgevano i boschi di betulle, sarebbero stati tutta la mia vita.

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