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Racconti Erotici Etero

Sei tu che mi fiacchi le gambe

By 10 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Sei tu che mi fiacchi le gambe e mi nutri la fica, che mi lasci sospesa a pensare, che se non esistessi non sarei bucata qui in mezzo, tra queste gambe che slargo e cospargo, perché tu non possa trovare mai attrito.

Sei tu che mi spezzi il respiro e mi stringi la gola, fino a zittirmi parole che riduci a vapore mentre mi rintani la voglia e mi fai sentire ripiena non appena la mia bocca si schiude come un cannolo che mordi e trasborda di crema.

E’ nuda e non la copro di nulla! Perché non sia mai che io possa incauta sbarrarti la strada, dentro qualsiasi ora tu la sorprenda, dentro qualsiasi posto ti salga la voglia.

Ringrazio il cielo per avermela fatta più bella di quell’altra rosa che cogli e ne fai paragone, di quell’altra conchiglia dove poggi l’orecchio e invano ne ascolti i flutti di mare.

Sei dietro di me e t’imploro di strapparmi i capelli, di farmi capire quanto dolore può sopportare il mio ventre, quanta donna c’è dentro quest’anima che a carponi lecca la terra e mastica erba.

Fammi davvero sentire il pianto d’un bimbo, che affiora innocente da questo strazio di carne laddove il mio sogno mi conduce ogni notte, dove vado cercando il contrario di questa voragine che mi convince ogni volta d’essere solo fatta di pelle, d’essere faccia e mani che tu dici di donna, ma indietro ricevi solo eco e rimbombo.

Ti prego non farmi domande! Non cercare risposte dentro queste pieghe che slarghi e si fanno capienti senza avere il pretesto di fingere amore se non esiste ragione. Perché non servi per nutrire il mio cuore, non servo per baciarti le labbra, perché mai ne conoscerò il sapore se m’assale la voglia quando abbaio alla luna, se m’aggrappo alla terra e m’imbratto la faccia.

Dimmi solo che non valgo poi nulla, quanto un semplice buco che incontri per strada, che se solo volessi lo troveresti al di là della siepe, sotto qualsiasi gonna, che come me s’asciuga le voglie al vento che filtra. Voglio sentirtelo dire perché di null’altro ho bisogno! Scopami l’illusione fino a scardinarmi l’incanto, che domani potrei avere una faccia per avere rispetto o un sentimento per lasciarmi montare guardando la luna. No, oddio, se fosse così, avrei vissuto per niente, non avrei capito che l’uomo è fatto solo di cazzo, che è lì pronto a contare le parole che mancano, alla certezza che spalancherò altra carne. Amore! Ma che dico? Che stronza parola che ci infarcisce la bocca e ci illude le vene per il solo motivo di sentire la brama che avida penetra, che ingorda trattengo.

Amore! Ma che dico? Giurami solo che questa passione non attraverserà mai la siepe, che sarà sempre impregnata d’odori di foglie e di muffa, che non avrà mai luce d’alba che rischiara il mistero e ne assopisce la forza, che ora mi spacca e frantuma la timida larva di senno che incerta s’annida dentro la carne. Giurami che non mi seguirai avvolta nel neon, lungo questa città che cancella le orme dei miei tacchi indecenti, che mi ridà maniere e contegno fatti appena due passi. Fino a quando queste labbra ricomposte baceranno la fronte dei miei nipotini, e diranno tesoro a chi mi sta aspettando in poltrona e mi bacia tra i seni che crede esclusivi.

Dimmi che mai nessuno potrà riconoscermi come animale che struscia a bocconi, come bidone che fa incetta di pioggia, come cucchiaio di miele che cola quando avvicini la bocca.

Confrontami con chi ora culla il suo bimbo, che seduta in panchina conta i minuti per la prossima pappa. Fammi sentire che non sei come gli altri, che non cerchi parole per convincermi di quello che faccio, ma che sono esattamente come mi giudicherebbe chi utilizza il suo seno allattando suo figlio. Una cagna in calore che offre lividi invece di latte, che baratterebbe orgoglio e decenza per illudersi che ci sono ancora dei metri, dove tu affondi fino all’essenza che mi dà vita, fino a quella coscienza che se solo tu sfiorassi, potrei giurare d’averla davvero.

Ti prego non avere rispetto di chi nuda ed in ginocchio ti giudica soltanto perché la scopi per bene, di chi t’ha scelto soltanto perché le fai credere d’avere l’anima in mezzo alle cosce. Nulla sarebbe servito se ora dovessi girarmi per chiedere amore, per guardare quanto mare s’agita dentro i tuoi occhi, per scoprire davvero che l’amore che sento non mi fotte soltanto.

Perché di cos’altro potrei aver altro bisogno? Quando attraverso queste gocce sul vetro filtra il mondo di fuori, quando una voce straniera mi dice ‘Signora, è pronta la cena’, quando solo a pensarti mi fiacchi le gambe e mi nutri la fica.

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