Storia di lei, storie di noi
Lo squallore del posto contrastava con la bellezza di lei, chiaramente fuori luogo.
Questo pensavo guardandola.
Sulla trentina, ben vestita, sguardo assente.
Non parlava e aveva smesso di piangere già prima che io arrivassi.
Le calze rotte e il vestito sporco, lasciavano capire il dramma che era stato vissuto in quel luogo dimenticato da Dio.
Mi avvicinai, cercando d’incrociare il suo sguardo spento senza ottenere un ricambio;
– Tranquilla, è tutto finito, abbiamo preso il bastardo che l’ha importunata.
Per la prima volta ebbi modo di incontrare il suo sguardo, la luce era tornata;
– Non mi ha importunato, mi ha violentata!
Cercai di non guardare il seno ancora indecentemente scoperto;
Le allungai la mano per aiutarla a tirarsi su e le diedi la mia giacca logora per coprire il suo corpo ancora scoperto;
– Venga, salga in macchina, ho bisogno di sapere cosa è successo esattamente…
– Per che, non si capisce?
– Si, certo, ma, ho bisogno di capire come sia riuscito a portarla in questo posto malfamato.
– Oh, è stato molto persuasivo, mi ha messo un coltello sotto la gola e mi ha detto che avevo delle labbra spettacolari, che era sicuro che gli avrei fatto un pompino da favola.
La ascoltavo dispiaciuto, non era la prima volta che andavo a soccorrere una donna violentata e non sarebbe stata l’ultima.
– Dove l’ha incontrato?
– Alla fermata dell’autobus.
Aspettai che continuasse;
Vidi chiaramente che tornava con la mente ai ricordi di quei momenti;
– Non vado mai in autobus, ma, stamattina quella maledetta macchina non ne ha voluto sapere di partire, avevo fretta, ero già in ritardo sulla riunione della banca, il bus non arrivava mai, così, quando quel bastardo si è fermato con la sua macchina di merda e mi ha chiesto se volevo un passaggio, non ci ho pensato tanto e sono salita.
– Continui, la prego.
– Sono una cretina…mi sono comportata come una vera cretina, che stupida…
Aspettavo in silenzio che andasse avanti nel racconto, guardandola con occhi mortificati, la brutta sensazione di essere colpevole, per che uomo.
– Quando ho capito che non mi stava portando alla mia banca, ho cercato di farmi sentire, ma lui ha tirato fuori un coltello sbattendomelo sotto il viso, mi ha detto di stare zitta e di seguire i suoi ordini.
Una lacrima scendeva per inerzia a bagnare le labbra durante il racconto.
– Col coltello è sceso sulla gonna sfiorandomi le calze e l’ha tirata su fin che poteva, ero letteralmente paralizzata, ho avuto paura di morire…
Continui…
– C’è poco da continuare, ho fatto quello che mi ha chiesto in macchina e ho cercato di reagire quando ho capito che non si sarebbe accontentato.
– Mi dispiace…
– Anche a me, ho pensato che se l’avessi accontentato nella sua richiesta, mi avrebbe lasciata andare e pensi che stupida che sono, ho pensato che avrei fatto ancora in tempo a partecipare alla riunione in banca, stavo facendo un pompino a uno sconosciuto bastardo e ho avuto un pensiero del genere…
– Sono pensieri che servono a sopravvivere in certi momenti.
– Comunque non gli è bastato, mi ha portato in quel posto schifoso e si è tolto le sue sporche voglie e io, come l’ultima delle puttane, ho esaudito i suoi desideri più turpi.
Cercavo le parole giuste per sostenerla;
– Ha solo cercato di sopravvivere.
Adesso, le lacrime erano copiose e singhiozzava.
La giacca si era aperta mostrando di nuovo i seni, feci per coprirla, si ritrasse di scatto;
– Non mi tocchi.
Si, scusi, volevo solo coprirla, non sono io il cattivo.
– Certo, certo, è che in questo momento non voglio essere toccata da nessuno.
– Capisco, volevo solo coprirla per non farla sentire in imbarazzo.
Lei seguì il mio sguardo e capì, divenne rossa in viso e spostò la giacca coprendo il suo corpo nel modo migliore possibile.
– Che cretina che sono stata…Ho lasciato che facesse tutto quello che voleva, mi sono comportata come una bambola di pezza,
– Non poteva fare altrimenti, era minacciata da un coltello…
– Mi ha fatta scendere dalla macchina, mi ha sbattuto con lo stomaco sul cofano, ho sentito la lama toccare le gambe, salire sotto la gonna e lacerare le calze e poi…
Le misi un dito sulle labbra;
– shhhhh, non dica altro…
Cominciò a piangere rannicchiandosi in se stessa, dentro la mia giacca smunta.
La portai in centrale per la deposizione ufficiale e poi la portai personalmente a casa.
Nei giorni successivi l’andai a trovare per tenerla su di morale e, nei giorni ancora successivi, m’innamorai di lei.
Una storia di violenza tra tante storie di violenza con un finale per me inatteso.
Ancora oggi, pensandoci, ho i brividi per lei e la sua esperienza.
Dopo di lei, tante altre e molte anche peggio, il femminicidio, è ormai una prassi, io, ogni giorno mi alzo sapendo di un mondo buio, ma, non mi voglio arrendere, devo e voglio credere, che esiste un mondo migliore…
Mamma mia ruben, mamma mia... Ti prego, scrivimi a gioiliad1985[at]gmail.com , mi piacerebbe condividere con te le mie esperienze…
ciao ruben, mi puoi scrivere a gioiliad1985[at]gmail.com ? mi piacerebbe condividere con te le mie esperienze...
Davvero incredibilmente eccitante, avrei qualche domanda da farvi..se vi andasse mi trovate a questa email grossgiulio@yahoo.com
certoo, contattami qui Asiadu01er@gmail.com
le tue storie mi eccitano tantissimo ma avrei una curiosità che vorrei chiederti in privato: è possibile scriverti via mail?