Skip to main content
Racconti Erotici Etero

Un incontro sconvolgente

By 10 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Mi presento.

MI chiamo Giulio, ho 40 anni e di lavoro faccio l’ingegnere per una grossa compagnia petrolifera.

Il mio lavoro, in sintesi, consiste, sulla base delle indicazioni dei geologi , di visitare il sito dove si prevede si troverà il gas e predisporre , in base alla geografia e alle risorse disponibili , la logistica per un insediamenteo temporaneo per le perforazioni preliminari di verifica.

Viaggio quindi molto per paesi strani, mi muovo quando &egrave possibile con un fuoristrada ma mi &egrave capitato in diverse occasioni di utilizzare mezzi di locomozione decisamente più ‘old fashioned’ come cavalli, cammelli, asini e talvolta le mie gambe.

In questo caso specifico mi trovavo al confine tra la Turchia , l’ Armenia e l’Iran.

Le prospezioni avevano dato un esito incoraggiante ed ora si doveva predisporre il campo ed il trasporto dei materiali necessari ad effettuare una prima trivellazione ‘pilota’.

La mia guida locale, che mi aveva già portato sul sito in diverse occasioni, aveva dato forfait adducendo motivi personali.

Mi era parso di capire che non gradisse molto avventurarsi tra quelle montagne .

Sembra che una leggenda popolare ammonisse l’incauto viandante sulla possibilità di incontrare mostri o creature terribili. Le solite leggende. Sembra una costante universale. Tutte le culture locali hanno dato vita ed espressione ai propri incubi creando leggende o creature fantastiche , dallo Yeti al Bigfoot, dal mostro di Loch Ness al Lupo Mannaro.

Non si può lottare con l’arma della ragione contro paure irrazionali quindi dopo inutili tentativi di convincere lo sciagurato a recedere dalla decisione mi ero rirovato, mio malgrado, nella condizione di dover scegliere :

ritornare in Turchia e perdere altre tre settimane alla ricerca di qualcuno che conoscesse il posto e mi facesse da guida o fidarmi del mio senso dell’orientamento ( e del mio GPS ) e provare a raggiungere da solo il posto dove avrei pernottato nella baracca provvisoria che avevamo costruito.

Dopo breve riflessione scelsi la seconda opzione.

Con il fido Land Rover Discovery che avevo noleggiato ed equipaggiato di tutto punto anche come giaciglio provvisiorio, gasolio a sufficienza per due viaggi, acqua, cibo e generi di conforto, mi avviai senza troppe preoccupazioni verso la meta che distava otto, nove ore di viaggio su sterrato e mulattiere ma attraversando scenari magnifici di montagne imponenti e laghi incontaminati.

Eravamo verso metà Ottobre ed io non avevo nemmeno preso in considerazione che in quella stagione potesse iniziare a nevicare davvero forte. Ergo non avevo previsto catene ma facevo affidamento sulle quattro ruote motrici e sulle gomme tassellate della fida Land.

Inutile dire che mi sbagliavo.

Per fortuna sono abituato agli imprevisti che, come potrete immaginare , fanno pare integrante del mio mestiere.

Dopo quattro o cinque ore di viaggio , quando già mi trovavo ben oltre la metà del percorso mi sorprese quella che non esito a definire una tormenta ‘ siberiana ‘in piena regola.

La temperatura si abbassò di colpo.

IL termometro digitale della Land indicava ‘ 12 ‘ C .

Neve e vento cominciarono a martellare in maniera insistente , la visibilità si faceva via via sempre più scarsa e la guida sempre più difficoltosa.

Misi il riscaldamento al massimo e decisi di proseguire.

Non mancavano che due o tre ore alla metà dove avrei potuto riposarmi , rifocillarmi ed aspettare che la tormenta esaurisse la sua furia.

La mia decisione si rivelò sbagliata, decisamente sbagliata anche se forse, come vedrete , non del tutto.

La neve cominciò ad accumularsi sul parabrezza, i tergicristalli non riuscivano a tenere il ritmo con il quale il cielo mi spediva questo bianco ‘regalo’ e la marcia si faceva via via più ardua.

Non ricordo esattamente come avvenne perch&egrave successe tutto troppo in fretta .

So solo che ad un tratto sentii l’avantreno perdere aderenza, la macchina slittare e imboccare rapidamente una ripida scarpata sulla sinistra .

L’auto si capovolse un numero imprecisato di volte ed io venni frullato e sbattuto come un uovo in una frittata.

Persi conoscenza per un tempo imprecisato.

Quando mi risvegliai , mi ritrovai a contemplare il mondo a testa in giù sdraiato sul tetto del Land.

Mi tastai per verificare che non ci fosse nulla di rotto ma , a parte ammaccature assortite e una gran botta alla testa che mi aveva provocato un bel bernoccolo, giudicai che non vi fosse nulla di serio o di rotto.

Per fortuna tutto l’equipaggiamento era stato accuratamente legato e assicurato con cinghie e lacci ergo non avevo corso il rischio che una tanica ( piena ) di gasolio da 30 e passa chili mi volasse in testa e mi facesse secco.

Rimaneva il problema di come uscire di li.

La compressione dovuta al peso della macchina aveva bloccato le portiere ed io stavo seriamente considerando di rompere un vetro con un martello e di uscire in questo modo dall’auto capovolta. Operazione non semplice visto che gli attrezzi si trovavano nel bagagliaio e sganciando la cassetta con l’auto capovolta temevo che mi sarebbero rovinati addosso.

Ero immerso nelle mie elucubrazioni sul miglior modo di venir fuori da quella situazione e stavo già pensando a come avrei fatto a ritornare in Turchia .

Con quel freddo e a piedi era impensabile farcela senza un aiuto esterno. Il telefono satellitare era fuori uso forse a causa dell’urto e la radio aveva una portata limitata.

Dovevo inventarmi qualcosa !

I miei cupi pensieri furono d’un tratto interrotti da una specie di scossone.

Pensai a qualche movimento di assestamento dell’auto ma di solito , ragionai da bravo ingegnere, i movimenti di assestamento avvengono verso il basso.

Un corpo non prende spontaneamente a muoversi in salita !

Ed era quello che stava di fatto succedendo !

Dopo lo scossone iniziale , l’auto , con tutto il suo contenuto, aveva iniziato a muoversi, lentamente ma con decisione, risalendo la scarpata, trainata da una forza misteriosa.

Dal mio punto di osservazione non ero in grado di vedere nulla se non gli sterpi e i sassi ( e laneve che nel frattempo era caduta ) al livello del finestrino quindi , ragionai, qualcuno doveva avermi visto e in qualche modo stava trainandomi in salvo verso la strada.

Potete immaginare il mio sollievo ! Attesi pazientemente e nel giro di una buona mezz’ora l’auto aveva risalito la scarpata ed ora si trovava, sempre capovolta, sul piano stradale

Dal mio punto di osservazione ora potevo vedere fuori ma, curiosamente non si sentiva alcun rumore di motori accesi, come era lecito attendersi pensando ad un cavo di acciaio e ad un

verricello , l’unica cosa ragionevolmente in grado di tirarmi fuori di li.

L’unica cosa che invece potevo udire era il soffio del vento e il rumore di passi che si concretizzarono in un paio di scarponi da montagna.

Ancora oggi non ricordo bene la sequenza degli eventi, vidi solo un paio di braccia afferrare l’auto sotto il tettuccio e mi ritrovai dopo una velocissima piroetta di nuovo a guardare il mondo dalla prospettiva giusta.

Afferrai freneticamente la maniglia della portiera per proiettarmi fuori e quasi andai a sbattere contro il torace possente di un omone gigantesco, tutto imbacuccato in una pelliccia con cappuccio a coprirgli il viso . Doveva essere alto almeno due metri e venti e largo come un armadio a due ante , dato che per guardarlo in ‘faccia’ dovevo reclinare la testa come a guardare il soffitto di un appartamento.

Gli sorrisi e , in Italiano prima in inglese poi e quindi nelle poche parole di Turco che conoscevo cercai di esprimergli la mia gratitudine.

Non penso che parlasse nessuna di quelle lingue perch&egrave non rispose e non mi diede ad intendere di capire le mie parole.

A gesti cercai di spiegare chi ero ma ancora non ero riuscito a capire come avesse fatto a tirarmi fuori di li visto che non si vedevano ne argani ne verricelli nei dintorni e l’unico mezzo di locomozione dotato di motore nel raggio di cento chilometri era il mio Land,

Girai intorno all’auto e notai che , al gancio di traino posteriore era stata legata una grossa e robusta corda il che spiegava solo in parte come avessi fatto a risalire il fossato, mancando sempre la fonte di forza motrice.

Il gigante dovette in qualche modo rendersi conto della mia perplessità perch&egrave si indicò puntandosi il dito indice verso il petto e fece il gesto di tirare la corda.

Ero sbalordito !

Aveva trainato da un pendio del 45 % una Land Rover a pieno carico con passeggero con la sola forza della braccia !!!.

Nella confusione e nel sollievo per essere stato salvato non mi era venuto in mente il piccolo, ma fondamentale episodio che doveva essere stato sempre lui a riportare la Land sulle quattro ruote, senza nessun aiuto esterno.

Beh avevo incontrato l’uomo più forte del mondo ! E di gran lunga a quanto pareva.

Nel frattempo la tormenta , lungi dal placarsi, aveva intensificato la sua furia e per soprammercato si stava facendo buio.

L’omone imbacuccato indicò infatti il cielo e a gesti mi fece capire che avremmo dovuto trovare presto un riparo e mi fece cenno di seguirlo.

Mi presi poche cose essenziali per trascorrere la notte all’addiaccio, chiusi la macchina e mi incamminai seguendo da presso i passi del gigante.

Camminammo in silenzio per una quarantina di minuti seguendo la strada e poi svoltammo per un sentiero in discesa che conduceva ad uno spiazzo , invisibile dalla strada, dove sorgeva una semplice capanna di pietra, con finestre piccole ed un camino che emetteva una lenta voluta di fumo.

Il gigante doveva risiedere in quell’ameno luogo in maniera stabile perch&egrave potei notare che aveva costruito un piccolo capanno per gli attrezzi , una stalla fiocamente illuminata dalla quale provenivano i rumori tipici del bestiame e , riparata dalla furia del vento, quella che , con tutta probabilità doveva essere una serra dove immagino coltivava verdura necessaria per il suo sostentamento.

A quanto pare era totalmente autosufficiente e probabilmente la caccia era il mezzo con il quale si procurava la carne, sospetto confermato dalla presenza di qualche volatile selvatico appeso a frollare ( anzi , sarebbe meglio dire, a congelare, data la temperatura ).

Il mio gigantesco salvatore, sollevò il chiavistello della porta di ingresso in legno massiccio e mi fece cenno di seguirlo all’interno.

Come entrai fui assalito da sensazioni contrastanti e in un certo senso inaspettate : un dolce tepore proveniente dal grande camino nel quale ardeva un grosso ciocco di legno e l’immagine di un ambiente tutt’altro che rustico e puzzolente come era lecito aspettarsi dalla dimora di un eremita delle montagne quale io l’avevo incasellato nei miei ragionamenti deduttivi.

Nella sua semplicità l’ambiente era ‘arredato ‘ con un certo gusto, in stile orientale , con tappeti che ricoprivano tutto il pavimento , un grande tavolo di quercia con delle panche e delle sedie intorno, una grande stufa di maiolica che doveva servire da riscaldamento , come focolare per cucinare e anche come giaciglio nelle notti più fredde che,.d’inverno dovevano essere la norma.

Era un’usanza tipica delle steppe e in generale asiatica : sulla sommità della stufa era stato ricavato dello spazio , ricoperto da pellicce e sufficiente a distendersi ( a stufa spenta si intende ) in due persone nelle notti più fredde, sfruttando il calore residuo dei mattoni riscaldati dal fuoco. Il principio era simile alle grandi stufe di maiolica della’Austria e della Germania meridionale. Il calore accumulato veniva rilasciato lentamente dai mattoni anche a fuoco spento.

Sulle pareti erano appesi dei graziosi anche se sempilci quadretti raffiguranti dei paesaggi montani e dei tappeti decorati che rendevano la ‘casa’ quanto mai confortevole.

Alcuni fucili facevano bella mostra di se su una rastrelliera .

L’ambiente era ‘grazioso’, pulito e in ordine, non si avvertivano odori sgradevoli a parte quello del legno ed un leggero sentore di fumo e di spezie.

Si avvertiva anche un delizioso profumino proveniente da una pentola messa a scaldare sul focolare acceso. Probabilmente una zuppa a base di verdura e carne.

Preso dalle mie elucubrazioni e ragionamenti, non mi ero accorto che il gigante silenzioso, nel frattempo, si era tolto la pelliccia ed il copricapo e li aveva appesi su un attaccapanni.

Io ero di spale intento ad osservare l’interno di quella strana e incongruente ‘casa’ e ancora non l’avevo visto bene in faccia ne avevo ancora sentito la sua voce.

Potrete quindi immaginare quale fu il mio stupore sconcerto e incredulità quando mi sentii apostrofare per la prima volta da quando ci eravamo incontrati con idioma per me incomprensibile ma proveniente senza alcun dubbio dalla laringe di un essere di sesso femminile !

Mi voltai di scatto perch&egrave il mio primo pensiero fu che il gigante non vivesse solo ma che in effetti godesse della compagnia di una donna.

Mi sbagliavo ! La voce proveniva dal gigante che mi aveva salvato, il quale però non era affatto un uomo cosa di cui ero, fino a quell’istante, assolutamente certo, bensì una donna !

Descrivere Aysu ( questo , appresi poi, era il suo nome ), non &egrave impresa facile.

Aysu era ‘troppa’ sotto ogni punto di vista.

Sotto la pelliccia e il cappuccio che fino ad ora ne avevano completamente celato le fattezze , si celava una donna di circa 30 anni.

Capelli lunghi, lisci e neri erano raccolti da una coda di cavallo fermata da un nastro rosa.

Il viso era molto bello e con dei lineamenti delicati e vagamente orientali, una bocca grande con labbra carnose e denti bianchi e perfetti.

Gli occhi erano due tizzoni, nerissimi grandi e molto espressivi con un taglio lievemente a mandorla.

Il naso era dritto anche se non piccolo ma dava all’insieme un che di ‘giustezza’, insomma stava bene su quella faccia.

Non c’era niente di sproporzionato su quel viso .

La pella era candida ma non pallida , di un incarnato perfetto come porcellana, leggermente rosata all’altezza degli zigomi che erano alti , a ricordo di qualche antenato asiatico.

Il corpo, beh, il corpo era difficile da descrivere perch&egrave Aysu indossava pantaloni imbottiti, una camicia di flanella ed un moderno pile di marca, cosa che mi stupì e mi fece sospettare di non trovarmi di fronte all’abominevole donna delle nevi come avevo pensato in un primo momento.

Era grande, altissima ( non meno di due metri e dieci , due metri e quindici cm ) molto proporzionata con delle spalle molto larghe e , non ne potevo avere la matematica certezza visti gli strati di vestiario che la ricoprivano, delle braccia molto muscolose ed un seno sicuramente grande. Le gambe erano anch’esse lunghe in propozione e ad occhio, molto muscolose, immaginai per l’esercizio fisico dovuto alla vita nei boschi e sicuramente per la evidente predisposizione di quel fisico incredibile.

Queste erano però solo illazioni dato che, attraverso quella serie di strati di vestiario che la ricoprivano si potevano indovinare solo il contorno e le dimensioni ‘fuori tutto ‘ ( come si dice per le barche eheheh ! ) e queste erano formidabili.

Era più alta di me di 35 cm buoni , più larga anche se non sembrava affatto grassa e immensamente grande.

Il torace era veramente impressionante e il tutto era acuito dalle dimensioni dei seni che dovevano essere veramente notevoli se il mio occhio non si ingannava.

Non sembrava una zoticona e anzi, su uno scaffale erano allineati un buon numero di libri alcuni dei quali in lingua inglese, di argomenti legati alla natura, all’ambiente, piante ed animali.

Cercammo di intavolare una conversazione in inglese che, appresi, conosceva in maniera approssimativa ma comunque sufficiente a comunicare.

A gesti , con l’aiuto di un vocabolario Turco -Inglese e del mio tascabile Italiano-Inlgese riuscimmo in qualche modo a stabilire un codice di comunicazione .

Scoprii che aveva ventisette anni, che era una Naturalista e che trascorreva in quel luogo remoto quattro o cinque mesi all’anno, da Giugno a Ottobre-Novembre.

Studiava la fauna delle montagne e aveva scelto quell’occupazione anche perch&egrave , a causa delle sue dimensioni extra-large, non si sentiva molto a suo agio nella vita di città dove il suo aspetto aveva sicuramente condizionato la qualità delle sue relazioni sociali.

Io dissi che la trovavo molto attraente anche se riconoscevo che un donna di quelle dimensioni e della sua forza poteva intimidire più di un maschio.

Lei sorrise e mi ringraziò arrossendo un po’ !

Mi venne offerta poi una cena a base di carne e verdure accompagnata da del vino turco Villa de Luca che , tutto sommato non era nemmeno male.

Per l’occasione mi offrì anche una sigaretta che non rifiutai anche se di norma io fumavo sigari.

Fu una serata piacevole e fu presto mezzanotte, ora di coricarsi.

Mi offrii di dormire sul tappeto vicino al focolare , non volevo intralciare la sua vita privata o metterla in imbarazzo. Avevo portato con me il mio sacco a pelo che avrei usato come giaciglio. Sarebbe andato benissimo.

Lei non rispose e si alzò per andare ad aggiungere legna al focolare.

‘Se vuoi lavarti, c’&egrave una doccia dietro quella porta ‘, mi disse in un inglese smozzicato ma comprensibile.

Ringraziai e presi le mie cose avviandomi verso la stanza da bagno.

L’interno era in linea con il resto dela casa, tutto in legno, ben curato e pulito.

Mi spogliai ed entrai nel box doccia che era grande e spazioso , adatto per una gigantessa come lei .

Mentre mi lasciavo cullare dall’acqua calda, sentii bussare alla porta .

Era lei che chiedeva se poteva entrare per portarmi un asciugamano.

‘Vieni pure, se non ti imbarazzi !’ dissi !

Attraverso il vapore intravidi la sua sagoma. Chiusi l’acqua e la trovai fuori ad aspettarmi con un accappatoio che doveva essere il suo date le dimensioni extra large.

Lo accettai volentieri ed uscii.

Me la trovai di fronte e quasi inciampai per la sorpresa e per la visione che i mii occhi ora contemplavano. Aysu si era spogliata completamente ed ora troneggiava , completamente nuda di fronte a me.

Beh ! Molti Culturisti uomini avrebbero sognato un corpo come quello che ora si parava completamente senza veli di fronte a me.

Immaginatevi una scultura vivente di due metri e quindici, con dei bicipiti gonfi ed enormi grandi il doppio delle mie cosce.

Dalle ascelle usciva una foresta di peli neri e foltissimi che Aysu, data la scarsità di contatti sociali, non si preoccupava certo di depilare..

Un torace immenso e muscolosissimo con due seni altrettanto enormi e incredibilimente sodi con dei capezzoli lunghi ed eretti grandi come il mio dito mignolo.

Il torace si assottigliava e raccordava alla vita sottile con un pacco di muscoli addominali talmente sviluppati che avrebbero fermato la carica di un bufalo in corsa.

Le cosce erano enormi e muscolosissime e contornavano il pube nerissimo e foltissimo alla base del quale sporgeva una vagina carnosa ed enorme con un clitoride talmente sviluppato da superare in grandezza il pene di molti uomini. Non osavo immaginarne le dimensioni una volta eretto !

I polpacci erano muscolosi ma perfettamente raccordati alle caviglie non sottili in assoluto

ma mirabilmente proporzionate al resto.

I piedi erano grandi ma bellissimi con delle dita perfettamente cesellate e con le unghie dipinte di rosso fuoco.

Le gambe, queste si , erano perfettamente depiate, segno che in fondo la mia ospite teneva al suo aspetto.

Abbagliato da tanto splendore, abbassai un poco gli occhi per non dare l’impressione di fissarla e accettai l’accappatoio nel quale mi avvolsi anche per dissimulare l’erezione improvvisa che non avevo saputo controllare.

Aysu era perfettamente cosciente dell’effetto che faceva sugli uomini ma non mostrò il minimo segno di imbarazzo e non tentò affatto di coprirsi.

Con estrema naturalezza mi porse l’accappatoio e si infilò a sua volta nella doccia.

Ero sconvolto ed eccitato.

Aysu era l’incarnazione di un sogno erotico : un’autentica Valkyria in carne ed ossa !

Mi asciugai e dal fondo del mio zaino cercai la tuta che utilizzavo come pigiama per la notte.

Una mano calda si appoggiò sull mia spalla e mi ritrovai Aysu di fronte, completamente nuda e ancora bagnata per la doccia che mi faceva cenno di no , di non mettermi la tuta perch&egrave li dentro , di notte, faceva caldo.

Indicai il mio sacco a pelo e il mio posto vicino al focolare dove intendevo passare la notte ma lei scosse la testa e mi indicò il giaciglio sopra la stufa dove, disse, c’era posto per due.

Senza tentare di coprirsi e senza il minimo pudore, Aysu spense la luce, lasciando che la stanza rimanesse rischiarata solo da una lanterna ad olio e dal fuoco che ancora ardeva e si arrampicò agilmente sopra la ‘stufa ‘ mostrandomi il suo perfetto sedere e nel movimento di divaricazione anche una cospicua visione della sua grande vagina , rosa all’interno sulla quale troneggiava maestoso quel clitorido gigantesco che mi aveva sconvolto ed eccitato.

Si sdraiò puntellandosi su un gomito e mi fece cenno di darle una mano. Mi prese il polso e , senza nessuno sforzo , sollevò i miei ottantadue Kg come niente fosse depositandomi di fianco a lei , di fianco a quel corpo meraviglioso e maestoso.

Ero eccitato ma anche intimorito dal trovarmi di fianco ad un essere dotato di forza così sovrumana e cosi meravigliosamente attraente.

Aysu dovette comprendere il mio stato perch&egrave mi sorrise e con molta dolcezza mi baciò sulla bocca, prese la mia mano portandola sul seno perch&egrave io lo toccassi.

Appoggiai la mano su quell’enorme seno e lo strinsi leggermente saggiandone la consistenza : era morbido e sodo insieme, con una pelle di una grana finissima e di una levigatezza incredibile.

Avvicinai la mia bocca a quel capezzolo , grande come il dito di un uomo ed iniziari a succhiarlo dolcemente provocandone l’immediata erezione.

Con le mani intanto carezzavo tutto il suo corpo e altrettanto faceva lei frugando, tastando, saggiando , carezzando il mio pene che era dolorosamente turgido ed eretto come un palo.

Con la bocca e con la lingua assaporai ogni centimetro del suo corpo , il suo ventre , le sue gambe , i suoi piedi.

Presi in bocca ogni singolo dito leccandolo e ciucciandolo ma rigorosamente evitai la sua fica maestosa perch&egrave volevo tenerla per ultima.

Ayzu ricambiò prendendo in bocca il mio membro eretto, succhiandolo , leccandolo ed ingoiandolo per tutta la sua lunghezza, regalandomi lampi di piacere puro.

Aysu teneva gli occhi chiusi e le sue cosce erano aperte a mostrarmi senza pudore i segreti della sua enorme intimità.

Le labbra della sua fica erano dischiuse come una gigantesca orchidea e un abbondante rivolo di liquido trasparente e vischioso ne fuorusciva copioso.

Il clitoride, che prima avevo giudicato enorme, sotto l’impeto dell’eccitazione si era eretto ed ora svettava maestoso e duro come un pene, non altrettanto lungo ma di diametro paragonabile al mio che pure &egrave di dimensioni più che rispettabili.

MI avvicinai a quella fica fantastica e quasi irreale e cominciai a tormentarla con rapidi colpetti di lingua, ad assaporarne il miele vischioso.

Appoggiai poi tutta la mia bocca per gustare il suo succo e inebriarmi del suo odore di femmina.

Le sue cosce erano ora completamente divaricate ed aperte, il clitoride implorava di essere succhiato e così feci.

Con estrema dolcezza iniziai a succhiarlo e leccarlo con un ritmo dolce ma costante.

Aysu rapidamente venne per la prima volta e dalla sua fica si riversò un piccolo torrente di succhi vaginali che io bevvi avidamente.

Era il momento giusto.

Sollevai le sue cosce lisce e sode in modo che la sua fica fosse leggermente sollevata e con un movimento dolce ma deciso , infilai il pene in quella meravigliosa tana di carne.

Una tana viva che si muoveva e avvolgeva il mio pene provoncandomi delle sensazioni straordinariamente intense.

Non avevo mai trovato una donna capace di un così perfettocontrollo dei muscoli vaginali come Aysu. Avrei potuto venire anche stando fermo.

Iniziai un lento movimento di su e giù, alternandolo con colpi più veloci ed affondi più decisi.

Attendendo di sentire che il suo piacere crescesse.

Non volevo che finisse subito.

Non ero mai stato così duro ed eccitato. Gradatamente, sentendo che il suo piacere aumentava, aumentai il ritmo adeguandolo al suo.

Il mio cervello esplodeva di sensazioni ed era concentrato su un solo pensiero :la sua fica enorme e bellissima che risucchiava il mio cazzo enorme e durissimo

.

Quando sentii le prime contrazioni della sua fica intorno al mio cazzo, accelerai ulteriormente e mi dissi : ‘ora !’.

Il ritmo era frenetico, la pompavo come un martello pneumatico e in lei stava sgorgando un altro orgasmo gagantuesco.

Con un grido liberatorio diedi l’ultimo colpo e lasciai che il mio seme sgorgasse a fiotti dentro la sua intimità.

Lei venne contemporaneamente e dalla sua fica sgorgò un getto incredibilmente potente di liquido quasi trasparente, simile ad acqua che mi inondò completamente e bagnò il giaciglio sul quale ci trovavamo.

Stremato, mi accasciai su di lei che ancora sussultava per lo squassante orgasmo che la pervadeva.

La baciai teneramente sulla bocca e lei rispose con eguale dolcezza.

Mi ero innamorato , definitivamente, senza speranza di rendenzione, la desideravo, la volevo, non potevo toglierle gli occhi di dosso, il mio cuore era in tumulto ed ero sfinito ma felice come un bimbo di trovarmi li , vicino alla donna più bella del mondo.

Continua…..

Leave a Reply