Con il viso incollato al finestrino, avulso dalle voci e dalle risate che risuonano all’interno della carlinga e con la mente rilassata, i miei occhi si riempiono di bellezza: il mare è una tavola d’argento che riluccica percorsa dalla strada d’oro tracciata dal sole nascente. Le nuvole viste dall’alto, radenti sul mare, appaiono come fatate isole levitanti che il vento incessantemente sospinge.
Eccola Lampedusa: horst africano di roccia rossastra, brulla, arida, circondata dal blu del Mediterraneo.
Il tempo di fare il check in albergo, noleggiare una scassata Punto Cabrio gialla ed ecco che cammino nella gariga che degrada in steppa: l’euphorbia e il lentisco lasciano il posto agli asfodeli. Mi gusto l’aria dolce, la maestosità del mare con la sua nitida linea dell’orizzonte, il silenzio rotto solo dal vento.
Scendo lungo il sentiero che domina la Spiaggia dei Conigli. La vista è mozzafiato: l’ocra e il rosso della roccia, il candore della spiaggia, la rara ma verde-brillante vegetazione, il mare con le sue molteplici gradazioni di colore che vanno dal blu intenso alla delicatezza dell’acquamarina.
Sono figurazioni ariose che fanno da contrappunto al peso di una realtà che grava come un macigno sulla mia anima.
Mi basta pensarla e già mi manca il respiro.
Lancio nel vuoto una domanda che non può ricevere risposta.
– Come è potuto accadere?
Rimangono solo la tristezza, le nostre incomprensioni. Nella mia mente persiste il suo odore e il suo sapore, riecheggia il suono della sua voce.
Nel pomeriggio l’avanzare di nuvoloni gravidi di pioggia mi costringe a cambiare programma e mi trovo a passeggiare in paese e al porto. Velocemente il cielo diventa nero, piceo e raffiche di vento improvvise sollevano gocce d’acqua di mare che scorrono veloci, come minuscoli mulinelli, sulla superficie appena increspata. Siamo un piccolo gruppo di turisti rifugiati nel bel locale moderno fatto di legno, vetro e acciaio affacciato sul porto. La bufera fa veramente paura: tende strappate sono sbatacchiate dalla furia urlante del vento, volano tavolini e sedie, l’acqua vien giù che Dio la manda a torrenti, tuoni assordanti si intervallano a fulmini dalla saettante luce livida.
Osservo una bella donna bionda intenta a indossare una felpa e calzini per proteggersi dal freddo inaspettato. Mi ricorda qualcuno, ma non saprei chi. Attacco bottone mentre sorseggiamo un caffè al banco e ironizziamo sullo splendente tempo dell’isola, sempre assolata.
Ecco a chi somiglia! A Hillary Duff. Glielo dico e lei, ridendo, ribatte:
– Forse dieci anni fa.
– Non esattamente. Lei è quello che sarà Hillary se il tempo le conferirà più bellezza e fascino.
Mi sorride, ma ormai il fortunale ha finalmente esaurito la sua violenza e ognuno riprende la sua strada. “Hillary” se ne va con una coppia di amici. Peccato, la sua compagnia sarebbe stata un ottimo lenimento per le mie pene.
Nella splendente mattinata sono in attesa di imbarcarmi per la gita che ho prenotato. Da buon ansioso sono fra i primi ad arrivare sul posto e mi accomodo a bordo. Mentre armeggio a testa bassa ricontrollando che nel mio zainetto non manchi nulla, la mia attenzione viene catturata da due piedini – stimo un 36-37 di numero – appoggiati alla battagliola di prua.
È un bel piede, snello, abbronzato, modellato. Le piccole unghie smaltate di rosa con un orletto bianco brillano come conchiglie al sole. Indugio, analizzo ed apprezzo quei particolari di cui sono un convinto estimatore senza staccarmene, come se temessi che il resto del corpo non potesse rivelarsi all’altezza di quelle graziosissime estremità. Finalmente alzo la testa: Daniela è veramente carina, 25 anni, piccolina, figura flessuosa con le curve giuste, solare e sorridente come la sua Sicilia. Discretamente la corteggio; se ne accorge ma, anche se non mi dà troppa corda, non è di certo infastidita.
Gettiamo l’ancora nelle calette più belle, mi riempio il cuore di quella bellezza e nuoto a lungo in solitudine come amo. Le trasparenze cristalline mi danno l’illusione di volare e mi smarrisco nelle tonalità innumerevoli di azzurro: il peso nella mia mente si scioglie e trovo riposo in quell’accogliente liquido amniotico. Che voglia di abbandonarmi a quell’abbraccio senza più pensieri!
Il viaggio di ritorno lo trascorro a conversare con Daniela. Sarà la luce calda del tramonto, le particelle odorose di mare che si nebulizzano al passaggio veloce dello scafo, ma l’atmosfera fra di noi diventa molto cordiale e da argomenti scherzosi si vira e si affrontano temi che sono il nucleo pulsante dei nostri pensieri.
La guardo: nel suo volto abbronzato, illuminato dalla luce radente del sole, i suoi occhi brillano e il suo sorriso spicca bianchissimo. Che bella la gioventù! La tranquillità del porto, le barche ormeggiate dondolano impercettibilmente. Propongo:
– Faccio una doccia e passo a prenderti.
– Ti aspetto.
La cena a lume di candela al “Cavalluccio Marino” è molto piacevole e le pietanze di buon livello, il vino all’altezza.
Raggiungiamo, sul brullo e deserto pianoro, Punta del Muro Vecchio posto sulla alta costa settentrionale. Con la capote abbassata e i sedili reclinati fissiamo il cielo con il
naso all’insù senza parlare. Nella notte brilla la scia della via Lattea divisa dalla fenditura del Cigno, Deneb, Fomalhaut: chiudo gli occhi e mi abbandono alla dolce illusione che il tempo possa fermarsi. Che la realtà scorra pure con le sue ansie e i suoi affanni, io rimarrò saldo qui per sempre!
Avverto qualcosa di vellutato che sfiora, si appoggia sulle mie labbra; lo esploro con la punta della lingua tenendo le palpebre chiuse: è un capezzolo, senza dubbio.
Apro gli occhi e Daniela è nuda.
Quel giovane corpo di giunco, dai tessuti elastici e luminosi, dalle perfette tette a coppa mi emoziona.
– Ehi malinconico uomo, non vorrai sul serio mandarmi in bianco?
Le mie mani sono fra le sue cosce, il mio palmo è sul suo sesso. Ora voglio il suo sapore e il mio volto affonda, si nutre di quella delizia, eccitato dai gemiti di piacere emessi da Daniela. Due dita si spingono nella sua fessura morbida e umida che si stringe su di loro. Ora basta indugi. Estraggo le mie dita, allargo le grandi labbra, divaricandole e la penetro con il mio membro eretto. Lei emette un suono gutturale e mi asseconda nell’amplesso: il piacere che ne ricavo è sublime. Sto cercando di mantenermi vivo e ci sto riuscendo. I brividi del fresco della notte si confondono con quelli del mio piacere.
È finita. Bellezza effimera dissolta, già rimpianto.
La riaccompagno al suo residence. Pensieri si affollano tumultuosi in me. Forse ho sbagliato; adesso sarà peggio e mi sentirò più solo di prima. Pronuncio una domanda di cui conosco già la risposta.
– Potrò rivederti?
– Sai che non è possibile. Non potrebbe funzionare fra noi, lo sai benissimo.
– È vero.
Ne convengo e, considerando la differenza d’età, improvvisamente mi sento ridicolo e fuori luogo.
– So che ripartirai domani Daniela, buona fortuna.
– Grazie, e tu reagisci, non lasciarti andare, non fare quella faccia. Rilassati in questi giorni di vacanza che ti restano, non sprecarli. La serata che mi hai regalato è stata magnifica, unica.
– Ci proverò a non affondare, e se mai lo farò vorrò che sia in questo mare incantato.
Mi lasciano tutte amorevolmente, con tenerezza, ma mi lasciano: sicuramente c’è qualcosa di sbagliato in me.
Le nuvole ci son state assidue compagne tutto il viaggio di ritorno e atterriamo a Bologna sotto una pioggia battente.
Ritiro bagagli. Il tempo d’attesa è incomprensibilmente ed esageratamente lungo. Guarda chi si vede! È proprio “Hillary Duff”. È sola davanti al nastro trasportatore quando l’affianco. Mi avvicino, mi inebrio del suo profumo, mi compiaccio delle forme morbide.
– Com’è andata la vacanza?
– Bene, bene.
Si ricorda del nostro fugace incontro
– Mamma mia, questo ritardo mi farà perdere il treno per Parma. Ma, in fondo, perché preoccuparsi? Nessuno mi sta aspettando. – I suoi occhi inseguono l’ombra di un pensiero.
– Hillary, poi magari mi dice il suo nome, ma anch’io non ho fretta e sono libero da impegni. Potrei avere il piacere di accompagnarla a Parma? Ne sarei lusingato, felice. Mi consenta di sognare.
Sorride invitante.
– Perché no? Con molto piacere. Mi chiamo Anna, e tu?
In tutte le volte in cui Maria ordina a Serena di spogliarsi, Serena rimane sempre anche a piedi nudi oppure…
Quanto vorrei che il live action di disney fosse più simile a questo racconto! Scherzi a parte: divertente, interessante, bel…
grazie amore
Non credo di aver avuto il paicere, ma grazie intanto della lettura.
Leggendo i tuoi racconti continua a venirmi in mente Potter Fesso dei Gem Boi