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Racconti Erotici Etero

Una nuova dominazione

By 8 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Estrin voleva essere di nuovo dominata. Si comportava sempre molto stranamente, da tre giorni a quella parte. Tre giorni prima mi aveva chiesto di dominarla, voleva sentirsi come sempre la mia donna, ma non sapeva il tutto. Ormai mi ero fatto una cultura su come dominare e possedere qualcuno e questa volta la dolcezza non sarebbe stata usata.
Come sempre nessuno doveva sapere del nostro rapporto e così fu. Avevo preso tre giorni di preparativi per procurarmi da una mia collega di lavoro tutto ciò che mi sarebbe stato utile, la mia collega era molto esperta nella dominazione. Durante il lavoro la sentivo che parlava con altre colleghe delle sue dominazioni sui mal capitati, dei giochi e degli attrezzi che usava. Come già detto un pò per averlo sentito dalla mia collega, un pò per esperienza personale nell’arte della dominazione mi sentivo un maestro. Bastava solo vedere fino a che punto. Mi era capitata l’occasione perchè me lo aveva chiesto Estrin, ma sinceramente se avessi dovuto accendere io il dialogo, non mi sarei mai permesso; anche perchè non sapevo fino a che punto sarei stato violento.

Il nostro giorno arrivò, e trovai Estrin nel suo bagno che si truccava, vestita con un abbigliamento bianco e le scarpe nere, un vestito che avevo già visto. Mi saluta sbarrando i suoi occhi non ancora completamente truccati e baciandomi sulla guancia. Mi misi dietro di lei e le carezzai le spalle. Volevo iniziare subito.

-Estrin, indossa questo!!!-

Presi un corpetto di pelle durissima con degli anelli di acciaio che scendevano da poco sotto il seno fino al ventre, nero, da legare da dietro.

-Vieni in camera quando sei pronta.-

Dopo circa dieci minuti venne con il suo nuovo abito, si sedette sul letto vicino a me e mi mostrò le spalle. Voleva che io allacciassi le cinghie del corpetto di pelle. L’abbigliamento per la dominazione non era ancora completato, mancava la cosa più importante, il collare. Presi dalla busta il collare della mia collega e lo misi al collo di Estrin e legai quet’ultimo ad una catena. Presi per mano la catena e cominciai la mia opera.

-Schiava, adesso cominciamo!-

-Dai padrone!!!!-

Avevo posato poco prima sul comodino un frustino, intrecciato da due nervi di cavallo e lo presi in mano. Lei andò vicino al tavolino della camera da letto, si slegò i capelli e posò il suo fermaglio.

-Adesso mettiti a pecora, schiava.-

Lei eseguì, piegò le sue gambe, rimase eretta per pochi secondi sulle sue gambe e poi si piegò a pecora poggiando le mani sulle fredde maioliche del pavimento.

-Adesso sei il mio cane.-

Mentre tesavo la catena, che fungeva da guinsaglio, mi misi seduto sul letto, ancora vestito. facendola avvicinare a me sempre piegata a pecorella, le diedi ordine di svestirmi. Dopo aver detto ciò appoggiò le sue mani sulle mie ginocchia e prese con i suoi denti la cintura del pantalone. Voleva slacciarla con i denti ma non ci riusciva, a quel punto la prese con le mani.
Un mio schiaffo violento la colpì sul viso, facendola stendere sul pavimento.

-Sei un cane, i cani non hanno le mani. Rialzati e riprendi posizione.-

Muovendo la testa in segno di assenso, si rialzò e trovò di nuovo la sua posizione. Si avvicinò a me ulteriormente e strofinò il suo volto sulle mie gambe, in segno di totale sottomissione e per farmi le sue scuse. Riappoggiandosi da cane sulle mie ginocchia allargò le mascelle e riprese a togliere la cinta dei pantaloni con la bocca, lasciando colare la sua saliva sul pantalone. Non riusciva a togliere la cinta e divincolava la sua testa, come un cane che cerca di strappare un pezzo di carne dal resto della bistecca.

Il bottone non lo slegò, lo strappò dal pantalone e lo sputò via e la zip me la tirò giù con la stessa pratica. Si spostò dalla sua posizione ed andò vicino il ginocchio sinistro, prese con i denti la stoffa del pantalone e lo tirò giù per sfilarmelo, lo stesso fece con il destro.

La mia mano le sfiorò la testa, lei alzò lo sguardo verso la mia mano e la leccò fino ad inumidire visibilmente il palmo, poi ci si strofinò con la faccia. Riprese a spogliarmi e prese naturalmente lo slip con i denti e senza strapparli, gli tirò giù. Strofinò la sua faccia vicino il membro toccandolo con la bocca, fino al punto che lo prese in bocca per succhiarlo.
La scansai.

-Fermo cane. I cani non succhiano, leccano.-

La mano con il frustino in mano si mosse e lei abbassò la testa e strofinando il suo corpo sulle mie gambe.
Il frustino la colpì sulla faccia e lei accusò dolore, ma non ne diede minimamente a vedere. Con il frustino le alzai il volto, ormai abbioccato da un lato per via dell’urto, e la osservai. Aveva gli occhi dilatati e lucidissimi, come se stesse per piangere.

-Adesso leccami, non succhiarmi!-

Mi leccò il membro e quando stavo venendo scansai Estrin tramite la catena. Lo sperma andò sui pantaloni a terra, buttati poco prima. Estrin si scansò da me, andò sulla macchia di sperma sui pantaloni e iniziò a leccare. La tirai tramite la catena per farla avvicinare a me; lei si riavvicinò al mio membro e lo pulì.

Mi distesi sul letto. Lei poggiò il volto sul materasso del letto mi leccò i fianchi, aspettando un mio ordine.

-Salta su, cagnolino!-

Salì sul letto.Si distese sopra di me, sempre a pecorella. Si avvicinò a me e mi leccò sulla faccia, sempre rimanendo vicino la mia bocca, io mi muovevo per cercare di mandare la sua lingua su altre parti, ma lei divincolava la sua testa e mi leccava sempre sulle labbra. La sua lingua mi aveva strafatto e dovevo staccarla.

-Cagnolino, basta, staccati. Alla cuccia.-

Lei continuava a leccarmi, incurante del mio comando. Alzai il frustino e lei impaurita si accucciò in un lato del letto. Strofinai il mio frustino sul suo corpo e lei respirava ansimando, la cagnolina aveva paura e fissava i suoi occhi azzurri nei miei. Le piegai il frustino sulla faccia, lei chiuse gli occhi, come se temesse che io l’avrei frustata e le dissi, avvicinandomi molto vicino alla sua faccia:

-Cagnolino, adesso puliscimi tutto.-

Prima di eseguire mi diede una leccata su tutta la faccia.
Passò la sua lingua su tutto il corpo e io intanto la slegai dal corpetto, denudandola. Facendola rimanere a pecorella le ordinai di succhiarmelo. Me lo succhiò alternando la sua lingua alle labbra e facendomi eiaculare una seconda volta.

-Adesso non sei più un cane. Vatti a lavare! Con te ho finito.-

-Ah, va bene!-

Le tolsi il collare e lei andò.
Andò a lavarsi sotto la doccia. Aprendo la porta del bagno la vedevo che si massaggiava la testa, accompagnata dal fragrante profumo di un suo shampoo. Non si accorse che io aprii la porta della doccia. Entrai e mi misi a pecorella. In quella posizione ero poco più alto delle sue ginocchia. Strofinai il mio corpo sulle sue gambe, come il suo cane. Si accorse di me e si scostò per la sorpresa.

-Ma cosa fai?-

-Sono il tuo cane.-

Mi alzai sulle gambe e le leccai la vulva. Si distese sulle maioliche del pavimento della doccia e si fece leccare dal suo cane. Le feci raggiungere l’orgasmo subito, mi piaceva farla godere. Dopo che riaquistò le facoltà per ragionare le dissi:

-Estrin, andiamo sul letto!-

La invitai a prendere il frustino mentre io mi distesi sul letto a pancia sotto rilassatissimo.

-Estrin, dammi un colpo. Te lo chiedo per favore!-

Lo schiocco fu fortissimo, ma il dolore controllabile. Poi più nulla. Dormimmo dopo esserci baciati e ci riposammo per la nuova giornata che sarebbe scivolata sui nostri corpi dormienti. All’inizio non dormivo, guardando Estrin come respirava mentre riposava. Aveva la bocca socchiusa per respirare ed io infilai il mio indice all’interno. La sua lingua, nelle sue contrazioni involontarie, spostò il mio dito verso un fianco della bocca, così io strofinai il dito sulle mucose della stessa. Tolsi il dito e lei chiuse i denti. Portai l’indice nella mia bocca e notai un sapore strano. Osservai il dito e notai che era macchiato di rosso. Mi girai verso Estrin e, nel riflesso di una macchina che passava facendo luce nella finestra, notai il labbro inferiore di Estrin sporco del suo sangue.

Di ciò non mi aveva detto niente, la mia bella Dea, la mia fedele cagnolina. Mi avvicinai con la mia bocca sulla sua e ne eliminai le tracce del suo sangue. Buttando la testa indietro, staccò la mia bocca dalla sua e riposò accanto a me, buttando la sua mano sul mio corpo e sognando chissà cosa. Sognare per lei era routine, dato che entrava in estasi e sognava ogni volta che faceva l’amore. Con me.

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