Gli uomini sono previdenti, è un dato di fatto. Pensavo questo mentre tastavo gli stipiti della porta. Le mansarde della città vecchia hanno queste porte bellissime, in legno massiccio, doppia anta con angoli ideali per nascondere le chiavi di riserva.
Trionfante, esibii a me stessa la chiave, prima di infilarla nella toppa. Avrei voluto dire che girava liscia come l’olio, mentre la verità è che sono stata buoni cinque minuti ad armeggiare.
Entrata, rimetto la chiave a posto, volevo sapesse che c’era qualcuno in casa, che stesse sul chi vive, fino a… trovare la mia sciarpa. Dove la metto, dove la metto?
Qui, sul cuscino. E’ intrisa del mio profumo, è il mio segno distintivo. Quando ci incontriamo, ci salutiamo sempre con un abbraccio, per annusarci a vicenda e ritrovarci. Tu sei mio, io sono tua.
E’ un gesto cominciato per scherzo, quando mi aveva raccontato di una tipa in discoteca che l’aveva sniffato fino al collo come fosse una striscia di coca. “Era anche carina, ma non puoi sniffare così un ragazzo che non conosci!”. Mi aveva fatto ridere da matti.
Ho ancora venti minuti per cercare un posto dove nascondermi. Mi guardo attorno, febbrile: voglio un posto dove possa vederlo cercare l’intruso. Cioè me. Decido per il bagno, dietro la porta, cosicché possa vederlo rientrare dallo specchio.
Tolgo le scarpe, le caccio sotto il letto col giaccone, badando bene che non si veda niente e prendo posizione. Mi suona il telefono: è lui, cavolo! Apro il rubinetto e rispondo “Ciao, sono arrivato quasi a casa, dove sei?” ” In treno!! Non sento bene, sto per arrivare!” “Vengo in stazione?” “No no! Ci vediamo da te!”. Chiudo la conversazione, spengo il cellulare e fermo l’acqua.
Pochi minuti dopo, sento il cigolio della porta. E silenzio. L’uscio si richiude con un tonfo legger; trattengo il fiato. Il mio cuore batte così forte! Vorrei fermarlo, zittirlo: tutto, purché non mi scopra. Avanza così piano che quasi non lo sento. Osservo il riflesso della sua ombra sul muro.
Un tintinnio e impallidisco: si è armato? Rimango immobile. Che sospetti sul serio ci sia un malintenzionato in casa? Sto sudando per la tensione: se non ci accorge in tempo che sono io, mi affetta. Riapro gli occhi scrutando lo specchio: non lo sento e non lo vedo.
Il gioco è bello finché dura poco, no? Mi decido ad uscire , preparandomi mentalmente a fare un balzello e dire “MAGIAAA!”. Non finisco di aggirare la porta, che strillo e urto dolorosamente il fianco contro il lavandino; era acquattato come una belva, pronto ad aggredire. Mi schiaccia contro il lavabo, baciandomi con forza, stringendomi così forte da togliermi il fiato.
Rimaniamo in piedi, in bagno, senza nemmeno dirci una parola,passandoci le mani su tutto il corpo, senza mai staccarci l’uno dalle labbra dell’altra. Mi solleva la gonna, annaspando con le mani sotto gli strati di tulle, fino alle calze. Ne afferra il tessuto scivoloso e con un solo movimento le smaglia dal ginocchio al cavallo.
Sono incredula “Amore, le calz..!” non mi permette di protestare, mi volta contro il lavandino e finisce lo scempio. Mi sorreggo ai bordi freddi, le braccia tese. Lo sguardo di entrambi viene riflesso dallo specchio, s’incrocia; chiudo gli occhi mentre mi penetra, li riapro subito dopo. Guardo il mio volto rilassarsi e farsi più dolce a ogni movimento, gli occhi azzurri che vengono di tanto in tanto oscurati dalle palpebre, le labbra socchiuse che si seccano subito per il respiro affannato.
Mano destra al fianco per trattenermi, la sinistra è libera per scostarmi i capelli sciolti dal collo e dalla spalla: morde entrambi, interrompendo l’andirivieni, aderendo perfettamente alla mia schiena.
Mi stringe il seno, lascia che mi appoggi contro di lui, masturbandomi.
“Guardati” mi soffia all’orecchio; ho lo sguardo perso, il capo rovesciato da un lato, le sopracciglia un poco aggrottate. “Non chiudere gli occhi” sussurra ancora. Dischiudo la bocca, traendo profondi sorsi d’aria; le ginocchia cedono facendoci oscillare entrambi; è uno sforzo anche solo sbirciare attraverso le ciglia, ma, per la prima volta in vita mia, mi vedo godere.
Mi sento Narciso, mi innamoro follemente di quell’espressione eterea, più che sognante: ho le guance arrossate, gli occhi sono lucidi e brillanti – il loro azzurro risalta nonostante siano socchiusi, la bocca scarlatta e dai contorni più morbidi. “Sono bella” dico, un po’ sorpresa, la voce arrochita. Non mi risponde, solo si sfila piano, lasciando che qualche goccia dei miei umori scivoli lungo la gamba nuda.
grammaticalmente pessimo........
Ciao Ruben, sei un mito! Hai un modo di scrivere che mi fa eccitare! La penso esattamente come te. Se…
Ti ringrazio, sono felice che ti piacciano. Vedremo cosa penserai dei prossimi episodi, quando si chiuderà anche la sottotrama di…
Davvero molto bello. Piacevole come gli altri e decisamente pregno di sentimenti espressi senza risultare melensi o ripetitivi. D'impatto leggiadro,…
Come ti ho detto, in pochi e poche sanno sa scrivere in maniera così eccitante sia dare un senso ad…