La voce si sparse’
In poco tempo, a scuola, i racconti confusero la realtà, minimizzandola o esaltando all’inverosimile ciò che era successo.
Io ero diventato importante.
Cercavano conferme, i compagni.
Venivano da me, in continuazione, spinti dalla morbosa curiosità di avere una conferma di quanto era accaduto.
Combattuto dal desiderio di sentirmi importante, ma timoroso di poter far del male a Patrizia, difficilmente rispondevo senza lasciar adito a dubbi.
Mi accorsi che questo atteggiamento in fondo accresceva la loro curiosità, senza intaccare l’ammirazione nei miei confronti.
Ero diventato un leader, il figo che condivideva le proprie conquiste.
Quante cazzate’
Però era bello far finta di crederci.
Passai giornate magnifiche, circondate da compagni che mi volevano essere amici, l’odore del potere, di quel poco che è comunque molto importante a quell’età.
Diversamente, Beppe e la sua banda, rosicavano e tramavano vendetta.
Beppe, in particolare, non amava Patrizia, ma era la sua ragazza, o meglio, ufficialmente, in realtà non sopportava lo sgarbo che gli avevo fatto.
Poco gli importava che Patrizia fosse stata circuita in stato di ebbrezza, neanche sentiva gelosia nei confronti di quanti l’avevano posseduta, ma il fatto che fosse successo pubblicamente non lo poteva sopportare.
Si riunirono, una sera, lui, Massimo e Sauro, decisi a porre rimedio alla loro vergogna.
Beppe era incazzatissimo.
‘Non possiamo fingere che sia successo nulla! Tutto il paese parla di quanto è successo!’
‘Quei maiali non hanno avuto alcun rispetto’ disse Massimo.
‘E’ colpa di Francesco, quel bastardo è stato l’artefice di tutto!’
Beppe schiumava di rabbia.
‘Poco importa, dai.. lascia perdere, calmati. Troviamo il sistema di fargliela pagare.’
Sauro, il più diabolico di 3, aveva già una chiara idea in testa.
‘Lo voglio ammazzare quel bastardo!’ Beppe era incontrollabile.
‘Stai calmo, forse c’è un sistema migliore ”
Io non sospettavo nulla, mi godevo serenamente quel momento di gloria, approfittando della cresciuta popolarità, anche con le ragazze che prima neanche mi consideravano.
Ora per alcune di loro ero un simbolo, il maschio più ambito della scuola..
Così feci amicizia con Daniela e Marina, anche loro frequentavano l’ultimo anno delle superiori.
Daniela era una brunetta dalle labbra carnose, timida, o meglio, si atteggiava da ragazzina timida, e questo aumentava il suo fascino.
Le tette abbondanti, nascoste dal solito maglioncino indossato in modo trasandato, le chiappe sode che mi eccitavano da morie, esaltate dai jeans attillati.
Marina invece era la classica mangiacazzi.
Nata per far sesso, secca, con un bel culo a balconcino, le tette piccole che prefiguravano un fisico poco femminile, ma estremamente eccitante, le gambe mostrate sotto le minigonne che portava con disinvoltura, gli occhi azzurri velati da un paio di occhiali stile segretaria disposta a tutto, il sorriso ammaliante, seducente.
Era così appetibile che tutti, in paese prima o poi ci avevano provato.
E a credere ai commenti, parecchi avevano gioito delle sue grazie.
Non mi era più possibile frequentare Patrizia.
L’immaginavo segregata da Beppe, nella squallida fattoria, in lacrime, principessa prigioniera nella torre.
Mi aiutò Daniela, con la sua dolcezza. Quando eravamo insieme, non pensavo al sesso, parlavo, parlavo, le raccontavo di me, dei miei progetti.
Non credo, ora, che le bastasse, che fosse sufficiente a renderla felice.
Ogni volta che la vedevo avrei voluto abbracciarla, stringerla forte tra le mie braccia, baciarla.
Ma non osavo.
E lei, timida come me, non fece mai il primo passo.
Un altro amore platonico si stava consumando nell’attesa di qualcuno che potesse deciderne la fine.
Sessualmente, non smisi mai di soddisfare le mie voglie con Simonetta.
Quasi giornalmente, tornati da scuola, godevo del suo corpo adolescente, abbandonandomi al sesso puro, fine a se stante.
Ricordo che un giorno, particolarmente eccitato, le feci segno di seguirmi ed uscii dall’aula, durante la lezione di matematica.
L’aspettai vicino al gabbiotto dove si distribuivano le colazioni.
Lei mi raggiunse velocemente. Senza dir nulla l’accompagnai verso i gabinetti, e dopo essermi accertato che nessuno ci stava osservando, la spinsi nei cessi maschili.
Mi feci spompinare per una buona mezz’ora.
Entrambi eravamo eccitati dall’idea che qualcuno potesse scoprirci.
Ogni tanto sentivamo dei passi, rumori di qualcuno che stava entrando.
Lei si fermava, attenta a leggere quei suoni, poi’, nascosta dall’intimità di quel cesso chiuso a chiave, ricominciava a succhiare, cercando di limitare ogni rumore.
Le sborrai in gola, facendole ingoiare tutto il mio piacere represso.
Godevo come un pazzo, osservandola mentre si impegnava a ingurgitare il seme spruzzato sulla lingua.
Tossì, in difficoltà, rivoli di sperma le colarono dai bordi delle labbra.
Poi riprese il ritmo e finì succhiandomi sino all’ultima goccia, pulendo per bene la cappella umida, leccandola avidamente, con la passione che solo lei sapeva esprimere.
Alcuni giorni dopo, Simonetta, in classe, mi passò furtivamente un bigliettino.
Stupito, attento a non farmi scorgere dal professore, lo sfogliai.
‘Ho voglia di te, mia madre oggi va dalla sarta, ti aspetto nel cascinotto del nonno alle 5.’
La guardai, stupito ed eccitato nello stesso tempo.
Ricordo che mi stupii nel vederla distogliere lo sguardo, quasi vergognosa, pensai.
In realtà si preoccupava di ben altro.
Trascorsi il tempo pensando a come era cambiata, non l’avrei creduta capace di prendere un’iniziativa del genere. Simonetta era solita concedermi qualunque cosa le avessi chiesto, ma mai, prima d’ora, aveva avuto l’ardire di propormi un incontro del genere.
Giunsi al cascinotto alle 5 in punto, eccitato, fantasticando su cosa avrei potuto pretendere oggi dalla mia cagnolina sottomessa.
Appena entrato, incuriosito da rumori e suoni raggiunsi il piano superiore, che in realtà era un antico fienile riadattato in salone, con tanto di divani letto e camino, usato dalle nostre famiglie per festicciole basate su cene interminabili e grandi bevute.
Stupito, percorsi i gradini che mi separavano dal salone.
Appena entrai, rimasi gelato.
Coperte, cuscini e lenzuolo erano stati stesi per terra, l’aria era satura di fumo di sigarette, bottiglie vuote ancora gocciolavano sul pavimento.
Al centro della stanza, un ragazzo stava fottendo alla grande.
Riconobbi Sauro.
Si stava fottendo un giovane culo.
Ma’ma’ era Simonetta!
In quel preciso istante, mani forti e decise piegarono un mio braccio dietro alla schiena, immobilizzandomi dal dolore’
Fui proiettato nel centro della stanza, in ginocchio, incapace di reagire perché qualunque movimento mi provocava un dolore insopportabile.
Da un angolo della stanza, velato dal fumo, apparve Beppe.
Teneva una canna tra le mani, mi guardò serio, senza dir nulla, avanzando verso me.
Quando mi fu vicino:
‘Sai perché sei qui?’
‘No, maledizione, digli di lasciarmi andare, mi fa male!’
‘Forse te lo sei meritato quel male’ Non ricordi?’
Non risposi, e dopo pochi secondi Beppe mi colpì allo stomaco con un calcio violentissimo.
Mi mancò il fiato, non riuscivo liberarmi dalla morsa che mi costringeva a stare chinato.
‘Ti ho fatto una domanda!’ urlò Beppe.
Non riuscivo proprio a parlare, anzi, a fatica riuscivo a respirare.
Un altro calcio, questa volta in faccia, mi fece quasi perdere io sensi.
‘Portalo qua, voglio che veda bene cosa siamo facendo a sua cugina!’
Sanguinavo dal naso, mi trascinarono a fianco di Simonetta, che continuava a subire la sodomizzazione di Sauro.
Ora ero vicino a lei. Tutti e 2 inginocchiati, piegati oscenamente, uno fianco all’altro. Beppe le passò davanti e le offrì le dita da succhiare, assicurandosi che stavo osservando.
Il ritmo era cadenzato dalle spinte di Sauro che ora, la sbatteva con energia, con forza, lasciando segni rossi sulle giovani chiappe, strizzandole furiosamente.
Simonetta pareva come in trance, subiva in silenzio, il volto trasformato dal godimento.
Non protestava, nè accennava a difendersi da quella sonora sculacciata.
Beppe, infilando i due indici nella bocca, le allargò le labbra, disegnando una maschera oscena e perversa sul suo bel visino.
Poi, tenendo divaricate le labbra, avvicinò il cazzo, eccitato, e la penetrò, simulando una chiavata in piena regola.
Entrava ed usciva completamente dalla sua bocca, continuando a tener dilatate le labbra: la bocca oscenamente aperta ed offerta alla penetrazione.
Malgrado la situazione, sentii il cazzo rispondere, incurante di tutto, la vista di Simonetta brutalmente sodomizzata e scopata in bocca mi stava procurando un’erezione incontrollabile.
Qualcuno mi slacciò i pantaloni, liberandomi anche delle mutande, ora entrambi erano abbassati a metà coscia.
Percepii che era stata un’iniziativa di chi mi teneva bloccato in quell’oscena posizione.
Riuscii a voltare leggermente lo sguardo ed ebbi conferma che si trattava di Massimo.
Panico.
Lo consideravo una bestia, e come tale si comportò.
Temevo il peggio.
Ne ebbi certezza, quando sentii qualcosa di caldo, morbido e duro, farsi strada tra le chiappe.
Provai un’inutile, ultima, disperata difesa, ma il dolore provocato dal braccio torto dietro la schiena non mi lasciava scampo.
Beppe abbandonò Simonetta, mentre Sauro, uscito dal retto, la faceva sdraiare sulla coperta.
Mi bloccò le braccia, permettendo a Massimo una maggiore libertà nei movimenti.
Sauro piegò le gambe di mia cugina sul petto, facendole sfiorare i seni turgidi, e la inforcò nuovamente dietro, occupando il budello dilatato di Simo che spalancò la bocca lanciando un urlo strozzato’
Con gli occhi sbarrati, incapace di resistere, attendevo terrorizzato il mio destino.
‘Che ne dici di provare anche tu quello che hai fatto a Patrizia?’
‘Ti prego, lasciami!’
‘Troppo facile’ Mi eri simpatico una volta, ma te la sei voluta, ora è il momento di saldare i conti’!’
Massimo diede la spinta decisiva.
Un dolore lancinante mi arrivò dritto al cervello, ma l’intruso non si fermò.
Continuò a spingere, con colpi secchi e prepotenti cercando di vincere la resistenza del mio sfintere.
Il cazzo avanzava lentamente, ad ogni colpo, insieme al dolore.
Cercai di concentrarmi e di rilassare il buco del culo’i muscoli’ inutile resistere.
Capii che era meglio spingere in fuori, anziché cercare di chiudermi in un disperato tentativo di difendere la verginità ormai persa.
Appena mi rilassai, il cazzo di Massimo vinse l’ostacolo, e con un ultimo preciso colpo raggiunse l’obiettivo.
Sentii le palle sbattere rumorosamente sulle chiappe aperte.
Non potevo che assecondare il su e giù, anche se mi stava scorticando il culo.
Sudavo.
Gocce di sudore, freddo, momenti di caldo furente, mi sentivo la febbre.
A poco a poco mi abituai, i muscoli si rilassarono, lo sfintere non provava più ad impedire la deflorazione.
Mi stava inculando, aveva preso la mia verginità, con la forza.
Massimo mi stava violentando.
Mi scopò nel culo, col suo grosso cazzo, per parecchi minuti, poi, uscì, e rimase a guardare lo sfintere che si chiudeva, lentamente.
Sauro, nel frattempo, stava frugando nel culo di Simonetta con entrambe le mani.
Due dita per mano.
La infilava più che poteva, godendo alla vista di quell’ano orrendamente dilatato.
Mi girai e vidi l’uccello di Massimo a pochi centimetri dal volto.
Era enorme. Almeno il doppio del mio, non tanto per la lunghezza, ma sicuramente per il diametro.
Un bastone nodoso, umido, coperto dalle mie secrezioni, che ora bussava davanti alle mie labbra.
Fui distolto dalla percezione di un altro bastone che si stava infilando nel mio culo.
Era Beppe, che, eccitatissimo, era entrato in me senza il minimo riguardo.
‘Tieni bastardo! Te lo faccio sentire bene il cazzo! Frocio! In fondo al culo! Sentilo bene! Ti piace?’.Ti piace come è piaciuto a Patrizia eh? Te lo voglio sfondare il culo!’
Per fortuna, il suo cazzo non era delle dimensioni di quello di Massimo.
Abituato dalla precedente penetrazione, entrò senza procurarmi eccessivo dolore.
Piuttosto, fui obbligato a concentrarmi sull’ uccello di Massimo, che afferrandomi per i capelli, mi obbligò a ingoiare quella cappella mostruosa.
Lampi di luce nella stanza.
Non potevo distrarmi, ad ogni colpo di Beppe, l’uccello affondava un pò di più nella mia gola.
Era troppo grosso, non potevo resistere.
Malgrado mi sforzassi, le mascelle spalancate al massimo, faticavo a contenere quel cazzo in bocca, mi sentivo soffocare.
‘Succhia, succhia, troia! Spompinalo bene che te la faccio bere tutta!’ Massimo era come in trance.
Mi afferrò per le orecchie forzandomi ancora di più la bocca, sino ad infilare quasi tutto l’uccello nella mia gola, facendomi sentire i peli delle palle che sfregavano il mento ed il collo.
Fui assalito da conati di vomito, cercai di sputare, tossendo, ma lui, imperterrito, appena mi riprendevo, ricominciava a pomparmi in gola, con ancora più decisione.
‘Ah! Dai! Vengo, bastardo, ti sborro in culo!’ urlò Beppe strizzandomi le chiappe.
Mi sentii inondato da una crema calda, che mi riempì l’intestino senza lasciarmi indifferente.
Il mio cazzo fremeva.
Mi masturbai furiosamente.
Un attimo dopo un primo schizzo di sborra mi centrò il fondo della gola.
Massimo svuotò tutti coglioni nella mia bocca.
Incapace di contenere tutto quello sperma, tentai un improbabile ingoio, cercando di liberarmi della sostanza viscida che mi impediva di respirare.
La sborra eruttò in parte fuori dalle labbra, colando sul pavimento, mentre il maiale continuava a strattonarmi col cazzo ben infilato in gola, cercando di godere anche gli ultimi attimi di quel suo sadico piacere.
‘Bevi, bevi tutto, stronzo!’ Massimo era fuori di sé.
Abbandonò la bocca solo dopo aver assestato un paio di ultimi colpi poderosi che fecero sbattere il mio mento sulle sue palle gonfie.
Non era ancora finita.
Subito dopo pretese la sua razione Sauro, che volle scaricarsi nella mia bocca.
Incapace di reagire accolsi quest’altra schizzata in fondo alla gola’
‘Se ti fai scappare anche solo una goccia ti gonfio di botte’ disse Sauro mentre stava eiaculando.
Avevano vinto ogni mia resistenza, e vincendo la repulsione per quel sapore acre, salato, ingoiai ripetutamente la sostanza vischiosa sperando che la tortura fosse finita.
Sauro pretese che gli pulissi per bene la cappella con la lingua, esortandomi ad una maggiore efficienza con sberle e strattonate di capelli.
Quando si allontanò, sentii il cazzo di Beppe uscire, mollo, dal mio culo.
Finalmente libero.
Una strana sensazione di vuoto ‘
Beppe ci girò attorno, guardando con sarcasmo, la sua cattiveria non si era ancora placata, il desiderio di vendetta non era ancora stato appagato.
Mi porse il cazzo da succhiare..
‘Adesso fammi un bel pompino’ stronzo”
Leccando la cappella sentii il gusto del mio culo su quel cazzo, mi disgustò e lui se ne accorse.
‘Ti fa schifo? Non importa continua a leccare’ Ehi tu ‘ Avvicinati, dagli una mano ‘ Dai leccatemi il cazzo insieme!’
Sauro spinse Simonetta vicino a me.
Docile, sporse la lingua ed insieme pulimmo l’uccello di Beppe.
Ricordo che mi eccitai, nonostante tutto, incrociando la mia lingua con quella di Simo, su quel cazzo odioso, puzzolente.
Gli leccavamo le palle, risalivamo sino al prepuzio, prendendolo in bocca a turno.
Sino a dividere la sborra di quel bastardo, contendendola con la lingua, succhiando lo sperma come fosse una prelibatezza.
‘Bene,,, Bravi! Vedo che vi piace, D’ora in poi sarete tutti e due a disposizione dei nostri cazzi’ Vedrete! Vi faremo divertire’ Hai capito, frocio!, e guai a te se ci riprovi con Patrizia!’
grammaticalmente pessimo........
Ciao Ruben, sei un mito! Hai un modo di scrivere che mi fa eccitare! La penso esattamente come te. Se…
Ti ringrazio, sono felice che ti piacciano. Vedremo cosa penserai dei prossimi episodi, quando si chiuderà anche la sottotrama di…
Davvero molto bello. Piacevole come gli altri e decisamente pregno di sentimenti espressi senza risultare melensi o ripetitivi. D'impatto leggiadro,…
Come ti ho detto, in pochi e poche sanno sa scrivere in maniera così eccitante sia dare un senso ad…