Avevo conosciuto la Signora per motivi di lavoro. Ho quarant’anni e mi occupo di consulenza finanziaria: quel pomeriggio mi ero recato nel suo ufficio, situato in un paese alle porte di Bologna, perché lei aveva bisogno di chiarimenti per un finanziamento immobiliare.
La Signora, una donna d’affari molto determinata che operava nel settore delle compravendite immobiliari, mi colpì subito per la sua classe ed avvenenza: era poco più che quarantenne, con i capelli biondi elegantemente raccolti e gli occhi di un azzurro intenso. Il suo fisico era slanciato, impreziosito da due gambe affusolate di quelle che io definisco “a prova di calze autoreggenti”, perché non fanno antiestetici rotolini di grasso nelle cosce per via dell’elastico.
Quel pomeriggio indossava una maglietta nera attillata, che evidenziava due tettine non molto grandi ma sode, e una gonna dello stesso colore poco sopra il ginocchio. Le sue belle gambe erano avvolte in un paio di velatissimi collant neri, resi ancora più arrapanti dalle scarpe décollété di colore marrone chiaro con un tacco abbastanza alto ma non volgare.
Parlammo a lungo di lavoro, anche se devo dire che ogni tanto mi lasciavo distrarre dal modo con cui la Signora accavallava le gambe: questo movimento, infatti, metteva in mostra un malizioso spacco nella gonna che scopriva generosamente la coscia sinistra.
Cercai però di rimanere impassibile e professionale, finché non fu proprio la Signora ad incoraggiarmi con un assist inatteso quando – per impostare i documenti del finanziamento – le chiesi di precisarmi chi fossero i rappresentanti legali della Società.
“Vede,” mi disse “anche se il titolare della Società è mio marito, io ho la delega piena per tutte le attività, perché in pratica mi occupo di tutto personalmente”.
“Con lui” proseguì la Signora “ho un rapporto quasi virtuale, e non solo per quanto riguarda il lavoro…”.
Non potevo far finta di nulla, ed infatti buttai lì le solite frasi di circostanza.
“Il vero problema” disse allora la Signora “è che questa situazione si trascina da anni e credo che questo fatto mi abbia portato a disprezzare gli uomini nel loro complesso…”.
Vedendo che avevo fatto una faccia sorpresa e… delusa, la Signora si affrettò a precisare:
“Voglio dire che l’avversione per mio marito, che sono costretta a sopportare per via di questi maledetti interessi economici, mi ha reso fredda e distaccata anche negli aspetti più intimi della mia vita… Insomma, sono anni che non riesco a provare soddisfazione con un uomo, e forse non mi interessa neanche più…”.
Ero veramente incredulo: non sapevo se stupirmi di più per la piega che aveva preso quell’incontro di lavoro o per le cose che mi stava confidando la Signora, una donna che mi sarei scopato seduta stante sulla scrivania e che invece, a suo dire, aveva le ragnatele sulla figa o quasi!
“Beh, signora,” provai a concludere per sdrammatizzare “se la cosa la può consolare, sappia che anch’io non andrei a letto con un uomo per tutto l’oro del mondo…”.
Nonostante queste premesse non troppo incoraggianti, quando la Signora – qualche giorno dopo – mi chiese se potevo accompagnarla a Genova per il perfezionamento di un’importante trattativa immobiliare, non me lo feci ripetere due volte. Inutile dire che la mia speranza segreta era quella di unire l’utile al dilettevole e portarmela a letto.
Dopo una giornata genovese piena di appuntamenti, ci concedemmo una cena a base di pesce in un simpatico ristorantino nei pressi dell’Acquario. Il buon vino bianco sciolse gli ultimi vincoli che erano rimasti fra noi e la Signora, passando improvvisamente al “tu”, mi chiese a bruciapelo:
“Da come mi guardi ho capito che ti piaccio e che mi scoperesti con gli occhi… Ma se vuoi che questo accada, la strada è ancora lunga”.
In effetti la Signora, nel suo elegante tailleur rosso, era veramente splendida.
“Perché, non ti piaccio?” la incalzai.
“No, non è per questo.” rispose lei “La questione è che, se mi vuoi veramente, devi dimostrarmi di non essere come tutti gli altri maiali che vogliono portarmi a letto… Devi dimostrarmi che, per compiacermi, faresti persino la cosa che ti fa più schifo al mondo… Devi essere come uno schiavo che si umilia davanti alla sua padrona…”.
Subito dopo la Signora fece una telefonata con il cellulare: compresi solo che stava fissando un non meglio precisato appuntamento per la stessa serata.
“Ti va se andiamo da una mia amica che abita qui vicino?” propose la Signora, che evidentemente a Genova capitava spesso “Si chiama Gianna, è un tipo un po’ particolare…”.
Io annuii, ritenendo che questa Gianna (ho usato un nome di fantasia) fosse una “domina” attrezzata per pratiche sadomaso. Così, di lì a poco, salimmo sulla sua automobile per recarci all’appuntamento in una vecchia abitazione, sempre nella zona del porto.
Quando Gianna ci aprì la porta, vidi con stupore che in realtà si trattava di un trans, benché dai lineamenti piuttosto femminili: aveva una vistosa parrucca rossa ed indossava un body di pizzo bianco con calze autoreggenti di uguale colore, ondeggiando sui tacchi molto alti di stivali anch’essi bianchi.
Ero fermamente deciso a tirarmi indietro. Sia chiaro, non ho nulla contro i trans, ma credo che le abitudini sessuali di ognuno vadano sempre rispettate e io non avevo desideri di quel tipo.
La Signora, tuttavia, non mi diede nemmeno il tempo di riflettere, perché mi fece capire con un’occhiata risoluta che la condizione per avere lei era quella di scoparmi il trans sotto i suoi occhi. Così, sia pur senza troppo entusiasmo, mi accostai a quella nuova esperienza.
Gianna non perse tempo e, aiutandomi a spogliarmi, mi condusse sul letto ed iniziò a palpeggiarmi delicatamente il corpo e l’uccello ancora barzotto.
Io chiesi d’infilarmi subito il preservativo, ma Gianna mi disse:
“Voglio farti godere di bocca e non mi va di succhiare un pezzo di gomma… Il condom te lo metterò prima che m’inculi, e te lo infilerò in un modo che non hai mai provato!”.
“Vedrai come sono porca quando me lo metti nel culo…” concluse, come per incoraggiarmi a provare quell’emozione che avevo sempre rifiutato.
In effetti, il trans ci sapeva parecchio fare e ben presto il mio cazzo s’indurì completamente, anche perché avevo notato che la Signora stava osservando la scena seduta a cosce larghe su una poltrona, come se stesse per masturbarsi, mettendo in evidenza due fantastiche calze autoreggenti nere dall’alto bordo di pizzo e un minislip nero da urlo.
“Uhm, il tuo cazzo non è per niente male…” sentenziò allora il trans, continuando a palpeggiarlo e a leccarlo con una perizia che raramente avevo riscontrato in una donna.
Dopo avermi leccato lungamente le palle e l’asta turgida, sì soffermò sulla cappella con movimenti circolari della lingua alternati ai primi delicati risucchi. Poi, in un inarrestabile crescendo, l’intensità del bocchino aumentò gradualmente e vedevo il mio uccello quasi scomparire nella gola profonda del trans.
La mia resistenza alla vigorosa pompa di Gianna non fu in realtà eccessiva e quando vidi la Signora che, scostandosi i minislip, iniziò a farsi un ditalino, sborrai violentemente nella gola del trans, che bevve avidamente il mio sperma fino all’ultima goccia, ripulendomi poi delicatamente l’uccello con la lingua.
La Signora mi diede appena il tempo di recuperare un po’ di energie e poi spronò nuovamente Gianna a riprendermi l’uccello in bocca, perché voleva godersi lo spettacolo dell’inculata finale.
Ben presto il mio cazzo fu di nuovo duro e Gianna, come aveva promesso, inizio ad infilarmi il preservativo usando sapientemente solo la bocca. Poi si mise alla pecorina e, aprendo il tassello del body, mi offrì l’orifizio anale dopo averlo ben lubrificato con una particolare crema.
Siccome esitavo, intervenne la Signora che prese in mano il mio uccello e, smanettandolo un po’, lo avvicinò al culo ospitale di Gianna, che non oppose alcuna resistenza già ai primi colpi della mia asta turgida.
“Rompiglielo, dài!” mi incitava la Signora riprendendo a masturbarsi, questa volta con un grosso fallo di lattice reperito nell’armamentario del trans.
Gianna, da parte sua, iniziò a dimenarsi e ad urlare come un ossesso, invitandomi a pomparla sempre più forte…
“Non ti fermare… Sfondami il culo… Sto godendo come una troia…” supplicava mentre la inculavo furiosamente, trattenendola con le mani all’altezza dei fianchi per dare più forza ai miei colpi.
Alla scena volle unirsi anche la Signora, ma non (come speravo) per impadronirsi del mio cazzo, bensì per iniziare a sbocchinare l’uccello molliccio del trans all’unisono con la selvaggia inculata.
Nel vedere questa strana situazione, sentii impellente il desiderio di sborrare nel buco sfondato di Gianna e, dopo aver vibrato quasi con cattiveria gli ultimi colpi, riempii con il mio sperma il preservativo che mi avvolgeva il cazzo sprofondato nel suo culo.
“Sììììì, schizzami così!!!” esclamò Gianna che, dopo essere venuta emettendo un grido di piacere, mi sfilo il profilattico e se lo portò alla bocca, svuotando fino all’ultima goccia il prelibato nettare.
Ero un po’ provato dai ritmi di quella furiosa inculata, ma uscendo dalla casa del trans, la Signora mi diede finalmente l’annuncio che aspettavo:
“Ho apprezzato quello che hai fatto per me: ti sei umiliato per il mio piacere, facendo una cosa che non avresti mai voluto fare in vita tua… Hai anche dovuto sopportare che io leccassi l’uccello del trans, anziché il tuo… Adesso meriti di avermi!”.
Ma, mentre stavo pregustando una tranquilla scopata nella camera dell’albergo, la Signora mi spiazzò ancora una volta. Diresse infatti l’automobile verso la vecchia darsena del porto e la parcheggiò in una zona, piuttosto buia e malfamata, che evidentemente conosceva. Poi mi disse:
“Voglio che mi scopi in un cesso del porto, come una baldracca… Sì, questa sera voglio sentirmi porca fino al midollo!”.
L’idea, che inizialmente mi sembrò a dir poco stravagante, iniziò ad intrigarmi e me ne accorsi dall’uccello che cominciava ad indurirsi nuovamente nei pantaloni, nonostante il robusto trattamento al quale lo aveva sottoposto Gianna.
Entrammo così in un cesso angusto e maleodorante, dove la Signora mi si offrì alla pecorina, flettendosi in avanti e sostenendosi al muro lercio con le palme delle mani ben aperte. Quando le sollevai la gonna, spostandole il sottile filo nero dello slip per penetrarla da dietro, la sua figa era già fradicia di umori.
Il mio cazzo divenne di marmo, anche perché la passera della Signora era deliziosa, stretta ed avvolgente… proprio come l’avevo immaginata! Fu una scopata breve ma molto intensa, al termine della quale la Signora raggiunse un orgasmo squassante:
“Ti sento… Cazzo, come ti sento!” urlò all’apice del piacere, invitandomi a venirle nella figa.
“No,” le dissi con decisione “voglio sborrare sulla tua faccia da troia d’alto bordo!”.
Lei allora mi ubbidì e, dopo avermi preso l’uccello in bocca, con alcuni potenti risucchi si fece schizzare in gola tutto lo sperma che mi fuoriuscì con prepotenza dai coglioni, bevendolo avidamente. Poi, per alcuni interminabili secondi, mi leccò e mi baciò dolcemente i peli fra l’ombelico e il cazzo, facendomi provare dei brividi nuovi e sconvolgenti… Sì, nonostante ci trovassimo nel lurido cesso di un porto, non avrei proprio potuto immaginare un finale migliore per quella serata.
Altre volte, in seguito, m’incontrai con la Signora, gustando sempre delle scopate meravigliose, talvolta in luoghi insoliti. Ma è inutile nascondere che quella magica notte di Genova conserva un posto particolare nella mia memoria…
Stupendo
Ciao purtroppo non sono brava nello scritto, Se vuoi scrivermi in privato . delo.susanna@gmail.com
Per un bohemienne come me, che ama l’abbandono completo al piacere e alle trasgressioni senza limiti, questa è forse la…
Ho temuto che non continuassi… sarebbe stato un vero peccato, il racconto è davvero interessante
Grazie, ne sono lusingato. E' da poco che lo faccio, ma lo trovo divertente. Tu scrivi, ho provato a cercare…