Questo è un racconto frutto di fantasia. Oppure è un segreto desiderio. Magari invece è già tutto avvenuto e di fantasia sono solo i nomi e i luoghi….
“In che avventura mi sono mai cacciato!” pensava E. mentre l’Eurostar procedeva implacabile verso Roma. Ripensava a tutta la storia e una sottile inquietudine lo invadeva. Era un curioso navigatore di siti contenenti racconti porno e avvicinandosi a questo mondo aveva trovato intrigante concentrarsi sulla lettura dei racconti a contenuto gay o trans. La fantasia correva e, ad un certo punto aveva sentito la necessità di esprimersi anche lui attraverso un racconto. Si era inventato una situazione intrigante, un sogno ricorrente che popolava le sue notte quando era fuori per lavoro o quando rimaneva a casa mentre la famiglia era in vacanza. Dopo aver pubblicato il racconto rimase sorpreso di vedersi recapitare una mail. Si trattava di F. che gli faceva i complimenti e poi raccontava un po’ di lui e delle desideri che lo stuzzicavano. E. rispose e cominciò a esternargli i suoi dubbi, le paure, le curiosità, le segrete passioni. Mail dopo mail si cominciò a creare un rapporto di confidenza. Un bel giorno F. gli scrisse “Perché non ci troviamo, magari a Roma in un albergo vicino alla stazione?” “Ma una volta lì cosa facciamo?” “Potremmo incularci a vicenda” Il loro epistolario allora cambiò decisamente tono. Ognuno cominciò a scrivere quello che avrebbe fatto all’altro e cosa avrebbe voluto che l’altro gli facesse. A volte si mettevano d’accordo per leggere le mail reciproche alla stessa ora masturbandosi. Si cementò in tal modo il loro rapporto.
Ma quando F. insistette per dare concretezza alla loro fantasia comune cominciarono le proccupazioni. E. era un consulente informatico, sposato e temeva molte cose. Le malattie e la scarsa igiene innanzitutto. I rapporti anali erano una via preferenziale per la trasmissione di malattie, virus e parassiti e su questo non voleva derogare, quanto meno per rispetto nei confronti della moglie. Le remore morali e sociali facevano il resto. La delusione di quello che avrebbe potuto provare con questa esperienza, cui non si era ancora neanche lontanamente avvicinato, per poterla realmente immaginare. Il suo desiderio era solo mentale e non nasceva da una esperienza direttamente provata. O forse la paura era proprio questa, che se avesse provato e gli fosse piaciuto … e scoprirlo a oltre 50 anni poteva essere pesante.
F. aveva dubbi analoghi, libero professionista stimato nella piccola comunità in cui viveva, single per seguire l’anziana madre, aveva avuto solo qualche esperienza prevalentemente di toccamenti e bocchini e con estranei “rimorchiati” via Internet e poi incontrati lontano dagli occhi, a Roma. Di fatto per l’uno e per l’altro l’incontro era un’incognita. “E se l’altro fosse un poco di buono che magari voleva solo i soldi o peggio avere un’avventura senza precauzioni?”. Era quindi “In che avventura mi sono mai cacciato!” il pensiero prevalente di E. mentre l’Eurostar stava arrivando a Settebagni. Si agitò sul sedile causando un’occhiataccia del vicino di sedia: quando si spostava il suo quintale di peso distribuito su un metro e ottanta, qualche malanno lo poteva sempre causare! F. invece era più fiducioso, vuoi perché le precedenti due avventure non si erano concluse male, vuoi perché comunque era una persona più ottimista e solare. F. arrivò prima di E. a Termini e passeggiò nella nuova galleria di negozi assaporando il piacere di fare shopping senza pensieri.
La borsa a portata di mano sembrava quella di un perfetto professionista, ma in realtà conteneva preservativi e gel in quantità industriali. Grazie al suo temperamento ottimista non aveva le paranoie di E. sull’igiene e le malattie, ma aveva deciso di rispettare il potenziale partner di questa avventura. Per lui che non si era costruito una famiglia ma che si era dedicato alla professione, il provare un’esperienza omosessuale stava diventando quasi una ossessione. Quando giunse l’ora dell’arrivo del treno di E., F. si appostò a guardare i passeggeri che fluivano dal binario verso le loro destinazioni cercando di ipotizzare quale potesse essere il suo amico. La paranoia di E. aveva impedito loro di scambiarsi anche solo una foto tessera. Scrutava la lunga fiumana di persone fino a che non vide un signore brizzolato e paffuto, con occhiali che si aggiustava continuamente la cravatta e si guardava attorno con curiosità ma anche con paura. Beh non era quel che si dice un Adone! Ma d’altra parte anche F. pensava di poter rappresentare una delusione per E. Di un paio d’anni più anziano era al contrario di E. magro e di una decina di centimetri più basso, anche lui brizzolato anche se una leggera calvizie cominciava a sfoltire la sua fronte.
Seguì pertanto a una decina di metri di distanza il signore che poteva essere E. e che si stava dirigendo verso il luogo dell’appuntamento. Quando lo vide fermo vicino all’edicola con il giornale stabilito in mano che si guardava intorno non ebbe più dubbi e si presentò “Sono F., sei E.?” Un sorriso “Sì sono io” Una stretta di mano imbarazzata. La confidenza che si era creata con la distanza e la virtualità del loro rapporto, era scomparsa dinanzi alla fisicità dell’incontro e al vedere trasformarsi l’idea di una persona in qualcosa di concreto che spesso non corrisponde all’immagine creata dalla mente. Comunque anche se non c’era corrispondenza tra realtà e immaginazione, nessuno dei due rimase completamente deluso. Si recarono allora in un alberghetto che F. nelle sue scorribande aveva individuato. Rimasero d’accordo che si sarebbero visti nella stanza di E., che avrebbe preso una matrimoniale.
Una volta dentro chiacchierarono del più e del meno, del tempo, del viaggio, di come Termini si era trasformata in questi anni, di tutto pur di non parlare di quello che li aspettava ma anche con la volontà di ricreare un “legame”. Nessuno dei due, per quanto potesse avere fantasia, aveva l’animo da “una botta e via” soprattutto in un rapporto che doveva essere “fino in fondo”. Alla fine E. si decise e cominciò a spogliarsi, pur essendo il più tremebondo prima, quando si trovava ad affrontare una situazione la prendeva di petto (o forse di culo!). Una volta nudi E. volle farsi un rapido bidet per togliersi gli odori del viaggio (e anche per la sua mania della pulizia) e così fece anche F. per non mettere in agitazione l’amico. Fatte le abluzioni si misero sul letto l’uno di fronte l’altro. Al principio, timidamente si toccarono la pelle del torace e del ventre. F. accarezzava le tettine cicciotte di E. e gli sembrava di avere per le mani il piccolo seno di una donna. Si chinò a leccargli e succhiargli i capezzolini che si inturgidirono immediatamente. E. intanto accarezzava la sua schiena e le sue palle, con la mano che frugava lo scroto a soppesare le palle. Le loro aste cominciarono a risentire della stimolazione e presero a gonfiarsi. F. non resistette e si gettò sull’uccello del partner ingoiandolo fino a che non era ancora al massimo del turgore. Se ne impadronì e cominciò a succhiarlo avidamente, con la lingua che curiosa percorreva l’orlo della cappella, si intrufolava nel buchino, titillava il frenulo.
E. godeva del trattamento e intanto stimolava l’amico con parole del tipo “Dai troia, succhiamelo tutto, spompinami come la cagna che sei!” Non era tipico del suo animo rivolgersi ad un altro con termini di questo tipo, ma sapeva che eccitavano il partner. Nel frattempo anche lui si dedicava all’uccello e al buco del culo di F. riempiendolo di gel e sforzando l’apertura con un dito prima, due dita poi. Lo incuriosiva più di tutto il cazzo dell’amico che svettava davanti ai suoi occhi: era come guardarsi allo specchio da un’altra angolatura. Infine si arrischiò e cominciò a leccarlo. Uhm non era male! Ora tutte le preoccupazioni erano scomparse e i due erano lanciati in un 69 sfrenato ravanandosi contemporaneamente e vicendevolmente il buco del culo per abituarlo a grandezze più consistenti. “Dai brava cagna, spompinami bene lurida puttana! Fammi venire, dai” insisteva E. ormai lanciato verso l’apice del piacere che la bocca e la lingua di F. gli stavano procurando. Lui non si fece pregare e scatenò la sua libidine bocchinara afferrando con una mano la base del nodoso uccello e segandola contemporaneamente al frenetico su e giù della bocca. Quando E. esausto avvisò “Oh si vengo!” tolse il cazzo dalla bocca ricevendo quattro schizzi di sborra calda sul viso estasiato da quanto era riuscito a combinare. Ora E. era abbandonato e passivo sul letto ed F. cambiò posizione portandosi di fronte a lui e facendogli tenere le gambe sotto la piega del ginocchio. Gli sorrise e puntò il cazzo, che era stato nel frattempo rivestito del preservativo e abbondantemente ricoperto di gel lubrificante, sul bordo dell’anello sfinterico. Si trattenne perché, era la prima volta di E. e non poteva forzare la situazione. E. si sentiva il cuore in gola, era arrivato al punto che molte volte aveva immaginato, diverso da come la fantasia l’aveva disegnato nella sua mente e desiderava ma anche temeva di fare il primo passo. Il primo passo lo fece il suo culo che con una contrazione accettò il primo centimetro del cazzo di F. Cominciò allora la lenta scalata con cui il cazzo caldo e pulsante di F. conquistò il pieno possesso dell’intimità di E., una scalata fatta di piccoli passi e di attese fino a che i tessuti e i muscoli delle viscere del partner non accolsero con un caldo e umido abbraccio il temuto e desiderato ospite.
Quando E. sentì i peli del pube di F. che stimolavano lo scroto capì di avercelo tutto dentro. Chiuse gli occhi e assaporò il momento per scolpirlo a fuoco sul marmo della propria memoria, poi rilassato concesse un “Prova dai, ma lento mi raccomando!”. Allora F. capì che poteva cominciare la camminata nelle viscere dell’amico. Lo trasse fuori lasciando dentro solo la cappella, quindi rifece il percorso di prima solo un poco più veloce, poi di nuovo fuori, successivamente ancora dentro fino in fondo. Così aumentando il ritmo e la profondità dei colpi. Allora E. si ricordò di quello che F. gli aveva scritto che gli piaceva e lo stimolò dicendogli “Dai pompami come sai fare tu, sbattimi come fossi una troia!” e si abbandonò ai colpi che squarciavano piacevolmente le sue viscere. F. si eccitava sempre di più osservando che ad ogni mazzata la ciccia che circondava il corpo dell’uomo che stava inculando, fremeva evidenziando la violenza dei colpi ricevuti. Quando sentì l’orifizio anale dilatato e lubrificato si fermò, estrasse il cazzo, anche per dargli un attimo di tregua, fece mettere a pecora il partner e si riappoggiò al buco. Ora fu E. a ingoiare con il suo buco famelico l’uccello turgido e duro come il marmo
“Dai sbattimi, sono la tua troia, fammi impazzire, oh sì, fammi godere come non mai!” Glielo urlava perché sapeva che piaceva all’amico, ma ora forse perché anche a lui garbava sentire quel pistone di carne calda e pulsante che percuoteva i suoi intestini in un crescendo rossiniano. Era percorso dalle mazzate del cazzo che facevano tremare la sua carne e si sentiva come sull’orlo di un baratro e, quando avvertì l’irrigidirsi di F. che preannunciava l’orgasmo, si lasciò precipitare nel vuoto della libidine e del piacere. Fu un’esplosione di urla e una liberazione “Vengo! Si troia ti sto inculando” “Sì così, ancora, ancora!”. Affannati, con il fiato grosso attesero che le palpitazioni e il respiro riacquistassero i ritmi normali e poi si staccarono accasciandosi stremati sul letto. Quando ebbero finito di riassaporare le sensazioni appena trascorse nella loro mente, vollero condividerle anche con il partner che tanta parte aveva avuto in questa esperienza finora unica. Passarono vari minuti in questa atmosfera rilassata poi E. volle darsi una breve pulitina (il solito maniaco della pulizia) imitato a questo punto anche da F. che adesso, sapendo cosa lo aspettava, cominciava a sentire un po’ di ansia crescergli nel petto. E. lo fece stendere sul letto di schiena, gli montò a cavalcioni come per un 69 e gli ordinò “Succhiamelo bene troia e fammelo diventare duro che poi te lo sbatto nel culo!” facendo seguire le parole a una penetrazione del suo culetto con due dita ben lubrificate. Si dedicò quindi all’attività che sapeva riuscirgli bene: spompinare per bene il cazzo dell’amico fino a che questo non riprese una consistenza accettabile.
Nel frattempo si sentiva frugare dalle dita ansiose di fare una profonda conoscenza delle sue viscere. Ora era pronto, il culo aperto e lubrificato, le gambe tirate su a porgere il suo dono più profondo al violatore delle sue intimità. Anche per lui cominciò un lento cammino di avvicinamento alla soglia del piacere anale. Un centimetro alla volta egli si sentiva sforzare i tessuti in maniera innaturale da questo cazzo che ora gli sembrava immenso, poi i muscoli si ricomponevano, quasi prendessero fiato, e via, erano pronti per un altro centimetro di cammino. Alla fine, e gli sembrava impossibile di arrivarci davvero, si sentì completamente pieno, quasi non ci fosse altro spazio per accogliere il caldo ospite. Assaporò il momento come prima aveva fatto anche E., e si rilassò lasciando all’altro di condurre il gioco e riservandosi solo il ruolo passivo di godere di culo come mai aveva provato prima di allora. Sentiva ora che l’uccello duro come la pietra stantuffava pesantemente le sue budella come fosse un maglio.
Ad ogni colpo gli sembrava di ricevere tutto un quintale di carne pulsante proprio lì nel culo. Oramai urlava, urlava senza ritegno le porcherie più atroci, con voce resa roca dal piacere che salendo lo prendeva anche alla gola “Sì, dai inculami, spaccami tutto, sbattimelo fino in fondo, rendimi donna piena di te, fai di me la tua troia, la tua puttana culona”. In un attimo di lucidità E. riuscì a fermarsi e a farlo girare a pecorina. Quando F. sentì nuovamente le viscere colme, riempite dalla passione e dal desiderio del “suo uomo” non resistette e diede inizio ad una sfrenata danza con i fianchi a favorire l’inculata, che ora avanzava con la forza di una marea, sempre più forte, sempre più veloce, sempre più a fondo. Mentre sentiva nel suo intestino il pulsare dell’uccello che espelleva nel preservativo il suo carico liquido, le contrazioni, che provenivano dai centri nervosi dell’ano deflorato, gli fecero sgorgare un’ orgasmo che lo portò a sporcare le lenzuola del letto con la sua sborra. Sentì la calda ciccia di E. che si posava sulla sua schiena e si abbandonò sul giaciglio. Stremati godettero di questo momento di pace assaporandolo fino in fondo.
E poi parlarono, con un senso di liberazione, quasi a voler costruire un legame più profondo di quello fisico che avevano sperimentato con una violenta partecipazione. Poi quasi una promessa “Se riesco a trovarti una consulenza dalle mie parti, presso qualche mio cliente che ha bisogno, potrei ospitarti in una casetta che ho comprato sui colli …” “Sarebbe magnifico. Sai non credevo mica che tu fossi un avvocato, pensavo che raccontassi una balla”. F. si alzò di scatto “Accidenti fra un quarto d’ora mi parte il treno” Si rivestì in fretta e diede un fugace e quasi casto bacio al compagno di un’avventura che sarebbe rimasta impressa a fuoco nella profonda intimità di ognuno, poi si allontanò verso la stazione.
E. rimase lì ancora per una mezz’ora, si lavò con calma (e ti pareva che non lo facesse), si rivestì con cura, chiuse la porta e si avviò anche lui al treno. Giunto al tavolo della reception l’impiegato prese la chiave e gli annunciò il prezzo da pagare. Rimase interdetto, erano d’accordo che avrebbero fatto alla romana e lui aveva già dato la sua parte ad F., poi fu come folgorato “Cazzo, quello stronzo di F., vuoi vedere che mi ha inculato!”.
Dedicato a chi sa lui.
Grazie Rebis
Bellissima storia, molto realistica
Pisellina… fantastico! Un buon mix di Femdom e umiliazione
Storia molto intrigante. Per favore, continua! :)
In tutte le volte in cui Maria ordina a Serena di spogliarsi, Serena rimane sempre anche a piedi nudi oppure…