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Racconti erotici sull'IncestoTradimento

In viaggio con Tiziana

By 13 Settembre 2024No Comments

Tiziana era la cugina preferita di papà, amica e confidente i negli anni della loro gioventù. Erano cresciuti insieme, molto affiatati e complici. Sposatasi con un ricco uomo di venti anni più grande di lei aveva due figli, entrambi studenti universitari.
Come ogni anno, era consuetudine facesse visita col marito ad alcune aziende agricole di loro proprietà. Era ormai una tradizione, un passatempo più che altro, dato il valore residuale che tali attività costituivano nella vastità dei loro interessi. Prima di iniziare il breve tour non mancava di passare da noi.
Stavolta Tiziana però era sola per gli impegni improrogabili del marito ma, in ogni modo, non aveva voluto rinunciare a quella che per lei costituiva una piacevole rilassante parentesi che la coinvolgeva affettivamente e in aggiunta, in quel periodo, una modalità di evadere da una realtà da cui voleva prendersi una pausa. Da parte mia ero curioso di rivederla, dato che per svariati motivi da qualche anno non la incrociavo.
Mia madre non sopportava Tiziana.
– Con quel suo atteggiamento sussiegoso da essere superiore.
Mio padre cercava di ricondurla a un maggior equilibrio nel giudizio.
– Ma dai, é una brava persona e ha molti lati positivi.
– Forse i lati positivi segreti li hai potuti cogliere tu -. Rispondeva furiosa.
Non capivo allora che mia madre soffriva di una inquieta gelosia nei confronti di Tiziana percependo che mio padre ne subisse il fascino e che forse nei loro trascorsi giovanili non si erano limitati a chiacchiere ma che qualcosa fra loro fosse accaduto.
La cugina si presentò, come di consueto, vestita con sobria eleganza, senza alcuna concessione a civetterie e stravaganze. Non amava essere appariscente.
Lei, abile imprenditrice, era indubbiamente una bella donna, che nascondeva la sua avvenenza dietro una maschera di distacco aristocratico, freddo e addirittura scostante. I suoi atteggiamenti erano comunque improntati a grande correttezza, misura, educazione; era, in sintesi, una signora di provata serietà e di classe. L’indomani di una giornata trascorsa a casa nostra rievocando piacevolmente ricordi con papà – da quei ricordi mamma ed io eravamo talvolta esclusi e il dialogo era un fatto solo tra loro -, Tiziana sì apprestò a mettersi in viaggio.
Mio padre si sarebbe offerto volentieri di accompagnarla – affermando che non fosse giusto lasciarla sola in quel viaggio -, ma mamma si oppose con argomentazioni che allora mi apparvero un po’ pretestuose. Fu così che, dopo conciliaboli vari, venni designato proprio io come accompagnatore ufficiale, con l’approvazione di entrambi i miei genitori. La cosa non mi dispiaceva: avevo tempo libero da esami, in attesa di iniziare l’ anno accademico e l’idea di guidare la lussuosa auto della bella cugina mi attirava assai. Inoltre Tiziana, di cui da bambino ero stato letteralmente innamorato, tanto da provare un’infantile risentimento nei confronti di suo marito, era stata a lungo la protagonista dei miei sogni erotici allo sbocciare della mia pubertà. Ma il vero interesse ad accompagnarla consisteva nel poter parlare con calma di argomenti attinenti la mia futura professione: i suoi consigli sarebbero potuti essere preziosi per indirizzare i miei programmi di studio.
Se Tiziana fosse rimasta delusa di non essere accompagnata da mio padre, certo non lo fece trasparire, accogliendo favorevolmente la proposta che fossi io il prescelto.
Lei mi cedette da subito la guida, con mio sommo piacere, per potersi rilassare e godere del paesaggio. Notai che il suo atteggiamento superbo, la sua albagia erano più apparenza che realtà e si stabilì fra noi un bel clima disteso che mi consentì di porre i quesiti che mi premevano riguardanti il mio futuro lavoro. In tale atmosfera rilassata Tiziana si tolse la giacca del tailleur informale, che vestiva nell’occasione del viaggio e rimase con indosso solo la fine t-shirt.
Ammirai, per quello che l’attenzione alla strada mi poteva consentire, il suo magnifico seno, lievitato rispetto all’immagine conservata nella mia memoria poi, sempre più manifestamente disinvolta, si tolse le scarpe.
Sbirciai in più riprese, fugacemente – solo questo mi consentiva la guida -, quei bellissimi, curatissimi piedi, ma questo fu sufficiente per dare la stura a ricordi che avevo scotomizzato col tempo. Riaffioravano vivide immagini e in particolare quella dello Chanel appeso a un piede dondolante di Tiziana in un erotico dangling. Ciò aveva messo in moto, inopinatamente, le mie pulsioni ancora bambine.
I miei sguardi non sfuggirono a Tiziana che sorridendo esclamò:
– Diego, ti sembra un gesto ineducato il mio rimanere scalza? Scusami ma ne sentivo proprio il bisogno, queste scarpe mi opprimono.
– Ma figurati -! Avrei voluto invece ribattere che ne ero assolutamente entusiasta.
Vidi, in tralice, come la cugina avendo colto dalle mie occhiate un certo interesse, mi scrutasse con un malizioso sorriso affiorante sulle labbra. Il viaggio sarebbe durato un paio di giorni e avrebbe comportato un pernottamento presso una coppia che gestiva da tanti anni una fattoria e con cui Tiziana e il marito avevano stabilito una consolidata amicizia. Giunti a destinazione imboccammo un bel viale alberato; notai la scia polverosa sollevata dietro, al nostro passaggio: l’estate quell’anno era stata particolarmente siccitosa e la campagna reclamava acqua. Nuvole nere, gonfie, torreggianti e incombenti parevano prepararsi a un temporale.
Gli amici accolsero calorosamente Tiziana pur rammaricandosi dell’assenza del coniuge. Lei fece le presentazioni.
– Mi accompagna il mio giovane cugino Diego, un brillante studente che si è rivelato inoltre un valente pilota.
– Signora Tiziana, pensando che suo marito fosse con lei abbiamo preparato la solita stanza, ma provvediamo subito a una diversa sistemazione.
– Ma no, assolutamente. Non è mia intenzione arrecarvi disturbo. Per mio cugino ed io andrà benissimo. Stanchi come siamo dormiremo come sassi. D’accodo Diego?
– Ma certo -. Ribattei, celando come la cosa mi intrigasse.
La cena fu notevole per qualità e quantità. Tiziana si attardò a discutere di affari ed io la precedetti in camera.
Uno scroscio breve e violento di pioggia aveva mitigato l’afa della giornata.
Ero a letto e finsi di essere addormentato quando Tiziana entrò in camera. Dalle due finestre, di cui avevo tenuto le imposte e i vetri aperti, penetrava un vento piacevole, tiepido che sollevava le tende al suo passaggio e che profumava di terra bagnata e di erbe aromatiche.
Ad occhi socchiusi, avvalendomi della luce potente dei faretti che illuminavano l’ampia aia prospiciente l’edificio e che si diffondeva all’interno, potei gustarmi lo spettacolo della cugina che, dopo un passaggio in bagno, si preparava per la notte.
Si sciolse i capelli, si liberò degli indumenti. Ora, avevo già avuto qualche rapporto con coetanee gustandomi quei giovani flessibili giunchi, ma l’opulenza di quel corpo esibita dinanzi a me mi ammaliò. Tiziana sì spogliò lentamente, indulgendo ad accarezzarsi compiacente il suo magnifico culo, tondo, burroso, scivolando con le mani fra le morbide curve dei seni rigogliosi. Sembrava eccitarsi con il suo corpo nudo e al culmine della provocante esibizione erotica – fosse consapevole di essere osservata o meno ancora non lo so -, la sua mano destra giocò in prossimità dell’inguine mentre lei allargava le cosce per assecondare la penetrazione.
Poi, dopo aver indossato una semplice, casta camicia da notte e accostate appena le imposte, si diresse verso il letto matrimoniale dove fingevo di dormire e prese posto accanto a me; avvertivo il suo respiro lieve. Se Tiziana si era eccitata per le sue stesse belle forme, io mi ero acceso fino a prendere fuoco e mi era costato uno sforzo sovrumano rimanere immobile, passivo. Mi trovavo in uno stato di eretismo sessuale – che tenevo a bada a stento – indotto da quel corpo così prossimo di cui avvertivo il calore e il profumo. Nel silenzio della stanza e della campagna che ci circondava temevo, irrazionalmente, potesse udirsi il battito martellante del mio cuore, quando fui sfiorato da qualcosa di caldo e vellutato. Pensai a un contatto fortuito ma allorquando il piedino morbido di Tiziana, scivolando carezzevole raggiunse il mio cazzo già completamente sfoderato, dovetti ricredermi.
Se qualche ritardatario, residuo dubbio albergasse ancora in me, tutto fu spazzato via allorché le dita della cugina, intrise del succo della sua figa mi si posarono lievi sulle labbra. Il mio naso si inebriò di quel profumo e la mia bocca risucchiò dentro sé quelle dita dal sapore impareggiabile.
– Diego ti piace la mia figa?
Liberando tutto quello che tenevo compresso, senza proferire parola, mi gettai sulla cugina concedendo alla mia bocca di esplorare ogni centimetro di quel corpo procace e conturbante fino ad addentrarmi dentro quella mirabile liscia fessura – completamente depilata, fradicia di umori, odorosa e fragrante -, di cui le dita di Tiziana mi avevano recato una gustosa caparra. Il suo bottoncino clitorideo fu ben presto l’obiettivo privilegiato della mia azione, che lei accompagnava con ansiti lussuriosi. Ora fissava con occhi che brillavano di desiderio la mia verga che svettava orgogliosa.
– Che bel cazzo che hai – e dopo averlo toccato e accarezzato – com’è duro!
Prese fra le mani la mia verga e la baciò, leccò partendo dalla base dei testicoli fino alla cappella, la insalivò e la prese in bocca con grande reciproco appagamento.
Ci baciammo appassionatamente, amanti decisi a percorrere fino in fondo questa relazione fedifraga.
La scopai incredulo di quel corpo dalle morbide, seriche anse che si abbandonava accogliente, arrendevole alle mie voglie.
La penetravo sempre più esaltato, concentrandomi per evitare di esplodere troppo presto. Instancabile le impastavo le mammelle, le torturavo i capezzoli, le baciavo la bocca, il collo sensibile; lei, da parte sua, si agitava e con le gambe mi abbracciava, stringendomi i lombi che pompavano furiosamente spinti dal mio esuberante vigore giovanile, rovente al calor bianco.
– É stupendo Diego, non fermarti, sto venendo. Mi stavo scordando quanto fosse bello fare sesso.
Le schizzai in grembo il mio seme, completamente soddisfatto. Giacemmo accanto ed io mi beavo di quelle mammelle sontuose che, nella penombra, si sollevavano e abbassavano solidali al suo respiro ancora affannoso dopo il sesso.
Fuori soffi caldi avevano trasportato nuvoloni, gravidi pioggia e ora si scatenava un altro temporale. L’ aria fattasi più frizzante ci spinse ad abbracciarci e ci riaccese.
– Avrei un desiderio inconfessato, mai realizzato e che coltivo da tempo…chissà se tu Diego…ti prego.
Non potevo sperare di meglio.
Di lì a poco ero intento a leccare la sua roseola bruna, a insalivarla dopo averle divaricato i glutei. Applicai un gel di aloe, reperito nel suo beauty case, con delicatezza attorno allo sfintere anale, poi dentro con le mie dita, strappando a Tiziana mugolii eccitati; infine lo spalmai sul mio cazzo durissimo. Appoggiai il mio glande tumido sul buchetto e con una spinta fui dentro superando l’ostacolo dello stretto sfintere. Urlò.
Beato, perso nel mio piacere, mi muovevo nelle sue viscere, dove il cazzo aveva preso dimora, si addentrava, lei col volto affondato sul cuscino, coi pugni serrati a stringere le lenzuola miagolava oscenamente.
– É un po’ doloroso ma mi piace tantissimo, godo, godo…così -. Poi sempre più esaltata, inarcando indietro la schiena e agitando nell’aria le procaci mammelle -, Forza insisti, inculami…così…più a fondo…senza pietà!
Sbattevo intensamente Tiziana i cui gemiti erano un ulteriore stimolo all’azione così intensa e profonda che i miei testicoli vennero contatto con la sua figa umida e gonfia: avrei voluto protrarre all’infinito quel momento. Ma giunse la fine e scaricai il liquido del mio piacere nel suo ventre.
Stremati ci addormentammo abbracciati e così ci sorprese la luce del mattino.
Gli amici ci attendevano davanti a una tavola imbandita di una ricca colazione. La giornata era luminosa, l’aria tersa per la recente perturbazione atmosferica che aveva ripulito, resa di vetro l’aria.
– Dormito bene signora Tiziana, e tu Diego?
– Come due angioletti, grazie -. Rispose prontamente Tiziana con la faccia più innocente del mondo.
Riprendemmo in nostro viaggio con la mente rivolta alla notte bollente trascorsa. Mancavano forse duecento chilometri alla meta, casa mia, quando Tiziana esclamò:
– C’è ne ancora di strada all’arrivo. Fra pochi minuti incontreremo un delizioso Motel. Vuoi che prendiamo una camera e ci stendiamo un paio di orette? Devi essere terribilmente stanco.
Mi guardò provocante.
– Ottima idea, hai ragione: sono esausto.

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