Mara entrò nella mia vita dal giorno del suo matrimonio con lo zio Andrea, il fratello più giovane di mia madre. Mi piacque da subito e, poco più che bambino, mi innamorai di quella bella ragazza bruna che, da parte sua, mostrò da subito simpatia nei miei confronti. Alle soglie dell’adolescenza, con l’affacciarsi dapprima timido e poi prorompente delle mie pulsioni sessuali, zia Mara divenne ben presto la protagonista delle mie fantasie erotiche. La sognavo e quando mi capitava di incrociarla la guardavo estasiato: lei, che non poteva non accorgersene, mi concedeva un sorriso fra il divertito e il compiaciuto.
La casa dei nonni materni era d’estate, per una settimana o due, centro di ritrovo di tutta la nostra grande famiglia e durante una di queste occasioni potei ammirare per una fortuita, felice circostanza, spiando dal buco della serratura, il mio sogno erotico che si faceva una bella doccia: che meraviglia potersi gustare lo spettacolo del suo massaggiarsi le rigogliose mammelle o dell’insaponarsi il folto pelo nero della figa, allargarsi il solco dei glutei torniti!
Preso dall’eccitazione ansimavo e uggiolavo così rumorosamente da venir scambiato per Full, il cane bracco di casa. Mara dal di là dello porta intimò:
– A cuccia Full, brutto cagnaccio libidinoso!
Full mostrava infatti una smaccata predilezione per gli odori della zietta e non perdeva occasione di annusarle le parti intime, recandole fastidio ma, a onor del vero, anche suscitandole un certo divertimento che faticava a celare.
La mia simpatia per il botolo crebbe, non solo perché mi aveva salvato il fondoschiena in quella circostanza, ma anche per la passione – lo ammetto un po’ perversa – che ci accomunava. Lo invidiavo quando dopo una lunga giornata al calar della sera sul prato antistante la grande casa, zia Mara aveva l’abitudine di togliersi le scarpe e Full annusava e leccava senza nessun freno – che le buone maniere avrebbero richiesto, ma essendo un cane poteva fottersene – i piedini olezzanti, mentre io dovevo accontentarmi delle molecole odorose che riuscivo a intercettare a fatica, tenendomi a distanza per non svelare smaccatamente la mia preferenza per quelle deliziose estremità.
Mamma, che si sentiva in competizione con la giovane cognata che l’aveva spodestata nell’ideale classifica di bellezza delle donne di casa, cercava in lei un punto debole.
– Indubbiamente Mara è una bella ragazza, ma quella sua fissazione di tenersi non depilate le ascelle e l’odore che da esse emana in certe circostanze….che volgarità ingiustificabile! Andrea, avrebbe meritato di meglio -, sospirava.
Se questo particolare delle ascelle irsute faceva storcere il naso a mammà, certo io non la pensavo allo stesso modo e anzi ne ero attizzato. Per non parlare degli odori di zia Mara che a me garbavano alquanto e anzi mi facevano letteralmente ribollire. Si, devo confessarlo ma – sarò strano – gli aromi naturali femminili mi hanno da sempre stimolato sessualmente in maniera smodata.
Un paio d’anni da quell’estate – era terminata da poco la scuola – lo zio Andrea, che aveva avviato una promettente attività, telefonò a mia madre chiedendo se io avessi potuto concedergli il mio aiuto per qualche giorno. Si trovava infatti nella necessità di recarsi all’estero accompagnato da due suoi dipendenti per una fornitura importante e a lasciare in ditta la solo zia Mara, che si sarebbe potuta trovata in difficoltà; in quel frangente, accaduto così improvvisamente, solo io rappresentavo la soluzione.
Gli zii abitavano a 150 chilometri di distanza, troppi per poter fare il pendolare e così io mi sarei dovuto trasferire a casa loro.
Mi atteggiai a martire, fui appassionato e convincente nella narrazione del bravo ragazzo che sacrifica parte – invero breve – della sua estate, stoicamente, per il bene della famiglia, riempendo di orgoglio fino alle lacrime commosse mia madre, fiera del così bravo figliolo che aveva tirato su.
Ero ovviamente felice dell’opportunità – forse solo nella mia fantasia – che mi si offriva così carica di promesse, ma volevo evitare che nella testa di mamma si insinuasse il pensiero che il mio ritrovarmi con la bella zietta, soli soletti, potesse nascondere qualche insidia per il suo giovane e innocente ragazzo; d’altro canto per lei ero sempre quell’ingenuo bambino e non un giovane animale traboccante di ormoni, con il sesso come pensiero dominante stampato nella zucca.
– Grazie per l’aiuto che ci darai; son proprio contenta tu sia qui.
Al mio arrivo zia Mara mi accolse con un abbraccio e un bacio sororale e ne fui profondamente contrariato. Sognavo ben altro!
La giornata di lavoro iniziò da subito e ben presto mi pentii per aver seguito il mio progetto, che ora mi appariva velleitario, di avere zia Mara, nuda fra le mie braccia, disponibile ad assecondare i miei capricci e a introdurmi nel magico mondo del sesso. Lavorammo duramente a spostare materiale, a ordinarlo, noi due e basta – quell’azienda che in breve avrebbe ottenuto un lusinghiero successo, era ancora in embrione – in quella giornata lunga e calda.
– Greg ci rifaremo stasera con una bella cenetta -, cercò di incoraggiarmi la zietta.
Col passare delle ore ero sempre più deluso, poiché mi aspettavo uno sviluppo piccante di quella giornata che invece scorreva via insulsamente; mi maledissi per non essere rimasto a casa con i miei amici allegri e sfaccendati e, soprattutto, con tutto il tempo a loro disposizione.
Fu poco prima della pausa pranzo, un frugale spuntino consumato in ditta, che accadde l’imprevisto.
Nel sollevare un grosso scatolone per riporlo su un ripiano il mio naso venne a contatto con l’incavo ascellare di zia Mara – che per comodità indossava una t-shirt smanicata -, sudato e intensamente odoroso per il caldo appiccicoso e il febbrile lavoro. Ne approfittai per inalare voluttuosamente, in modo fin troppo plateale, quell’afrore di femmina carico di feromoni. Ero giovane ma, come già detto, un convinto e appassionato feticista.
Zietta non potè non accorgersene e sul volto le si disegnò, dopo una fugace sospensione imbarazzata, un enigmatico sorriso. Pensai di aver esagerato lasciando trasparire questa mia predilezione.
Seduti per rifocillarci su un materasso, che fungeva da improvvisato divano, zia Mara mi guardò, mi sorrise languidamente; per mettersi più comoda si sfilò, con evidente sollievo, le ballerine che le serravano i piedi accaldati liberando intensi aromi che eccitarono manifestamente e ulteriormente il mio selvaggio istinto e confermarono zia Mara in ciò che aveva da tempo – durante le trascorse estati nella grande casa di famiglia – intuito.
Sorridendo seducente, maliziosa, sicura di controllare la situazione, mi rivolse parole stimolanti, provocatorie.
– Scusami, ma dopo tutto questo caldo, mi rendo conto di puzzare. Temo forse di averti disgustato; ti chiedo scusa e appena possibile, una bella doccia mi rimetterà in ordine.
Ormai confermata su quelle che erano le mie pulsioni, fingendo di scusarsi, la zietta mi incoraggiava invece a rompere gli indugi.
Compresi che era giunto il momento tanto sognato e decisi di lanciarmi:
– No, no anzi le tue ascelle sudate e non depilate…mi piacciono…ehm …molto, moltissimo. Sono decisamente sexy…come i tuoi piedi…
Ora il suo volto assunse un’espressione decisamente lussuriosa.
– Se vuoi giocare, annusami a piacimento, te lo consento, te lo meriti. Devo ammettere che trovo tutto ciò estremamente intrigante, poiché fa emergere il lato atavico, primordiale del mio essere femmina e scatena in me emozioni forti. Non tutti poi sono in grado di apprezzare come te e me queste sensazioni da intenditori.
Ora non invidiavo più il cazzeggio in cui erano impegnati i miei amici.
Stesa sul materasso dopo essersi tolta la maglietta, solo col reggiseno, allungò le braccia al di sopra del capo scoprendo così le sue ascelle bagnate che apparivano fauci spalancate che mi reclamavano. Mi gettai con la mia bocca, la mia lingua, le mie narici su quegli incavi pelosi dal pungente odore inebriante con il cazzo che lievitava. Le mie mani nel frattempo toccavano, giocavano con le meravigliose mammelle di zietta liberate dal reggiseno che, impaziente, avevo strappato via.
Mara, con una faccetta sfrontata, mi stimolò:
– Sei davvero un meraviglioso, pervertito, libidinoso giovane caro Greg, ma puoi chiedermi di più, posso concederti di molto meglio -, si liberò dei leggings e degli slip e completamente nuda, chinandosi e, sollevando il bacino, divaricatasi con le mani le toniche terga, mi deliziò con la vista posteriore della sua fessura, tumida e gocciolante e della scura rosellina del culo.
– Hai mai assaggiato la figa di una donna? Se vuoi è venuto il momento e poiché apprezzi i miei odori e sapori, puoi saziartene a volontà.
Mi parve troppo bello, non credevo ai miei occhi: quella meraviglia che si spalancava di fronte a me, grondante di umori era tutta mia, attraente, ammaliante, ipnotica, disponibile, con intatto tutto lo stordente odore – di figa calda e umida – imprigionato nel suo bruno vello in quel giorno di sudore e fatica: il mio sogno si stava avverando e quasi non potevo crederci.
La zietta in tutto il suo procace fulgore si offriva a me senza limiti e gustai il suo aroma selvatico, impazzendo, a mia volta, da bestia allupata. Avvinghiati in un erotico intreccio, mi sentii incoraggiare dalla sua suadente voce:
– Greg, sento che hai un bell’arnese fra le gambe – percepivo la sua mano che mi aveva afferrato l’uccello -, forza infilamelo nella figa, scopami, puoi venirmi dentro, ho preso le mie precauzioni. Tranquillo, forza prendimi, sbrigati mettimelo dentro, riempimi con la tua sborra.
Introdurre il mio cazzo nell’ anfratto umido, profumato, spingere, martellare quella carne di colei che era la mia brama, la mia ossessione morbosa, che miagolava lussuriosamente, rese la mia prima chiavata indimenticabile, anche se l’estremo ardore che mi dominava non mi consentì una prestazione memorabile in termini di durata. Le esplosi nel grembo troppo in anticipo per quello che mi prefiggevo.
Lesse la delusione dipinta sul mio volto e m’incoraggiò:
– Non preoccuparti caro. Sei stato bravo, davvero, ma farai ancora meglio.
Così dicendo, a cosce spalancate, raccolse con le dita lo sperma che fluiva dalla sua figa e se lo portò alla bocca manifestando soddisfazione nell’ingoiarlo.
– Adesso occorre riprendere il lavoro però – Mara non scordava i suoi doveri – e devi cercare di recuperare le tue forze. Per stasera cosa ne dici se invece di uscire per cena, ci facciamo recapitare una pizza e passiamo la notte insieme a letto? Ci sono tante cose da sperimentare e poter esaudire i nostri sogni erotici anche quelli inconfessati. Soli io e te, coi nostri corpi nudi lasciandoci travolgere dalla passione; metteremo in scena fantastiche rappresentazioni in cui non ci faremo mancare nulla pur di raggiungere le vette del godimento, senza inibizione alcuna.
– Certo che si -, esclamai del tutto entusiasta di quel corpo da sempre desiderato che la mente ardentemente depravata di Mara metteva a mia esclusiva disposizione.
Fu un piacere sublime, fra i tanti, quello che provai nell’aprire per la prima volta la bella pesca di carne di Mara, carpirne come anticipo con la lingua e l’olfatto tutti gli aromi, i sapori che si liberavano, finalmente violarne le strette pareti, delicatamente all’inizio e poi con crescente vigore, sfondare quel culo, godere nel percepire il cazzo strofinarsi contro le sue pareti che gli si stringevano attorno, far gemere e urlare la mie voglie più dissolute, non negandoci nulla sotto la regia di quella inarrivabile amante, dalle forme splendide, dalla chimica perfetta degli odori, dalla mente oscenamente perversa che pareva non poter mai colmare il suo abisso di libidine. Quelle giornate furono inebrianti e i momenti di lavoro – intenso e faticoso – erano di trepida attesa, premessa non meno eccitante per il trionfo erotico che sarebbe esploso poi nella notte.
Al mio ritorno mammà osservandomi preoccupata sbottò:
– Caro ti sei stancato troppo in questi giorni di lavoro pesante, sei smagrito e hai certe occhiaie! Adesso Greg riposati, te lo sei meritato.
Avesse saputo la verità!
Passarono gli anni e zietta Mara divenne mamma di tre bambini, nei cui confronti fu alquanto premurosa, ma riguardo alla sua fedeltà coniugale non avrei scommesso neppure un solo euro..
Comunque una complicità, fatta di sorrisi e strizzate d’occhi, è rimasta immutata fra noi per quel segreto, solo nostro, di giornate irripetibili e indimenticabili. Non ho perso del tutto la speranza, di avere l’occasione prima o poi, di concederci un momento esclusivo per noi.
Ricordo che, nel viaggio di ritorno a casa dopo quei giorni così intensi, mi divertivo a pensare che nonno Alfredo, se avesse saputo delle mie performance olfattive, mi avrebbe reclutato per la ricerca del tartufo. Ma no, per quello c’era già il fido Full abilissimo allo scopo; forse però avrei potuto avere un ruolo per la selvaggina, non di penna ma di pelo, ben s’intende.
Quanto vorrei che il live action di disney fosse più simile a questo racconto! Scherzi a parte: divertente, interessante, bel…
grazie amore
Non credo di aver avuto il paicere, ma grazie intanto della lettura.
Leggendo i tuoi racconti continua a venirmi in mente Potter Fesso dei Gem Boi
grammaticalmente pessimo........