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Racconti erotici sull'Incesto

La medicina

By 28 Luglio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Raphael disse: ‘Non devi temere, sei salvo, Grazie a Dio.
Ora e per sempre’. (Tobia 12,17)

Dapprima ti dà un senso di lieve euforia; il nero si sbiadisce e le nubi scure assumono qualche tono più chiaro; perfino rosa. Gli angoli si smussano. Lentamente ti senti sollevato dall’abisso in cui giacevi. Ti sembra di abbandonare il fondo. Riemergere.
Poi non basta più un ‘goccetto’. Devi aumentare la dose.
Le nubi resistono, hanno bisogno di un colpo di vento, ma invece di diradarsi, si addensano, ti avvolgono sempre più.
Accresci la dose. Ma non riesci ad emergere. Anzi, sprofondi nel vortice che ti avvolge, ti stringe, ti trascina’
Qualcuno ti sussurra che ci sono delle apposite organizzazioni che ti aiutano a ‘venirne fuori’.
‘Alcoolisti Anonimi’. AA!
Ci vai, ti accolgono cordialmente, non ti chiedono chi sei, ma solo come vuoi essere chiamato.
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‘Sono Dolores’.
Si era presentata così. Perché era il suo vero nome, e diceva della sua infinita sofferenza. Fisica, interiore, spirituale. Del suo continuo tormento. Le dissero di sedere in una delle sedie che erano in circolo, nella grande sala.
Quel giorno il moderatore era Savy.
Ognuno occupò un posto, con aria più spesso pensosa che tranquilla.
‘Oggi abbiamo una nuova amica. Dolores”
Fu un susseguirsi di ‘hi” ‘ciao” ‘salve’. Qualcuno rimase in silenzio, non alzò neppure il capo.
”forse vuoi presentarti.’
‘Sono Dolores, ho 39 anni’ vedova da cinque’ un figlio che &egrave iscritto al primo anno di università’
‘sono in aspettativa per ragioni di salute’
‘sono entrata nella spirale senza rendermene conto’ mi sentivo sola’ abbandonata’ colpita dalla sfortuna ‘ Perché doveva capitare proprio a me? Eravamo tranquilli, ci volevamo bene, non ci mancava nulla’
Poi, all’improvviso, lui, il mio uomo, mio marito, se ne &egrave andato, non &egrave più tornato a casa’ non lo hanno ancora ripescato’ non si sa se sia sempre nella carlinga o i pesci ne abbiano fatto strage’ Mi sembra impazzire..
E’ tutto vuoto’ in testa’ nel cuore’ nel grembo!
Raf, mio figlio, cerca di essermi vicino’ ma”
Abbassò la testa, la nascose tra le mani.
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Il silenzio della casa fu rotto da un leggero fruscio, nel corridoio.
Raf s’era svegliato da poco, senza motivo. Gli sembrava di aver dormito molto. Guardò l’orologio. Il quadrante luminoso indicava le cifre 02.44. Era notte fonda.
Qualcuna comminava nel corridoio, cautamente. Sembrava scalzo. Nessuna luce filtrava da sotto la porta.
Rimase in ascolto.
Silenzio profondo.
Poi, una pallida strisciolina di luce. Forse qualcuno era andato nel soggiorno e aveva acceso il lume.
Dopo un po’ si alzò. Andò in punta di piedi dietro l’uscio della propria camera. Origliò. Non si sentiva nulla.
Poggiò la mano sulla maniglia, l’abbassò con la massima prudenza per non far rumore. Dischiuse appena la porta.
Sì, la luce proveniva dal soggiorno. Non era quella centrale, come immaginava. Sicuramente era stata accesa la piantana vicino al divano.
Seguitò a schiudere la porta, curando di non far rumore.
Avanzò nel corridoio. Cos’ come era, con i pantaloncini del pigiama e la giacca sbottonata.
Camminava sul tappeto con passo felpato, inavvertibile, ovattato, felino.
Dolores era sul divano. In camicia da notte.
Aveva tirato su le gambe, le circondava con le braccia, e appoggiato la testa sulle ginocchia. I capelli sciolti giungevano fino ai piedi. Occhi chiusi e, per quel che si poteva scorgere, tratti del volto tesi.
Era percorsa da un lieve tremore. Respirava con affanno.
Raf si avvicinò. Lei non se ne accorse. Le posò la mano dolcemente sui capelli.
‘Ma”’
La donna trasalì, spaventata. Aprì gli occhi, sollevò la testa, guardò il giovane.
‘Raf, cosa fai qui?’
Le carezzò i capelli.
‘Cosa fai tu, mamma, perché non sei a letto?’
Dolores fece spallucce, con lo sguardo nel vuoto.
Sedette accanto a lei, seguitando a carezzarle teneramente i capelli.
‘Non riesco a dormire’ quella camera mi ossessiona. Gira come un rotor.’
Tremava più forte.
Raf le pose una mano sulle spalle, l’attirò a sé, amorevolmente, sempre seguitando a carezzarla.
Lei gli si rannicchiò contro; poggiò la testa sul petto di lui. Alzò il volto, lo guardò, commossa, tenera. Abbozzò un sorriso.
‘Buona mamma, ci sono io’ non devi temere nulla.’
Dolores gli sfiorò il petto con un bacio.
Rimasero così, in silenzio.
Il tremore s’era acquietato, il respiro andava facendosi regolare’ divenne sempre più profondo, si trasformò in un leggero russare, come una gattina che fa le fusa.
Raf la contemplò. Era bella la sua mamma. Molto bella.
Lui sapeva della lotta che aveva affrontato per uscire dal tunnel dell’alcool, e immaginava le difficoltà che doveva superare.
Le voleva bene. Moltissimo. Se ne sentiva l’angelo custode.
Quel donnino che aveva rischiato di sfiorire precocemente, per fortuna stava riprendendosi abbastanza bene. Aveva riacquistato qualche chilo perduto, le guance avevano ripreso l’incarnato che le rendeva attraenti, e le curve del seno, dei fianchi, del sedere, erano tornate agli splendori del passato. Anche di più.
La guardò ancora.
Con accortezza, cercando di non farla svegliare, la prese in braccio e si avviò alla camera da letto di lei. Senza destarsi, Dolores s’era aggrappata al suo collo.
Entrò nella camera, si avvicinò al letto, la depose garbatamente sulle lenzuola. Si chinò per accomodarle la camicia da notte, e per stendere la coperta. La camicia era sbottonata, aperta. Una tettina, tonda, bella, soda, era del tutto fuori. Raf abbottonò la camicia, non senza essersi soffermato, compiaciuto e attratto, ad ammirare la sempre turgida bellezza materna. Sistemò tutto.
Le diede un bacio sulla fronte. Stava per allontanarsi.
Lei, senza aprire gli occhi, gli prese la mano.
‘Non andartene Raf. Non lasciarmi sola. Tienimi la mano’ stenditi dall’altra parte’ mi sento sicura, così!’
Raf andò dall’altra parte del letto, si sdraiò, prese la mano della mamma e la tenne tra le sue.
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Dolores non si rendeva conto di quanto tempo fosse trascorso. Del resto, la sveglia non avrebbe trillato. Era domenica. Neppure la colf avrebbe bussato.
Si destò lentamente. Riposata.
La sua mano era ancora tra quelle di Raf; sul grembo di lui.
Il chiarore del giorno, filtrando dalle serrande, rigava ogni cosa. Ci si vedeva abbastanza bene.
Raf dormiva profondamente; supino. Lei si poggiò sul gomito si mise a guardarlo. Era bellissimo il suo ragazzo. Aveva molto del padre; in meglio. Si accorse che stava scuotendo la testa, che mille pensieri si affollavano alla mente: dopo quanto tempo un uomo nel suo letto! E che uomo!
Il ‘suo’ uomo. S’, perché quello era proprio ‘suo’. Lo aveva generato lei, carne della sua carne. Lo aveva concepito voluttuosamente, custodito nel suo grembo, sentito svilupparsi in sé minuto per minuto: Lo aveva dato alla luce, il suo seno lo aveva alimentato.
Ricordava il lungo, ingordo, succhiare di Raf, e come si ripercuoteva in lei, deliziosamente, dandole incantevoli sensazioni erotiche. Gli carezzò il volto. Lo aveva visto crescere, giorno per giorno: bambino’ ragazzo’ uomo’ E che uomo! Che statura, che spalle, che petto
Aveva anche ‘intravisto’ che era un maschio virilmente ben dotato. Poi, da ‘intravisto’ era passata a ‘spiato” ‘osservato” ‘ammirato” con sommo compiacimento.
Ecco. Era proprio quello che a lei mancava. E non solo ‘quello’, perché le mancavano le coccole, i baci, le carezze, tutto ciò che crea l’intimità, il piacere di guardarsi, toccarsi. E poi di possedersi, accoppiarsi, perdersi nel piacere.
Aveva preso a carezzarlo: il volto, il petto’ sempre più giù’
Raf dormiva scoperto. Pian piano, dall’apertura dei pantaloncini sbucò la testimonianza della sua mascolinità. Potente, prepotente, maestosa. Sicuramente sognava’
Dolores si accostò a lui, si chinò a baciargli gli occhi, le labbra, la gola; mentre sentiva che le nari fremevano e il ventre si contraeva. Guardandolo fisso, per assicurarsi che dormisse ancora, gli afferrò, dapprima piano, poi sempre più decisamente, il fallo. Un contatto che la stava facendo andare in deliquio. Si abbassò ancora e posò un bacio di sfuggita sul glande paonazzo.
Decise che doveva alzarsi, fare una doccia’
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Dolores era restata sotto il getto tiepido dell’acqua. Con la spugna, aveva sparso dappertutto, sul suo corpo, la bianca e soffice schiuma. Aveva indugiato in lunghe e lente carezze: sul petto’ sui fianchi’ sul pube’ Lasciò la spugna, seguitò con la mano. Ad un certo momento sentì come se stringesse ancora, con tanta tenerezza, il sesso di Raf. Fu percorsa da un brivido. Da quanto tempo non stringeva’. Da quanto non era stata sfiorata, là, dove desiderava, da una mano maschile. Il seno, il grembo, le sue rotondità invocavano, supplicavano una carezza’
Lasciò che l’acqua portasse via la schiuma, uscì dalla doccia, tolse la cuffia che aveva indossato per non bagnare i lunghi capelli, iniziò ad asciugarsi, accuratamente, col telo di morbida spugna. Si guardò allo specchio, indossò un corto accappatoio, calzò le pantofole, radunò i capelli a coda di cavallo, pensò di andare in cucina.
Avrebbe preparato il caff&egrave, lo avrebbe portato a Raf, a letto, come faceva col marito.
Raf era nel letto matrimoniale. Al posto del padre.
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Non ci mise molto.
Mise tutto sul vassoio, entrò nella camera in punta di piedi, per tema di destare il figlio.
Raf era sveglio, supino, con le mani sotto la testa.
Quando vide entrare la madre, con le due tazzine di caffé, si voltò verso lei e le sorrise. La donna gli ricambiò lo sguardo. Meno male ‘pensò Raf- sembrava proprio che la crisi fosse passata.
Dolores andò dalla parte dove era il figlio, mise il vassoio sul comodino, sedette su letto. Lui si spostò appena per farle posto. Lei si chinò su di lui e lo baciò.
‘Buon giorno, Raf, come stai?’
‘Benissimo, mamma, grazie. Piuttosto, tu, come ti senti?’
‘Adesso bene, caro. Grazie a te. Ti ho portato il caffé’ prendiamolo insieme.’
Raf si mise seduto sul letto, prese la tazzina che la mamma gli porgeva.
Dolores, a sua volta, cominciò a sorseggiare il caffé. D’un tratto i capelli si sciolsero. Nel muoversi, chinarsi, girarsi, l’accappatoio si apriva e lasciava scorgere le splendide tettine che stavano su, procaci e stuzzicanti, che neppure una ventenne avrebbe potuto vantarne di simili. Anche i lembi inferiori s’erano scostati: splendide gambe, scultoreamente tornite.
Sì, era la mamma, ma quello stupendo e incantevole spettacolo non favoriva il ripristino della condizione di quiete del sesso di Raf che, certo, non poteva uscire dal letto con quel coso diritto come un bompresso. Una vera stanga di prua.
Avevano terminato di gustare il caff&egrave. Dolores aveva rimesso le tazzine sul vassoio. Si era alzata e stava dirigendosi dalla parte sua, per rimettersi a letto. Così, in accappatoio.
‘Voglio stare un po’ vicino a te, Raf, ti dispiace?’
‘Ma no, mamma, sono felice.’
‘Per favore, abbracciami”
Si avvicinò a lui.
Erano sul fianco, di fronte. Lui la prese tra le braccia e la strinse a sé.
Quel ‘coso’ andò a sbattere in qualche parte della donna. Un urto forte, evidente. Lei lo sentì chiaramente. Capì cosa era. Ed era bellissimo! Abbassò una mano lo afferrò e lo alzò, sì che il fallo di Raf, ora, era stretto alla sua pancia. Si mosse appena, per sentirlo meglio, carezzarlo con la sua pelle.
Raf era imbarazzato. Con quella eccitazione non ci voleva proprio quel contatto. Temeva di non riuscire a restare fermo, ed ancor più che da un momento all’altro potesse accadere quello che lui considerava l’irreparabile. L’esplosione del seme che sentiva montare.
Il fatto era che Dolores non stava ferma. Si muoveva, si agitava, gli carezzava il volto. Pensò che sarebbe stato opportuno girarsi sull’altro fianco.
La madre si accostò ancora di più a lui.
‘Tienimi stretta, Raf’ ti prego”
E nel contempo fu lei a girarsi sull’altro fianco. L’accappatoio s’era aperto del tutto. Le sue natiche, tonde, sode, meravigliose, erano sulle gambe di lui. S’era seduta sulle cosce del ragazzo. Il fallo, sempre più eretto e vibrante, era completamente fuori dai pantaloncini.
Dolores aprì le gambe, allungò la mano, prese l’asta di Raf e se la posizionò tra le natiche, in basso, il glande era vicino all’ingresso della sua stillante vagina.
Raf era sbigottito. Il suo uccellone era tra le chiappe della mamma’ e che chiappe! Come frenarlo? Impossibile. Non solo, ma quel contatto era conturbante, invitante, stimolante, desiderabile, perché era il frutto proibito’ sognato’ vagheggiato’ irraggiungibile! Ora la mamma era lì, tra le sue braccia, stringendo il suo pisellone tra quelle splendide, tiepide, sode e palpitanti carni.
Fu istintivo, naturale, che le mani cercassero le belle tette, le carezzassero, che la baciasse sul collo, che le dita scendessero giù a frugare nel boschetto serico del pube’ sempre più insistentemente. E lei non stava ferma’ sussultava’ respirava forte’ Non riuscì a trattenersi’ il seme dilagò, violento, irrefrenabile, si sparse dappertutto, vicino alla vagina, sui peli, nel letto’
Raf l’aveva afferrata con impeto, una mano su una tetta, l’altra tra le gambe.
‘Scusa mamma’ non volevo”
Dolores non rispose. Si allontanò appena, si girò verso lui. Con un lembo dell’accappatoio lo asciugò, si asciugò. Poi lo tolse del tutto e lo gettò sul pavimento. Abbracciò il ragazzo, gli strinse il capo sul petto. Le labbra di lui presero a lambirle a succhiarle i capezzoli.
Erano anni che lei non sentiva tale sensazione, un piacere così intenso e travolgente, come non aveva provato mai. Allungò la mano, si accorse che Raf indossava ancora gli sgualciti e umidi pantaloncini. Li sfilò abilmente. Gli carezzò il fallo, nuovamente rinvigorito. Lo guardò negli occhi, con bagliori felini. Poi, risolutamente, lo spinse giù, supino. Gli si mise a cavallo, prese il glande e lo tenne fermo, vicino alla vagina, vi si impalò lentamente, fremendo, tremando come una foglia. Rimase su lui, lunga, per qualche istante. La vagina si contraeva e quel movimento le si ripercuoteva nel cervello. Si sollevò lentamente, poggiandosi sulle ginocchia.
Cominciò una lenta cavalcata, accompagnata dal dondolio del petto, dallo scuotimento dei fianchi che Raf stringeva forte. Poi il ritmo accelerò, divenne frenetico, fino a farsi furioso. Gemeva, urlava, pronunciava parole sconnesse, senza senso’ oddio’. oddio’ finalmente’ oooh’ ecco’. oooooh’. eeeeeccooooooooooooooo! Fu travolta da un orgasmo voluttuoso che la faceva gridare, sobbalzare’ ricadere su di lui’ distendersi’ attendere di sentire il suo grembo irrorato dal seme che andava spandendosi in lei come balsamo paradisiaco’
‘Se meraviglioso, Raf, figlio mio! Sei fantastico’ sei Raphael, il salvatore, il mio salvatore’ Lo dice il tuo nome: ‘Dio ha guarito’! Sei la mia medicina, quella che dona la vita’ Amore!’
E lo baciava, gli bagnava il volto con le lacrime. Stringendolo a sé.
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