Ndr. la parte iniziale di questo stupendo racconto narra della scoperta anatomica degli organi sessuali da parte di due minori. Non vi è alcuna malizia, niente di “sporco”. Si tratta piuttosto di un processo naturale ed estremamente tenero nella vita di due fratelli. Il taglio di questa parte è stato deciso a malincuore dalla redazione per non stimolare processi d’emulazione negli eventuali lettori e per non stuzzicare la fantasia perversa di chi cerca, anche in questo sito, una fonte d’eccitazione inusuale e maliziosa immaginando due minori in azione. Purtroppo il taglio nuoce al racconto ed alla comprensione della storia.
L’autore d’accordo con la redazione ha accettato questa modifica.
Personalmente domando scusa ai lettori evoluti che sanno cogliere nelle parole dei nostri racconti il vero significato attribuitogli dall’autore.
…. Poi cominciarono le riflessioni, le informazioni anatomiche, la cosiddetta educazione sessuale spiegò a Marzia molte cose, e le fece capire che quei baci dovevano cessare, e per toccare quella parte di Pietro doveva sfruttare le sempre più rare occasioni. Per esempio al mare, al Poetto, quando si cambiavano, nella cabina.
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Una sorella di quella specie era veramente bella. Ormai aveva diciotto anni, stava per andare all’università. Ne era orgoglioso, ma gli dava enormemente fastidio quando qualche compagno azzardava commenti che lui giudicava non solo sconvenienti, ma offensivi. Gli stessi, però, che faceva riferendosi ad altre ragazze, e molto meno belle di Marzia.
In Pietro, ed anche in Marzia in una certa misura, s’era generato una sorta di imprintig, un apprendimento precoce e irreversibile che aveva determinato una specie di dipendenza comportamentale, un particolare attaccamento: ognuno dipendeva dall’altro ai fini di un tipo di comportamento acquisito, specie per Pietro, e fissato nel subconscio. Ognuno sentiva, a suo modo, la mancanza di un’azione dell’altro.
Per questo, Marzia cercava, sia pure fugacemente, di baciare, purtroppo non dove avrebbe voluto, e palpare Pietro, contrabbandando il tutto per amore fraterno.
Il maschietto, a mano a mano che cresceva, era sempre più curioso della fisicità della sorella, e la spiava in tutte le occasioni, eccitandosi in misura che non avveniva con le altre ragazze.
Marzia era bellissima. In modo indescrivibile. Lo arrapata fortemente.
Gli anni trascorrevano.
Lui ne frugava i cassetti, le borsette, alla ricerca di non sapeva nemmeno lui cosa.
Ne annusava la biancheria intima usata.
Non perdeva occasione per accertarsi della morbida consistenza del seno, delle natica.
Rimase quasi folgorato quando scoprì le piccole anticoncezionali nel cassetto del comodino, nascosta in una scatola dov’erano mille cianfrusaglie. Dunque, Marzia scopava. Non sapeva con chi, ma lo odiava. L’avrebbe ucciso.
Poi fu la volta, nella sacca del tennis, del kit per il test di gravidanza.
Una vera mazzata.
Pensò che doveva parlarne con la sorella.
Ma per dirle cosa?
‘Marzia, so che hai rapporti sessuali”
E lei gli avrebbe risposto, perché non ti fai i cavoli tuoi?
Una provocazione, però, doveva farla.
L’anno precedente, Marzia s’era brillantemente laureata, ma non in medicina come avrebbero voluto genitori e familiari, sebbene in giurisprudenza, e stava anche preparando l’esame per accedere alla carriera direttiva del Ministero del wellfare.
Una bellissima donna, dunque, di ormai ventiquattro anni.
‘Pietro, mi accompagni al mare, domani?’
‘Certo, anche perché ho in mente di chiederti qualcosa.’
‘Cosa?’
‘Te lo dirò domani.’
‘Quanto sei misterioso.’
‘Domani saprai tutto.’
Si avviarono abbastanza presto, andarono nella loro cabina e Marzia, con assoluta indifferenza, si cambiò dinanzi al fratello che rimaneva seduto per non evidenziare la sua notevole eccitazione.
Marzia lo guardava, provocante.
‘Ma è mai possibile che dopo tanto tempo e con tutte le ragazze che certo avrai, ti fa effetto tua sorella nuda?’
Si avvicinò a lui, gli pose una mano sulla patta, lo baciò sulle labbra.
‘Com’è smanioso questo bel pisellone.’
Si abbassò e lo baciò, sui pantaloni.
Pietro le mise una mano tra le gambe, carezzandola lentamente.
‘Andiamo, Pietro, andiamo, altrimenti non sappiamo come va a finire. A proposito, cosa dovevi dirmi?’
‘Vorrei fare un giretto in basca, per trovare un posticino tranquillo e farti una bella fotografia’ nature.’
‘Però! Non ti è bastato vedermi dal vivo?’
‘E’ per quando mi sei lontana.’
‘Va bene, fratellino guardone, ai tuoi ordini.’
L’angolino isolato fu trovato, la fotografia fu scattata, e Pietro ne gongolava.
In effetti non era bella la foto, ma la splendida ragazza che vi appariva.
Anche Marzia la guardò, contenta.
‘Niente male, la sorellina, vero pisellone?’
Il menzionato premeva impetuoso nella patta.
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Gli esami scritti si tenevano a giorni
Roma, in una sala di solito adibita a concorsi, in Via Cavour.
Fu deciso che Pietro avrebbe accompagnato la sorella.
Marzia aveva una particolare fobia per l’aereo. E tra la tensione degli esami e la paura di volare sembrava fuori di sé.
Il padre disse che non era proprio il caso di aumentare il comprensibile stato di nervosismo. Potevano prendere il traghetto, fino a Civitavecchia. Due giorni prima, così c’era tutto il tempo per distendersi.
Pensò lui stesso, il professore, a prenotare: andata e ritorno, e l’albergo dove, di solito, lui alloggiava quando era nella capitale.
Il traghetto, una nave moderna, partiva alle diciotto, faceva una brve sosta ad Arbatax, e sarebbe giunto a Civitavecchia l’indomani, prima delle undici. Per l’ora di pranzo sarebbero stati a Roma. L’albergo era poco distante da Termini, all’inizio di Via Nazionale.
Baci, abbracci, raccomandazioni a non finire.
‘Pietro, sta vicino a tua sorella, comportati da uomo!’
Salirono a bordo, lasciarono il bagaglio in cabina, salirono sul ponte per salutare i genitori sulla banchina.
Il traghetto si staccò lentamente da terra e s’avviò al largo.
Tornarono in cabina, accogliente, pulita.
Due lettini, con in mezzo un comodino, dietro le testate la finestra che dava a mare. Il piccolo vano coi servizi e la doccia.
‘Che fai, fratellino, leggi sempre a letto, la sera?’
‘Se non ho di meglio da fare”
‘Materialista cinico!’
Pietro alzò le spalle.
Prepararono i pigiama, e decisero di salire sul ponte, di andare a leggere il menu del ristorate e informarsi sull’ora della cena.
Vicino la porta della sala da pranzo, un addetto annotava le prenotazioni.
‘I signori preferiscono un piccolo tavolo per due?’
Marzia fu pronta a rispondere.
‘Si, grazie e, se possibile, che si possa vedere il mare, anche se la sera c’è ben poco da vedere.’
‘La signora sarà senz’altro accontentata. Per favore a nome di chi?’
‘Pinna, grazie.’
Poi si rivolse al fratello.
‘Offrimi da bere, signor Pinna, con tutti i soldi che ti ha dato papà, oltre il Bancomat!’
Andarono al bar.
Marzia ordinò un Martini, molto dry.
Pietro la guardò, con una strana espressione negli occhi.
‘Non sapevo, sorellina, che sei dedita all’alcool.’
‘Credo che sia il primo drink della settimana, ma ogni tanto qualcosa di forte ci vuole. Ti dà coraggio.’
‘C’è tempo per gli esami.’
‘Dipende di quale esame parliamo.’
Il barman, senza chiedere altro, aveva preparato i due cocktails e li aveva serviti sul banco.
‘Cin cin, Pietro.’
‘Cin cin, Marzia.’
La sorella lo baciò sulla guancia.
Bighellonarono un po’, guardarono le vetrine, e furono tra i primi ad andare a cena.
Era tutto preparato con molta cura.
Il maitre li fece accompagnare al loro tavolo. In angolo, con vista del mare, proprio come desiderava Marzia.
Si avvicinò subito un cameriere e chiese se poteva servire l’aperitivo della sera: bitter-champagne, una loro specialità, coppa di champagne lievemente amaricata.
Marzia assentì.
Pietro la guardò significativamente, lei fece spallucce, con indifferenza.
Il menu era di gradimento di Marzia: cocktail di scampi, crema alla pescatora, sogliola alla mugnaia, coppa del bosco. I vini, i deliziosi bianchi dell’isola, accompagnavano sapientemente le portate.
Marzia avanzò qualche riserva, parlando col fratello, sulla lista, e riteneva un po’ pretenziosa per il luogo e l’ambiente, ma dovette subito ricredersi, perché era tutto squisito, e servito con molto garbo.
Cenarono di gusto. Del resto erano giovani e in piena forma.
Ringraziarono il cameriere che voleva servire il caffè, ma dissero che avrebbero preferito degustarlo al bar.
Vi si recarono, sedettero a un tavolino, ordinarono il caffè.
In effetti non c’erano moltissimi viaggiatori, almeno non si vedevano dov’erano loro.
Era ancora abbastanza presto. Non ancora le dieci della sera.
‘Che ne dici di andare a vedere cosa fanno al cine, Pietro?’
‘OK, dottoressa, al suo servizio.’
Gli si mise sottobraccio e scesero al ponte inferiore, nella accogliente penombra della sala dove proiettavano un film abbastanza recente. La storia di una giovane avventuriera che aveva sposato un maturo businessman con la prospettiva di rendersi al più presto vedova e miliardaria.
Raffinata seduzione per costringerlo a farsi portare all’altare, lascive iniziative erotiche per allontanare ogni sospetto, sapiente cocktail di droga, alcool e sesso, per affrettargli il definitivo trapasso. Quello che non sapeva, la lussuriosa vampira, era che il ‘fu’ aveva intestato alla precedente moglie fino all’ultimo spillo. Lui ne era solo l’amministratore e ne fruiva la lussuosa ospitalità.
C’erano delle scene decisamente hard, e Marzia non sembrava indifferente a quelle sequenze che, in effetti, erano fin troppo curate nei dettagli esecutivi ed espressivi. Il sonoro, poi, esaltava il tutto.
Non parliamo di Pietro che, al susseguirsi degli eccitanti fotogrammi, sentiva le labbra della sorella sul collo, e la sua patta tormentata da quelle dita inquiete. Anche lui, del resto, faceva la sua parte e, per non spiegazzare la gonna, s’era proprio infilato sotto di essa, fin dentro la esile striscetta del perizoma.
Insomma, film stimolatore di gran pomiciata.
Molto prima della mezzanotte, furono in cabina.
Pietro andò subito nel bagno e dopo poco ne uscì in pigiama e si infilò a letto, mentre Marzia, vestita del solo perizoma, indugiava dinanzi allo specchio per togliere il leggero trucco del volto, un lento demaquillage.
Lo spettacolo che si presentava a Pietro era esaltante, eccitante, le splendide chiappe della sorella erano sotto il suo naso.
Già il mese scorso, vedendola in costume, le aveva dato una pacca sul sedere chiamandola ‘ciapèt d’oro’.
Erano polpose, invitanti, vellutate come una pesca, con un solco che faceva girare la testa e sognare delizie indescrivibili.
Certo, pensava, ha proprio un bel culo, la mia sorellina, una montagna di goduria.
Era così fisso, ad ammirarla, quando lei si voltò, gli sorrise, si avvicinò all’interruttore della luce e fece cadere la cabina nel tenue chiarore della fioca luce che proveniva dalla piccola lampadina incassata nella parete, quella per la notte.
Pietro deglutì a fatica, a quella visione, e stava quasi per strozzarsi quando la sorella tolse anche il perizoma, si avvicinò al suo letto, lo scoprì, e con gesto delicato ma deciso gli sfilò i pantaloni del pigiama liberando la sua incontenibile erezione.
Sentì appena sussurrare Marzia un ‘pisellone bello’ che precedette il bacio che avvolse il suo glande ardente, e sentì il calore della bocca avida e golosa della sorella. Non aveva dimenticato del tutto quelle che, allora, erano solo pallide sensazioni. Ora era una fellatio in piena regola, esperta e smaniosa, condotta con tecnica eccitatoria ma non desiderosa di fargli raggiungere la conclusione.
Marzia si staccò da lui, lo spinse affettuosamente, si mise supina, con una gamba alzata e, prendendolo per mano, gli fece chiaramente comprendere che attendeva di essere penetrata, subito.
Protese il bacino, e, palpitante, lo sentì entrare in lei.
Una cosa che agognava da anni, forse da sempre.
Sentire in sé il suo piccolo Pietro. Ora divenuto Pietro il grande, perché non avrebbe mai immaginato che quel pivellino, quasi un vermiciattolo alla nascita, si sarebbe trasformato in un poderoso argomento a stento contenuto nel suo grembo, e non in tutta la sua interezza, perché con la mano sentì che ne avanzava fuori un bel po’.
Comunque, quando stava spianando il lei ogni piega della vagina, era più che sufficiente per saziarla, per farla godere.
Pietro era energicamente sensibile e diligentemente intento a darle il massimo piacere. Non irruente, ma deciso nei suoi colpi deliziosamente misurati, ognuno dei quali la portava sempre più in alto, verso sconosciute vette del piacere. Poi fu l’eruzione travolgente d’un vulcano, la cui lava ardente andava calmando il susseguirsi voluttuoso dei suoi orgasmi senza fine.
E’ proprio vero, pensava, Marzia, solo due carni della stessa carne, possono raggiungere godimenti del genere.
Non ancora del tutto sedati i loro ansiti, lo stimolò a nuova carica.
Divaricò al massimo le gambe e tra esse fece posizionare lui, in ginocchio. Spostò in avanti il bacino fino a portare la sua vulva, con le grandi labbra bene aperte, all’altezza del fallo, prese il glande e lo poggiò all’orificio della vagina.
Pietro cominciò a penetrarla, giunse fino in fondo, poi si ritrasse, e proseguì tale andirivieni mentre lei andava sempre più agitandosi, palpitando, e si titillava il clitoride prepotentemente eretto.
Ansimava, gemeva, muoveva la testa a destra e manca, sembrava posseduta da un ossesso, il suo fremito era incontenibile, e l’orgasmo la pervase. Esplose. Dalle viscere al cervello. Le natiche si stringevano e rilasciavano, avrebbe voluto che quelle sensazioni non finissero mai pur sentendosi precipitare, mancare. Mungeva il fallo di Pietro con intensità mai raggiunta neppure da una mungitrice meccanica. Si dibatteva sempre più, mentre il seme le colava tra le gambe, lungo il perineo.
Pietro allungò le mani le afferrò le natiche sollevate, ne percorse il solco, sentì il buchetto, fremente, rorido degli umori suoi e della donna, lo titillò, sempre più, lo penetrò con un dito, sempre più in dentro. La vagina si contraeva spasmodicamente. Poi si rilassò. Le natiche s’abbatterono sul letto. Lui si riversò su lei e prese a ciucciarle golosamente i capezzoli.
La prora della nave, intanto, s’immergeva nelle onde e lasciava dietro sé una spumosa scia bianca.
Rimasero avvinghiati, sfiniti ma non sazi.
Marzia sembrò uscire da un’ipnosi, da un’estasi.
Si alzò, nuda, andò nel bagno.
Si bagnò le gote, gli occhi, il collo con l’acqua fredda.
Rientrò in cabina, andò a sedere sulla sedia accostata alla parete che, in un pannello plastico, rappresentava una veduta panoramica, rimase così, per qualche istante, con gli occhi chiusi.
Pietro la guardava.
Sembrava una lottatrice che, all’angolo del quadrato, sosti in attesa di riprendere il combattimento.
Era così, infatti.
Aprì gli occhi, lucidi, lampeggianti, irradianti sensualità, concupiscenza, passione, desiderio.
‘Da quanto tempo ti volevo, Pietro. Lo sapevo che eri un amante dolce e impetuoso, instancabile. Il tuo sesso è impresso nella mia mente, da sempre, ed ora anche nella mia carne. Meravigliosamente. Il tuo sigillo rimarrà in me, per sempre, qualsiasi cosa accada, chiunque altro potrà essere nella mia vita, ma non nella mia anima, nel mio cuore, nella mia vagina.’
Tornò al letto dove Pietro, poggiato su un gomito, la guardava incantato, con evidente manifestazione del nuovo rigoglio del suo desiderio.
Marzia lo baciò con ardore.
Si sdraiò, respirò profondamente. Il petto si gonfiò quasi volesse esplodere. Mandò fuori l’aria. Alzò le gambe in alto,tese le mani al fratello.
‘Vieni, ti voglio ancora, devo rifarmi della lunga attesa.’
E fu ancor più bello di prima.
Uno stantuffare deciso, ritmico, che partì lentamente, come l’avvio d’una locomotiva, e poi andò sempre più incalzando, a mano a mano che il fallo percepiva il montare del godimento.
Il glande batteva sul fondo, quasi volesse penetrare ancora di più.
L’orifizio vaginale s’era stretto intorno al fallo e, impedendo il deflusso del sangue, aumentava ancor più la rigidità del membro.
Un battaglio portentoso.
Marzia non credeva potesse provare simile piacere ed era sempre più convinta che nessun altro maschio gliene avrebbe procurato di tale intensità, di tale durata, di tale potenza.
No, non sarebbe rimasto l’episodio d’una traversata. Lo sfogo d’una eccitazione. Quello era il sesso che voleva, e l’avrebbe avuto, sempre, indipendentemente da diverse situazioni o mutato stato: nubile o sposata, solo Pietro sarebbe stato il ‘suo’ maschio. Del resto lo aveva sempre saputo, dai primi bacetti timidi e indiscreti coi quali aveva avvolto il pivellino adorato.
Anche due esseri giovani ed esuberante hanno le loro esigenze.
S’era fatto tardi, molto tardi.
Era giorno pieno quando si svegliarono, ancora avvinghiati, ognuno con una mano saldamente afferrante, possessiva, il sesso dell’altro.
Mancava poco più d’una ora prima dell’attracco.
Fu Marzia a baciare Pietro.
Lo strinse a sé.
‘Amore mio bellissimo, sono tua, per sempre. E tua sarà una parte di me che ti dedicherò per tutta la vita. Sarà il tuo sancta sanctorum, dove tu solo potrai entrare.
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Quella stessa sera, esultante, dopo un lieve mordersi di labbra, e poi gongolante per l’inimmaginabile piacere che provava, accolse il nerboruto ariete di Pietro, tra le sue sode natiche, ricevendolo in tutta la sua interminabile lunghezza, mentre i testicoli le ritmavano sul perineo.
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grammaticalmente pessimo........
Ciao Ruben, sei un mito! Hai un modo di scrivere che mi fa eccitare! La penso esattamente come te. Se…
Ti ringrazio, sono felice che ti piacciano. Vedremo cosa penserai dei prossimi episodi, quando si chiuderà anche la sottotrama di…
Davvero molto bello. Piacevole come gli altri e decisamente pregno di sentimenti espressi senza risultare melensi o ripetitivi. D'impatto leggiadro,…
Come ti ho detto, in pochi e poche sanno sa scrivere in maniera così eccitante sia dare un senso ad…