C’era una volta un piccolo regno alle pendici dell’Himalaya. Il suo re, o per meglio dire rajah, era un uomo buono, ben voluto e amato dai suoi sudditi. Diversamente da tutti gli altri rajah, che avevano numerose mogli e concubine, egli aveva soltanto due mogli (le rani) che amava moltissimo.
La prima moglie, una bella donna minuta e dalla pelle ambrata e grandi occhi scuri, gli aveva dato molti figli e figlie.
La seconda moglie, invece, veniva da una lontana regione del nordovest, aveva la pelle chiarissima e occhi chiari. In quanto straniera, dalla corte veniva più considerata come un bottino di guerra che come moglie di un rajah. Nonostante tutto, aveva avuto una figlia, Maya.
L’inverno che la bimba compì cinque anni, la madre si ammalò e morì in pochi mesi.
Il rajah, pazzo di dolore, smise di preoccuparsi del regno per molte settimane e quando si riprese, trascurò completamente la figlia. La bimba venne affidata ad alcune serve, che però se ne disinteressavano totalmente. Sebbene fosse una principessa girava per il palazzo coi vestiti laceri, tanto che sembrava più una mendicante.
L’unica persona che si interessava a lei era uno dei figli della prima moglie. Aveva la stessa età della bimba ed erano cresciuti insieme. Il bambino, di nome Hari, non era l’erede al trono. Aveva altri due fratelli più grandi, quindi aveva molta più libertà rispetto agli altri fratelli. Non era costretto a lunghe ore di studio o di addestramento (essendo ancora troppo giovane), perciò passava le sue giornate con la sorella in giro per il palazzo oppure nei giardini a giocare, oppure ancora fuori a cavallo nelle campagne circostanti, accompagnati soltanto da un anziano stalliere.
Passarono molti anni.
I due bambini erano molto cresciuti, si può dire che ormai fossero adulti.
In quanto figlia di rajah, ormai era costretta a vivere nel quartiere delle donne del maestoso palazzo. Si prendeva cura dei bambini più piccoli, nati dalle mogli e concubine del principe ereditario e del suo secondo fratello.
Questi fratelli, al contrario del padre, avevano diverse mogli (figlie di rajah di minore importanza) e concubine (quasi tutte figlie di ricchi mercanti e di membri della corte) che abitavano anche loro nel palazzo. E queste ultime non disdegnavano la compagnia degli uomini, purché appartenenti alla famiglia reale. Da quando si erano trasferite nel palazzo, erano state ben addestrate nell’arte dell’intrattenimento. Sapevano suonare e cantare, ballare la danza dei veli, ma soprattutto sapevano come far godere un uomo. Non c’era da stupirsi, quindi, che la notte non restavano mai sole.
Le sue sorelle, invece, erano già state tutte maritate e vivevano in altrettanti regni lontani.
Maya non era proprio una bellezza, non secondo i consueti canoni di bellezza, quindi non aveva marito. Era troppo alta e la sua carnagione troppo chiara, per essere di una qualche attrattiva per un regnante che si rispetti. Certo, non era più quella cosina malvestita e sempre affamata che era un tempo. Ora portava i sari smessi che le sorelle avevano abbandonato. Erano stoffe di pregio, riccamente ornate di preziosi ricami. Erano solo un pochino logorati dall’uso, ma neanche tanto, e possedeva soltanto qualche gioiello che aveva ereditato dalla madre.
Anche Hari non si era mai sposato. Essendo il terzo figlio difficilmente sarebbe potuto succedere al padre ed ai fratelli. Però era diventato il comandante delle guardie del palazzo, poiché era diventato un abile guerriero con la spada e l’arco.
Dopo aver cenato, Hari aveva l’abitudine di passare il resto della serata nel quartiere delle donne e non per giacere con una delle concubine; non ne aveva mai sentito il bisogno. Trovava rilassanti le risate e i giochi dei bambini.
Ma c’era una cosa in particolare che aspettava quasi con ansia: il momento in cui tutte le donne si sarebbero ritirate e i bambini erano a letto a dormire. Era solo quello che aspettava, perché così poteva parlare con Maya senza che li disturbassero.
Era calato il sole già da molte ore, tanto che la luna, alta nel cielo, illuminava il giardino del quartiere delle donne. Hari era seduto sul bordo della fontana, al centro del giardino, e stava aspettando che Maya lo raggiungesse.
In quei momenti sentiva il suo forte cuore battere veloce. Si sentiva sempre emozionato per quei attimi di attesa.
Un debole fruscio di stoffe lo distrasse dai suoi pensieri. Hari alzò lo sguardo e la vide arrivare.
Lo stupiva sempre la sua bellezza. Era forse l’unico in tutto il regno che trovava che Maya fosse una stupenda ragazza. Certo, essendo relegata nel palazzo nessuno la poteva vedere, ma nemmeno suo padre e i suoi fratelli ritenevano che lei potesse suscitare l’interesse di un uomo.
Maya aveva dei lunghissimi capelli scuri che le scendevano ben oltre la base della schiena e luminosi occhi verdi, di un verde così intenso come lo sono i prati di montagna dopo il disgelo. Le sue orecchie ed il suo naso erano impreziosite da raffinati gioielli. Alle sue braccia sottili tintinnavano delicati bracciali.
Maya si avvicinò al fratello e si sedette accanto a lui sul bordo della fontana.
— Oh, finalmente dormono tutti — disse con un profondo sospiro.
Poi si misero a parlare. Parlavano di tutto ciò che veniva loro in mente, un piccolo insetto che aveva spaventato uno dei bambini, un cavallo che si era ammalato e che avevano dovuto abbattere, un uccello che aveva fatto il nido su una delle torri. Tutto ciò che veniva loro in mente era oggetto di discussione. Passavano ore e ore, a parlare. E ogni volta che Hari doveva tornare nei suoi appartamenti, gli si spezzava il cuore di dover lasciare lì la sorella.
— Ora devo andare, Maya. È tardi e tu hai bisogno di riposare. Lo vedo che sei stanca. È impegnativo occuparsi di tutto, come fai tu.
Anche a Maya dispiaceva lasciare andare il fratello. Lo amava davvero ed il suo cuore piangeva sempre quando lui se ne andava.
— Resta ancora un po’, Hari. Lo sai che mi piace la tua compagnia. Perché non facciamo una passeggiata?
Così, camminando uno accanto all’altra si allontanarono dal quartiere delle donne e raggiunsero una delle torri. Era la loro meta preferita. Questa torre ormai non veniva più utilizzata da nessuno. Era ancora in buono stato, con le mura solide. C’erano delle stanze abbandonate, ma erano piene di polvere, foglie e terra portate dai venti e dalle piogge. Tuttavia dalle sue finestre si godeva lo stupendo panorama delle altissime montagne innevate e l’aria fredda che proveniva da esse era profumata dalle essenze dei pini che vivevano al di sotto delle nevi perenni.
L’aria era frizzante e Maya sentiva un po’ di freddo. Ma non voleva assolutamente tornare indietro. Voleva restare lì con Hari. Nessuno dei due parlava. Si godevano silenziosi la reciproca compagnia.
Hari, vedendo che la sorella aveva freddo, le si mise dietro e l’abbracciò stretta, appoggiandosi al suo corpo. Restarono immobili, godendosi il reciproco calore dei loro corpi, mentre la brezza si faceva sempre più fredda.
Dopo un bel po’ che erano lì alla torre, Hari appoggiò le labbra al collo della ragazza e disse: — Hai freddo, dovremmo rientrare.
Maya annuì e lentamente tornarono indietro. Mentre Hari stava lasciando la sorella davanti alla porta della sua stanza, Maya gli afferrò la mano, prendendo il coraggio che fino a quel momento le era sempre mancato.
— No, resta — gli disse in un sussurro, tirando il fratello dentro la stanza.
La camera era debolmente illuminata con alcune lampade schermate. Sorpreso da tutto ciò, Hari stava per chiedere cosa le stesse accadendo. Maya si fece più vicino e gli mise un dito sulle sue labbra, indicando che non doveva parlare.
Si avvicinò ancora di più e Maya prese ad allentargli la cintura, poi gli tolse il corsetto, e in ultimo gli levò la camicia. Lo fece sedere sul bordo del letto e gli tolse gli stivali. Hari attendeva.
Maya iniziò a togliersi i bracciali, gli orecchini e la collana che portava. Li mise nel cofanetto assieme agli altri gioielli che possedeva. Poi iniziò a sciogliere i nodi che sostenevano il suo sari.
Mentre lo faceva, Maya osservava negli occhi Hari. Vedeva sul suo volto gentile la consapevolezza di quello che stava per donargli. Il desiderio del fratello iniziava a farsi evidente.
— Maya… cosa fai… — disse in un sussurro.
— È così che voglio. Tanto lo so che non verrò mai concessa in matrimonio a nessuno. E anche tu non avrai una moglie, essendo il terzo figlio. Se vuoi, potrai considerarmi una tua concubina.
— Mai! Non sarai mai una concubina, per me! — disse Hari con ardore, alzandosi in piedi. — Non lo sarai mai… — terminò sussurrando.
Si avvicinò a Maya e la aiutò a togliersi il sari. Si guardavano negli occhi, leggendovi il desiderio che infiammava i loro cuori. Hari posò le labbra su quelle di Maya, assaggiandole per la prima volta in vita sua. Le trovò morbide.
Quando anche l’ultimo centimetro di stoffa abbandonò il corpo di Maya, Hari fece un passo indietro, per ammirare al meglio il suo splendido corpo.
Il suo seno era pieno e alto, né troppo grande né troppo piccolo, coi capezzoli scuri che spuntavano come cime aguzze. La vita era sottile. Più giù c’era un piccolissimo cespuglio di peli scuri e ricci, ben curato.
Si avvicinò nuovamente a Maya, la prese per mano e la accompagnò al letto. Con un bacio la invitò a sdraiarsi. Poi si tolse i pantaloni e si sdraiò accanto a lei.
Il suo desiderio era già molto evidente: il suo membro era turgido e sporgeva rivolto verso l’alto. Hari prese ad accarezzare voluttuosamente la sorella mentre si baciavano dolcemente. Trovò che la pelle di Maya fosse morbida come la più preziosa delle sete e i suoi baci avevano il sapore del più dolce dei frutti.
Steso accanto a lei, Hari schiacciava il suo membro eccitato contro il fianco della ragazza. Cominciò ad accarezzarle i seni. Lei lo guardò con occhi trasognati, poi avvicinò la bocca alla sua e lo baciò a lungo. La voglia ed il desiderio crebbe, stringendosi e strusciandosi con crescente bramosia.
Hari si spostò tra le gambe della sorella. Per un attimo si guardarono, poi di nuovo si baciarono con le loro lingue che si accarezzavano con passione. Entrambi gemettero per quel contatto. Il membro di Hari la stava stuzzicando. Lui iniziò a muoversi affannosamente e a gemere scompostamente. Entrambi erano molto eccitati.
Hari si sollevò un attimo.
— Oh Maya… desidero entrare dentro di te… desidero fecondarti col mio seme… Lo vuoi anche tu? Maya, metterai al mondo i miei figli? — le chiese deciso.
— Oh sì, certo che lo voglio! Voglio sentire il tuo seme dentro di me… E sì, desidero anche io partorire i tuoi figli! È da molto tempo che l’ho deciso, ma non ho mai avuto il coraggio di chiedertelo — gli disse accarezzandogli una guancia. — Pensavo che ti saresti rifiutato poiché sono tua sorella. Ma sono anche una donna, e come donna ti dono il mio cuore, il mio amore e il mio corpo. Non ho mai giaciuto con un uomo, prima di te, e sono ancora intatta.
Entrambi sapevano che non era un gioco. Era come una promessa di matrimonio quella che si erano detti. Maya, dopotutto, lo aveva invitato ad entrare nella sua stanza per quel motivo. Nessuno avrebbe avuto a che ridire se fosse stato lui a giacere con lei. A nessuno interessava Maya. Tranne che a lui.
Hari posò le mani sui suoi fianchi sensuali, baciò il suo ventre e passò la lingua dall’inizio del suo boschetto fino all’ombelico. Fra poco il suo membro sarebbe entrato lì dentro, depositandoci il suo seme…
Hari si spostò di nuovo tra le gambe della sorella. Il suo membro si assestò fra le labbra morbide del sesso di lei. Le sue carnose ali brune lo avvolsero quando si spinse un poco dentro di lei. Percepì la sua barriera inviolata. Si fermò solo per un momento e poi riprese a spingere con più decisione.
— Hari… — iniziò a dire Maya. Sembrava preoccupata.
— Tranquilla, amore mio, forse ti farà male. Ma solo per poco — le promise Hari.
Hari le accarezzò il viso con molta dolcezza, quindi si spinse dentro di lei ancora un poco. Sentiva sul suo membro eccitato il calore della sorella.
Maya fece delle smorfie di dolore. Era molto stretta, non essendo mai stata violata prima. Quando giunse a contatto con la sua barriera, Hari spinse più forte, affondando completamente in lei.
Un rivolo di sangue scivolò fuori dal corpo di Maya e sporcò le lenzuola.
Maya ebbe un sussulto ed un dolce sorriso sbocciò sulle sue labbra.
— Cosa c’è? — le chiese curioso Hari.
— Nulla. È solo che lo avevo immaginato tanto a lungo, per così tanto tempo… non sapevo se un giorno sarebbe mai accaduto per davvero. E invece è successo e si è avverato il primo dei miei sogni più reconditi. Ti amo, Hari.
— Ti amo anche io Maya. E gli altri sogni? Quali sono?
— Gli altri sogni sono solo la sua naturale conseguenza: concepire dei figli tuoi e poter stare per sempre insieme a te.
Hari la baciò e poi prese a muovere il suo membro duro dentro di lei. I loro sospiri erano colmi di passione, le loro carezze piene di desiderio mai ogni volta appagato. I loro baci erano sempre più appassionati, pieni di piacere e di estasi; ogni volta che sprofondava dentro di lei era un piacere immenso per entrambi, dalle loro labbra uscirono mormorii e suoni che eccitavano ancora di più i loro cuori, accarezzò i suoi seni, strinse i suoi capezzoli leggermente fra le sue dita.
Un lungo gemito di lei venne accompagnato da una piacevole stretta al suo membro eccitato. Hari si mosse lentamente avanti e indietro, gustandosi il piacere provocato.
Lei gemette ad ogni suo affondo, accanto al suo orecchio. Si stava eccitando sempre di più, godendo del movimento del fratello dentro di lei. Il piacere che provava era incommensurabile.
Hari estrasse completamente il suo membro e affondò nuovamente dentro di lei. Lei gridò e sobbalzò col bacino. I dolci gemiti di Maya lo fecero impazzire, mentre con vigorose spinte lui entrava sempre di più in profondità.
Si sollevò sulle braccia per guardare il suo membro entrare e uscire da lei, dal suo ventre piatto e sensuale. Il suo membro era lucido di umori e venato di sangue.
Si baciarono con passione, mentre Hari la strinse a sé; istintivamente Maya incrociò le gambe attorno alla schiena del fratello, mentre lui scivolava dentro e fuori da lei. Hari la baciava ovunque, affondando sempre di più. Sentiva il calore degli umori della sorella che lo bagnavano. Maya seguiva i suoi movimenti, le sue spinte la facevano gemere di piacere. Erano entrambi eccitati dalle più belle sensazioni mai provate.
Hari iniziava a avvertire che il suo seme stava risalendo. Quando fu sul punto di schizzare il suo seme in lei, si bloccò, aderendo il più possibile al corpo della sorella per placare il suo desiderio. Gli si chiusero gli occhi mentre dei lunghi getti di seme si riversarono dentro la sorella. Hari sospirò soddisfatto e finalmente appagato. All’unisono con lei, Hari godeva di quell’istante di assoluto piacere.
Maya si strinse più forte possibile al fratello per non perdere neanche un momento di godimento. Nell’esatto momento in cui il fratello si liberava in lei, Maya chiuse gli occhi e gridò al piacere di possenti e profonde contrazioni del suo ventre… Sentì le sue contrazioni spremere il membro del fratello e poteva sentire come la sua pancia fosse piena del seme di lui.
Hari si sdraiò su di lei, esausto, con il membro ancora dentro. Poi pian piano il suo membro si sgonfiò e si distese accanto a lei.
Le baciò la pancia. Infiniti baci sul basso ventre, consapevole che il suo seme avrebbe potuto ingravidarla già quella notte.
— Maya, amore mio, credi che gli dei benediranno la nostra unione facendoti concepire un figlio? Oppure ci malediranno rendendo arido il tuo grembo, poiché siamo fratelli? Sarà un peccato ed un affronto agli dei?
— Non saprei cosa risponderti, fratello mio. Solo gli indovini e i preti sanno interpretare i segni degli dei. Ma quello che abbiamo appena fatto, per me è una benedizione perché ci amiamo. Se poi gli dei saranno contrari, ne subiremo le conseguenze. Non darti pena, ora. Riposati.
Era notte fonda. I loro corpi, che prima era infiammati dal desiderio, ormai si erano acquietati ed entrambi si addormentarono abbracciati l’uno all’altra.
La mattina arrivò, le donne e i bambini iniziarono a svegliarsi.
Maya si svegliò per prima e rimase ad osservare il fratello che le giaceva accanto. Si sentiva felice ed allo stesso tempo preoccupata delle reazioni dei loro familiari. È vero, nessuno si interessava a lei, ma il loro padre avrebbe potuto arrabbiarsi del fatto che Hari avesse giaciuto con la sorella.
Maya scosse leggermente il fratello, svegliandolo.
— È mattina — gli disse quando Hari aprì gli occhi.
— Davvero? — rispose volgendo lo sguardo alla finestra inondata dal sole che stava sorgendo.
— Devi andare, ora. Non desidero che tu abbia guai.
— No, non ancora — le rispose facendosi più vicino.
Hari aveva ancora il desiderio di possedere la sorella. Il suo membro era di nuovo turgido. Si baciarono di nuovo e a lungo, poi Hari entrò ancora nel corpo della sorella. Questa volta, però non avrebbe avuto tempo di godere a lungo come la notte appena passata. Si mosse avanti e indietro dentro la sorella per un po’ e versò nuovamente il suo seme nel grembo della sorella.
Finalmente appagato, diede un bacio alla sorella e si levò da lei. Si alzò dal letto e si rivestì in silenzio, osservandola di tanto in tanto.
Maya rimase stesa sul letto, e guardava il fratello pensando a come sarebbe stata diversa la sua vita se loro non fossero stati quello che erano. Lei sarebbe stata costretta a sposare un uomo che non amava, che avrebbe potuto fare di lei quello che voleva… No, andava bene così! Era la figlia di un rajah e amava suo fratello.
Prima di uscire dalla stanza, Hari diede un bacio sulla fronte a Maya e le disse che sarebbe tornato la sera stessa.
Quando Hari fu uscito, arrivarono le sue cameriere. Stavano solo aspettando che la loro signora fosse sola prima di entrare.
Le cameriere si affaccendarono a riordinare la stanza (anche se non era affatto in disordine), mentre la più anziana (da alcuni anni al suo servizio e che aveva preso a volerle bene come una nonna fa con la propria nipotina) si avvicinò a Maya per pettinarle i capelli, ma prese anche a parlare con cautela e sottovoce.
— Padrona… ho visto uscire il principe Hari dalla vostra stanza e avete il lenzuolo sporco del vostro sangue virgineo… — e poi abbassando ancora di più la voce — Conosco delle erbe e pozioni che possono impedire che avvengano delle “complicazioni”, non so se mi spiego. Ne ho un po’ nella mia stanza. Posso fare una corsa a prenderle.
Maya le afferrò una mano.
— Ti ringrazio Amita, ma va bene così. Non preoccuparti delle conseguenze. Desidero conoscere le intenzioni degli dei e attendo il loro responso. Se sarò gravida sarà perché sono stata benedetta da loro. Accetterò quello che ne verrà. E anche mio fratello.
— Padrona… io dico che gli dei c’entrano ben poco. Se un uomo mette il suo seme dentro una donna, prima o poi ne verrà ingravidata. È quello che succede sempre. Solo le donne che hanno consacrato le loro vite agli dei e le vecchie non restano gravide.
Borbottò qualche altra cosa ma continuò a pettinarle i capelli.
Maya però era felice. Aveva giaciuto per la prima volta in vita sua con un uomo e ne aveva goduto i sentimenti suscitati in lei. Il fatto poi che amasse quell’uomo moltiplicava la sua felicità.
Si dedicò alacremente ai suoi impegni quotidiani e le ore passarono veloci. La sera venne accompagnata da un temporale che impedirono alle donne e ai bambini di divertirsi in giardino. Così erano tutti radunati nel salone comune.
Le si avvicinò una delle concubine più giovani e che Maya disprezzava apertamente perché non era mai stata capace di tacere. Era pure certa che più di una volta avesse fatto la spia. Non direttamente col rajah, ma sicuramente ad uno dei suoi ministri.
— Ah, la nostra Maya è felice, vedo… Sai, questa notte non riuscivo a dormire bene, e mi è sembrato che il principe Hari si sia trattenuto qui, stanotte — disse con malcelato scherno nella sua voce. — Ne sai qualcosa?
Maya rimase zitta, per non dare corda alla pettegola.
— Oh… ora capisco! Il principe si è intrattenuto con te! — la prese in giro la ragazzina. E poi deridendo ancora di più sia lei che Hari: — Il nostro caro principe, che ha sempre disdegnato la nostra compagnia, si è intrattenuto con te per pietà!
E poi si mise a ridere sguaiatamente.
— Si è rivolto all’unica persona senza l’esperienza di un uomo perché temeva di sfigurare al confronto dei suoi fratelli…
E ricominciò a ridere attirandosi gli sguardi delle donne presenti.
Maya stava per ribattere a tono alla ragazza quando vide Hari attraversare a passo di marcia il salone.
Hari si fermò di fronte alla concubina e le tirò un sonoro ceffone.
— Non dimenticarti con chi stai parlando, donna! — le urlò contro. — Maya è mia sorella ed è una principessa del regno! Non devi mai più permetterti di rivolgerti a lei con questo tono di scherno. E ricordati, Kanan, che tu qui sei poco più di una prostituta! Potrei sempre dire a mio padre di rimandarti dai tuoi genitori disonorata! Oppure potrei farti frustare!
Nessuno osò aprire bocca, né tantomeno la ragazza.
Hari si girò verso le altre donne.
— E ricordatevelo anche voi! Non perdonerò nessuna di voi se mi dovesse giungere all’orecchio anche una sola parola malevole su mia sorella!
Dopodiché allungò una mano a Maya, facendola alzare, ed uscirono insieme dal salone. Come al solito si diressero alla torre abbandonata. Hari fremeva per la rabbia.
Poi Maya prese coraggio e gli parlò.
— Perdonami, fratello mio. Sarei dovuta intervenire prima che la sua lingua tagliente sputasse tutte quelle assurdità su di te.
Hari ancora non parlava. Maya avvertiva ondate di rabbia pura provenire da lui.
Maya si fece più vicino e l’abbracciò forte.
Finalmente le braccia di Hari la avvolsero delicatamente, mentre la sua rabbia scemava lentamente.
— Perdonami tu, amore mio. Non avrei dovuto reagire a quel modo. Ma quando ho sentito il tono con cui si rivolgeva a te, non ci ho più visto. Avevo solo voglia di picchiarla per il modo in cui ti parlava. Non avrei proprio dovuto farlo.
Iniziarono a baciarsi dolcemente. Si stringevano l’uno all’altra, godendosi reciprocamente i loro corpi eccitati.
Sempre baciandosi, Hari allungò una mano verso il basso e cominciò a far risalire la stoffa del sari per poter accarezzare le gambe nude della sorella. Quando ci riuscì, Hari spinse Maya contro il muro, si slacciò la cintura e le armi caddero a terra. Poi slacciò la fibbia che teneva su i pantaloni ed essi gli caddero sulle caviglie. Il suo membro era già turgido e pronto.
Spostò ancora di più il sari, esponendo le parti intime della sorella, le sollevò una gamba e introdusse il suo membro eccitato dentro la sorella. Si mosse rapido avanti e indietro per pochi minuti e versò il suo seme dentro di lei.
Appena si fu calmato, si allontanò leggermente, in modo che Maya potesse sistemarsi il sari. Hari si rivestì e raccolse le armi.
— Perdonami, Maya. Era tutto il giorno che desideravo farlo e non sono riuscito a trattenermi.
— Non importa. Abbiamo ancora tutta la notte a disposizione per amarci come si deve. Anche io ho desiderato la tua compagnia per tutto il giorno e mi sei mancato tantissimo. Torniamo indietro, ora. Non mi importa che ci vedano insieme. Dopo la tua sfuriata dubito che qualcuno avrà da ridire.
Quando entrarono di nuovo nel quartiere delle donne, trovarono che ad attenderlo c’era il loro padre.
Gli fecero un inchino, omaggiando il suo rango.
— Hari, mi hanno detto che hai picchiato una delle nostre concubine. Cosa hai da dire in tua difesa?
Hari rimase zitto solo per pochi secondi, poi sbottò.
— È solo questo quello che ti hanno riferito, padre? Non ti hanno detto che Kanan si è rivolta a Maya in tono di scherno, prendendo in giro la mia virilità? Nessuno ti ha mai riferito che tua figlia Maya, pur essendo una principessa figlia di rani e non di concubina, lavora come se fosse una serva o che viene disprezzata dalla tua intera corte?
Il padre rimase zitto a lungo, soppesando le sue parole.
— Figlio mio, Hari… tu conosci la sua ascendenza. Nessuno la prenderà mai come moglie perché è la figlia di una straniera, anche se rani.
— Sì padre, questo lo so bene. Ma questa sua ascendenza non da a nessuno di loro il diritto di insultarla e schernirla come se fosse una pezzente di strada. È da molto tempo che l’ho presa sotto la mia ala protettrice. Ma questo non la mette al riparo dalle malelingue delle tue donne — ribatté in tono più mite. — Però quello che ti hanno detto è la verità, padre. Ho dato uno schiaffo a Kanan per come si è rivolta a Maya e l’ho minacciata a tuo nome di rimandarla dai suoi genitori e di farla frustare. Mi rimetto alla tua benevolenza, se hai intenzione di punirmi.
Il padre ci pensò per un po’.
— Hai ragione, figliolo. Nessuno di loro ha il diritto di schernirla. Ma hai esagerato nei modi. Per questa volta non ci saranno conseguenze per nessuno — disse ad alta voce a tutti i presenti. — Tutte voi tratterrete Maya con i dovuti riguardi. I riguardi dovuti ad una principessa del regno!
Poi si ritirò con la rani, la madre di Hari.
Anche Hari si ritirò nella stanza di Maya. Erano soli nella stanza preparata per la notte. Si spogliarono e si misero a letto.
L’improvvisa presenza del padre aveva placato i loro corpi eccitati, quindi si misero a dormire. Ma durante la notte, l’eccitazione prese il sopravvento.
Hari e Maya si amarono a lungo, e Hari versò il suo seme un numero considerevole di volte.
La mattina dopo, il padre non disse loro niente, nemmeno quando vide il figlio uscire dalla stanza della sorella tenendola per mano.
Hari prese a frequentare ogni notte la stanza della sorella, uscendone soltanto la mattina dopo. Nessuno parlò.
Passarono alcuni mesi.
Il ventre di Maya era gonfio del figlio che le cresceva nel grembo, tuttavia mancava ancora del tempo alla sua nascita. Sia Maya che Hari sapevano bene che il loro bambino non sarebbe mai stato considerato al pari dei figli dell’erede al trono, ma sarebbe stato comunque un principe del regno, poiché figlio di Hari. Nessuno aveva mai messo in dubbio la sua paternità.
Un giorno vennero convocati dal padre nella sala delle udienze, di fronte a tutta la corte.
— Figlio mio, ora anche tu stai per diventare padre.
Poi si rivolse a Maya.
— Figlia mia, tu porti in grembo il figlio di Hari, tuo fratello. Ciò non mi dispiace, visto che a te fa piacere. Ma ho comunque deciso, anche se i preti sono contrari a ciò, che sarai sua moglie agli occhi degli dei e della nostra legge. Perciò ho dato ordine di preparare la cerimonia di matrimonio. Verrà celebrata tra due giorni nel tempio del palazzo. Visto che gli dei hanno benedetto il tuo grembo con un figlio, i preti non possono e non devono avere più dubbi sui loro propositi.
— Ti ringrazio, padre, per l’onore che concedi a me e a tuo figlio Hari. Nel mio cuore, egli è già da moltissimo tempo mio marito. Non ho mai giaciuto con nessun altro uomo e colui che nascerà sarà un principe del regno, poiché suo padre è tuo figlio — gli rispose Maya, inchinandosi di fronte a lui.
Anche Hari ringraziò il padre con un inchino.
I due ragazzi si ritirarono felici. Ora avevano la benedizione del rajah e presto avrebbero avuto anche quella dei preti.
Passarono i due giorni e la cerimonia si svolse senza problemi di sorta. D’ora in poi Maya sarebbe stata a tutti gli effetti la moglie di un principe.
Qualche mese dopo, Maya iniziò il travaglio. I dolori del parto andavano e venivano con regolarità e nella notte partorì un figlio maschio. Era proprio un bel bambino e Hari decise che il suo nome sarebbe stato Sudhakar.
Passarono pochi mesi e il grembo di Maya venne nuovamente benedetto con un nuovo figlio di suo marito e fratello.
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