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Camper!

By 13 Giugno 2007Dicembre 16th, 2019No Comments

Si stavano, finalmente, avvicinando i mesi della bella stagione, dopo un lungo e piovoso inverno e stavamo progettando, io ed Angelo, come trascorrere una decina di giorni di ferie, che saremmo riusciti a combinare a metà giugno.
Avere entrambi un lavoro organizzato sui turni (io sono infermiera in ospedale ed Angelo &egrave capoturno in un grosso impianto industriale) al di là di alcune seccature (la sveglia che suona ad ore antelucane quando siamo di primo turno, il lavorare di notte e nelle feste, il fatto che -in certe combinazioni di turni- ci incrociamo sulla porta di casa senza poter godere della reciproca presenza), dà anche vantaggi tipo avere molto tempo libero, il poter essere di riposo quando gli altri lavorano, il poter fruire di ferie in periodi non di punta, eccetera.
Avrete ora capito perché parlo di ferie in giugno: io ho i turni fissi di ferie, ma posso sempre scambiare il mio periodo con quello di un collega, mentre a lui basta accordarsi con i suoi, poi dire al capo che farà ferie dal giorno al giorno ed &egrave fatta.
Ma sono sicura che questi dettagli tecnici vi annoiano; quindi vi comincerò a narrare di questa vacanza.
Tutto &egrave nato da quel giorno di aprile nel quale Angelo &egrave tornato da lavorare inalberando un sorriso da un orecchio all’altro: l’ha presa alla lontana, come suo solito.
‘Sai, oggi stavo parlando con Pagli, uno dei miei uomini, e mi ha detto che ha un camper col quale, quando riesce ad avere qualche giorno libero, va in giro con la famiglia e si divertono un sacco.
Gli ho detto che anche a me farebbe piacere fare quell’esperienza, ma che non ho intenzione di comprarlo e che, quando mi sono informato per affittarlo, mi sono sentito chiedere delle cifre folli.
Dopo un pochino gli &egrave venuto in mente che ha un conoscente, con un camper un po’ vecchiotto, che &egrave disposto ad affittarlo e mi ha dato il telefono. Cosa dici, provo a sentire quanto vuole, per giugno?’
L’esperienza, devo dire, incuriosiva anche me, ma sapevo che Angelo ‘lo conosco bene, dopo dieci anni vissuti insieme!- aveva un interesse non solo turistico per il camper.
‘Cosa hai intenzione di fare, con il camper?’ gli chiesi, guardandolo intensamente.
Lui fece uno dei suoi sorrisoni a trentadue denti ‘&egrave già un bell’uomo, ma quando sorride così diventa davvero irresistibile-, si accarezzò i baffi e rispose: ‘Andarcene in giro, liberamente, decidendo bivio dopo bivio la direzione da prendere, fermarci a mangiare quando abbiamo fame ed a dormire quando abbiamo sonno.’ Fece una breve pausa ad effetto, poi sorrise di nuovo e mi svelò tutta l’idea. ‘Insomma, saremmo come le lumache con la casa sulla schiena, senza prenotazioni, orari, seccature. E poi’ ‘ Eccolo, che stava arrivando al dunque! ” chissà che, sulla strada non troviamo qualcuno simpatico col quale giocare.’
Rimasi silenziosa qualche istante, riflettendo sulle possibilità che ci si offrivano: sia io che Angelo amiamo molto giocare sessualmente, sia tra noi due soli ‘ogni volta &egrave bellissimo!- sia con altre persone di entrambi i sessi.
Inoltre entrambi non abbiamo pregiudiziali per le persone del nostro stesso sesso: questo ci consente, se &egrave gradito anche agli altri e solo in questo caso, di poter giocare a tutto campo con uomini e donne, soddisfacendo tutti i loro e nostri desideri.
Le prospettive che questa proposta di Angelo schiudeva davanti a noi, erano estremamente interessanti: oltre al poter viaggiare liberamente, avremmo avuto anche la possibilità di giocare dove, quando e con chi ci sarebbe venuto l’uzzolo!

I preparativi non hanno quasi storia: parlammo col tizio, vedemmo il camper (dotato di quattro posti letto, quindi abbastanza grande), montato sul telaio di un Ford Transit a gasolio ed immatricolato quasi vent’anni prima ma in accettabili condizioni, ci esibimmo in una prova di guida su strada per rassicurare il padrone sulle probabilità di riaverlo indietro intero e per capire come quell’accidenti -con un altissimo baricentro!- si comportasse in curva, ci accordammo sul prezzo (che ci avrebbe permesso di spendere qualcosa meno ‘se ci fossimo fatti da mangiare nell’attrezzato cucinino- che l’andare in albergo ed in trattoria) ed attendemmo pazientemente il giorno della partenza.
La sera prima della partenza, come da accordi, lo andammo a ritirare, lo portammo sotto casa e caricammo i bagagli e le provviste.
La mattina dopo, intorno alle sette di uno stupendo mercoledì di giugno, Angelo si mise al volante e, finalmente, partimmo.

Avevamo deciso di puntare verso sud e, per allontanarci rapidamente dai nostri luoghi abituali, imboccammo l’autostrada.
Mentre Angelo guidava, io me ne stavo sull’ampio sedile del passeggero, coperta soltanto da un leggero abitino, praticamente un copricostume, e null’altro.
L’abitino era risalito, mostrando il mio ciuffetto intimo e la cosa sembrava gradita dai camionisti che Angelo superava lentamente: dalle loro cabine soprelevate avevano agio di sbirciare dentro il nostro vano guida e poter apprezzare le mie gambe tornite e la mia fichina impudicamente esposta; qualche volta, addirittura, facevo anche in modo che avessero agio di guardarmi le tettine..
Quando il sorpasso era terminato e rientravamo nella corsia di destra, davanti a loro, esprimevano spesso il loro apprezzamento con lampi dei fari o, più raramente, col muggito delle trombe.
Oltre a ciò, era troppo divertente viaggiare su quel veicolo: per la prima volta avevo la possibilità di alzarmi, di girare nel camper, di andare in bagno, prendere una bibita dal frigo, sdraiarmi sulla cuccetta posta sopra la cabina di guida e poter studiare la strada da quella postazione così elevata’
Dopo qualche ora di guida, Angelo decise di fermarsi in un autogrill per sgranchirsi le gambe e per comprare le sigarette.
Dopo aver bevuto un caff&egrave al banco, scesi nei servizi mentre lui restava a curiosare tra gli scaffali.
Quando uscii dalla porta contrassegnata dalla donnina stilizzata, mi trovai ad incrociare un tizio, mi diede l’idea di essere un camionista, che puntava alla porta accanto; mentre lo incrociavo, la sua mano mi sfiorò le natiche; mi bloccai, rapita dalla fuggevole situazione ed allora la mano sconosciuta scese fino all’orlo del vestitino e risalì sul mio culetto nudo: il contatto con la mano ruvida mi fece provare un brivido di piacere. L’uomo se ne accorse e spinse un dito tra le cosce per toccarmi la fichetta ed io, per facilitare quel contatto, divaricai leggermente le gambe.
Sentii il suo dito tozzo penetrare la mia natura e scivolare facilmente dentro aiutato dal fatto che mi ero subito bagnata per quell’inaspettato approccio.
L’uomo accostò la bocca al mio orecchio e mi sussurrò che ero una bella porca, che mi aveva visto la fica quando avevamo superato lentamente il suo TIR e che mi voleva sbattere.
Mi afferrò per un braccio, mi portò nei servizi dei maschietti, mi sedette su un lavabo, spalancandomi bene le gambe e offrendosi alla vista ed alle sue voglie le mie intimità, sguainò un attrezzo di interessanti dimensioni e, con un colpo secco, mi riempì subito la fica.
Devo dire che la cosa, così rapida, spasmodica, sconveniente e furtiva mi eccitò terribilmente, anche per la paura (o la speranza?) che sopraggiungesse qualcuno.
In effetti accadde: stava per darmi gli ultimi colpi, quando altri due camionisti entrarono nel locale e mi videro contorcere intorno al membro del loro collega: senza dire una parola si sguainarono gli uccelli e cominciarono a masturbarsi. Appena il primo, ormai arrivato all’apice del suo piacere, mi eruttò nella fica una densa ed abbondante sborrata, mi fecero scendere dal lavabo e, mentre uno si poneva dietro di me e mi faceva chinare -allargandomi le natiche con le mani, appoggiandomi la sua cappella congestionata alla fichina palpitante viscida degli umori della precedente chiavata e me lo faceva scivolare lentamente dentro- scopandomi alla pecorina, l’altro mi afferrò per la nuca e mi mise davanti alla bocca il cazzo, che cominciai a leccare golosamente lungo tutta l’asta, all’inizio, mentre la pressione della sua mano sulla nuca mi faceva capire facilmente cosa sui si aspettava da me: così imboccai la sua verga fino in fondo.
Pochi minuti ed era tutto finito: chi mi aveva infilato il cazzo in bocca mi aveva scaricato in gola una notevole quantità di seme, mentre chi aveva approfittato della mia fica aveva unito la sua copiosa sborrata a quella del predecessore. Si sciacquarono brevemente, mi fecero un cenno di saluto -quasi timido, ora che si erano scaricati i coglioni- e mi lasciarono lì a cercare di far tornare normale il ritmo della mia respirazione.
Riemersa dalle profondità dei servizi, trovai Angelo che stava esaminando alcuni CD esposti. Mi guardò e sollevò interrogativamente un sopracciglio, accennando ad un leggero sorriso tra l’affettuoso e l’ironico. Mi sentivo il viso arrossato e lui doveva averlo notato; non solo, doveva anche aver intuito qualcosa.
‘Mi sono perso qualcosa di interessante?’
‘Solo la dimostrazione di quanto i camionisti che abbiamo superato abbiano apprezzato lo spettacolino che gli ho offerto prima.’
‘In che senso?’ chiese, con un’espressione sorpresa e curiosa sul viso.
‘Nel senso che, mentre eri qui a baloccarti con questa roba, giù mi sono saltati addosso in tre e mi hanno scopato nel cesso degli uomini!’
Piccato dal fatto che non aveva potuto assistere, mi sfidò: ‘Sei una contaballe! E figurati”
Allora gli presi la mano e me la appoggiai sulla fica, ancora gonfia di eccitazione e stillante di seme estraneo: sapevo quanto si eccita nel trovarmi sborrata da estranei!
Gli si velò lo sguardo dall’eccitazione, impiegò qualche secondo per pensare a qualcosa da dire, poi mi abbracciò, mi baciò con calore e mormorò: ‘Sei una fantastica porcella, ti adoro!’
Mi introdusse la lingua in bocca ‘lì, davanti allo scaffale delle offerte musicali del mese!- e mi accarezzò per qualche lungo, interminabile minuto, scostandosi solo perché aveva percepito qualcuno che si stava avvicinando, e lasciandomi in uno stato di eccitazione ad un tale livello di parossismo che fui visitata dall’oscena tentazione di mettermi io, a cosce spalancate, nello scaffale delle Offerte del Mese!
Poi ci ricomponemmo, lasciammo l’autogrill, facemmo il pieno di gasolio e ripartimmo verso il resto della nostra porno-vacanza.
E’ tutto questo che mi piace in lui, questi suoi entusiasmi da ragazzino, questa sua voglia di vivere, di fare tutto subito e, appena finito, subito cominciare qualcos’altro, questa sconfinata libertà che mi dava, libertà data da una fiducia di cui cercavo sempre di essere degna. Sapevo, inoltre, che ciò che io vi ho appena detto di lui, lo sentireste ripetere pari-pari da lui nei miei confronti. Siamo una coppia vivace, birbante, irreprensibile nella nostra vita ordinaria, quanto assolutamente trasgressiva in quei momenti che sappiamo prendere per noi e, soprattutto, profondamente innamorata ed affiatata.
Quando l’ho visto la prima volta, quel pomeriggio di tanti anni fa, così alto, con le spalle larghe, i bei baffi curati, i castani capelli di lunghezza media, quegli occhi verdi e quel sorriso malizioso ed irresistibile, ho pensato che non dovevo lasciarmelo sfuggire. Mi corteggiò con paziente dolcezza ed io, appena uscita da una storia che mi aveva lasciato il cuore colmo di macerie, pur godendo delle sue attenzioni e della sua compagnia, esitavo a concedermi a lui. Per carità, non &egrave che facessimo i fidanzatini di Peynet: i suoi baci ed i suoi abbracci (spezzacostole, ma che mi fanno sentire molto desiderata!) mi sono bastati per tre o quattro appuntamenti, ma quando la mia fichina ha deciso di aver bisogno di essere accarezzata dalle sue belle mani, lui lo ha subito intuito e la sua mano calda, anziché sostare pazientemente sul ginocchio, ha cominciato a risalire lievissimamente la coscia, facendomi provare brividi di piacere, mentre la sua lingua possente vorticava nella mia bocca aperta ed il mio petto, devastato dai colpi del mio cuoricino che andava a mille, era pressato contro il suo dalla sua potente stretta.
Avevo già avuto modo di percepire, da attraverso i vestiti, la sua prepotente mascolinità, ma quella volta appoggiai deliberatamente la mano sulla sua patta dei pantaloni e, devo dire, rimasi piacevolmente stupita ‘e forse anche leggermente spaventata- dalle dimensioni che la mia mano percepiva.
La sua mano, allora, aveva preso coraggio e si era avvicinata alle mie mutandine con quieta determinazione, come uno squalo che nuota lentamente verso un tonno intrappolato in una rete; le sue unghie avevano cominciato a grattare delicatamente il tessuto dei miei slip e la manovra trasmetteva ai miei peluzzi una vibrazione che mi faceva sciogliere.
Altri due o tre appuntamenti, con esplorazioni sempre più approfondite, ed alla fine decisi di aver vinto la paura degli uomini, lasciatami dall’ultima storia, e mi concessi a lui.
Avevamo deciso, ci eravamo consultati ed accordati ma’ beh, non mi buttò in un letto: mi portò a pranzo fuori, mi diede ‘come quasi sempre!- un pensierino (una piccola volpe di panno Lenci che gli era piaciuta e che sapeva che avrei apprezzato) e poi andammo a passeggiare in riva al mare, in quella bella giornata di novembre. Ad un certo momento non resistetti più: lo trascinai a ridosso di un capanno sulla spiaggia ‘in un punto riparato- e lo abbracciai, lo baciai, lo frugai, gli tirai fuori il cazzo meravigliosamente eretto e cominciai a baciarglielo, mentre le sue dita danzavano intorno alle mie labbra più intime ed alla mia clitoride resa scivolosa dalle secrezioni della mia fichina pulsante.
Non resistetti più oltre e gli chiesi di andare via, con la voce roca dall’eccitazione.
Ci trovammo in quella camera, sul letto, a spogliarci a vicenda, con delicatezza, lentamente, quasi che un movimento brusco potesse spezzare l’incanto del momento e farci fuggire via.
Quando fui stesa sul letto nuda, si allungò di fianco a me, mi abbracciò teneramente, mi baciò delicatamente le palpebre e le labbra, poi cominciò a far scorrere i suoi delicati polpastrelli sulla mia pelle fremente mentre io, bloccata da vaghe paure e crescente eccitazione, subivo immobile ma con i sensi in ebollizione.
Le sue labbra scesero sul mento, il collo, il petto, i seni; si impadronirono in rapida successione dei miei capezzoli e li strinsero forte, dopo che la sua lingua li aveva resi eretti e palpitanti.
Poi, con una lentezza snervante, la sua lingua scese ancora, mi attraversò il pancino, giocò con l’ombelico, seguì una delle gambe fino al ginocchio, poi tornò indietro ed arrivò in prossimità della mia fichetta in ebollizione. Per qualche istante non successe niente, mentre sentivo il suo fiato caldo agitare lievissimamente i peluzzi e sfiorare le mie mucose più sensibili.
Poi, con un attacco improvviso degno di un predatore degli abissi, la sua bocca si impadronì delle labbra spalancate della mia fica e del bottoncino annidato tra di loro, e cominciò a leccarle ed a lambirlo, cosa che mi fece, in pochi minuti, esplodere in un orgasmo liberatorio.
Quando tornai in me, lo trovai allungato sul fianco accanto a me, appoggiato ad un gomito, che mi guardava con tenerezza.
Lo spinsi con la mano, facendolo cadere sulla schiena, gli andai sopra, mi appoggiai la sua cappella congestionata sulla fichetta e, con un’unica spinta, la feci affondare dentro di me fino alla radice.
Mi sembrava di avere dentro una spranga di ferro incandescente! Impiegai pochissimi istanti per raggiungere un nuovo, sconvolgente orgasmo, ma che venne subito seguito da molti altri nei minuti -e poi nelle ore, nei giorni, nei mesi e negli anni- successivi.
Cosa può desiderare in più una donna, quando ha un compagno sempre voglioso e fantasioso con quale assistere insieme al trascorrere degli anni?

Sempre graditi commenti e giudizi a zorrogatto@email.it Dopo altre due ore di cammino, decidemmo di fermarci in un’area di parcheggio per prepararci il pranzo. Angelo cominciò a leggere il quotidiano (&egrave un appassionato lettore e tutti i giorni riesce a trovare almeno mezz’ora, per essere aggiornato sui fatti del mondo e della nostra città) mentre io utilizzavo il cucinino per preparare una bella pastasciutta ed un secondo a base di fesa di tacchino.
Quasi un’ora più tardi, tempo che Angelo aveva anche utilizzato per fare alcuni controlli al veicolo, eravamo seduti a tavola. Mangiammo con allegria, eccitati dall’inizio di questa vacanza così diversa dalle solite e dalle prospettive che questa ci offriva.
Finito di pranzare, preparai il caff&egrave ed in pochi minuti l’abitacolo fu invaso dal fragrante aroma della bevanda.
Mentre mi preparavo a rigovernare, Angelo scese per sgranchirsi le gambe e raggiungere un rado boschetto compreso nell’area di sosta, aggirando i TIR parcheggiati intorno a noi.
Per non rischiare di sporcarmi l’abitino, nel lavare i piatti, decisi di cambiarmi e di indossare una canotta gialla da spiaggia del mio uomo che, data la mia taglia minuta (sono proprio piccolina: poco meno di un metro e sessanta per cinquantadue chili, mentre lui &egrave poco più di uno e ottantacinque per circa novantacinque chili!), mi faceva da miniabito.
Forse l’errore era stato cambiarmi senza abbassare le tendine e quindi quei due camionisti mi avevano vista nuda, mentre mi cambiavo. Ma era stato poi un vero errore?
Ma andiamo con ordine: come Angelo aveva gustato il suo caff&egrave ed era ‘subito- partito per la sua passeggiatina, e mentre io mi ero appena cambiata, due camionisti bussarono educatamente alla porta del camper; come aprii la porta, mi fecero un sorriso ed il primo mi disse:
‘Cara signora, abbiamo sentito il profumo del caff&egrave che ha fatto prima e qui” fece un gesto ampio col braccio per indicare il parcheggio spoglio ” come vede non abbiamo la possibilità di bercene una buona tazzina. Sarebbe così gentile da prepararcene uno, per cortesia?’
Gli sorrisi amichevolmente, gli assicurai che non c’era alcun problema e li invitai a sedersi al tavolo, mentre ricaricavo la caffettiera e la mettevo sul fornello.
Vedevo, da una luce maliziosa in fondo ai loro occhi, che non era solo la voglia di caff&egrave che li aveva spinti alla mia porta e, valutandoli gradevoli ‘entrambi sui trent’anni, massicci, scuri di pelo e di carnagione- decisi di vedere se da cosa poteva nascere cosa’
Chiacchierammo amabilmente, mentre il caff&egrave filtrava, ed ammisi che ero in vacanza con mio marito, che non avevamo una destinazione od una tabella di marcia certa, che eravamo una coppia libera ed altre brevi banalità fino a quando la caffettiera cominciò a borbottare.
Allora mi alzai dalla panchetta per andare a versare il caff&egrave nelle tazzine e, mentre ero davanti al fornello, una di queste mi sfuggì di mano e decisi, forse per aiutare gli eventi, di chinarmi ‘a gambe tese e tenendo rivolto il culetto verso di loro- per raccoglierla. La manovra servì a farmi salire l’orlo della canotta fino alla metà delle natiche ed a mostrargli spudoratamente il ciuffetto alla sommità delle cosce. Quando tornai al tavolo con le tre tazzine su un piatto a mo’ di vassoio, notai che i due, prima seduti affiancati, si erano ora seduti uno per panchetta; posai la zuccheriera e le tazzine sul tavolo e mi sedetti accanto a quello dei due che giudicavo più interessante. Zuccherammo e bevemmo l’infuso e quello che mi stava accanto esclamò:
‘Brava, l’hai fatto veramente buono, come piace a me!’ e per avvalorare il suo apprezzamento mi pose la mano sul ginocchio; visto che non davo segno di voler respingere il contatto ‘anzi, avevo leggermente schiuso le ginocchia-, si prese di coraggio e mentre faceva risalire la mano callosa sulla coscia mi chiese, con fare subdolo: ‘Cosa mai potremmo fare, per sdebitarci da questo ottimo caff&egrave?’ mentre, ormai, la sua mano era entrata in contatto coi peli della mia fichina in ebollizione ed io mi ero spinta con le natiche sul bordo della panchetta.
Le sue dita cominciarono subito a scorrere tra le pieghe della mia fichetta, strofinandomi la clitoride e procurandomi vibrazioni di piacere. Nel frattempo l’altro si era alzato in piedi, si era slacciato i jeans unti e mi puntava sulle labbra il cazzo ben duro. Cosa potevo fare, se non accoglierlo in bocca e cominciare a succhiarlo? Il primo, intanto, mi brancicava le tettine e mi spingeva il dito in profondità nella fichina. Poi mi fece alzare, si appoggiò con le natiche al bordo del tavolo e mi sollevò, impalandomi sul suo cazzo teso, cominciando a chiavarmi con lunghi colpi potenti e muovendomi, su e giù sulla sua mazza tesa, come fossi una bambola di stracci. Il sentire il suo bigolo che mi scorreva con facilità nella fichina, mi faceva letteralmente sciogliere di piacere.
Il suo collega, dopo averci contemplato per pochi istanti, decise di cogliere l’opportunità che gli si presentava e mi appoggiò il suo uccello, insalivato dal mio pompino di poco prima, sulla mia rosetta posteriore, palpitante dall’eccitazione. Così fu che, mentre il primo mi scopava, tenendomi per le natiche e muovendomi col suo ritmo lungo la sua asta di carne, lui assecondava in parte i nostri movimenti, col risultato di farmi penetrare il suo organo virile a poco a poco nel culetto. Se c’&egrave una cosa che adoro &egrave essere presa così, con entrambi i buchetti ripieni: durai pochissimo, prima di sentire i miei sensi esplodere e le mie contrazioni condannarono i cazzi che stavo ospitando ad una simultanea, poderosa sborrata nella mia capiente fichetta e nel mio ospitale culetto.
Mentre i miei compagni di gioco si davano una sommaria sciacquata nel microbagno del camper, mi stavo chiedendo che fine avesse fatto Angelo: solo quando i due tornarono ai loro bisonti, si fece vedere e, alle mie proteste per essere sparito così, mi rispose innocentemente che, avendo notato che avevo ospiti, gli era mancato il cuore di venirci a disturbare’ tantopiù che aveva potuto tener d’occhio le nostre evoluzioni dalla finestra posteriore del camper!
Ero compiaciuta del commento, ma irritata dal fatto di non aver potuto godere della sua presenza in momenti così coinvolgenti (per la seconda volta in poche ore!), ma lui cominciò a coccolarmi, a mormorarmi dolci oscenità nell’orecchio, a baciarmi la bocca, il collo, a far viaggiare le mani sui miei fianchi, sui miei capezzoli ancora eretti dall’eccitazione, sulla mia fichetta e sul mio culetto, ancora stillanti umori, inserendo due dita nel buchetto ancora dilatato.
Mi sdraiò sulla cuccetta superiore e si dedicò ad un’approfondita leccata di fica, martoriandomi il grilletto con sapienti ed insistenti colpi di lingua, bevendo tutti i succhi che vi trovava depositati e riportandomi, in breve tempo, al parossismo.
Mentre cercavo di far tornare a parametri normali le pulsazioni del mio cuore, però, sentii la sua spada farsi strada in me e mi sentii ‘in breve- tutta colma di lui. Il tempo di farmi raggiungere un’altra volta le vette del piacere e poi mi fece mettere alla pecorina, riempiendomi prima ‘di nuovo- la fichetta, ma poi entrandomi trionfalmente nel culo ‘dilatato e lubrificato dal camionista di pochi minuti prima- dove in poco tempo, eccitato dal sentirmi allagata dallo sperma di altri, mi versò una poderosa sborrata.
Passammo un quarto d’ora almeno a riprendere fiato, coccolandoci, baciandoci, abbracciandoci e mormorandoci lascive tenerezze.
Poi, decidemmo di riprendere il nostro viaggio.

Nella prima tappa del nostro viaggio raggiungemmo una città abbastanza grande e caotica, devo dire, e parcheggiammo la nostra piacevole casa viaggiante per dedicare qualche ora alla visita dei luoghi.
Vedemmo palazzi stupendi e case fatiscenti, grandi viali e stretti vicoli, chiese romaniche e grattacieli di vetro, irte salite e suggestivi scorci e, girando così, passammo davanti ad un piccolo porno-shop non lontano da dove avevamo parcheggiato il nostro mezzo.
Seguendo non so quale segreto impulso, Angelo varcò la soglia del negozietto (in realtà molto più grande di quanto il fronte-strada lasciasse supporre) e cominciammo ad aggirarci tra la merce esposta sugli scaffali. Ci dilettammo, soprattutto, a studiare le immagini delle custodie delle videocassette porno e una vetrina che presentava una ricchissima panoplia di cazzi di lattice e plastica, dalle dimensioni di un pennarello a quello di una bottiglia dell’acqua minerale! Il titolare, contrariamente alle nostre aspettative, era una persona gradevole, prossima alla cinquantina, senza quell’aria sordida che spesso avevo notato in alcuni dei titolari di altri negozi del genere che avevamo visitato; il mio compagno vide su dei manichini due’ vestiti, chiamiamoli così: uno era nero, lungo fini alle caviglie ma aveva due lunghi spacchi sul davanti, seguendo la linea delle gambe, fin quasi alla vita ed un lungo spacco dietro che arrivava proprio all’altezza della mia micia. La parte superiore era in pratica solo due triangoli di tessuto che, partendo dalla linea vita piuttosto bassa, risalivano fin dietro alla nuca, coprendo molto sommariamente i seni e lasciando visibile, dietro, la parte superiore delle natiche; avevo idea che, sedendomi con quel’ ‘coso’ addosso, sarei stata più che nuda!
L’altro, invece, era un miniabito, sempre nero, di taglio normale, senza maniche e con una profonda scollatura posteriore che lasciava scoperta la schiena; un abitino dignitosissimo, se non fosse stato per il fatto che era realizzato con un fitto e leggerissimo tessuto a rete piuttosto fitta, ma di fili sottilissimi.
Mi pregò di provarli, perché me ne voleva regalare uno ed io mi schermii, ma venni incitata a farlo anche da due tizi che, come noi, si aggiravano nel negozio.
Chiesi al proprietario dove potessi provarli e mi indicò un cubicolo adatto; lì entrata, mi tolsi la camicetta, la mini e decisi d togliermi anche il tanga che indossavo sotto. Indossai il primo ed uscii, accolta da ammirati commenti dei quattro uomini; mi fecero camminare, voltare, sfilare per loro: i due estranei si erano seduti su un divanetto nero, da poco prezzo e mi chiesero di sedermi tra loro; ad un cenno di assenso di Angelo, acconsentii e l’abito, come da previsioni, mi cadde ai lati, lasciandomi le gambe e due spicchi del pancino nudi. Uno degli uomini mi chiese di coprirmi le ginocchia e, mentre mi piegavo in avanti per soddisfare questa stravagante richiesta, capii: facendo così i miei seni si scoprirono e ciascuno dei due poté impadronirsi di un capezzolino con le dita’
La cosa era indubbiamente eccitante (anche per loro: vedevo il rigonfiamento dei loro calzoni!), ma decisi di divincolarmi per andare a provare l’altro indumento.
Quando feci la mia apparizione, ammutolirono: il tessuto, leggermente elasticizzato, mi fasciava il torso ed i fianchi come una seconda pelle e restava teso tra le mie cosce, sottolineando però sia il mio triangolino nero che il solco tra le chiappine, dietro.
Gli occhi dei due brillavano e mi invitarono a tornare a sedermi tra loro, ma avevo voglia di fare la monella, perciò mi rifiutai con un sorrisone; tra l’altro, non mi ispiravano troppo, quei due’
Così andammo alla cassa per pagare il primo abito, che Angelo aveva scelto, e poi ci mettemmo a conversare piacevolmente col titolare, mentre i due se ne andavano mogi, che si dimostrò anche dotato di non poco fascino.
A poco a poco, il discorso scivolò su argomenti inerenti al sesso (strano, vero?) ed alla fine venimmo a sapere che, a non grande distanza da lì, c’era un cinema porno dove sembrava che succedessero un sacco di cose stuzzicanti.
Quando uscimmo dal negozio, seguendo le indicazioni del tizio, raggiungemmo il cinema di cui sopra ed io, devo dire, entrai più serena che in quelli della nostra città: le probabilità di fare imbarazzanti incontri con conoscenti della nostra vita normale erano praticamente uguali a zero; so di non fare nulla di male, di dare del mio, ma sapete quanto, a volte, la gente sa essere stupidamente pettegola’
Comunque, dicevo, siamo entrati in questo cinema porno e ci siamo recati in galleria. La caratteristica che ci colpì di questa galleria &egrave che le ultime due file di poltroncine sono su due scalini, in modo che l’ultima fila poggia su un gradino alto una trentina di centimetri, costeggiando il corridoio ‘largo circa un metro e venti- in fondo alla sala.
Questo corridoio, che nelle intenzioni del progettista doveva probabilmente servire per raggiungere -dalla scala d’ingresso alla galleria- il lato destro della gradonata, veniva utilizzata invece per stare in piedi in fondo alla sala e, sembrava, provare a’ fare amicizia coi vicini. Perciò toccamenti, seghe, palpate, pompini, perfino qualche inculata nell’angolino là in fondo, sembravano cose abbastanza normali, per la quindicina di singoli, parchi decisamente oltre la quarantina, che vi si trovavano.
Dopo aver studiato brevemente la situazione, ci siamo sistemati così: Angelo &egrave rimasto in piedi in questo corridoio, con le braccia incrociate appoggiate agli schienali dell’ultima fila, mentre io mi sedevo in una poltrona dell’ultima fila, davanti a lui.
Dopo qualche istante che mi ero seduta, ho cominciato a far scivolare una mano sotto il vestitino ed a dischiudere leggermente le ginocchia, attirando così l’attenzione di due tizi che mi si sono seduti ad entrambi i lati. Dopo qualche minuto, rassicurati dal fatto che persistevo, nonostante loro, a toccarmi, si sono incoraggiati e mi hanno posato una mano ciascuno sulle cosce, risalendole rapidamente. Appena ho sentito le mani sconosciute che mi toccavano la fichetta già inumidita, ho allungato le mani tastando le patte dei due e trovandomi, rapidamente, i due cazzi turgidi nelle mani, pronti per essere menati, cosa che cominciai a fare di buon grado.
I due tizi, con il passare dei minuti, avevano preso sempre maggiore confidenza e, dopo avermi manipolato e succhiato le tette, mi avevano solidamente afferrata per la nuca, a turno, forzandomi in due pompini che eseguii con la mia solita maestria.
Mentre stavo spompinando il secondo sconosciuto ‘essendo alquanto piegata verso di lui- il primo mi scoperse ed accarezzò le chiappette, infilandomi le dita nelle profondità della fichetta e del culo.
Lui si godeva lo spettacolo della mia opera, dal suo punto privilegiato d’osservazione proprio dietro di me, e ‘intuivo che si masturbasse lentamente alla vista della mia porcellineria. Questo permise a qualcuno (mi raccontò dopo) di infilare la mano sotto la cintura e di cominciare a palpargli il culo ‘che spingeva all’indietro in segno di gradimento- e saggiandogli il garofanino che, per l’eccitazione della situazione, era notevolmente rilassato e ricettivo.
Mentre una bocca sconosciuta ospitava il suo cazzo, feci venire i miei compagni di gioco ed, incurante delle mani che si protendevano verso il mio corpo, mi alzai e lo raggiunsi nel corridoio, accostandomi a lui ed appoggiando i gomiti sugli schienali; solo che, essendo piccolina, ero salita sul famoso gradino e, per stare più comoda, ero costretta a tenere il culetto spinto in fuori e le gambe leggermente divaricate. Capirai che, avendo persone dietro, appoggiate al muro, era giocoforza per chi voleva passare strofinarmi il culo’ ed io non mi spostava; anzi, uno che me lo ha esplicitamente sfiorato, ha sentito le mie natiche premergli contro la mano. Al che il tizio, incoraggiato da questo comportamento e da ciò che aveva precedentemente osservato, mi ha accarezzato il nudo lato posteriore delle cosce ed infilandomi ‘alfine- la mano sotto l’abitino leggero, ha trovato le natiche nude, separate dal solco che ospita il mio buchetto palpitante e la fica circondata dal suo ciuffo di pelo. Al che le sue esplorazioni si sono fatte più ardite e le ha spinto un dito nell’umida fica; nel frattempo avevo allungato una mano e cominciato a tastare i coglioni al mio uomo, mentre l’anonimo spompinatore accucciato, proseguiva indefesso la sua opera. Nel frattempo, Angelo aveva fatto cadere i pantaloni, perciò si trovò con le natiche esposte e questo fece il suo effetto ad alcuni dei presenti.
Dopo qualche minuto ci trovammo con diverse mani che ci frugavano: mentre uno accarezzava le solide chiappe del mio compagno, qualcun altro gli aveva introdotto due dita nel culo ed uno, infilando la mano sotto la maglietta, gli pizzicava i capezzoli. Il tutto mentre qualcuno lo stava anche spompinando ed era impegnato con un cazzo in ogni mano.
Da parte mia, stavo apprezzando (un sacco!) un trattamento simile al suo con l’unica differenza di un cazzo che mi era scivolato in fica ed un altro che ospitavo nella bocca, forzata dalle dimensioni della parte, davvero ragguardevoli!
Mentre il primo visitatore della mia fichetta mi lasciava come obolo un’abbondante sborrata, notai che qualcuno aveva appoggiato il cazzo al culo di Angelo, che spinse indietro i fianchi, per dimostrare il suo apprezzamento e, subito, vidi il cazzo sconosciuto che si faceva strada dentro di lui. Mentre lo stavano inculando, una mano solidamente appoggiata alla nuca lo forzò ad abbassare la testa ed a succhiare un cazzo. Nel frattempo, anch’io mi trovai ad ospitare un membro nel culetto, datomi da un tizio che mi aveva presa da dietro e mi teneva sollevata ‘sostenendomi con le mani negli incavi delle ginocchia- e facendomi scorrere sul suo cazzo come un giocattolino: mi ricordava moltissimo i miei due camionisti di quella mattina! Un altro, dopo aver ispezionato con le dita la fica stillante di secrezioni e sborra, decise di approfittarne e la riempì debitamente di cazzo. La galleria era discretamente affollata: della ventina di persone che ci saranno state, almeno una decina ebbero occasione di approfittare della nostra complice, sottomessa e totale disponibilità.
Il mio piacere lievitava a poco a poco, una penetrazione dopo l’altra e vedere il mio uomo che si rendeva ‘anche lui- così volenterosamente disponibile, mi faceva letteralmente girare la testa; proseguimmo per non so quanto, forse mezz’ora, fino a che il terzo (o quarto?) cazzo che valicò il mio sfintere, di dimensioni decisamente ragguardevoli, mi fece arrivare quasi in cima alla erta salita del piacere. Le mani dell’uomo mi strizzarono dolorosamente i capezzoli ma, ormai, ero sul punto di venire e perciò godetti a lungo, senza ritegno.
Anche Angelo, praticamente a tempo con me, venne con un sordo rantolo e lunghi schizzi.
Calmatici un attimo, dovemmo affrontare il problema di ricomporci; perciò decidemmo di passare nei bagni per poterlo fare con un poco di luce. Lì, mentre cercavamo di ridiventare un pochino più presentabili, Angelo mi fece notare, con gli occhi che mandavano lampi di piacere, che diversi mi avevano sborrato sulle tette, il viso ed i capelli e che avevo il culo, e le cosce impiastricciate di sborra; del resto ‘notai piacevolmente a mia volta- anche lui aveva dense colature biancastre sulle natiche e sul collo.

Ci ritirammo nel nostro autocaravan e, utilizzando la microdoccia di bordo, ci demmo una graditissima rinfrescata.
Dopo una puntata in pizzeria, decidemmo di proseguire ancora un pochino nel nostro viaggio.
Un tranquillo parcheggio in autostrada, ci ospitò per la notte.

Suggerimenti e commenti sempre graditi a zorrogatto@email.it Il secondo giorno cominciò presto, per i nostri standard vacanzieri: alle sette eravamo già in piedi e stavamo facendo colazione. Poi, in una magnifica giornata di inizio estate, proseguimmo il nostro viaggio verso sud.
Dopo diverse decine di chilometri, giungemmo in fondo all’autostrada e proseguimmo lungo la statale ‘trasformata, da pochi anni, in un’ottima superstrada- e, dopo una cinquantina di chilometri, decidemmo di lasciare anche questa strada per puntare verso un porto dov’era anche possibile imbarcarsi ‘volendo- anche per l’isola d’Elba.

Percorremmo una ottima strada in un bellissimo lecceto lungo chilometri e, in una breve radura alla nostra destra, vedemmo una casa colonica abbandonata, distante un centinaio di metri dalla strada.
Sia io che Angelo ‘dovete sapere- subiamo il fascino degli edifici abbandonati; un nostro amico, al corrente di questa nostra piccola mania, dice -ridendo- che siamo cacciatori di fantasmi, ma l’eccitazione che ci da l’aggirarci in una costruzione dove hanno lavorato, vissuto, amato, imprecato altre persone non la possiamo spiegare a chi non subisce, come noi, questo strano fascino.
Oltre a questo aspetto, bisogna anche considerare che Angelo si diverte molto a leggere le scritte ed a contemplare i disegni, spesso pornografici, che decine di visitatori ‘come noi, abusivi- hanno lasciato sui muri.
Mi sembra superfluo, a questo punto, dirvi che abbiamo lasciato il camper in uno slargo e che ci siamo avventurati nell’esplorazione di questa sorta di castello fatato.
Pur con qualche danno dovuto all’incuria di decenni, la costruzione si presentava bene: alcuni vani ed una grande stalla a pianterreno, mentre una solida scala di pietra permetteva di accedere alla casa del contadino che, a parte il pavimento crollato in una sola stanza, era in discrete condizioni.
Per una forma di’ -chiamiamola così- mistica, in queste ricognizioni ci muoviamo sempre in modo piuttosto silenzioso (mi ha sempre affascinato notare che le persone di grossa taglia ‘come Angelo- si muovono, solitamente, facendo pochissimo rumore; molto meno, comunque, delle persone di taglia piccola: fateci caso! Io non faccio testo, perché sono ‘ormai- abituata a muovermi come mio marito) ed, entrando in un vano occupato da un enorme camino, abbiamo sentito come dei gemiti. La mano stesa di Angelo mi ha invitato a non fare rumore, mentre ci affacciavamo cautamente nella stanza: in un angolo un giovane sui venti anni (di gradevole aspetto, se devo dire) era impegnatissimo a fare un pompino ad un tizio sulla quarantina, dotato ‘a quanto potevamo notare- di un solido attrezzo e guarnito da un imponente borsa dei testicoli.
Uno sguardo col mio compagno &egrave stato più che sufficiente per capirci al volo: lui si &egrave sbottonato i jeans ed io, levandomi in un lampo l’abitino sotto al quale non indossavo nulla come piace a lui, gli ho immediatamente imboccato l’uccello ‘subito durissimo!-, sincronizzando i movimenti con quelli degli altri due i quali, dopo pochi istanti, si sono resi conto di non godere più dell’esclusiva del posto. Ovviamente il loro primo impulso &egrave stato di ricomporsi ed assumere un’aria indifferente (‘Ah, noi eravamo qui per caso, stavamo contemplando questo stupendo esempio di edilizia rurale”), ma hanno capito che non avevamo nulla in contrario alle loro performances omosessuali, perciò si sono accostati un poco a noi ed hanno ripreso dal punto ove li avevamo interrotti.
Gli occhi di ciascuna coppia erano fissi sugli attributi dell’altra (per facilitare questa reciproca contemplazione mi ero alzata l’abitino fino ai fianchi) ed Angelo, mentre mi divaricava le natiche e mi accarezzava la fichina con la sinistra, tendeva la destra aperta verso l’attrezzo del più anziano che, dopo qualche minuto, si mosse in modo da far ritrovare la sua nerchia, con annesso giovane spompinatore, a tiro della mano del mio compagno.
Come Angelo poté, cominciò ad accarezzare la guancia del ragazzo ed i testicoli dell’uomo, mentre il primo ‘sempre impegnato a leccare il più anziano- giocava con le palle di Angelo e mi introduceva, ogni tanto, un dito in bocca che io succhiavo, insieme all’attributo del mio uomo, come fosse un altro cazzo.
L’uomo, dopo pochi minuti, ruotò leggermente sulle anche ed offrì la verga ad Angelo, che cominciò subito a leccarla e succhiarla con passione. Mentre subiva questo trattamento, l’uomo cominciò a far scorrere le dita sulla mia pelle, che rabbrividiva di piacere, partendo dalle reni ed avvicinandosi lentamente alle natiche; sentii poi le sue dita che divaricavano i due globi e mi sfioravano prima il buchetto e poi la parte alta della micina, sfiorando i peluzzi e provocandomi altri brividi di piacere. Per facilitare le sue manovre, divaricai leggermente le gambe e spinsi indietro il culetto: ciò permise alla sua mano di scendere lungo le labbra ed arrivare ‘infine- al bottoncino del piacere annidato alla loro sommità.
Mentre Angelo succhiava il cazzo del tizio, aiutato dal ragazzo che -invece- stava lappando con passione i coglioni imponenti, io sentivo la micina che, inumidita dall’inizio, cominciava ora a schiudersi ed il succo del mio piacere colarmi dolcemente lungo le cosce.
Feci in modo che l’uomo si sdraiasse sul consunto pavimento di cotto, in modo da poterci dedicare al suo cazzo tutti insieme: io ed Angelo succhiandogli e leccandogli ‘a turno- la verga ed il giovane continuando a ricamare sul suo scroto arabeschi con la lingua guizzante.
Una pressione sul fianco mi fece portare la mia fichetta, ormai incandescente, alla portata della bocca dell’uomo, che cominciò subito a leccarmi le labbra ed il clitoride e penetrandola, infine, con la grossa lingua rasposa, mandandomi velocemente oltre la soglia del primo orgasmo.
L’assistere, così in primo piano, al mio piacere lo eccitò notevolmente ed il suo membro raggiunse una dimensione ed una durezza ancora maggiore. Mentre me lo facevo arrivare fino in gola, notai che mio marito si era rialzato, si era levato i jeans ed ora era pronto ad ospitare quella meravigliosa colonna di carne compatta nel suo capiente buchetto.
Pose i piedi ai lati delle anche dell’uomo e poi, flettendo le ginocchia, si appoggiò la cappella -che avevo abbondantemente insalivata’ sulle pieghe dello sfintere. Poi, un leggero sforzo ‘ed una leggera contrazione delle palpebre per superare il primissimo momento- e si fece scivolare tutto il notevole attrezzo nelle sue profondità: arrivato a pressare con le natiche i testicoli dell’uomo, emise un lieve sospiro di soddisfazione, mentre io imboccavo il suo cazzo ed il ragazzo, a quanto mi sembrava di capire, continuava a dedicarsi ‘anima, corpo e lingua- ai possenti coglioni dell’uomo.
I movimenti del bacino di Angelo, insieme al ritmico contrarsi del suo sfintere, stava mandando in estasi il tizio, ma avevo deciso che volevo godere anch’io di tutto quel ben di dio; perciò feci capire ad Angelo le mie intenzioni ‘mi bastò uno sguardo- e lui, con una piccola smorfia di rimpianto, si sfilò da quella colonna di carne per permettermi di ospitarla.
Così misi i piedi ai lati dell’uomo e lentamente, per apprezzarne ogni singolo millimetro, cominciai a flettere le ginocchia per sentire la sua grossa cappella farsi strada tra le mie pieghe più intime, sentire le mie mucose divaricate dalla penetrazione e oscenamente accarezzate dal fusto corrugato da grosse vene, del suo membro.
Mi sfuggì un sospiro, quando la corsa di quel siluro di carne si fermò per il contatto delle nostre pelvi; mi sentivo deliziosamente colmata e lentamente, ricominciai a risalire, per procurarmi un’altra deliziosa corsa di quello stupendo pistone dentro di me’
L’uomo afferrò i miei capezzoli tra indici e pollici e mi tirò, fino a farmi scendere con la bocca contro la sua e poi mi infilò una ruvida lingua carnosa in bocca, a duellare con la mia, mentre muoveva i fianchi per colmarmi al meglio.
Sentivo l’orgasmo arrivare, da lontano, come un treno che entra in una galleria e la percorre con furia, ansioso di investirmi subito fuori dal tunnel, spingendo un vento artificiale verso di me che mi scompiglia i capelli ed i sensi.
Avvertii appena le mani che mi divaricano i semiglobi delle chiappine, che mostravano oscenamente la mia rosellina grinzosa ed elastica e fui quasi stupita a sentirla spinta, allargata e poi violata da un cazzo sconosciuto, quello del ragazzo che, in breve, mi colmò anche da quella parte.
Il treno del piacere mi esplose addosso, travolgendomi, facendomi volare, disintegrandomi in milioni di piccoli pezzi e poi riassemblandomi in un solo, favoloso istante.
Il membro lungo e sottile del giovane si fece rapidamente posto nel mio culetto e grande fu l’eccitazione di sentire i due falli come duellare dentro di me, separati solo da una sottile membrana, che scivolavano dentro di me e schivavano di lato, colmandomi tutta, davanti e di dietro, ognuno con un proprio ritmo, una propria danza.
Ormai, il piacere continuava a colpirmi, frangendosi su di me come le onde di una mareggiata, ma ad un certo punto sentii un gemito ed un lamento del giovane, che si bloccò; una breve occhiata alle mie spalle, mi fece capire che mio marito stava sodomizzando il ragazzo; in effetti, dopo pochi istanti, sentii le sue potenti spinte sommarsi a quelle del giovane, che sentivo ormai eccitatissimo e prossimo a far esplodere il suo piacere nel mio ano.
Al sentirlo così prossimo all’eiaculazione, il mio piacere lievitò e anche l’uomo avvertì il montare della nostra eccitazione, per cui non resistette e scaricò possenti getti contro il collo del mio utero; come una reazione a catena, anche il giovane esplose nel mio retto e pure Angelo lo allagò da dietro, col suo tipico roco ruggito di piacere.
Al sentire il piacere sgorgare dai miei tre amanti, dalla mia gola scaturì un lungo gemito, che partiva dal profondo della mia anima e che si trasformò in una sorta di ruggito, mentre un gigantesco orgasmo mi travolgeva, come se fosse crollata una diga ed il muro della piena mi fosse arrivato addosso, spazzandomi via e sballottandomi senza pietà.
Mentre mi trovavo, tremante e inzuppata di sudore, in mezzo al mucchio di corpi esausti, un gemito trattenuto mi ha fatto scoprire un ragazzo, davvero giovane, che ci aveva spiato e che, anche lui, vedeva il suo piacere scaturirgli sulla mano.
Gli strizzai l’occhio, complice, ma lui se ne accorse, arrossì violentemente e scappò via’.
Ci rialzammo dal lurido pavimento di cotto e ci ricomponemmo: i due ringraziarono frettolosamente e quasi scapparono via, mentre Angelo, sondandomi con le dita i buchini dilatati e scivolosi del seme altrui, mi baciò con tenera passione in bocca.

Stavamo tornando al nostro veicolo quando’ ‘Angelo!!! Luana!!!’ ci sentimmo chiamare; un ex collega di Angelo che, a quanto ci disse, si era trasferito in zona.
Avvicinatosi a noi per scambiare due chiacchiere, la sua innocente e festosa cordialità si era mutata in un interesse’ meno innocente, ecco; probabilmente aveva riconosciuto, nel leggero afrore dei nostri corpi ancora lievemente sudati, quell’odore acidulo e vagamente mieloso dello sperma maschile, che mi colava lungo la faccia interna delle cosce.
Per fortuna, a mio marito non sfugge praticamente nulla ed una rapidissima occhiata tra di noi, ci fece capire che eravamo sempre sulla stessa lunghezza d’onda.
Perciò, mentre io facevo lavorare i miei muscoli inguinali per far fuoriuscire ancora un pochino più di seme dai miei orifizi, invitò l’amico sul camper, per un caffé e, aperta la porta laterale, salì i due alti scalini.
Sorridendo, invitai il tipo a seguirlo ma lui, con falsa galanteria, mi fece cenno che mi voleva lasciare il passo.
Sì, il tipo era sveglio! Sorridendo, ma con una punta di malizia, stavolta, salii i gradini e, ‘casualmente’, inciampai sull’ultimo, finendo in ginocchio sul pavimento della casa mobile e mostrandogli un bello scorcio del mio culetto e della mia fichina nudi e luccicanti di secrezioni stillanti, ancora fresche.
Galantemente, mi chiese se mi ero fatta male e mi aiutò rialzarmi’ meno galantemente, mi mise una mano sul culetto, palpandolo, e facendo scorrere un dito sulle crepe rilassate del buchetto posteriore.

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