Capitolo 1: Nuovi arrivi
Cole era in piedi a fissare un punto indefinito fuori dalla finestra della sua stanza, quando avvertì due tonfi decisi contro la porta. ‘Si?’, chiese automaticamente, senza neppure voltarsi.
Il battente si aprì, e Ishtar vi fece capolino, tenendo un lungo tessuto nero piegato sul braccio.
‘Cole, sent”.
Le parole le morirono in gola quando si ritrovò davanti il ragazzo, completamente nudo. Si perse ad osservare il torace ampio, le spalle larghe, le linee definite del suo addome, le gambe muscolose e un pene che, seppur a riposo, prometteva dimensioni ragguardevoli in fase di erezione. Lo fissò per qualche secondo, facendo scorrere gli occhi lungo tutto il suo corpo, ma soffermandosi in particolar modo su quell’invitante scettro di carne.
Un momento più tardi scosse il capo, come a voler scacciare pensieri poco consoni ad una sacerdotessa del suo rango. ‘Scusami, io”, balbettò.
‘No, scusami tu’, replicò Cole, con voce spezzata, ‘Le regole sono cambiate ora, ma a volte lo dimentico’.
Solo allora Ishtar risalì con lo sguardo fino ai suoi occhi, trovandoli gonfi, arrossati e ancora velati di lacrime. E solo allora si rese conto della lettera che il ragazzo stringeva in una mano.
‘E’ partita, vero?’, chiese lei.
‘Si’ Non ho avuto neanche modo di dirle che’ Che io”, si fermò di colpo, chiudendo gli occhi.
‘Lo sa’, concluse Ishtar, ‘Lo sa benissimo, credimi’.
‘Cosa volevi dirmi?’, riprese il ragazzo, cercando di mostrare un contegno che non provava.
‘Si, giusto. Oggi arriva la nuova strega, tu sarai il suo maestro. Ti ho portato la tunica’.
Una delle innovazioni apportate alla scuola dalle nuove generazioni era stata quella di eliminare la nudità come criterio necessario per accedervi. Fino all’arrivo di Cole e Anita, infatti, tutti, dagli anziani ai novizi, vivevano nella struttura restando costantemente e completamente nudi, per armonizzarsi a pieno con la natura, con quelle forze elementali che conferivano i poteri a streghe e stregoni. Era una regola esistita per secoli, che venne soppressa solo di recente, in quanto ritenuta vetusta e meramente simbolica. Da allora, l’unico vincolo circa l’abbigliamento restò quello di indossare una tunica cerimoniale, e null’altro, durante i riti ufficiali. Accogliere un novizio era una di queste occasioni. E, in tale caso, era prevista una tunica di colore nero per i maestri e una di colore bianco per i novizi.
Cole infilò il suo vestito da cerimonia, considerando quasi una benedizione il dover seguire quei rituali che, per quanto insensati, lo avrebbero distolto per un po’ dai suoi pensieri, da quella morsa che gli attanagliava lo stomaco al pensiero di Anita.
Come un automa, seguito da Ishtar, percorse il lungo corridoio, adornato con enormi statue, arazzi e quadri, fino a giungere all’ampio portone. Fece scivolare di lato il grosso asse di legno che lo chiudeva, e spalancò le due pesanti porte.
Di fronte a lui, una giovane ragazza, apparentemente sui venticinque anni, si guardava intorno, a bocca spalancata. Trasalì quando si ritrovò davanti i due sacerdoti, ma non emise alcun suono.
Cole restò di sasso a guardarla. Quei capelli neri, lunghi e selvaggi. Quegli occhi scuri e profondi, vivaci, brillanti, curiosi. Quelle labbra, rosso fuoco, dall’aspetto quasi imbronciato. E un corpo, che si intuiva esplosivo sotto il sottile tessuto della tunica. Due seni sodi e abbondanti premevano contro la stoffa. I capezzoli si intuivano grossi, invitanti. Due cosce, atletiche e ben tornite, sostenevano un vero e proprio monumento alla femminilità. Tutto in quella sconosciuta gli parlava di Anita.
La sua mente non poté non tornare, ancora una volta, a lei. Un turbine di pensieri catturò la sua mente. Loro due, nudi nella sua cucina, dopo essere sfuggiti ad un imponente attacco demoniaco. E poi la vendetta. Impetuosa, inarrestabile, devastante. Infine la passione tra i due, covata sin dal primo sguardo ed esplosa in maniera incontenibile, come un gigantesco incendio nato da un’innocente scintilla. Tanto intenso era il suo ricordo, che quasi gli sembrò di sentire le sue labbra sulle sue, il suo seno caldo e gonfio premuto contro il suo torace, i loro sessi incandescenti penetrare l’uno nell’altro in maniera brutale, animalesca, fino ad esplodere e mischiare i fluidi del loro piacere. Un’inevitabile eccitazione colse Cole, rapito da quei pensieri. Si riscosse a fatica. Tornò coi piedi per terra avvertendo il suo pene gonfiarsi sotto la tunica, e benedicendo il fatto che il nero celasse più di quanto non riuscisse a fare la divisa dei novizi.
Avvertì quattro occhi fissi su di lui. I due della ragazza, spaesata, bisognosa di una guida. E i due di Ishtar, che gli rivolse un sorriso come a dire ‘Si, è vero’ Si somigliano molto’. Ricambiò lo sguardo affettuoso, quasi materno, della sacerdotessa, appena prima di tornare a concentrare le attenzioni sulla nuova arrivata.
‘Ciao’, la salutò informalmente, sorridendole. ‘Qual è il tuo nome?’, le chiese in tono gentile, per metterla a suo agio.
‘Io’ Sono’ Arya”, replicò lei, abbagliata da quanto aveva intorno.
Cole volse lo sguardo verso la donna al suo fianco. ‘Lei è Ishtar, uno dei sacerdoti anziani. Io sono Cole, sarò il tuo maestro. Benvenuta Arya’, concluse, porgendole la mano. La stretta della novizia era calda e decisa, un ottimo biglietto da visita.
‘Seguimi, ti mostro la scuola’, riprese Cole, dando le spalle ad Arya e iniziando a percorrere a ritroso il maestoso corridoio davanti a sé. Ishtar richiuse la porta e li raggiunse nel giro di pochi secondi.
Arya ascoltò ammirata ogni aneddoto, perdendosi nell’aura mistica che quella scuola emanava. Osservò i dipinti, le sculture, restò estasiata dalla gigantesca biblioteca, piena di volumi di ogni epoca e provenienza. I suoi occhi lasciavano trapelare gioia, eppure si sforzava di mantenere lo stesso atteggiamento controllato di Cole ed Ishtar, quasi come a voler rispettare la solennità che permeava quel luogo.
Il modo in cui il maestro la congedò al termine del lungo cammino esplorativo, le fece quasi tremare le gambe per l’emozione. ‘In questa scuola si sono formate decine, centinaia di generazioni magiche. Ognuna di esse ha sempre combattuto a testa alta le forze del male, attingendo ai propri poteri e a quelli della collettività. Il tuo cammino, come quello di tutti gli altri, sarà pieno di ostacoli, di dubbi, di paure, ma ti porterà a scoprire e gestire la forza che alberga in te. Il mio ruolo sarà quello di sostenerti in questo percorso. Sarò il tuo maestro e la tua guida, quindi non aver timore di appoggiarti a me fin quando non sarai in grado di camminare da sola’. Gli occhi di Arya quasi si riempirono di lacrime sentendo simili parole pronunciate in modo tanto sicuro e gentile. Ne aveva vissute poche di gentilezze negli anni precedenti al suo arrivo alla scuola. Il fato non era stato particolarmente generono con lei. Ma ora, sentiva che la sua vita sarebbe cambiata radicalmente.
Il maestro e la sacerdotessa le mostrarono la sua stanza. Lei vi entrò, chiuse gli occhi e inspirò a fondo. Sentì un calore intenso irradiarsi lungo tutto il suo corpo. Un calore che conosceva bene ormai. Quando si voltò per ringraziare e salutare Cole e Ishtar, notò il loro sguardo sorpreso, totalmente privo della formalità dimostrata fino ad allora. Le fissavano gli occhi, i capelli, sembravano vederla allora per la prima volta.
‘Che succede?’, chiese, fingendo di ignorare i motivi di quella reazione.
I due anziani si guardarono per un momento. ‘No’ Niente”, balbettò Cole, pensando a qualcosa di convincente da dire, ‘Siamo solo’ Commossi dall’emozione che lasci trapelare’. Le sorrise nel finire la frase. Arya sorrise a sua volta. ‘Grazie’ A tutti e due’, concluse, prima di chiudere la porta della stanza e gettarsi sul letto, con un ampio sorriso stampato in volto, emozionata per quella nuova avventura e divertita dalla faccia sbigottita degli anziani alla manifestazione cui avevano assistito.
Cole ed Ishtar restarono per alcuni secondi fuori dalla sua porta. Si guardarono, increduli.
‘L’hai notato anche tu?’, chiese il ragazzo, fissando negli occhi la sacerdotessa.
‘Si’ Certo”, replicò lei, mentre mille pensieri le affollavano la mente.
Capitolo 2: Echi lontani
Ho sempre avuto a che fare con rituali, magia, occultismo. E’ un mondo che suscita particolarmente il mio interesse. Ma la mia vera vita è iniziata il giorno in cui sono stata scelta per portare, lungo il mio cammino, qualcuno dentro di me. Tutti conoscono i meccanismi del karma, le sue leggi e le sue punizioni. Dopo la morte, ogni spirito ha la possibilità di incarnarsi e compiere un nuovo ciclo vitale in un nuovo corpo. Tutti noi seguiamo questo ciclo innumerevoli volte nel corso delle ere, non ricordando, però, nulla di tutto ciò che è accaduto. Può capitare, tuttavia, come nel mio caso, che il mio corpo sia condiviso con un Ente. Uno spirito, una persona incarnata da un’antica era che si muove ora, con me, in questa terra. Io ho questo dono. Sono veicolo di spiriti, veicolo di Entità provenienti da altri tempi.
L’Ente che si è incarnato in me è una donna di nome Manaar. Una donna vissuta in medio Oriente attorno all’undicesimo secolo avanti Cristo. A quei tempi, diverse erano le sette esoteriche esistenti. Si tratta di un’epoca nella quale le donne non venivano particolarmente considerate all’interno della società. Erano per lo più concubine, serve, madri. Solo poche di loro si elevavano ai sacerdozi, ma non nei credo più diffusi fra il popolo, bensì in sette segrete. Alcune donne, nate e cresciute in tali congreghe, diventavano sacerdotesse, seppur sempre di rango inferiore rispetto agli uomini. Praticavano rituali, divinazione, magie di vario genere. Questo era il ruolo anche di Manaar, una donna prorompente nel carattere e nell’estetica. Lei era priva di ogni legame, sin dalla nascita. E ancor di più nella sua vita da adulta. Una donna cinica e spietata, capace e decisa. Alta circa un metro e sessanta centimetri, dalle forme talmente sinuose da ipnotizzare chiunque. La pelle scura, ambrata. Folti capelli neri che, ondulati e a tratti ricci, le ricadevano fino ai glutei. Labbra carnose e scure ed occhi grandi, color cioccolato. Uno sguardo vacuo e distante. I fianchi larghi e morbidi, le cosce tornite e la muscolatura allenata le permettevano una gran resistenza fisica ed un’eccellente forza. Portava dei ninnoli al collo, strani amuleti e orecchini all’ombelico, ai capezzoli, al naso. Di rado la si vedeva in città, e in pochi conoscevano la sua vera identità. Manaar era capace di rapirti con la sua voce calda e suadente, sussurri mormorati sotto lenzuola di seta che promettevano il paradiso o l’inferno. Ma il vero inferno fu quello che toccò a lei stessa, quando fece l’errore di aprire il suo cuore a chi non lo meritava. L’unica volta che si lasciò andare le fu fatale. Manaar ebbe un solo grande amore nella sua vita. Uno strano uomo dalla pelle insolitamente chiara e dai folti capelli ricci e corti. Barba nera. Di poco più alto di lei. Trascorsero una notte insieme e lei si innamorò perdutamente di lui. Fu l’inizio della fine. Quell’uomo la prese in giro, illudendola e circuendola fingendo un amore che lei mai aveva ricevuto prima. Cosi intenso da allontanarla dal suo stesso cammino sacro. Quell’uomo, come Manaar, era un sacerdote, ma di un credo oscuro, violento e malefico. Quando la sua natura venne svelata, Manaar era ormai troppo coinvolta per opporglisi. Accadde che, qualche mese più tardi, in una notte di luna piena, un attacco svegliò la coppia nel sonno. Nella colluttazione che ne seguì, Manaar perse i sensi. Al suo risveglio si trovò legata su un altare, con l’uomo che fino a poco tempo prima diceva di amarla che ora la fissava sogghignando, con un pugnale stretto in mano. A quel punto, l’inganno fu evidente anche a lei. Il finto attacco, orchestrato ad arte per catturarla. Orchestrato proprio dall’uomo che amava. Manaar divenne sacrificio per quel Dio oscuro. La sua anima fu condannata a vagare in eterno fra il mondo dei vivi e quello dei morti, senza mai avere l’occasione di reincarnarsi. Fu maledetta nel suo ciclo vitale. Tradita da quello che credeva essere il suo vero amore.
Crescendo ho preso molto da lei. Siamo simili nell’estetica. Come le sue, anche le mie forme sono abbondanti, la mia pelle olivastra, i miei tratti mediterranei, i miei occhi scuri. Come lei sono capace di distruggere, ma come lei sono capace anche di ben altro. Lei vede e sente attraverso me e i miei occhi, parla e pensa. Quando mi raccolgo in me stessa scendo nel mio profondo, lasciando poi risalire lei, che prende pieno possesso di me. Due in un unico corpo.
Quando ho scoperto l’esistenza di questa scuola, ho fatto di tutto per raggiungerla, non potevo non farlo. Era un’occasione troppo ghiotta per accrescere i miei poteri. Gli avvenimenti del giorno appena trascorso resteranno a lungo impressi nella mia mente. La mia attesa prima di entrare, al cospetto di un portone gigantesco e con addosso solo quella tunica bianca. A piedi scalzi, proprio come piace a me. Il portone che si spalanca, presentandomi davanti due imponenti figure. Una donna alta ed elegante. E poi l’altro. Già, l’altro. Mi sentivo come paralizzata al solo guardarlo. Al suo saluto non seppi fare nulla di meglio che sfoderare il più ebete dei miei sorrisi. E poi il tour della scuola. Che struttura meravigliosa, colma di potenziale magico. Ero e sono felice di trovarmi qui, felice ed entusiasta di questo mio nuovo percorso. Cosi tanto che tendevo spesso a perdere il pieno controllo della mia energia durante la visita guidata. La sentivo divampare. Sentivo la pelle bruciare, i formicolii invadere il mio corpo, e il mio cuore battere tanto forte che sembrava volesse esplodermi nel petto. Manaar, dentro di me, discuteva e commentava, parlandomi di ogni particolare di suo interesse. Tra cui Cole, a quanto pare. ‘Ma smettila!’, le intimavo spesso, avvertendo suoi commenti poco eleganti.
Quando richiusi la porta della stanza, scoppiamo a ridere prima di riprendere a parlare in maniera più seria. So già che prima o poi qualcuno mi vedrà parlare da sola, e magari mi prenderanno per pazza per questo. Ma, per il momento, cerco di limitarmi a farlo nell’intimità della mia stanza.
‘Hai avvertito anche tu quella’ Sensazione?’, chiesi a Manaar.
‘Si, c’è qualcosa di’ Strano qui. Qualcosa che ancora non riesco a comprendere’, mi rispose.
‘Dici che c’entra Cole?’, incalzai.
‘Non lo so’ Troppa magia, troppi stimoli’ Non ho ancora un quadro chiaro’, concluse.
Cercai di capirci di più usando i miei tarocchi. Li tirai fuori dal baule, disponendoli sul tavolo e facendo un paio di domande. Erano confusi, anche loro. ‘Se voglio andare a fondo alla questione’, pensai, ‘dovrò farlo personalmente’.
Per questo, uscii dalla mia stanza, percorrendo il corridoio. Pochi passi, e ritrovai Cole appena più avanti. Salutava qualcuno, un uomo distinto dai capelli bianchi. ‘Cole! Cole! Ciao!’, dissi, per richiamare la sua attenzione, mentre mi avvicinavo ad ampie falcate. ‘Arya, ciao’, mi rispose, sorridente come sempre. ‘Cole. Lo so che forse è tardi, ma…’. Strofinai le labbra fra di loro, prima di continuare. ‘Mi faresti fare un altro giro dell’edificio? Sai, prima ero troppo emozionata per goderlo a pieno’. Mi sentivo una bambina in quel momento. Ridacchiai, e tentai di afferrarlo da un polso, trascinandolo per le scale.
Quando mi girai a guardarlo, però, un flash mi devastò il cervello. Vidi nella mia mente la figura di un uomo. Un uomo dalla barba piena e dai capelli lunghi che mi carezzava il fianco. Vidi distintamente la sua mano scivolarmi sul ventre, picchiettare l’orecchino contro il mio ombelico e poi scendere verso i veli che portavo legati in vita. Li strappò con vigore, insinuandosi con una mano fra le mie cosce. Indossava una divisa bianca, adornata da una fascia rossa e da alcuni pugnali lungo i fianchi. Mentre rivivevo mentalmente quella scena, nel mio basso ventre si scatenò una vera e propria tempesta. La mia energia esplose, divampando all’esterno di me. Un vento caldo si sollevò, spirando fra me e Cole. Odore di ambra e un suono simile a sonagli. Spalancai gli occhi staccandomi da Cole e, barcollando, finii per terra. Anche Cole sembrava stordito. Si reggeva al corrimano, piegandosi sulle ginocchia e respirando a fatica, sentendo ancora il vento caldo soffiargli contro. ‘Cosa diavolo sta succedendo?’, chiese, stravolto, mentre io rimasi ansimante sui gradini. Un rivolo scivolò fra le mie labbra, che a quella visione, senza nemmeno accorgermene, si inumidirono rapidamente. Manaar dentro di me era sconvolta. Era lei la protagonista di quella visione, ma non disse nulla. ‘Non lo so’ Io’ Davvero’ Cole’ Scusami’ Non so proprio cosa sia accaduto’. Farfugliai frasi sconnesse, mentre il vento cessò di colpo come si era creato. La mia energia tornò a diminuire, vagando intorno a me come una nube di profumo, ancora quell’ambra. Alzandomi, mi allontanai da Cole, con il cuore in tumulto. Mi voltai e scappai via, continuando a balbettare. Raggiunta la mia camera, spinsi via la porta e l’attraversai senza nemmeno voltarmi.
Completamente travolta degli eventi, sollevai la veste e presi a sfiorarmi. Emisi un gemito sentendomi cosi bagnata ed eccitata. Non capivo cosa mi stesse succedendo. So solo che quelle immagini mi tornavano in mente di continuo. Non riuscivo ad evitarlo. Stesa sul letto, iniziai una lenta e accurata masturbazione. Dilatai le grandi labbra, picchiettando con il medio il clitoride gonfio e duro. Lo strofinai, sentendo l’eccitazione crescere in me. Con l’altra mano continuai a pizzicarmi il capezzolo rigirandolo e tirandolo più volte. Chiusi gli occhi vedendo la mano di quell’uomo fra le mie gambe, le gambe di Manaar, e mi spinsi oltre. Insinuai due dita dentro di me, le spinsi piano tirandole e poi, via, lentamente, inarcandomi sulla schiena. Mi bagnavo sempre di più mentre aumentavo rapidamente il ritmo. Portai le dita in bocca succhiandole e raccogliendo il sapore forte dei miei umori, prima di rituffarmi ancora fra le mie cosce. Mi penetrai con veemenza e senza alcun ritegno, spingendo sempre più a fondo, uscendo ogni tanto solo per strofinare il clitoride e tornando di nuovo dentro. Mi scopai per qualche minuto, spingendo la mia mano dentro di me, godendo e gemendo senza sosta. L’orgasmo era ormai vicino. Cosi presa, non mi accorsi della maledetta porta. Non si era chiusa, un piccolo spiraglio era aperto, lasciandomi a tratti esposta. Un soffio venne fuori dalla mia gola, simile a quello d’un gatto, mentre l’aria nella mia camera venne invasa dal mio odore e dalla temperatura, che per l’energia che stavo emanando, si alzò all’inverosimile. Le unghia lasciarono segni sul mio seno, palpandolo e stringendolo con forza, mentre le dita affondarono nella carne bollente del mio sesso. Non resistetti più. Spalancai le gambe e aumentai la velocità di quella masturbazione fino a scoppiare in un orgasmo furioso e prepotente. Mi inarcai sulla schiena, continuando a muovermi, contorcendomi dal piacere, mentre piccole gocce di sudore imperlavano la mia fronte e le mie gambe, insieme ai miei umori, che scivolarono sulla pelle lasciando una piccola chiazza bagnata contro il lenzuolo.
Quando tutto finì, rimasi immobile sul letto, rilassandomi e godendomi il momento. Rossa in viso e con gli occhi lucidi. Le mie dita continuarono a massaggiarmi le labbra ed il clitoride, lentamente e finalmente la mia testa tornò a pensare con lucidità. ‘Eri tu, vero?’. Una domanda di cui conoscevo già la risposta. Manaar mi sussurrò un ‘Si’ fin troppo carico di significati.
Capitolo 3: Prime risposte
Arya si addormentò sfinita quella notte. Sorpresa da un evento del tutto inaspettato che le aveva completamente fatto perdere il controllo di sé stessa. E che aveva del tutto stordito anche Manaar. Era la prima volta che qualcuno, o qualcosa, riusciva a soggiogare entrambe. La ragazza si rigirò per ore intere tra le lenzuola, ponendosi domande insolubili finché il sonno non si impadronì giocoforza di lei.
La mattina successiva, rinvigorita nel corpo ma non nello spirito, si ripropose di cercare una spiegazione a quanto accaduto. Fece un rapido giro delle stanze principali della scuola. Ancora non la conosceva troppo bene, tanto che rischiò addirittura di perdersi tra i labirintici corridoi di quell’immenso edificio. Toccò le statue, i dipinti, gli arazzi nella speranza di avere altre e più chiare visioni. Si ritirò a meditare in diverse stanze. Addirittura, sfogliò ogni singolo libro narrante le vicissitudini dell’istituto, dalla sua nascita fino ad arrivare a un paio di decenni prima. Tutti i suoi tentativi, però, non portarono a nulla. Avvertiva qualcosa, una presenza potente della quale non capiva neppure la natura. Né riusciva a vincere la forza dello scudo magico che proteggeva la scuola, per scavare ancora più a fondo e portare la sua ricerca al livello successivo.
Non poteva farcela da sola, lei e Manaar non erano abbastanza potenti per riuscirci. Aveva bisogno di un aiuto. Fu con questa consapevolezza che decise di lasciar perdere le sue ricerche solitarie e di rivolgersi a Cole. Lo trovò seduto in biblioteca, assorto nei suoi pensieri, mentre con l’indice della mano sinistra seguiva il bassorilievo di una copertina di un grosso libro impolverato chiuso sul tavolo. ‘Ciao Cole’, esordì a bassa voce. Lui non parve accorgersi subito della presenza dell’allieva, tanto che ebbe un sussulto quando lei le arrivò vicino. ‘Maestro, ti disturbo?’, riprese Arya, ponendosi in piedi accanto a lui, a mani giunte. ‘Arya, ciao’, replicò lui, ‘Sta’ tranquilla, ero distratto. Accomodati pure’. ‘C’è qualche problema?’, continuò la ragazza. ‘No, nessuno, non preoccuparti. Stavo solo pensando ad una persona con la quale lessi questo libro appena arrivato qui’ Cosa posso fare per te?’. La ragazza represse a fatica la sua proverbiale curiosità. Avrebbe voluto saperne di più circa cosa mettesse Cole così di malumore, ma non era certo quello il momento più adatto. E probabilmente sarebbe stato anche inopportuno chiederglielo. Spostò, pertanto, il discorso sul vero motivo per il quale era andata a cercarlo. ‘Volevo parlarti di ieri sera’. ‘Immaginavo ne sapessi più di quanto volessi farmi credere’, rispose Cole, invitandola tacitamente a continuare.
‘Cole, forse l’avrai già capito’, esordì Arya, ‘Io condivido il mio corpo con un’Entità proveniente da secoli lontani, la sacerdotessa Manaar. La sua storia è narrata in più di qualche libro’. ‘Si, ho letto qualcosa a riguardo, infatti. Vicenda davvero triste’, replicò Cole, sommessamente. ‘Quando ti ho afferrato il polso, ho rivissuto un episodio della sua vita che ha sconvolto sia me che lei. Per caso anche tu ospiti un Ente? Non saprei come spiegarmelo, altrimenti’. Cole scosse il capo. ‘No, Arya. Conosco il tuo dono solo per averlo studiato. E’ molto raro, e io non ne sono sicuramente tra i beneficiari’. ‘E allora com’è possibile”, incalzò la ragazza. ‘Non lo so, non lo so proprio’, rispose, serafico, Cole. ‘Non mi era mai capitato di perdere il controllo così prima d’ora. Fin da bambina ero sempre riuscita a gestire al meglio i miei poteri. Ma ieri’ Maestro, quanto accaduto mi ha spaventata a morte’, concluse la ragazza, fissando l’uomo con sguardo smarrito. ‘Non preoccuparti, ti aiuterò a trovare le risposte che cerchi’, disse Cole mentre, d’istinto, posava una mano su quella di Arya, per confortarla. Al contatto, i due sgranarono gli occhi, temendo di rivivere, a causa di quel gesto incauto, eventi simili alla sera precedente.
Invece, non accadde nulla.
Stavano ancora tenendosi per mano e il cuore di Arya battendo a mille, quando la porta della biblioteca si spalancò davanti ad un ragazzo alto e mediterraneo, dotato di un corpo atletico e di una sottile barbetta che gli disegnava i contorni del volto, conferendogli all’apparenza qualche anno in più della sua età anagrafica, sebbene fosse quasi coetaneo di Arya. Appariva agitato.
‘Maestro, eccoti qui, ti stavo cercando!’, disse all’indirizzo di Cole. ‘Calal, accomodati. Che succede?’. Gli occhi del nuovo arrivato si persero in quelli della ragazza, già fissi su di lui. ‘Calal, allora?’, insistette Cole. Il ragazzo scosse il capo, distogliendo la sua attenzione dalla bellissima bruna davanti a lui. ‘Si’ Ehm’ Ecco’ Gli altri Maestri ti stanno cercando, per la riunione’. ‘Accidenti, l’avevo dimenticato’, reagì Cole, sfiorandosi la fronte con la mano. ‘Arya, mi dispiace, devo allontanarmi per qualche ora. Facciamo così. Calal è un altro dei miei allievi. E’ arrivato ieri, quando sei venuta a parlarmi ero a colloquio con suo padre. Ma, pur essendo nuovo, è molto capace ed intuitivo. Prova a parlargli del tuo problema, magari arrivate a qualcosa lavorando insieme. Arya? Arya’ Mi stai ascoltando?’. La ragazza pronunciò un flebile ‘Si’, senza staccare gli occhi da Calal. ‘Che vi prende a voi due!’, sentenziò Cole, ridacchiando mentre usciva a passo spedito dalla biblioteca.
Appena il Maestro richiuse la porta alle sue spalle, Arya si avvicinò a Calal, non distogliendo gli occhi dai suoi. Il respiro dei due accelerava esponenzialmente, passo dopo passo. La loro pelle pareva quasi bruciare, tanto era il calore che emanava. I loro occhi si fecero profondi, neri come la pece. E i capelli apparivano quasi come scompigliati da folate di vento. Appena arrivata a pochi centimetri di distanza, Arya si bloccò di colpo. Calal, invece, prese a muoversi. L’afferrò e la tirò a sé. Andò subito a cercare le sue labbra, senza alcuna delicatezza. Iniziarono a baciarsi a fondo. A mordersi, ad attorcigliare le loro lingue in un’unione quasi brutale. Nessuno dei due voleva perdere tempo. Senza smettere di mangiarsi la bocca a vicenda, cominciarono a far vagare le mani sui loro corpi, sfilandosi la bianca tunica cerimoniale e rimanendo, nel giro di pochi secondi, completamente nudi.
Calal mise a sedere Arya sul pesante tavolo della biblioteca. Continuò a baciarla ancora, scorrendo le sue mani sul corpo della ragazza, lungo i fianchi e le cosce, prima di risalire fino ai seni e stringerli con forza. Arya gemette a quel contatto. Calal continuò imperterrito. Abbandonata la bocca della ragazza, continuò a baciarla lungo il collo e lo sterno, con delicata passione. Arrivato ai seni, però, strinse fra i denti un capezzolo già turgido, strappando ad Arya un nuovo gemito. Le sue attenzioni alle voluminose mammelle della ragazza furono lunghe e meticolose. Le strinse tra le labbra e i denti entrambi i capezzoli, ci girò intorno con la punta della lingua, strappò gemiti e sospiri ad Arya, mentre il suo pene ormai quasi completamente eretto premeva contro una gamba della ragazza, e l’eccitazione della stessa andava spandendosi nella stanza sottoforma di un aroma che rese ancor più animalesca l’azione di Calal.
Il ragazzo portò Arya a stendersi completamente sul tavolo, con le gambe penzoloni. Scese con la bocca fino al suo sesso bagnato. Ne prese possesso con la bocca, allargando le grandi labbra con le sue e penetrando la ragazza con la lingua, mentre gli abbondanti succhi gli colavano sia in gola che lungo il mento. Scorrendo appena verso l’altro, incontrò un clitoride già gonfio, che non tardò a succhiare e tirare, mentre Arya esprimeva il suo apprezzamento in maniera sempre più rumorosa.
‘Non ne posso più’ Scopami subito’ Ti prego”, ansimò lei.
Il ragazzo le risalì lungo il corpo, portando il suo pene duro e gonfio all’ingresso di una vagina ridotta ad un lago bollente.
‘Manaar’ Amore mio’ Aspettavo da secoli questo momento”, disse affannato il ragazzo, mentre il suo glande iniziava a scomparire tra le labbra di Arya, spezzandole il fiato in gola. Mentre si apprestava ad affondare completamente in lei, però, i due udirono un tonfo sordo, quello della porta della biblioteca che si apriva, urtando il muro adiacente. Entrambi, immobili, si voltarono in quella direzione, incontrando lo sguardo di un Cole che appariva sorpreso, più che dalla scena, dall’aura emanata dai due ragazzi insieme. Apparivano circondati come da un’enorme fiamma evanescente della quale, nella concitazione, neppure loro si erano resi conto.
‘Che’ Che succede qui!’, esordì Cole, tentando di riprendere il controllo della situazione. E di distogliere lo sguardo dal corpo tonico e fremente di Arya, così piccola al cospetto del ragazzo che stava per possederla. Gli tornarono alla mente le immagini di tre anni prima, quando erano lui ed Anita a dare scandalo non riuscendo a trattenere i loro impeti di passione. Avvertì l’eccitazione montare in lui, il suo pene inturgidirsi al solo pensiero. Ma si sforzò di scacciare quei pensieri, rimanere lucido.
I ragazzi si staccarono di colpo, rivestendosi in fretta e furia. La fiamma diminuì d’intensità fino a scomparire quando si allontanarono di qualche passo. Calal era immobile, sguardo al pavimento. Fu Arya, quindi, a prendere la parola, ancora inappagata e rossa in volto. ‘Credo di aver risolto il primo mistero. Lui ospita l’uomo della visione’. Solo allora, Calal, si decise a parlare. ‘E’ così. Non so cosa mi sia preso, una volta vicino ad Arya’ Lui ha preso il sopravvento’ Non ho più potuto controllarlo’ Mi’ Mi dispiace”.
Cole sospirò, tentando di rincuorarli. ‘Non preoccupatevi. La magia non sempre è gestibile. E la passione ancora meno. Cercate di stare più attenti però, la maggior parte degli Anziani sarebbero molto meno comprensivi di me’. Poi si rivolse alla ragazza. ‘Arya, credo che la tua visione di ieri sia derivata dal fatto che avessi incontrato e stretto la mano a Calal poco prima di incrociare te’. ‘Si, lo penso anch’io, il suo influsso ti avrà contagiato e l’avrai trasmesso a me’, replicò la ragazza, ‘Ma ora che facciamo?’, chiese. ‘Innanzitutto, voi cercate di non stare troppo vicini, non vorrei vi saltaste addosso durante qualche rito sacro’, scherzò Cole, ‘Poi dovremo cercare di capire come mai vi trovate entrambi qui. Non sono uno che crede alle coincidenze’.
grammaticalmente pessimo........
Ciao Ruben, sei un mito! Hai un modo di scrivere che mi fa eccitare! La penso esattamente come te. Se…
Ti ringrazio, sono felice che ti piacciano. Vedremo cosa penserai dei prossimi episodi, quando si chiuderà anche la sottotrama di…
Davvero molto bello. Piacevole come gli altri e decisamente pregno di sentimenti espressi senza risultare melensi o ripetitivi. D'impatto leggiadro,…
Come ti ho detto, in pochi e poche sanno sa scrivere in maniera così eccitante sia dare un senso ad…