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La supremazia del maschio

By 8 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Il campanello suonava furiosamente e Garbo, dopo aver gridato che qualcuno aprisse, dovette lasciare la scrivania e andare alla porta di persona, non dopo essersi data della stupida per aver gridato in una casa vuota. Allo spioncino lo riconobbe Hammett e lo fece entrare. Questi si fiondò nella camera lasciandosi cadere sul letto. Era furioso.

– Quel fottuto bastardo! L’ha fatto di proposito, l’ha fatto. Ma non la passa liscia: gliela faccio pagare a quel coglione! –

– Che ti prende? Cos’è successo? –

– E’ successo che quel fottuto di Faulkner per poco non mi metteva sotto con quella cazzo di spider. Fortuna che l’ho sentito in tempo e mi sono buttato di lato. Se solo mi fossi voltato’ Lo ammazzo quel bastardo. –

Era davvero spaventato e rifiutava di ammetterlo Garbo lo comprese subito e pensò che fosse suo compito farlo rilassare.

Gli si sedette vicino e cominciò ad accarezzargli le gambe fino alla lampo che abbassò molto lentamente, mentre lui continuava ad imprecare e minacciare sanguinose vendette. Gli afferrò il membro e lo leccò finché non fu eretto, allora lo prese in bocca e cominciò a succhiarlo, lentissima fino a che il seme non le esplose in gola. Ne trattenne un po’ sulla lingua e raggiunse le labbra, che l’aspettavano. Mentre si baciavano si liberò dei jeans e stava per togliersi anche i collant, ma Hammett la afferrò per i fianchi e, alzandosi, la mise supina, di traverso al letto; le sfilò i collant e lo slip e la baciò e leccò tra le gambe finché non fu di nuovo pronto, allora la penetrò con violenza, facendo sobbalzare il materasso e accompagnando i lamenti di lei con sordi grugniti. Venuto, rimase in lei finché non fu vuoto, poi, dopo essersi tirato su la lampo, sedette alla scrivania e si accese una delle sigarette di lei.

– Stavi studiando? Uh!, matematica. Ho la soluzione dei compiti, te la lascio, se vuoi. –

Lei era rimasta come lui l’aveva lasciata, ancora un po’ intontita, e non comprese bene di cosa le parlasse. Si mise a sedere, passandosi le mani tra i capelli.

– Cazzo, Hammett, sei incazzato forte: a momenti mi sfondavi; ma, cos’hai tra le gambe? –

– Ti ho fatto male? Scusami, davvero. –

– Va bene, mi è piaciuto. Però, le altre volte ti calmavi quando ti succhiavo. Stai meglio adesso? –

– Sto meglio, sì. Cazzo!, me la sono vista brutta davvero. Guarda qui la manica: tutta sbrindellata. Ho fatto un salto da non credere; sono caduto sul braccio: un male! Devo trovare il modo di fargliela pagare, e salata. –

Si frugò nelle tasche e ne trasse dei fogli spiegazzati.

– Qui ci sono i problemi risolti. Se c’è qualcosa che non ti è chiara, telefona a Dietrich. è lei che li ha risolti. Facevo meglio a telefonarti: se non uscivo, quel bastardo …-

– Se quel bastardo non avesse cercato di investirti, mi sarei persa una galoppata con i fiocchi. Va’ pure, adesso: se non studio un po’, domani farò la figura della fessa. –

Dicendo questo si era alzata ed era andata a sedersi sulle gambe di Hammett che le afferrò i glutei mentre si baciavano. Garbo Si tolse la camicia ed il reggiseno offrendogli i seni, e mentre lui li baciava, gli aprì di nuovo la lampo infilandosi il membro già eretto. Lo montò lenta, costringendolo a morderle il seno. Quando ebbe finito non accennò a lasciarlo.

– Devi andare, adesso: devo studiare. –

– Ammesso che lo volessi, c’è un piccolo ostacolo. –

Risero, mentre lei lo lasciava accoccolandosi sul letto. Lui la baciò ancora, in piedi, le mormorò qualche scusa ancora, poi andò via. Lei attese che la porta si chiudesse per rivestirsi e tornare alla scrivania.

***

Hammett camminava spedito, ma leggero. Garbo era riuscita a cancellare ogni residuo dello spavento che s’era preso, ed anche un po’ della rabbia, ma non tutta: voleva ancora vendicarsi, ma non gli riusciva di trovare il modo giusto. Sapeva dove Faulkner abitasse; non c’era portiere ed era facile farsi aprire il portone: la gente era stupida, e non amava stare a far questioni al citofono.

Però: cosa fare una volta nello stabile?

Oltre tutto: lui non sarebbe tornato prima di sera, lo sapeva. Fracassargli tutto era troppo stupido, e non risolveva niente: doveva averlo di fronte, osservarlo tremare mentre gli restituiva lo spavento con tanto di interessi. Ma sì! Una belle lezione di quelle di una volta. Gli avrebbe rotto il naso; a lui, che ci teneva tanto a quella faccia di cazzo!

Restava il problema di come entrare in casa.

***

Suonò il campanello e attese. Una voce di donna, piuttosto distante, chiese “Chi è?”. Cercò di usare un tono a metà tra l’ispirato e il commerciale quando disse: “Le portiamo la parola del Signore, signora”, e subito si pentì di quel “signore, signora”, certo che l’avrebbe fatto scoprire. Ma la porta si aprì e il volto della donna si affacciò nello spiraglio. “Guardi, proprio non…” Non le lasciò finire la frase: con una spallata aprì la porta e fu in casa, richiudendo subito. Si voltò per fronteggiare la donna, ma era a terra, svenuta, forse. Ebbe paura d’averla uccisa e corse a sentirle il polso. Batteva. Non c’era sangue dalla testa. Rilassato, la osservò: era appena uscita dalla doccia, e, nella caduta, le si era aperto l’accappatoio, mostrando parecchio grasso ed un seno enorme; proprio il genere di donna che poteva stare con Faulkner. Si sentì eccitato, ma si impose di non precipitare. Con il coltello svizzero tagliò il cordone della tenda e le legò le mani, poi le mise il fazzoletto in bocca. Dovette riprenderlo per asciugare il sudore che gli colava dappertutto. Non era il corpo che solitamente apprezzava, del tutto differente da quello di Garbo, ma c’era in ballo una vendetta e non perse altro tempo a sottilizzare; aprì la lampo la penetrò, lentamente, per non svegliarla, e le schizzò il seme sulle gambe. Poteva bastare, ma le vide gli occhi spalancati e bastò per farglielo rizzare. Doveva esagerare. Lo sistemò nel seno che afferrò saldamente, mentre lei si dimenava e grugniva fissandolo con uno sguardo crudele. Lasciò che il seme le schizzasse il viso e lo sparse anche sui seni che ora sentiva duri al tatto.

Usò il resto del cordone per legarle le gambe e la trascinò in un’altra stanza. Dopo di che, attese. Faulkner non tardò molto. Era molto abitudinario, lo conosceva bene.

Non appena sentì le chiavi nella toppa, si nascose; e, come la porta fu richiusa, gli fu addosso, sbattendolo contro il muro; prima che potesse comprendere, lo colpì tra le gambe e, mentre si piegava ansimando, lo afferrò per il colletto e, fissandolo per bene gli assestò un colpo di testa sul naso, che prese a versare sangue. Se ne andò canticchiando.

***

Garbo Sedeva sul letto, attenta alle sue parole. Quando il racconto fu terminato, si lasciò sfuggire un fischio prolungato, poi disse: “Fallo anche a me; coraggio!, fammi quello che lei hai fatto.” Prima che potesse dire qualcosa, Garbo si era già spogliata e rovistava nel cassetto, dal quale prese dello scotch che gli tese ansimante.

– Dai!, una questo, legami. –

Si distese sul pavimento e spalancò le gambe. Hammett Le legò le mani e le tappò la bocca con il fazzoletto. Le carezzò le gambe, la leccò, ma lei prese ad agitarsi; le tolse il fazzoletto.

– Non perdere tempo: scopami come hai scopato quella, dai! – Le rimise il fazzoletto e tirò giù la lampo. Era una ragazza straordinaria! L’aveva eccitato con quel tono imperioso e quell’espressione ansiosa. La penetrò lentamente e le strofinò il membro sulle gambe finché non aprì gli occhi e lo fissò, ardente.

– Adesso devi proprio aspettare. –

Le tolse il fazzoletto e cercò di baciarla, ma svincolò.

– Dammelo, mettimelo in bocca: ci penso io. –

Così fece. E lei, con la lingua e tutta la bocca, non ostante la posizione, fece sì che si rizzasse, e lo trattenne in bocca finché non fu completamente eretto. Prima che le rimettesse il fazzoletto, gli mormorò: “Mi piace sentirlo crescere.”

Le afferrò il seno e posizionò il membro, ma non era lo stesso seno ed il corpo era troppo asciutto. Riuscì comunque a venire ed il getto la colpì con uno schiocco. Le cosparse il viso e il seno, poi le tolse il fazzoletto.

– Adesso leccalo tutto. –

Disse lei, dopo averlo baciato. Lo fece e la sentì fremere al passare della lingua sul viso e sul seno e tra le gambe. Qui lo strinse invitandolo a penetrarla con la lingua e, mentre lo faceva, lo pregò di slegarla, ma lui, sentendo la morsa sempre salda, non lo fece, suscitando in lei una sequela di imprecazioni che terminarono solo con l’orgasmo.

***

Alla fine delle lezioni Hammett e Garbo si trattennero davanti al liceo come al solito, chiacchierando. Mentre parlavano, Hammett scorse la donna sul marciapiedi opposto. Non ci sono dubbi che lo sta fissando. Poche parole e corse via verso casa, ma, a metà strada, lo spider gli taglia la strada. C’era la donna al volante.

– Hai fretta, bambino mio? Vieni, ti accompagno. –

Aprì lo sportello e Hammett, dopo una breve esitazione, salì.

– Gli hai fatto proprio un bel servizio a Faulkner: il suo naso non sarà più come prima. Non mi lamento: era un tipo insopportabile e tu gli hai fatto abbassare la cresta di quel tanto per renderlo più tollerabile. –

Tacque finché non furono davanti lo stabile di Hammett.

– Quello che non tollero è d’essere scopata senza consenso. Ce l’hai un’idea di come mi sia sentita mentre mi scopavi le tette? Beh, bambino mio, lo saprai, presto.”

Lo spider partì rapido, lasciando Hammett immobile, in preda ad un sacro terrore. Si riebbe e andò in casa, dove si chiuse in camera e si buttò sul letto fino a che non si addormentò.

***

La trovò al solito posto, davanti al liceo, per tre giorni consecutivi. Si limitava ad un cenno di saluto e andava via. Poi, il quarto giorno non c’era, ma Hammett non sapeva ancora se fosse il caso di rilassarsi.

Il pomeriggio studiava, quando suonarono alla porta. Allo spioncino la vide e corse a rinchiudersi in camera; quella suonò altre due volte, poi basta. Dopo qualche minuto Hammett tornò a guardare e c’era un biglietto sotto la porta. “So che ci sei e sei solo. Tornerò.” Cominciò a tremare, le gambe gli mancarono e si ritrovò a terra, accoccolato in posizione fetale. La madre sarebbe tornata dopo una settimana e non poteva cerco far venire Garbo a stare da lui per un’intera settimana, né andare da qualcuno.

***

Quel giorno dormì fino a tardi. Avrebbe dormito ancora se il campanello non avesse squillato con insistenza. Aprì senza guardare, ancora insonnolito. La donna entrò tranquilla, guardandosi intorno come se avesse dovuto acquistare l’appartamento. Si ritrovarono in soggiorno. Sedette sul divano. Accavallò le gambe con un gesto ampio, mostrando di non portare lo slip.

– Gradito il paesaggio? Immagino di sì: vedo crescere qualcosa da quelle parti.-

Era infatti eccitato, ma la cosa lo preoccupò parecchio invece di fargli piacere.

– Vieni qui, fa’ sentire. –

Gli tirò giù la lampo con un colpo secco e gli afferrò il membro con la mano.

– Sì, la sostanza c’è, non discuto, ma: il talento?, c’è anche quello? E’ difficile apprezzarlo quando sei svenuta, sai? –

Mentre gli parlava, la stretta diventava sempre più forte costringendolo ad inginocchiarsi; le gambe di lei si aprirono e lei, liberato il membro, si tirò su la gonna.

– Andiamo, bambino mio, fa’ sentire quanto vali! –

Hammett cercò di penetrarla, ma lei lo strinse sui fianchi, strappandogli un grido, e lo costrinse di nuovo in ginocchio.

– Non ancora, bambino mio, non è questo il momento e il modo. Devi avere pazienza, molta pazienza. –

Se ne andò, lasciandolo per terra, con il membro che gli pendeva, floscio, dalla lampo.

***

Il telefono squillava da parecchio, prima che Hammett si decidesse a rispondere.

– Finalmente! Ma cosa ti è successo?, stai male? Non ti si vede a scuola e non vieni più da me a studiare. Che ti prende? –

– Sì, sono stato male, ma ora sto meglio ‘ No, non venire: non sono dell’umore adatto ‘ sì, piuttosto debole, certo …Va bene, sì, ti chiamo ‘ Sicuro, sì. Ciao! –

Il frigorifero era vuoto e si decise ad uscire. Non c’era nessuno per strada e così al supermarket. Al ritorno il portone era deserto. In ascensore cominciò a sentirsi meglio.

L’attendeva davanti alla porta.

Entrò senza parlare; attese in soggiorno che avesse sistemato la roba in cucina e, quando lo vide, lo invitò con un cenno a sedergli accanto. Gli prese una mano e la portò tra le gambe, lasciandola per afferrargli la testa mentre lo baciava.

– Non ci siamo, bambino mio, devi muoverla la mano: dentro-fuori, capisci? Coraggio, datti da fare. –

Hammett le ubbidì e lei sorrise, ma non dette segno che la cosa le piacesse. Chiuse le gambe, serrandogli la mano. Avrebbe potuto sfilarla, ma non ci pensò nemmeno. Lei si sbottonò l’abito porgendogli il seno, anzi: spingendogli il viso sino a quasi soffocarlo. Ai cenni di rivolta di lui, lo liberò completamente. Sorrise mentre si spogliava del tutto.

– Spogliati anche tu: cominciamo. –

Hammett era lì, nudo e immobile davanti a lei, che sedeva a gambe incrociate e le braccia distese sulla spalliera.

– Niente male, complimenti. Vai in palestra, no? Ti fa bene, sul serio. Ho un regalo per te. –

Dalla borsetta pescò un enorme fallo di gomma e glielo porse.

– E’ tutto tuo, bambino mio, usalo: fa’ vedere che sai apprezzare i regali. –

Hammett lo provò, in piedi. La donna insistette perché continuasse con più lena e lui ubbidì e si sentì schiantare quando vide il membro eretto. La donna rise, sguaiata, agitandosi tutta. Cessò di colpo; aprì le gambe e gli intimò di smettere e di penetrarla. Lo fece. Questa volta non vi furono scherzi; solo alla fine lo costrinse a leccarla tra le gambe. Si rivestì e andò via senza una parola.

Hammett pianse nel vedere che gli aveva lasciato il fallo di gomma.

***

Aprì senza guardare, ma la donna non entrò, gli disse solo di seguirlo. Lo condusse nel suo appartamento. Gli disse di spogliarsi e di stendersi a faccia in giù.

– L’hai capita la differenza tra me e te, bambino mio? Tu hai dovuto farmi svenire e legarmi per avermi, io, invece, ti posso avere quando voglio e come voglio. –

Prese da un tiretto un altro fallo in gomma e lo penetrò lentamente finché si fu accertata che fosse eccitato, poi, semplicemente, lo rivoltò e gli fu sopra, montandolo con lena. Andò avanti sino a notte fonda, provando nuove posizioni e velocità, sempre però penetrandolo per farlo eccitare finché non si addormentò, esausto.

***

Lo svegliò per la colazione.

In cucina gli sedette accanto, nuda. Spalmò della marmellata sui capezzoli e glieli porse, mentre lui succhiava, gli infilò le dita nell’ano e premette fino a farlo eccitare, allora si fece penetrare e, sempre con le dita, gli dette il ritmo.

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