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Racconti Erotici

Piovono lacrime sul cuore

By 14 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Il telefono dell’ufficio ha squillato. Forte, rumoroso, facendo sobbalzare entrambi. Immersi nella nostra pacata, triste e silenziosa conversazione al cellulare, ci siamo destati dal torpore che ci aveva avvolto. Avrei voluto che quella telefonata non finisse mai, nonostante ciò che ero costretta a sentire. La sua voce, quella stessa bella voce calda che tante volte mi aveva coccolato, mi stava abbandonando piano. ”é finita….’ Crudele, freddo efficacemente sintetico. Nonostante ciò avrei voluto continuare a parlare. Mi bastava sentire la sua voce, mi accontentavo di averlo ancora, poco importava che mi stesse uccidendo sussurrando. Non importava che non ci fosse dolcezza, non ci fossero appellativi, né sorrisi per me. C’era lui e mi bastava.

Invece il telefono ha deciso di interrompere l’ultima ventata del suo respiro. Ha bruscamente spezzato il sottile filo che ci univa.

E non l’ho più sentito.

‘Devo rispondere al telefono, ci sentiamo dopo!’

Ma quel ‘dopo’ non &egrave mai arrivato. Ho aspettato tanto ed aspetto ancora, ma non &egrave successo niente.

Noi donne siamo così.

Ci attacchiamo a quello che rimane. Ci basta scorgere la fiamma della speranza, per farla diventare una torcia forte e calda. Così ho fatto con lui. Ho fatto tutto io dall’inizio. Ho alimentato una piccola e flebile fiammella, fino a farla ardere di passione. Fino a farci avvolgere completamente da un calore mai sentito. Ho soffiato sul fuoco ogni volta che vedevo la fiamma abbassarsi, ogni volta che perdeva di smalto e colore. Ero sempre lì, pronta a risvegliare la brace, a sistemare i tizzoni affinché facessero più calore, affinché potessero scaldare le sue notti….e non le mie.

Ora mi sto guardando indietro. Guardo, osservo, penso, rifletto. Mi sforzo di vedere ciò che fino ad oggi non ho visto; ciò che tutti mi hanno sempre detto e che io non ho mai ascoltato.

La solitudine mi spinge a pensare, più di quanto dovrei.

Quando l’ultimo barlume di ragione mi attraversa la mente riesco a vedere le cose con freddezza, riesco perfino a ragionare perché purtroppo &egrave questo ciò di cui ho bisogno. Ragionare per capire. Sono una persona pratica e devo darmi un motivo perché sia svanita una magia. Devo riuscire a spiegare a me stessa che cosa un giorno si &egrave inceppato. Devo soprattutto comprendere i miei errori.

Ecco cosa fanno le donne.

Si colpevolizzano. Si accusano di aver sbagliato, di non essere state capace di ‘tenerlo per sé’.

Così mi accorgo di quante volte aspettavo un messaggio che non sarebbe arrivato, spiegando a me stessa che si trattava sicuramente di un disguido: una causa tecnica, un impegno improvviso di lavoro, le linee intasate, fino a quando la mente dimenticava presa da un altro evento, da un altro desiderio, magari insoddisfatto. Oppure scrivevo di lui, di me, dei miei sogni che lo vedevano sempre protagonista, del mio desiderio infinito di averlo, accontentandomi di suscitare emozioni negli sconosciuti che leggevano di noi, senza accorgermi che, invece, lui, cui dedicavo ogni mio scritto, non sentiva niente.

Ed ancora adesso che sono sola, che sono qui davanti allo schermo del computer che lentamente si riempie dei miei pensieri tradotti in parole, delle mie emozioni dolorose, ancora adesso mi accorgo che la mente cerca una giustificazione. Riesco persino a pensare che forse ha avuto ragione a liberarsi di me. Di un amore così pieno, così totale, ma impossibile. Ripenso a come l’ho soffocato di amore, di attenzioni per lui eccessive, senza vedere come, in realtà, io non ricevessi molto in cambio. Vedo solo ciò che non ho saputo dargli, ciò che forse gli ho negato, ciò che si aspettava da me, ma che io non ho compreso. Vedo una bambina alle prese con un amore più grande di lei, così grande da non saperlo amministrare. Mi vedo nuotare in un mare ubriaca di felicità, mentre lui si nutriva di me a piccole dosi, solo ciò che bastava per star bene, senza mai esagerare.

Forse in questo ho sbagliato.

Ho sbagliato ad aspettarlo, a non chiedere niente in cambio, ad offrirgli tutta me stessa senza pretendere di essere ricambiata con la stessa moneta.

Probabilmente avrei dovuto pretendere di più. Avrei dovuto avanzare richieste, esigere il mio spazio, senza elemosinarlo, senza accontentarmi di ciò che restava.

A volte non c’erano nemmeno le briciole.

Eppure riuscivo ad essere felice lo stesso.

Oggi credo di averlo amato troppo. Non oso dire di averlo amato per due, ma sicuramente gli ho permesso di prendersi tutto quanto volesse e, soprattutto, di disfarsene quando non c’era più nulla che lo stuzzicasse come prima. Quando io avevo bisogno di lui, in realtà si dileguava. Ma non vedevo nemmeno questo.

Mi rialzavo sempre. Mi rialzo sempre, io.

In qualche modo ce la faccio comunque. E non mi accorgevo che in ogni occasione mi ero risollevata con le mie forze, non grazie a lui.

Forse la ricetta sta qui. E’ terribilmente triste accettare il fatto di non aver bisogno di chi amiamo, ma &egrave così. Lui aveva bisogno di me. E la nostra storia magica, bella, vera, viva é durata fino a quando io servivo a qualcosa.

Mi sono sentita accusare di tutto ciò che ho sempre ritenuto essere le cose belle della nostra storia. E’ riuscito a farmi sentire in colpa per averlo amato tanto.

E questo non glielo perdonerò mai.

Eppure devo ringraziarlo.

Ho il cuore a pezzi, sanguino e piango, ma sono libera. Libera da un amore che mi teneva legata, che non mi faceva volare. Libera da un senso di appartenenza che non poteva razionalmente esistere. Libera di sognare che esista un uomo che non si senta soffocato dai miei sentimenti. Che non tema di essere troppo amato. Che mi desideri, che pretenda e che, soprattutto, voglia offrirmi se stesso. Un uomo che ami dividere con me le sue gioie, i suoi pensieri, i suoi desideri. Un uomo con il quale progettare, sperare, provare, credere, gioire. Un uomo che non mi faccia sentire sola, sempre la sola artefice di tutto. Un uomo che faccia qualcosa per me, al solo scopo di vedermi sorridere.

Forse già c’é’

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