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Racconti Erotici

Secchione! Genesi di un padrone – parte 02

By 10 Novembre 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

Passato il momento di euforia di quella famosa sera, la mattina dopo, la mente affilata del giovane Flanagan aveva dettagliatamente analizzato l’accaduto com’era sua abitudine fare in ogni situazione. Nonostante, a conti fatti, la cosa non gli fosse dispiaciuta di certo, comunque girasse e rigirasse la questione, stava di fatto che Pam, come si faceva chiamare dai suoi amici, si fosse in qualche modo approfittata di lui. Su questo non si discuteva. Era innegabile. L’aveva colto completamente alla sprovvista e, col suo fare così sicuro ed aggressivo, non gli aveva dato modo di opporsi. Punto e basta!
‘L’avresti fatto?’ lo punzecchiò la voce divertita della sua coscienza, mentre finiva di allacciarsi le scarpe.
‘Non è questo il punto’ si rispose burbero, stringendo i lacci più del normale per la stizza.
Era il caso di chiarire le cose o, per lo meno, di dirle quello che pensava di tutta quella vicenda tanto allucinante e surreale che nessuno, sano di mente, l’avrebbe mai e poi mai creduta vera.
‘Fantastico!’ pensò sarcastico ‘…con la mia loquacità travolgente sarà una chiacchieratella davvero spassosa!’
Sbuffò, frustrato per l’incapacità di arrivare ad una conclusione soddisfacente, ad una strategia da seguire, ad una qualche soluzione! Dopotutto quella era la sua specialità, no?
Si alzò dal letto e andò a fare colazione.
‘Magari vedendomi a scuola, sarà lei a volermi parlare…’ pensò, ma neanche lui ci sperava veramente.
Come volevasi dimostrare, il giovane non riuscì assolutamente a parlare con la bella Pamela, quel giorno: la ragazza non lo cercò e lui non poteva certo andare da lei durante l’intervallo e annunciare, drammatico, davanti a tutti i suoi amici:
‘Dobbiamo parlare!’ sarebbe stato un suicidio. Un suicidio bello e buono! Tanto valeva andare da Brett Miller e prenderlo a pugni in faccia. Al solo pensiero gli si accapponava la pelle!
La incrociò per il corridoio alla fine dell’ultima ora, con quella specie di piovra con cui usciva avviluppato a lei e, ovviamente, non ottenne che un fugace sorriso. Sbuffò. Non aveva fatto altro quella mattina.

‘Adoro il sabato, lo adoro un casino!!!’ gli disse Danny mentre uscivano dal cancello.
‘Non si dice ‘lo adoro un casino’, Danny: adorare è già un verbo dal significato molto forte, non c’è nessun bisogno di usare una locuzione rafforz…’ l’amico lo guardò con un sopracciglio alzato. Damian si morse la lingua.
‘Scusa, l’ho fatto di nuovo, eh?’
‘Eh già! E’ per roba tipo questa che nessuno conosce il tuo vero nome… secchione!’ gli disse Danny divertito punzecchiandolo sul vivo. Damian non rispose, sapeva che aveva ragione.
‘Comunque…’ riprese Danny con tono un po’ calcato ‘…dicevo che è sabato, amico!! Sabato!!! Abbiamo un giorno e mezzo senza scuola, ti rendi conto?!’ Damian lo guardò, adesso vagamente divertito.
‘Guarda che è un evento che ricorre ogni settimana, Danny.’ gli spiegò saccente e l’altro gli sorrise furbo e gli disse in un’imitazione caricaturale del suo tono sostenuto:
‘Lo so, ma ciò non lo rende di certo meno piacevole, non trovi?!’ Damian rise. Danny era buffo, non c’era niente da fare. Riusciva quasi sempre a metterlo di buon umore.
Una volta salutato, però, il tarlo riprese a torturarlo. Non ce la faceva proprio a lasciar perdere. Doveva dare una spiegazione logica e razionale a quello che era successo. Sbuffò per l’ennesima volta, pensando avvilito:
‘Un giorno e mezzo senza poterci parlare… yahoo….’
Se ne tornò a casa più frustrato di quand’era uscito e il weekend lo passò a rimuginare, chiuso in camera sua, più taciturno del solito. In realtà non sapeva bene cosa fosse che lo infastidiva a tal punto. Forse il fatto che la ragazza sapesse della sua… deformità, che lo sputtanasse in giro, che tutti cominciassero a sparlare di lui e che gli rendessero la vita ancora più difficile. Che incubo, che incubo, cazzo!
Anche se, a dirla proprio tutta, gli era sembrata, più che altro, incuriosita, non spaventata, né divertita. Quasi attratta.
‘Ma figurati, testone! Non ti ha ancora sputtanato solo perché gli hai fatto pena!’
Eppure resta il fatto che se l’è infilato in bocca e l’ha succhiato fino alle tonsille!
‘Sarà stata ubriaca! Si dev’essere così! Era ubriaca fradicia e probabilmente si è dimenticata persino di averti incontrato!!’
Eppure gli era sembrata completamente sobria.
La battaglia andò avanti incessante nella sua testa per ore, occupando i suoi pensieri in ogni minuto del fine settimana da dimenticare, ricadendo sempre nelle stesse congetture, rianalizzando ogni minimo dettaglio di quella sera, tanto che, giunto al lunedì mattina, non era quasi più sicuro di ciò che era accaduto veramente e del film che, invece, si era fatto lui a forza di ponzare.
Pedalando verso la scuola con il capo dolorante, Damian si era ripromesso di appianare la situazione in un modo o nell’altro. Si era persino preparato un bel discorsetto da farle, non appena l’avesse vista.

La prima ora di lezione era cominciata con un’imbarazzante interrogazione di Bobby-sette-cervelli-Harris sullo stile di Hemingway in ‘Il vecchio e il mare’. Quella mente sopraffina, ovviamente, il libro non l’aveva neanche aperto e la Black, la prof di letteratura, gli stava dicendo, senza grandi veli, che era un fallimento colossale. Nel bel mezzo di una profezia apocalittica, stile Cassandra del tipo ‘…ma non lo capisci che se non ti applichi a scuola non farai mai niente di buono nella vita…’ si udì bussare alla porta e, con gran piacere del pubblico maschile, Pam entrò, con una gonnellina a pieghe proprio sopra il ginocchio e una camicetta bianca che lasciava appena intravedere un’idea dei ricami sulle coppe del reggiseno.
‘Mi scusi professoressa…’ cominciò la ragazza col suo solito sorriso dolce ‘…la vice preside ha bisogno di Damian per qualche minuto, così mi ha chiesto di venire a chiamarlo.’
Silenzio. L’intera classe si voltò verso Damian messo, suo malgrado, sotto i riflettori. Era davvero insolito. Che poteva volere la Devon da uno degli studenti migliori della scuola?
‘Come accidenti fa Pamela Van Buren a sapere che esisti?!?!’ gli sussurrò Danny verde d’invidia, ma non era il solo a pensarla così, tutti i suoi compagni avrebbero voluto dirgli la stessa cosa, poteva leggerglielo negli occhi. Non gli rispose, ma si aggiustò gli occhiali.
‘Flanagan, vai pure’ la professoressa non vedeva l’ora di tornare a fare la ramanzina a Bobby che, nel frattempo, sembrava disperatamente tentare di attrarre l’attenzione di Pam, fallendo miseramente.
‘Adesso ci parlo!’ pensò Damian, risoluto, alzandosi. Aveva le mani sudate e la bocca secca, accidenti, proprio adesso!
‘O la va o la spacca!’ si disse mentre usciva dalla classe con gli occhi di tutti puntati addosso.
‘Ciao secchione!’ gli disse Pam, allegra, appena chiusa la porta.
‘Ciao…’ replicò con tono piuttosto piatto ‘…che cosa vuole la Devon da me?’ lei ridacchiò.
‘Ma lo sai che sei davvero un nerd!’ lo prese per la mano ‘dai vieni con me!’
Il ragazzo era incerto ma decise di seguirla attraverso una serie di corridoi, non capendo esattamente cosa stesse succedendo. Si fermarono davanti alla porta del vecchio laboratorio di scienze, ormai usato solo come ripostiglio. La guardò con le braccia conserte, certo almeno di una cosa:
‘Non ti ha mandato la Devon, vero?’ lei gli fece una faccia sorpresa.
‘Ma che intuito sconvolgente!’ poi gli fece l’occhiolino. Lui alzò gli occhi al cielo.
‘Pam mi vuoi dire che cosa vuoi da me?’ le disse scocciato e risentito.
Per tutta risposta, la giovane alzò un sopracciglio.
‘mmmm… siamo di cattivo umore stamani!’ gli disse mentre tirava fuori una chiave dalla tasca e la infilava nella serratura.
‘Come fai ad avere la…?’ attaccò, incuriosito dalla cosa, dimenticandosi per un istante di tenerle il muso. Lei gli sorrise:
‘Dammi retta, non lo vuoi sapere, secchione!’ la risposta gli fece tornare il nervoso:
‘Beh, comunque dobbiamo parlare…’ ecco, l’aveva detto!
La reginetta della scuola scrollò le spalle e disse:
‘Ok, parliamo!’ invitandolo nella stanza, adesso aperta.
Damian prese un gran respiro ed entrò. Era grande ma c’erano scatoloni un po’ dappertutto, impilati accanto alle pareti e ai tavoli da lavoro dove, le generazioni che li avevano preceduti, avevano sperimentato le sorprendenti meraviglie della fisica e della chimica.
‘Allora, di cosa vuoi parlare?’
Era già pronto a rispondere qualcosa tipo ‘mi prendi in giro?!’ ma Pam gli aveva messo le braccia al collo, dolce e sinuosa, in un sin troppo vivido dejà-vu. Stavolta era preparato.
‘No, aspetta!’ le disse, liberandosi dal suo abbraccio, mettendo qualche passo tra lui e il suo desiderabile corpo.
Lei alzò di nuovo un sopracciglio, evidentemente meravigliata da quell’atteggiamento, ma non disse niente. Lui si schiarì la voce con lo sguardo fisso a terra.
‘Pam, che è successo l’atra sera?’ sorrise.
‘Andiamo, Flanagan, vuoi davvero che te lo spieghi?’ non rispose, intento com’era a fissare il pavimento, serioso.
‘Ok, come vuoi! Ti ho fatto un pompino!’ gli disse candidamente allegra. Lui alzò gli occhi al cielo esasperato e terribilmente in imbarazzo. Credeva davvero che non sapesse cosa fosse un pompino?
‘Intendevo perché l’hai fatto?’ disse spazientito. Lei incrociò le braccia e gli rivolse uno sguardo di sfida.
‘Perché mi andava.’ rispose scrollando le spalle. Al ragazzo quasi scappò da ridere.
‘Tutto qui?’ lei lo guardò intensamente per qualche secondo. Sembrava indecisa su cosa dire. Poi abbassò lo sguardo.
‘Beh, a dire il vero ti ho spiato mentre eri in bagno…’ gli disse poi in tono baldanzoso ma sotto, sotto un po’ colpevole ‘…ho visto… lui…’ continuò maliziosa, indicandogli il basso ventre ‘…e non ho saputo resistere…’ concluse con quel suo irresistibile sorriso. Al ragazzo era cascata la mandibola. Incrociò le braccia, indignato e, dopo qualche secondo:
‘Beh, non… non avresti dovuto…’ le disse col suo baritono acerbo che echeggiava nella stanza vuota ‘…ti avevo chiesto di smetterla, te lo ricordi? Ti avevo detto che avevo un… un problema e tu…’ lei non lo fece finire.
‘Ancora con questa storia?! Me lo vuoi dire perché pensi di avere un problema?!’ i suoi occhi sembravano sinceri e lui ne fu spiazzato. Possibile che stesse parlando sul serio?

‘Allora?’ continuò Pam. Questa doveva proprio sentirla. Flanagan continuava a guardarla, quasi imbambolato. Poi cominciò.
‘Beh, è troppo…. troppo grande… ovviamente, non c’è bisogno che te lo dica, mi hai visto no?!’ le disse rosso in volto. Era chiaramente imbarazzato ma anche un po’ arrabbiato.
Oh, questa poi! Ma stava parlando sul serio?
‘E’ per questo che non faccio mai la doccia con gli altri, dopo l’ora di ginnastica… mi vergogno…’ le disse quasi a giustificare la sua scarsa igiene della sera in questione. La ragazza aveva sentito abbastanza, non poteva credere alle sue orecchie.
‘Ma sei scemo?!’ sbottò ‘Non ho mai sentito una stronzata più grande in vita mia!’ queste parole sembrarono cogliere di sorpresa il giovane. Smise di studiare il pavimento e la guardò negli occhi accigliato. Non capiva. Lei prese un gran respiro e gli disse con calma forzata.
‘Ascoltami bene, tu devi andare fiero del tuo amichetto, chiaro? FIERO!’ ripeté a voce più alta. La sua espressione scivolò su uno scettico ‘Si, certo! Come no!’ e lei persistette. Gli faceva quasi pena, accidenti!
‘Dico davvero Damian, non hai niente di cui vergognarti, devi credermi! Quello che hai è un dono che ti è stato fatto…’ il suo tono divenne più piccante mentre ammiccava ‘…per rendere felice tante belle fanciulle, è l’ora che tu te ne renda conto!’ il ragazzo non era ancora convinto ma pareva si stesse sciogliendo mentre ascoltava le sue parole.
‘Mi prendi in giro?’
‘Sono serissima, secchione!’ gli disse scuotendo la testa. Poi aggiunse ‘Guarda che i superfighi che ti sfottono tutti i giorni, pagherebbero oro per avere quello che hai tu! Nessuno di loro è…’ fece una pausa cercando il termine giusto ‘…dotato quanto te!’
A queste parole la guardò incuriosito e con la sua voce riverberante le disse profondo:
‘E tu come lo sai?’ che effetto che gli faceva quella voce, accidenti! Gli risuonava in tutto il corpo. Si schiarì la gola e gli sorrise facendogli l’occhiolino, con finto imbarazzo.
‘Beh, te l’ho detto che faccio… ricerca, no?’
Il ragazzo alzò un sopracciglio.
‘Domanda stupida…’ le disse.
‘Hey, che vorresti dire?’ gli rispose lei, marginalmente offesa che le avesse velatamente dato della troia.
‘Beh, mi spiace ma è quello che penso!’ le disse lui ‘Cosa devo aspettarmi da una che spia i ragazzi nei bagni e li assale nei parcheggi come una…’ a Pam scappò da ridere.
‘Haha! Accidenti Flanagan, mi fai sembrare una mangiauomini!’ gli disse. Poi però rifletté sulle sue parole.
‘Ok, in fondo me lo merito…’ si guardarono per un paio di secondi ‘…forse sono stata un tantino spinta l’altra sera, ti chiedo scusa…’ disse ad un volto piuttosto sorpreso ‘…ma non ti è piaciuto neanche un pochino?’ gli chiese, poi, con un minimo di broncio. Lui la fissò per qualche secondo, poi accennò un timido sorriso ed annuì. Pam rise contenta.
‘Ok, allora, stavolta facciamo le cose per bene!’ si schiarì la voce.
‘Damian, posso avere il permesso di succhiarti quella meraviglia che hai in mezzo alle gambe?’ adesso fu il giovane a ridere, ma dalla sorpresa:
‘Vuoi farlo adesso?!’
‘Beh, ne ho una gran voglia, secchione, ma come ti ho detto, stavolta lo farò solo se mi darai il permesso!’ si guardarono per qualche istante, poi un sorrisetto affiorò sulle labbra del giovane. Sembrava quasi compiaciuto, anche se era ancora imbarazzato.
‘Ok…’ le disse soltanto. Lei, divertita, gli fece una riverenza d’altri tempi.
‘Ma che gentile che sei! Troppa grazia!’ lo fece ridere. Gli si avvicinò. Era appoggiato ad uno dei tavoli, immobile. Quando lo raggiunse, s’inginocchiò. Gli sbottonò i jeans, troppo larghi per il suo corpo snello e quando i boxer bianchi furono in vista ci affondò il naso ad occhi chiusi inspirando. L’odore non era forte come la volta prima, ma era, comunque, maschio e selvaggio. Era come se i suoi brutali feromoni gli artigliassero il cervello, prepotenti, quasi a volerla soggiogare, così dolcemente inebriante, accidenti! Aprì gli occhi e vide il giovane che la osservava. Studiava il suo comportamento, cercando di capire le sue mosse in un gioco di cui non era ancora maestro. Sorrise e, con entrambe le mani, gli abbassò i boxer, trovandosi di nuovo a contatto con la perfezione. Eh, si! Ora che lo vedeva alla luce, per bene, era davvero perfetto, non lo si poteva negare. Gli baciò il pube, con i pochi peli scuri, poi l’asta lunga, e infine le palle, così grosse e possenti. Poi lo guardò di nuovo:
‘E io sarei la predatrice?’ scosse la testa cercando di spiegargli.
‘Secchione, uno con un cazzo così è nato per comandare, non è MAI una preda, ricordatelo!’ gli disse un secondo prima d’infilarselo in bocca. Lo vide sorridere, forse un po’ confuso dalle sue parole.

Un quarto d’ora dopo stavano tornando in silenzio verso la classe della professoressa Black. Avevano, entrambi, il viso rilassato:
‘Lo sai, sei diversa da come t’immaginavo.’ Pam lo guardò di sottecchi.
‘Sei deluso Flanagan?’ lui rise.
‘No assolutamente! E’ che tutti parlano di te come di una stronza snob, invece…’ lei rise.
‘Oh, smettila! Mi fai arrossire!’ gli disse a mo’ di battuta. Era buffo. Non l’avrebbe mai detto ma era stranamente facile parlarci, era persino più facile che con Danny.
‘Beh, suppongo che se tu lo fossi davvero non avresti fermato Brett l’altro giorno.’ Pam aggrottò le ciglia, cercando di ricordare.
‘Ecco dove ti avevo visto!’ arrivò poi l’illuminazione. Damian alzò le sopracciglia, tra il sorpreso e il divertito.
‘Beh, devi rientrare secchione e io devo andare dalla Devon a dirle che ho trovato un tutor!’
‘Pam, te l’ho detto, non credo di essere la persona adatta, sono solo al secondo anno, non posso aiutarti con la roba che…’ lei lo interruppe.
‘Oh, andiamo se tutti ti chiamano secchione un motivo ci sarà, no?’ non gli dette modo di replicare ‘…e poi la Devon dice che devo solo imparare un… un coso… un metodo di studio… o roba simile… tutto qui!’ lui le sorrise scrollando le spalle, vinto dalla sua dolce insistenza.
‘Come vuoi.’
‘Perfetto! Allora siamo d’accordo per domani pomeriggio, ok?’
‘Ok!’ lei gli fece l’occhiolino e si voltò per andarsene.

Era a tutti gli effetti, il primo lavoro che Damian avesse mai avuto e i suoi genitori non potevano essere più fieri dell’incarico affidatogli (a loro dire) dalla scuola.
‘Ma quanto sarai intelligente!’ era quello che sua madre gli diceva sempre, di solito accompagnato da un’affettuosa struffata di capelli o da un bacio sulla guancia.
‘Com’è carina!? Dimmi, dimmi, sono curiosa!’ frasi da cui il giovane tentava di evadere, in genere mettendosi a giocare col fratellino o dicendo di dover studiare.
Tra l’altro, una delle cose a cui non aveva pensato, accettando, era che sarebbe stato pagato profumatamente per i suoi servigi. Evidentemente i signori Van Buren, conoscendo la figlia, volevano assicurarsi che il tutor non scappasse a gambe levate dopo la prima lezione. Magari era già successo in passato. Damian, però, non l’aveva fatto e non ne aveva alcuna intenzione. Il lavoro gli piaceva. Molto. E per più ragioni, ragioni che poco avevano a che fare coi programmi scolastici.
Così i due si vedevano tre o quattro volte a settimana nella lussuosa villa dei Van Buren e lui cercava d’insegnarle a studiare, compito che aveva trovato piuttosto difficile, all’inizio, in parte perché l’attenzione della ragazza era focalizzata per il 10% sui libri e per il 90% sul suo cazzo e in parte perché a lui quell’attenzione, com’era normale, faceva molto, molto piacere. Da bravo accademico qual era, però, il novello insegnante voleva svolgere bene il suo lavoro (oltre a divertirsi), quindi aveva dovuto escogitare un ingegnoso modo di sfruttare il lascivo interesse della sua indisciplinata allieva e renderlo produttivo.

‘Ok, fatto!’ gli disse Pam, porgendogli, impaziente, il libro di storia.
‘Vediamo un po’…’ il giovane scorse il testo per farle la prima domanda.
‘In che anno il North Carolina è entrato nell’unione?’ lei pensò un istante.
‘1789, era il 12′ stato!’ rispose diligente.
‘Giusto! E il Minnesota?’
‘mmmm… 1858…. era il… 33′, mi pare….’
’32’!’ la corresse ‘Comunque brava!’ sguardi. Sorrisi.
‘Il mio premio?’ gli chiese.
‘mmmm, erano due domande facili….’ le disse appoggiandosi allo schienale, mentre rifletteva ‘…puoi annusarmelo per trenta secondi…’ la ragazza si leccò le labbra.
‘Con o senza i boxer?’
‘Con… hai sbagliato la successione!’ le disse divertito e lei lo guardò delusa.
‘uffa, sei tremendo!’ si lamentò mentre gli sbottonava i jeans. Lui la guardò per qualche secondo mentre strofinava, contenta, il suo bel viso sul pacco, poi continuò a cercare materiale per le prossime due domande. Erano circa tre settimane che avevano cominciato e i loro pomeriggi insieme non differivano poi molto gli uni dagli altri.
‘Ok, tempo scaduto!’ le disse appoggiandole una mano sulla testa e spingendola via, dolcemente. Lei rimase in ginocchio.
‘Non ti rimetti a sedere?’
‘E’ inutile, so tutto, riuscirò a succhiartelo in meno di venti domande, scommettiamo?’ gli disse a mo’ di sfida. Lui rise.
‘Vedremo, vedremo! In che anno c’è stato l’assedio di New York?’
‘1776!’ fu la pronta risposta.
‘Giusto! E com’è finito?’
‘mmm… gli inglesi persero, però il tizio con la parrucca ordinò la ritirata lo stesso…’
‘George Washington?’
‘Esatto, quello là!’ il suo tutore scosse il capo, divertito.
‘Allora?’
‘Altri trenta secondi con i boxer.’ disse lui.
‘E dai! Ho risposto bene!’
‘Pam, hai chiamato il primo presidente degli Stati Uniti ‘il tizio con la parrucca’… devo aggiungere altro?’ Pam sbuffò.
‘Mamma, quanto sei pignolo!’ Damian rise.
‘E dai, hai detto che ti piace il mio odore!’ le disse a confortarla. Lei si sciolse in un sorriso.
‘Ovvio che mi piace, secchione, è così virile…’ gli disse prendendo un bel respiro ‘…prepotente…’ altro respiro ‘…ma preferisco succhiartelo, lo sai!’ il ragazzo arrossì leggermente e rise un po’ goffamente, mentre le faceva eco:
‘Beh, se ci tieni così tanto devi meritartelo, lo sai!” lei riprese a strusciare la faccia sul tessuto scuro, lanciandogli buffe occhiate di finto risentimento.
L’interrogazione proseguì tra pieni centri e qualche imprecisione e i premi passarono da:
‘Puoi annusare per un minuto senza boxer…’ a ‘Puoi baciarmi le palle…’ a ‘adesso puoi leccarle…’ a ‘…puoi baciare la cappella…’ a ‘…puoi leccarmi il pube…’
Il giovane Damian elargiva i premi di quell’insolito quiz a seconda della sua bravura, con la sua voce acerba e il tono divertito anche se a tratti leggermente impacciato, godendoseli almeno quanto la sua studentessa. Arrivati all’ultima domanda, era ormai completamente in tiro.
‘…nel 1783 con il trattato di Parigi.’ finì Pam. Le sorrise mentre appoggiava il pesante volume sulla scrivania.
‘Ok, sai tutto! Brava!’ lei batté le mani tutta allegra finché lui disse ‘Adesso passiamo a letteratura!’
‘Hey! Chi credi di fregare!? E il mio premio?’ Damian rise e scosse il capo.
‘Ok, ok, avanti!’ le disse ma lei lo guardò ammiccante:
‘Ok cosa?’ alzò gli occhi al cielo divertito mentre incrociava le mani dietro la nuca e si accomodava sulla poltroncina a rotelle.
‘Ok, hai il permesso di succhiarmelo!’ la diligente allieva non se lo fece ripetere due volte. Gli sfilò le scarpe, i jeans e la biancheria e s’infilò l’asta dura in bocca, appoggiandogli le mani sulle cosce magre. Damian la guardò abituato a quel trattamento, ormai. Era una sensazione strana ma a questo punto il suo cazzo e la bocca di Pam sembravano stati creati l’uno per l’altra, non riusciva ad immaginare il dover smettere di sentire la sua lingua massaggiargli il glande, poi stuzzicargli il frenulo, poi avviluppargli la cappella nel fondo della gola. Che gran piacere che provava.
Sospirò, riflettendo sulla situazione..
‘Certo che se penso che i tuoi mi pagano per farmi fare pompini da te mi sento terribilmente in colpa!’ Lei aveva il riso negli occhi, poi si sfilò l’asta di bocca.
‘E perché dovresti? E’ giusto!’ gli disse, complice ‘Ogni ragazza della scuola ti pagherebbe per fare questo!’ rise lui, rivolgendole nuovamente la sua migliore espressione scettica.
‘Dico sul serio, secchione! Lo penso davvero!’ la guardò:
‘Beh, senza offesa Pam, ma non credo che la tua opinione sia condivisa da nessun’altra…’ gli sorrise misteriosa, come sapesse qualcosa che lui ignorava.
‘Ooohh, rimarresti sorpreso se ti rivelassi cosa passa nella testa delle ragazze, mio caro!’ poi proseguì ‘Comunque con me ti è andata bene, sai?! I miei sono pieni di soldi e io sono un’oca giuliva che ha bisogno di tante e tante ore di ripetizione con un tutor tanto, tanto severo che mi disciplini….’ gli disse con la vocetta a ragazzina scema e se lo infilò in bocca. Damian rise.
‘Hehe! Beh, su una cosa hai perfettamente ragione, devi essere disciplinata…’ le disse, poi aggiunse guardandola intensamente ‘…ma sul resto ti sbagli: tu non sei un’oca, né tantomeno giuliva!’
‘mmmm e tu sei tanto dolce, secchione, hehe!!’ gli fece l’occhiolino e riprese la pompa energicamente mentre guardava il suo giovane tutore sorriderle, contento. Poi lui le disse una cosa che aveva in mente da un po’ di tempo.
‘Però non è giusto…’ lei aggrottò le ciglia, la lingua sulla cappella.
‘Che cosa?’
‘Beh… tu mi hai visto nudo mille volte…’ era un po’ in imbarazzo ‘…ma io non ho mai visto te…’ si tirò su gli occhiali, nervosamente. Lei continuò a pomiciare con la sua cappella, calma e tranquilla.
‘Ce ne hai messo per tirare fuori l’argomento…’ cominciò ‘…vuoi che mi spogli, secchione?’ lui si schiarì la voce ed annuì timidamente.
‘Allora dimmelo chiaro e tonto…’ gli disse gentile. Esitò un istante, poi l’accontentò, i suoi giochini verbali lo incuriosivano sempre.
‘Pam, per favore, potresti spogliarti?’ lei rise.
‘Hehe! Sei incorreggibile! Non ti ho detto di chiedermelo come un piacere, ti ho detto di dirmi di farlo!’ gli spiegò.
‘Beh, mi sembrava scortese semplicemente dir…’ lei alzò gli occhi al cielo divertita:
‘Che cosa ti dico sempre? Se hai un cazzo così è perché devi…’
‘…devo comandare, lo so, lo so…’ glielo ripeteva da tre settimane, era come una specie di trapanante lavaggio del cervello, un fottuto mantra, accidenti! Diceva che non c’era motivo di essere tanto remissivo e che doveva, invece, essere più sicuro di sé stesso. Solo così gli altri avrebbero smesso di prenderlo in giro e l’avrebbero rispettato. Così si era accollata l’onere d’insegnargli a ‘tirar fuori le palle’, come amava dire.
La guardò divertito:
‘Pam?’ la risposta arrivò con la lingua impegnata sul suo scroto.
‘Si, Damian?’
‘Spogliati.’ sorrise e allontanò il viso dai suoi genitali.
‘Con piacere, secchione.’ si alzò in piedi e si sfilò il top dalla testa lasciando la cascata di riccioli castani a ballonzolargli sulla schiena. Poi si sbottonò i jeans che la fasciavano come un guanto e, pian piano se li sfilò. Stava facendo un vero e proprio spogliarello davanti al ragazzo che la guardava con l’uccello di marmo e lo sguardo allupato, mentre si mordeva il labbro inferiore. Si sganciò il reggiseno bianco e lo lasciò cadere per terra, poi si tolse le mutandine, rimanendo indifesa alla mercé del suo sguardo. Damian respirava concitatamente, sembrava avesse visto un’apparizione mistica.
‘Wow… sei… bellissima…’ lei rise piano.
‘Lo so.’ gli disse facendogli l’occhiolino e risero entrambi, sciogliendo quel minimo di tensione che il suo giovane insegnante evidentemente provava.
Damian si alzò goffamente dalla sedia e le si avvicinò, allungando le mani per sfiorarla, come avesse timore che svanisse nel nulla. A pochi millimetri dal suo corpo, si fermò.
‘Posso?’ le chiese e lei alzò un sopracciglio.
‘Che c’è?’ fece lui sulla difensiva ‘Tu mi chiedi sempre il permesso e io….’ lei gli accarezzò i genitali.
‘Ma tu hai questo, Flanagan!’ gli disse baciandolo ‘Grazie a questo pezzo di carne, tu non chiedi il permesso di fare niente, capito?’ il ragazzo rise scuotendo la testa.
‘Pam, con questa frase hai letteralmente cancellato gli ultimi ottant’anni di femminismo!’ lei smise di baciarlo e lo guardò accigliata.
‘Vuoi farmi lezione di storia o vuoi toccarmi le tette, secchione?’ lo fece sorridere.
‘Ok, ok! Era per dire!’ con entrambe le mani le strinse i seni floridi e burrosi, palpandola.
‘Sono così morbide!’ le disse contento come un bambino. Si riempì i palmi delle sue curve sode, poi passò le dita sottili prima sulle aureole, poi sui capezzoli turgidi. Non aveva mai toccato niente del genere, era l’ennesima sensazione nuova che il giovane scopriva grazie alla ragazza. E gli piaceva. Cazzo se gli piaceva! Gli piaceva toccarla, gli piaceva metterle le mani addosso, letteralmente. La sua pelle era perfetta, in ogni punto del suo corpo e profumava di… non lo sapeva esattamente… qualcosa di floreale… forse di rosa.
Non sapeva perché ma si sentì in dovere di esplorare quel corpo e di scoprirne i segreti. Più per istinto che per altro fece scivolare la mano dal seno, giù per la pancia, fino al pube. I peli che le ricoprivano la vulva erano corti e ben curati, in armonia con il resto del suo corpo minuto e perfetto. Le passò le dita sull’apertura, delicato. Il cuore gli batteva a mille e avvertì il sudore inumidirlo sotto le ascelle e sulla fronte. Non sapeva cosa fare, era territorio completamente inesplorato ma il suo corpo agiva da solo. Tra l’altro, sembrava le piacesse, gli aveva infilato le lingua in bocca e faceva lenti e soffusi gemiti, come le fusa di una gatta. Andò avanti per quello che al ragazzo sembrarono secoli, in realtà forse pochi minuti, poi Pam lo prese per mano e lo guidò fin sul grande letto a baldacchino che troneggiava nella sua opulenta camera.
Gli sfilò la camicia a scacchi un po’ sfigata che portava e scoprì il suo corpo snello e completamente privo di peluria. Le spalle piccole e l’ossatura piuttosto esile, la pelle chiarissima e qualche neo ad adornargli il petto e la pancia. Le piaceva guardarlo, quel corpo, le piaceva baciarlo, le piaceva perfino leccarlo, dappertutto. Quel secchione imbranato era adorabile, dalla testa ai piedi e lei era vittima volontaria del suo maldestro incantesimo.
Si sdraiò proprio nel centro, tirandolo, finché non le fu sopra. I loro corpi si scambiavano calore. Continuava a sorriderle e riprese a baciarla, stavolta sui seni. Prese in bocca un capezzolo e lo succhiò, prima timidamente, poi con più decisione. Ormai aveva smesso di ragionare. Passò all’altro, poi le leccò il collo, per tornare poi a baciarla mentre lei lo abbracciava e lo carezzava sulla schiena.
Poi le piccole mani di lei scesero sulla vita e infine sulle natiche del ragazzo. Le spinse a sé mentre allargava la gambe, vogliosa di lui, della sua immensa virilità. Sentiva le loro zone erogene scivolare l’una sull’altra in un meraviglioso petting che, però, non faceva altro che invogliarla ad avere di più, ad averlo dentro di sé.
Senza parlare, fece scivolare lentamente le mani tra il suo corpo e quello di Damian, mentre continuavano a baciarsi. Lo scroto le strusciava sulla figa mentre l’asta le toccava l’ombelico e le arrivava su quasi alla bocca dello stomaco. Lei toccò quel possente bastone, spingendo il bacino del ragazzo lontano da sé quanto bastava per riposizionare la punta del pene sull’entrata della figa. Lui si staccò dalla sua bocca e guardò in basso per vedere la cappella che si accostava alle grandi labbra. Poi, senza preavviso, abbandonò il peso del bacino impalandola.

Pam s’inarcò e aprì la bocca ma non le uscì niente. Era qualcosa d’incredibile, non aveva mai provato niente del genere. Si sentì completamente riempita, faticava a respirare e guardava il volto beato del suo ingenuo amante. Dopo alcuni secondi di mugoli incoerenti riuscì a formare le parole:
‘Damian… sei… enorme….’ si rese conto che quella frase era banale, sciocca e ovvia almeno quanto il ‘sei… bellissima…’ di lui. Questi, sorrise. Un sorriso da un orecchio all’altro. Lo divertiva il cambio di ruoli.
‘Lo so.’ le disse semplice e sincero, poi tirò indietro il bacino per dare la sua prima, lenta, spinta.
Il corpo di Pam divenne teso come una corda di violino. La seconda e la terza pompata del ragazzo le spezzarono il fiato e i lamenti cominciarono ad affiorargli sulle labbra. Sentiva dolore. L’uccello tentava di allargarla, prepotente e ogni movimento era una pena, mista ad un sottile, tagliente e lontano piacere.
‘Aaahhh, aahhh… aspetta…. ti prego…. è troppo…. non ce la faccio….’ gli disse tentando disperatamente di fermarlo. Lui la guardava mordendosi il labbro e continuando a pompare:
‘Ahh, non ce la faccio a smettere… aaahhh… è troppo bello…. sei così calda…’ le disse contento.
‘Aaaahhh…. Damian ti pregmmmm….’ la baciò, silenziando le sue proteste. Era come se non avesse parlato. Il ragazzo continuò a riempirla fino ai coglioni, come fosse uno spiedo, troppo preso dal proprio piacere per ascoltarla. Per una volta in vita sua aveva completamente abbandonato la razionalità e stava vivendo l’attimo. Sentiva gli accorati mugolati di lei che probabilmente lo pregavano di fermarsi, così come le sue mani sui fianchi a tentare di allontanarlo. Ma per quanto la sua mente provasse a destarlo da quel trans, Damian riusciva solo a dare ascolto al suo corpo e il suo corpo gli diceva di continuare, era innaturale fermarsi, per quale stupida ed inconsistente ragione avrebbe dovuto farlo? E continuò.

Dopo alcuni minuti, però, i lamenti concitati di Pam erano diventati gemiti di puro ed euforico piacere e le sue mani erano ben salde sulle natiche del ragazzo tentando, adesso, di spingerlo sempre più dentro di sé. Lui aveva gli occhiali completamente appannati mentre le baciava il collo e palpava i seni, in modo goffo, con la bocca aperta, come un novellino imbranato, ma non si fermava. Gemeva di piacere e la sua voce profonda era come un ringhio di qualche animale. Non aveva idea di cosa stesse facendo né di come fare a farlo meglio ma Pam sembrava davvero felice: rivoltava gli occhi indietro ad ogni affondo e mordeva il labbro inferiore.
‘Damiaaaaannnnn….. sei… enormeeeee…’ le stesse parole di poco prima ma stavolta ricche di beata estasi e l’inesperto amante si eccitò di brutto a vederla così presa ma, allo stesso tempo, così indifesa e vulnerabile. Non le rispose ma si sentì di aumentare il ritmo. Le sue anche cominciarono a muoversi con più velocità e a spingere con più forza e la bella Pam cominciò ad urlare. Agì di nuovo d’istinto e la sua mano andò a tapparle la bocca. Ancora una volta, era questo che il suo corpo gli diceva di fare, non di rallentare o di fermarsi e lui obbediva, anche perché il piacere era raddoppiato con la velocità, era come un treno in corsa, adesso, più che mai, impensabile, impossibile fermarsi.
Chiudeva gli occhi e li riapriva in un’espressione inebetita dal piacere. Era completamente appoggiato sul corpo della sua sconcia allieva, i cui gemiti assomigliavano quasi a dei grugniti, adesso. Aveva i piedi puntati sul piumone rosa, faceva presa per darsi sempre maggiore spinta e farle assaggiare tutto ciò che aveva.
Ciò che provava era indescrivibile. Aveva fatto una bella pratica di orgasmi nelle ultime settimane ma qui era lui a dettare il gioco, il ritmo, la forza e la cosa gli piaceva, era inutile negarlo, gli piaceva un casino.
A un certo punto sentì Pam avvinghiare gambe e braccia al suo corpo e inarcarsi gridando più forte, attutita dalla sua mano. Gli ci volle un po’ a capire che aveva avuto un orgasmo. Lo sguardo della ragazza era al di là della comprensione umana, sembrava perduta in qualche dimensione parallela, felice come nessun’altra mai. Le tolse la mano dalla bocca e si accorse che stava ridendo. Era un riso strano, però, misto a un lacrimevole piagnisteo mentre lui continuava a scoparla sempre più forte, sempre più forte:
‘Ah, ah, ah, ah…’ gemeva il giovane tutore, baritonale ‘ah, ah, ah, ah…’ finché…

Damian si accasciò sul suo corpo, dopo averle sparato dentro un ettolitro di sperma, esausto, sudato, stremato ma immensamente felice. Lei continuava ad abbracciarlo con le gambe e con le braccia, respirando in affanno e alternando i gemiti e le risa.
Man mano che la ragione tornava a riprendere il controllo del suo corpo, però, il ragazzo avvertì un fastidioso ed innegabile senso di colpa cominciare a pungergli alla bocca dello stomaco. Che accidenti aveva fatto?! Sollevò la testa e la guardò. Aveva pian piano smesso di ridere ma lo guardava con un sorriso grato e tripudiante.
‘Pam… non so cosa mi sia preso io…’ le disse ripensando con orrore all’animale in cui si era trasformato in quei pochi, intensi e travolgenti minuti di sesso. Una bestia selvaggia ed arrapata, interessata solo a soddisfare i propri bisogni. Pam lo guardò con un sopracciglio alzato.
‘Mi hai praticamente stuprata, secchione…’ Panico.
‘No… mi dispiace, io non…’ cominciò in preda al terrore cercando di allontanarsi da lei ma la ragazza gli era ancora avvinghiata e non pareva avere alcuna intenzione di lasciarlo andare.
‘Rilassati, Flanagan!’ lui la guardò per capire cosa intendesse, col cuore a mille. L’aveva appena accusato di stupro eppure gli carezzava i capelli dolcemente:
‘Devo ringraziarti. Se ti fossi fermato quando ti pregavo, ti supplicavo di farlo…’ Damian stava per ribattere e giustificarsi ma ‘…non avrei mai goduto così tanto…’ la guardò un po’ confuso ‘Invece, te ne sei fregato altamente di me e dei miei lamenti, mi hai chiavata senza pietà, come un toro… bravo! Il mio lavoro sta dando i suoi frutti, vedo! Cominci a capire! Sono fiera di te!’ gli fece l’occhiolino e ridacchiò ‘E’ stata l’esperienza più bella di tutta la mia vita…’ gli disse e lo baciò. Il ragazzo si calmò poco a poco rispondendo al bacio. Era ancora dentro di lei, il cazzo gli era tornato a riposo ma la riempiva comunque. Francamente, era disorientato ma dall’eloquente discorsetto aveva evinto che non ce l’aveva con lui, non lo odiava, il che voleva dire che la cosa avrebbe potuto continuare ed era questo che, egoisticamente parlando, maggiormente gli importava, al momento.
Dopo alcuni minuti di pomiciata lei gli disse:
‘Sdraiati qui a accanto a me…’ rotolò sul suo corpo e si accomodò sul letto prendendo un gran respiro ad occhi chiusi. Pam non aspettò, si alzò, sistemò la faccia in mezzo alle sue cosce e cominciò a leccare. Lui alzò la testa e la guardò sorpreso. Non si mosse, ma le disse:
‘Pam, che fai? Non… non è necessario… sono tutto sporco…’ lei rise piano.
‘Vuoi scherzare? E’ la parte più divertente, hehe!!’ Damian scosse la testa, divertito, poi l’abbandonò sul cuscino, lasciandosi ripulire.
‘Allora, sentiamo un po’!’ cominciò tutta allegra e canzonatoria ‘Ti è piaciuto sbattermelo dentro fino alle palle?’ gli scappò da ridere. Dio, quant’era schietta!
‘Secondo te?’ anche lei rise.
‘Hehe! Lo prenderò come un si! E dimmi, preferisci venirmi in bocca o nella figa?’ Damian aggrottò le ciglia, pensandoci.
‘mmmm… bella domanda… non saprei…’ le disse sinceramente ‘…la tua bocca è perfetta ma la tua figa è così calda e accogliente, è come se mi risucchiasse dentro…’ le disse, con un minimo d’imbarazzo. Quel tipo di chiacchiere erano cosa nuova ‘…non so darti una risposta…’ Lei sorrise con la lingua incollata alla sua asta.
‘Beh, non possiamo certo lasciarti con questo dubbio, non trovi?’ lui, divertito, cercava di capire dove volesse andare a parare.
‘Che ne dici se d’ora in avanti OGNI volta che questo bel bastoncino ti diventa duro, invece di masturbarti mi fai una visitina e mi riempi i buchi come un animale?’ il ragazzo rise, di nuovo sorpreso e imbarazzato dalla sua sfacciataggine.
‘Pam, hai idea di quante volte si masturba un adolescente ogni giorno? Sei sicura di volerlo OGNI volta che mi diventa duro?’ lei alzò un sopracciglio, maliziosa e lasciva.
‘OGNI…’ un bacio sul pube ‘…SINGOLA…’ altro bacio ‘…VOLTA…’ ultimo bacio. Damian la guardò sorridendole, lei gli fece il labbro tremulo sussurandogli un ‘E dai, ti prego…’ buffo e caricaturale che lo fece ridere.
‘Ok, ok, se insisti!’ le disse alla fine. La ragazza ridacchiò dolce a quell’aria di sufficienza:
‘Sempre troppo gentile, Flanagan! Hehe!’ e continuò a ricoprirgli i genitali di bacetti e leccate, sotto lo sguardo divertito di lui.

Dopo alcuni minuti le mise una mano sulla testa:
‘Hey, domani hai il test di letteratura, dobbiamo metterci al lavoro’ le disse delicato ma fermo.
‘Uffa ma io non voglio smettere, adoro strusciarci la faccia…’ il ragazzo rise.
‘Le regole sono regole Pam, lo sai!’ le disse rimproverandola dolcemente. Lei tenne il broncio ma lui non cedette. Alla fine la giovane acconsentì, ma gli chiese, infantile:
‘Posso almeno chiederti un piacerino piccolo, piccolo?’
‘Sentiamo…’ le sorrise incuriosito.
‘Posso annusare i tuoi boxer mentre studio? Giuro che non mi distraggo!’ Lui rise. Era proprio incorreggibile.
‘Ok, concesso’ lei gli fece l’occhiolino, contenta.
‘Grazie, secchione!’

‘Buonasera, signor Van Buren…’ Damian stava avviandosi verso l’uscita per tornare a casa e incrociò il padre di Pam che doveva essere rientrato da pochi minuti, si stava allentando la cravatta.
‘Ciao Damian!’ gli disse affettuoso l’uomo mettendogli una mano sulla spalla ‘Come va la nostra signorina?’
‘Beh, è pronta per il test di domani, abbiamo appena finito di ripassare.’ come al solito non era di molte parole e soprattutto faticava e guardare l’uomo negli occhi, considerato tutto, si vergognava un minimo.
‘Ottimo, ragazzo! Quante ore hai fatto oggi?’
‘Due, credo…’ gli rispose guardando l’orologio. L’uomo pescò dalla tasca un rotolo di verdoni e diede una banconota da cento al ragazzo.
‘Ehmm… non ho da farle il resto…’ disse questi.
‘Sciocchezze, tienilo! E’ il minimo per quello che fai! I suoi voti sono migliorati! Mai successo! Tu non sai quanto questo mi faccia felice…’
‘Si ma…’
‘Capisco che non dev’essere facile per te…’ adesso gli aveva messe entrambe le mani sulle spalle e gli parlava come un coach fa con il suo quarterback, la star della squadra ‘…la domestica poco fa mi ha detto che l’ha sentita strillare…’ il ragazzo sbarrò gli occhi, pervaso di nuovo dal panico ‘…tu ignorala quando fa così e tieni duro, mi raccomando!’ la paura gli scivolò via, veloce così come l’aveva attanagliato. Guardò l’uomo negli occhi. C’era speranza in quegli occhi verdi e stanchi, la speranza che lui non li abbandonasse e c’era gratitudine, pura e sincera gratitudine. Ma la voce della sua coscienza, stavolta non venne a turbalo. Non dopo le rassicurazioni di Pam e poi, come aveva giustamente detto suo padre, lui il lavoro lo stava facendo e lo stava facendo bene. Gli sorrise, intascò i soldi e gli disse rassicurante.
‘Lo farò con piacere signor Van Buren, stia tranquillo.’

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