Ti ho aspettato sotto l’ufficio, stavi per entrare ma ti ho preso sotto braccio. “Adesso completiamo quello che l’altro giorno non è stato possibile fare”. L’altra volta abbiamo dovuto interrompere per il lampeggiare di una luce blu nei paraggi.
Cerchi di divincolarti, ma nemmeno più di tanto, mi guardi per un attimo in cagnesco, mi avvicino al tuo viso, le mia mano prende il tuo mento, per un attimo sorrido, poi… “chiama in ufficio e di che hai avuto un contrattempo”, dico mentre ti porto via facendoti vedere una foto.
Ti guardi intorno per capire se le colleghe ti hanno vista, quell’immagine, quell’immagine di te a carponi bendata con uno che ti prende da dietro e un altro che te lo sta per mettere in bocca.
Rimani in silenzio, come imbambolata, non riesci a muoverti. Ti prendo per un braccio e ti porto con me. Arrivati all’auto ti infili veloce cercando di non farti vedere, temi che qualcuno che ti conosca possa vederti.
Sussurri: “stronzo! mi avevi promesso di non fare foto”. Con tranquillità mi accomodo al posto di guida, “sei troppo troia per non essere fotografata”.
Lentamente mi giro verso di te, il tuo viso è imbronciato, vorresti mangiarmi vivo, “si vede proprio che ti piace il cazzo, eh, puttanella?” dico mentre con una mano ti tengo per il mento.
Quelle parole suonano come uno schiaffo in pieno volto e, immediata, arriva la tua reazione. S costi con rabbia la mia mano dal tuo viso – “Sei un bastardo! Cosa hai in mente con quelle foto?”
Calmo ti rispondo, “nulla, cara la mia Laura, nulla. Voglio solo regalartela. La devi tenere sempre con te e guai se quando vengo da te non la trovo”, “allora dammela ora” dici con rabbia, di nuovo la mia mano carezza il tuo viso, il mio pollice carezza le tue labbra, lo infilo nella tua bocca, “lecca, lecca come sai fare tu, puttanella”. Resti immobile, il mio dito tra le tue labbra leggermente schiuse.
“apri la borsa, da brava, tira fuori il portafogli, muoviti”.
Sobbalzi a quell’ordine perentorio, “eccolo”, prendo la foto e la ripongo al suo interno. “Ed ora rimettilo in borsa”, “s-si signore”, tremante riponi tutto nella tua borsa.
Ora la mia mano si poggia sulle tue cosce, Appena richiudi la borsa provi ad aprire la porta dell’auto, hai intenzione di scendere.
Ti afferro e ti ritiro dentro, “dove credi di andare”, cerchi di divincolarti dalla presa, “lasciami andare”, non mollo, “hai dimenticato che abbiamo da finire una cosetta?”
“Cosa… non ho nulla da finire con te”. Ti fisso con un sorriso ironico, i miei occhi dritti nei tuoi, lunghi attimi di silenzio, non abbassi lo sguardo, provi a resistere al mio volere, ma il mio sguardo ti fa capire che hai già perso. Lentamente i tuoi occhi si abbassano, ti faccio risedere e mi allungo a chiudere la portiera.
In quella posizione ho la faccia quasi tra le tue cosce. Sento tutto il tuo profumo di femmina, “Lasciami”, cerchi ancora di resistermi, ma le tue parole, in un ultimo tentativo di resistenza, sono di chi sa di aver perso.
“Perché dovrei?”, dico mentre chiudo la portiera, mi rimetto al mio posto e avvio il motore. “Metti la cintura, muoviti. Non vorrai mica farmi prendere una multa?” aggiungo. Uno sguardo dallo specchietto e lentamente mi immetto sulla corsia di marcia. “Mi devi lasciare in pace, fammi scendere. Adesso” .
A quest’ora il traffico è già intenso, freno di colpo, dietro di noi brusche frenate, vieni spinta in avanti, fai appena in tempo a ripararti con le mani, “ma che fai”, clacson che suonano. Imprecazioni giungono a noi dalle altre auto.
Ti arriva una sberla, i tuoi capelli si arruffano, sbigottita mi fissi, “sei matto per poco non mi faci sbattere la faccia”. Il mio tono di voce è diverso da prima, “fai la brava, stronza”, ti aggancio la cintura, “oggi mi sa che le prenderai di santa ragione”, riparto sgommando e mi avvio verso la periferia.
Ti tieni la guancia, la senti pulsare. Da quel momento rimani silenziosa per tutto il viaggio. Arriviamo nella zona dove spesso bazzicano i guardoni e le mignotte, “tira su la gonna, fammi vedere, indossi le calze autoreggenti o i collant?”
Non ti muovi,la mia mano si poggia sulle tue cosce, le dita tirano su la lunga gonna, “lasciamiiiii” urli, stringo con forza la tua coscia e faccio in modo da allargare le tue cosce.
“Che urli, stupida” siamo in macchina soli, io e te”, la mia mano sale fino al tuo sesso, “sai che il foto vieni proprio bene?”. Ancora cerchi di resistermi, “lasciamiiii”.
“Sei proprio fotogenica, una puttanella fotogenica, ecco cosa sei, mi sa che farò un book, con le tue foto. Così ti pagheranno molto di più”. “O mi lasci o vado dai carabinieri, ti denuncio” mi dici sbottando. Ti guardo divertito, “fallo! Fallo se ne hai il coraggio”, dico ridendo. La tua risposta non tarda ad arrivare: “certo che lo faccio”, sorridi pure tu adesso, quasi a sfidarmi.
“Ma tu non hai voglia di denunciarmi, tu hai voglia di ben altro”, le mie dita si infilano nel lembo del tuo slip, “ti rovino” è la tua risposta.
“Mi rovini?” domando con aria stupita. “Eppure le foto son le tue, mica le mie?”, mi fissi, cerchi di capire cosa io voglia dire “s-si, in che senso”.
“Sai che bello, che scoop, sui quotidiani locali”, continui a non capire, “c-cosa vuoi fare”.
Rido. Un brivido percorre la tua schiena, “distinta signora, morigerata di giorno e
Grazie Rebis
Storia molto intrigante. Per favore, continua! :)
In tutte le volte in cui Maria ordina a Serena di spogliarsi, Serena rimane sempre anche a piedi nudi oppure…
Quanto vorrei che il live action di disney fosse più simile a questo racconto! Scherzi a parte: divertente, interessante, bel…
grazie amore