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Racconti di Dominazione

Al limite dell’autodistruzione

By 10 Novembre 2005Dicembre 16th, 2019No Comments

Vi siete mai soffermati a pensare di quante ‘prime volte’ &egrave composta la nostra esistenza? La nostra vita &egrave costellata da innumerevoli nuove esperienze che perlopiù scorrono sulla nostra pelle senza che ne conserviamo un ricordo cosciente. Altre, invece, segnano la nostra vita e ci accompagnano lungo le strade che percorriamo ed intraprendiamo. A volte i ricordi affiorano richiamati da qualcosa che vediamo, sentiamo, odoriamo, tocchiamo.

Ieri sera, non riuscendo a stare ferma, ho preso a rimestare in quei cassetti che finiscono per diventare veri e propri ripostigli in miniatura e tra le cose che nemmeno ricordavo di possedere ho trovato un dvd nella sua custodia anonima. Incuriosita, l’ho inserito nel portatile e ho avviato la riproduzione: non sono rimasta sorpresa quando ho visto apparire sullo schermo scene di sesso e sono rimasta a guardare gli attori e le attrici nelle loro performance.
Ho sempre pensato che anche un film hard dovrebbe avere comunque un minimo di trama per non essere solo ‘macelleria’, ma questo &egrave sempre rimasto solo un mio inascoltato desiderio. Come al solito, tra una scena e l’altra, non vi era alcun filo conduttore, nessuna sceneggiatura, come se le scene fossero tessere di un puzzle gettate alla rinfusa sul tavolo, ognuna con il suo piccolo angolo di verità. Anche il genere del film era difficilmente definibile: alla prima scena, saffica, ne seguiva una etero e a questa era legata quella successiva, dove tre uomini di colore giocavano in mille modi con una ragazza bianca. Non sono mai stata particolarmente attratta dalla possibilità di giocare con un ragazzo di colore ma quando, nel film, uno dei ragazzi color dell’ebano ha sodomizzato la ragazza introducendo il suo sesso di notevoli dimensioni, non ho potuto impedire a me stessa di tornare con la memoria al passato, quando, giovanissima, ho vissuto per la ‘prima volta’ il sesso anale, ultimo atto di un’esperienza dalle tinte fosche che per lungo tempo ho cercato di stigmatizzare prima di riuscire ad accettarla completamente.

All’epoca, da poco maggiorenne, frequentavo una compagnia di persone che possiamo definire eterogenee. Alcuni, per la verità pochi, della mia età, altri di poco più vecchi e qualcuno decisamente più maturo. Tra questi ultimi Dario, un quarantenne dallo sguardo profondo e dal comportamento schivo. Non era certo il classico ‘bel tenebroso’, anzi’ molto alto era anche molto robusto, fisicamente non era il mio tipo oltre al fatto che preferivo accompagnarmi a persone a me più vicine per età. Nonostante questo Dario lasciava trasparire un’intelligenza acuta ed il suo carattere schivo e fondamentalmente poco socievole, invece di allontanarmi, mi spingeva a conoscerlo meglio per aprire una breccia nella sua corazza. Mi piaceva paragonarlo ad un orso burbero e scontroso che però, quando sorrideva, esprimeva calore.

Conoscendolo in modo meno superficiale imparai ad apprezzarne lo spigoloso carattere anche se una parte di lui restava per me ancora un mistero insondabile. Insomma, si stava instaurando una bella amicizia e da parte mia non vi era alcuna intenzione di farla trasformare in qualcosa di diverso. Se qualcuno mi piaceva cercavo di farmi notare vestendomi con un poco più di attenzione ai particolari per apparire sexy ma mai volgare’ curavo gli atteggiamenti, sfoderando insomma le arti che noi donne conosciamo sin dalla nascita quasi fossero parte del nostro patrimonio genetico. Con Dario invece non mettevo in campo alcun tentativo di seduzione e anche da parte sua non si evidenziava alcun interesse se non quello rivolto alla pura amicizia.

In quel periodo uscivo con un mio coetaneo, Davide, anche lui nella compagnia e dividevamo le nostre serata tra gli amici e la nostra intimità. Non credo di esserne mai stata veramente innamorata ma a 18 anni mi ero ritrovata ad essere arcistufa dei continui assedi da parte dei ragazzi che conoscevo, che non perdevano occasione di proporsi in modo più o meno corretto e diretto. Con Davide era piacevole trascorrere le serate: tra di noi c’era complicità, affetto, simpatia ed anche il sesso era intenso ed appagante.
Il mio interesse per Dario certo non era sfuggito a Davide e nonostante gli avessi più volte spiegato che Dario era solo un amico e che non avevo alcun altro interesse per lui, non riusciva a non esserne geloso e questo mi faceva spesso perdere le staffe. Le scenate di gelosia erano sempre più infuocate e quando Davide mi mise davanti alla scelta tra il rapporto con lui e l’amicizia con Dario, misi fine alla nostra relazione, decisione di cui poi mi sarei pentita cento volte!.

Come dicevo prima, la mia compagnia di amici era eterogenea e questo non solo per l’età ma anche per i gusti. C’era chi preferiva il ballo, chi il cinema, chi lo sport e questo faceva si che in certi periodi la combriccola si sciogliesse per più o meno brevi periodi per poi tornare alla fine a ricongiungersi. Durante una di queste pause io e Dario prendemmo a frequentarci con maggiore assiduità avendo entrambi la passione per la lettura. I miei impegni scolastici, soprattutto in previsione della maturità, mi lasciavano poco tempo libero che spendevo in compagnia di Dario. Con il passare del tempo iniziò ad insinuarsi in me la curiosità di sapere come mai Dario fosse single e non frequentasse, per quanto almeno io ne sapessi, alcuna donna ed io mi ritenevo estranea al discorso considerandomi solo un’amica. Quando cercavo di portare sull’argomento le nostre conversazioni, Dario alzava una sorta di muro che non riuscivo ad abbattere ed una sera, forse ormai logorato dalla mia insistenza, decise di rispondermi con una lapidaria frase che invece di fare luce sulla questione gettava su di essa mille nuove ombre.
– Daniela, aspetto una donna che decida di essere completamente mia!

Con il senno di poi quella frase &egrave di una chiarezza lapalissiana ma sfido chiunque tra voi, a questo punto, a comprenderne appieno il significato.
Invece di pormi domande, cominciai a prendere come una sfida quella frase e piano piano in me si fece strada l’obiettivo di sedurlo, di attirarlo a me nonostante per lui non provassi che l’affetto amicale.

Il mio trucco si fece ogni giorno più curato, dai jeans che solitamente indossavo quando dovevo incontrarmi con lui passai alla gonna, che diventava di volta in volta sempre più corta ed anche la scollatura prese ad aumentare sino a lasciar intravedere generosamente il mio seno che, nonostante non sia particolarmente prosperoso, non mi ha mai tradita in quanto a forma e tonicità.

Una palla che rimbalza contro il muro! Questo &egrave il modo più chiaro per farvi comprendere i miei insuccessi. Dario appariva completamente insensibile al mio nuovo look e questo, invece di portarmi a desistere, mi spingeva ad andare oltre. Ero determinata! Abituata a vedere ragazzi sbavarmi dietro, non riuscivo a capire come un uomo potesse resistere al mio corpo, al mio abbigliamento sexy’ la mia immaturità, ora me ne rendo conto, era davvero notevole ma, d’altro canto, l’ostinazione e l’amore per le sfide sono sempre state alla base del mio carattere.
Continuai quindi a vestirmi in modo sexy ed in talune situazioni sfruttai le circostanze per sfiorarlo intimamente anche se con una parvenza di casualità.

Una sera le cose cambiarono radicalmente.
Dario abita in una bella villa ottocentesca di proprietà della sua famiglia da generazioni e io la frequentavo ormai da qualche mese, pur non avendo mai avuto modo di vedere nulla oltre alla zona giorno. La cosa che continuava a colpirmi era il contrasto tra la struttura architettonica della casa, austera e signorile e l’arredamento interno, minimale e moderno.
Quella sera mi ero vestita con una gonna nera ampia ma molto corta e una camicetta bianca che indossavo senza reggiseno. Un perizoma nero e dei sandali con il tacco alto completavano il mio essenziale ma sexy abbigliamento. I capelli biondi, sciolti e un poco arruffati mi davano un’aria decisamente sbarazzina.

Seduta sul divano, sfogliavo una prima edizione di un libro francese del ‘700 mentre Dario mi raccontava di come era riuscito a venirne in possesso. Sfogliavo con attenzione quelle pagine fragili ma dal fascino incredibile e nemmeno mi ero resa conto che Dario aveva smesso di parlare e si era avvicinato.

Mi tolse il libro dalle mani riponendolo sul tavolo e senza dire una parola lo vidi avvicinarsi di fronte a me, che ero seduta, e slacciarsi i pantaloni ed abbassare la zip. Mi accorsi che non portava alcun indumento intimo quando il suo membro fece la sua apparizione a pochi centimetri dal mio viso. Era in uno stato di mezza erezione ed aveva delle dimensioni incredibili che mi lasciarono allibita. La prima cosa che colsi oltre alle dimensioni fu l’odore che emanava, un odore di muschio. Non avevo ancora realizzato a pieno quello che stava accadendo che Dario prese la mia testa fra le mani accostandomi determinato al suo sesso.
– Succhialo!
Quell’unica parola usci dalla bocca di Dario ed io, soggiogata da quel sesso enorme e dalla situazione inattesa, obbedii appoggiando le labbra sul glande. Finalmente ero riuscita a fargli abbassare la corazza’ l’avevo provocato e lui aveva risposto in un modo forse diverso da quello che mi aspettavo ma in fin dei conti quello era divenuto l’obiettivo di quanto avevo seminato’ ed ora’ ne stavo per raccogliere i frutti.
Così aprii la bocca e lo feci entrare. Subito si indurì all’inverosimile, aumentando le sue dimensioni tanto da non consentirmi di tenerlo completamente nella mia bocca. Presi allora a leccarlo, a baciarlo, a succhiarne il glande mentre Dario continuava a fare forza sulla mia testa schiacciandomi sul suo ventre. Il suo modo di fare non mi causava dolore ma era comunque un esercizio di potere al quale io mi stavo piegando.

La mia intimità cominciò a pulsare rilasciando gli umori che sempre si accompagnano al desiderio mentre ad occhi chiusi continuavo a leccare e succhiare quel membro enorme.
– Continua a succhiarlo fino a quando il tuo padrone non ti dona il suo seme in bocca.
Padrone! Quell’unica parola mi fece d’un tratto capire il significato di quella frase (Daniela, aspetto una donna che decida di essere completamente mia!) che qualche tempo prima non avevo compreso.
Smisi di darmi da fare sul suo sesso e subito una fitta di dolore mi attraversò il cervello quando Dario mi strattonò i capelli.
– Ho detto di succhiarmi il cazzo, puttanella! Succhialo sino a quando non ti sborro in bocca!
Mi resi conto che solo in quel momento avevo fatto breccia nella sua corazza, rivelando quello che non avrei mai voluto scoprire.
Mi stava violentando e in quella situazione mi ci ero messa con le mie mani.
Il dolore si fece risentire ed io ripresi a succhiare il suo sesso con le lacrime che sgorgavano dai miei occhi. Lacrime di rabbia per la stupidità che ora mi riconoscevo. Lacrime di delusione per aver così incredibilmente sbagliato a giudicare Dario.

Dario prese a frugarmi il seno e poi, facendomi sdraiare con modi bruschi sul divano mi obbligò a riprendere le attenzioni sul suo pene mentre lui con una mano mi scostava il perizoma penetrandomi rudemente con un dito.

Nonostante la mia mente rifiutasse quella situazione, il mio corpo reagiva in modo diverso e presi a godere di quel dito che scavava nella mia intimità. Mi sentivo tradita dal mio corpo e quando l’orgasmo montò dentro di me cercai di soffocarlo senza però riuscirci. Il mio corpo si tese, la mia schiena si inarcò e raggiunsi un orgasmo puramente fisico al quale non corrispose la mia mente che invece urlava la sua negazione delle mie sensazioni.
Anche Dario venne, riversando nella mia bocca con un getto violento ed interminabile il suo seme, cremoso, aspro, che dovetti ingoiare in parte per non soffocare.

Dario, soddisfatto, si allontanò dalla sala senza una parola lasciandomi sola ed io ne approfittai per uscire, quasi fuggendo, da quella casa, col preciso intento di non rimetterci più piede e di non rivedere mai più Dario.
Le mie intenzioni svanirono poi come neve al sole’. ma questo lo leggerete nel prosieguo del racconto.
A casa mi precipitai in bagno per lavarmi il corpo e i denti nel tentativo di allontanare il sapore dello sperma di Dario e di mondarmi dal suo tocco. Ero furiosa con lui, con me stessa, con chiunque si affacciasse alla mia mente.
Con il passare dei giorni la furia lasciò il posto alla frustrazione. Mi sentivo frustrata poiché una parte di me odiava Dario e quello che aveva fatto, mentre l’altra avrebbe in qualche modo voluto ritrovarsi ancora in quella situazione ed essere nuovamente nelle sue mani. Pur rigettando senza esclusioni qualsiasi forma di violenza fisica dolorosa non potevo non ammettere con me stessa che, ripensando a quanto accaduto, mi eccitava il pensiero di subire Dario e di essere da lui costretta a comportarmi da’ com’&egrave che mi aveva chiamata? Puttanella?
Più volte presi il la cornetta del telefono per chiamarlo ed altrettante volte non lo feci.
Ero infuriata con me stessa’ non capivo cosa realmente volevo’ oscillavo tra la completa repulsione per quanto accaduto e l’eccitazione nel pensare di ritrovarmi ancora a subire i sui desideri.
Un giorno presi il telefono e lo chiamai’ mi parve freddo’ quasi scocciato di sentirmi. Dentro di me si stava combattendo una guerra ed alla fine prevalse la parte più trasgressiva di me.
– Possiamo vederci? ‘ gli chiesi.
– Quando? ‘ rispose.
– Anche ora, io non ho nulla da fare oggi pomeriggio.
– Ok Daniela, ci vediamo al parco vicino al muro romano, hai presente?
– Si si, so dov’&egrave, a che ora?
– Facciamo tra un’ora.
– Ok, a dopo.
Riagganciai e subito decisi che non ci sarei andata, che gli avrei fatto attendere inutilmente il mio arrivo. Sarebbe stata una piccola rivincita’ ma già mi guardavo allo specchio per decidere cosa indossare per l’incontro. Fuori era caldo e decisi per calzoncini corti, magliettina e scarpe da ginnastica.
Arrivai in orario ma Dario non c’era’ lo attesi inutilmente per oltre un’ora prima di comprendere che non sarebbe arrivato. Ero arrabbiata con lui e delusa per avermi lasciata li ad attendere il suo arrivo.
Lo richiamai da una cabina decisa a trattarlo male.
– Ciao, sono Daniela.
– Cosa vuoi? ‘ il suo tono era scontroso.
– Ti ho aspettato per più di un’ora!!!
– E allora?
– Come e allora!!!
– Daniela, mi dici cosa vuoi?
– Vederti.
– Sai dove abito.
– Non possiamo vederci da qualche altra parte? ‘ non avevo alcuna voglia di andare a casa sua.
– Se davvero vuoi vedermi io sono qui. Ciao.
Non feci a tempo a rispondere che sentii il segnale che segue la fine della telefonata. Restai con la cornetta accostata all’orecchio in preda ad una nuova ondata di folle furore.
-Maledetto stronzo, se credi che sia disposta a venire a casa tua non hai proprio capito nulla’ ‘ esclamai uscendo dalla cabina telefonica.
Credevo di aver solo pensato quelle parole ma guardando le poche persone che in quel momento erano a me vicine li nel parco, compresi di averle pronunciate ad alta voce.

Passai altre due ore a camminare in su ed in giù per il piccolo centro, rimuginando sulla situazione sino a quando, non so quanto coscientemente, mi ritrovai davanti a casa sua.

Lui venne ad aprirmi con uno sguardo duro, senza un sorriso, senza imbarazzo.
– Ora sei qui Daniela, cosa volevi dirmi?
– Mi fai entrare?
Lui si scostò dall’ingresso precedendomi in sala, fermandosi vicino al pianoforte a coda, guardandomi con insistenza.
– Allora? ‘ mi incalzò.
– Volevo rivederti per parlare di quello che &egrave successo a casa tua!
– E cosa c’&egrave da dire’ te ne sei andata!
– Ma tu mi hai obbligata a’ – non mi lasciò finire.
– Non mi interessa cosa pensi Daniela’ ti ho mostrato cosa voglio’ te ne sei andata’ bene!’ non ti interessa?’ bene! quindi inutile perdere tempo’ ciao ‘ e detto questo si avvicinò alla porta d’ingresso, aprendola come chiaro invito ad andarmene.
– No, ti prego Dario, aspetta.
Non potevo credere a quello che stava succedendo. Io che pregavo lui di ascoltarmi, come se la colpa di quanto accaduto fosse mia.
Dario mi si avvicinò.
– Cosa vuoi ancora?
– Non mandarmi via Dario.
– Perché non dovrei Daniela?
– Perché desidero stare qui con te.
– Cosa significa questo? Vuoi forse dirmi che ti &egrave piaciuto l’altra sera? ‘ lo disse con un sorriso storto, quasi cattivo.
– Si – dissi quella sillaba abbassando lo sguardo, vergognandomi io per prima della mia assoluta remissione.
– Ora vai a casa Daniela, io ho un impegno. Pensa bene a tutto questo. Non sono disposto ad accettare le tue paranoie e le tue ritrosie. Quando avrai capito che io dico e tu fai, senza tirarti indietro, allora torna. Ma se, anche una sola volta, non farai ciò che dico, non vorrò mai più avere a che fare con te. Ciao Daniela.
Era chiaro che non aveva altro da dire e per me fu altrettanto chiaro che era ora di andarmene.

Negli anni che seguirono quello che poi andrò a raccontare ho sentito tantissime donne inalberarsi e dare per scontata l’impossibilità di accettare di sottomettersi a quello che si può definire uno stupro, ancorché privo di violenza fisica. Non sono certo in grado di criticare quelle affermazioni, anche perché ogni essere umano ha un carattere diverso ma, ripensando alle mie esperienze, credo che in taluni momenti della nostra vita, vuoi per le circostanze, vuoi per un’errata interpretazione della realtà, si sia disposte ad accettare ed a vivere situazioni che mai e poi mai avremmo mai nemmeno pensato di poter accettare e tanto meno ricercare.

I giorni che seguirono a quell’ultimo incontro con Dario furono i più lunghi della mia vita. Ero letteralmente divisa in due, come se due Daniela partecipassero ad un faccia a faccia, ognuna portando le sue ragioni a favore o contro la decisione che dovevo prendere.
Ma a questo si sovrapponeva spesso anche il ricordo del sesso di Dario nella mia bocca, dell’eccitazione derivante dalle sue mani sulla mia intimità, dell’assurdo desiderio di essere un fragile oggetto nelle sue mani.

Non so come arrivai a quella decisione ma una sera, era trascorsa ormai una settimana dal nostro ultimo incontro, giunsi a casa sua e prima di suonare gli telefonai dalla cabina posta poche decine di metri dall’ingresso.
– Ciao Dario, sono Daniela.
– Ciao Daniela, come stai? ‘ il suo tono mi parve quasi dolce.
– Bene grazie. Ti disturbo?
– No, affatto.
– Vorrei vederti.
– Dove sei?
– Davanti a casa tua.
– E perché allora mi telefoni?
– Non sapevo se eri impegnato.
– Vieni, ti apro.
Clic.
Sulla porta mi accolse con un bacio sulla guancia.
– Allora Daniela dimmi.
– Ho pensato a tutto e’ – balbettai.
– E?
– Ok ‘ non riuscii a dire altro.
– Cosa vuol dire ok?
Presi fiato.
– Vuol dire che accetto le tue condizioni.
– Ne sei sicura?
– Si.
Dario mi si accostò posando un vorace bacio sulla mia bocca, cercando con la sua lingua la mia. Risposi con eguale passione al bacio e la mia lingua si lascio trovare dalla sua. Le sue mani presero a percorrere freneticamente il mio corpo, passando dal mio seno ai miei glutei per poi soffermarsi qualche istante sulla mia intimità.
Ero vestita nello stesso modo in cui ero abbigliata quella prima fatale sera ed ora sentivo le sue mani risalire lungo le mie cosce, sollevandomi la gonna, per agguantarmi i glutei.
Eravamo ancora sulla porta, né fuori né dentro casa, e mi resi conto che se qualcuno passando avesse buttato l’occhio attraverso il cancello, ci avrebbe visti amoreggiare.
Ma questo pensiero non mi disturbava. Ero nelle sue braccia, mi stava baciando e con le sue mani mi stava scoprendo.
Dopo lunghi istanti si staccò da me e mi fece finalmente entrare in casa, accompagnandomi verso la sala.
Appena entrata scorsi, seduto sul divano, Michele, un amico di Dario che avevo già avuto modo di incontrare un paio di volte.
Ero delusa di non essere sola con Dario ma feci buon viso a cattivo gioco e seguii l’invito di Dario, che si era accomodato su di una poltrona di fronte a Michele, a sedermi sulle sue ginocchia.
Appena posatami sulle gambe di Dario mi resi conto che la gonna, già corta, si era ulteriormente sollevata e che dalla sua posizione, Michele poteva vedere liberamente tutto quello che la gonna avrebbe dovuto celare.
Cercai di riabbassare la gonna ma la mano di Dario mi fermò.
– No Daniela, non ti coprire! Questo &egrave un test per vedere se hai capito! ‘ quelle parole vennero sussurrate al mio orecchio ed io capii cosa intendeva ed accettai di essere come lui voleva.
Rilassai le braccia lungo il corpo mentre Dario cominciava ad accarezzarmi le gambe partendo dal ginocchio e risalendo sino all’inguine
Vedevo Michele parlare con Dario senza però staccare gli occhi dalle mie cosce e quando Dario mi fece divaricare le gambe, Michele poté godere della vista della mia intimità, ricoperta solo dal leggero tessuto del perizoma.
Le carezze di Dario si fecero intanto più audaci sino a quando non mi scostò il perizoma, rivelando il mio organo sessuale, all’epoca ancora incorniciato dal biondo boschetto.
Dario divaricò a sua volta le gambe e mi fece spostare sopra di lui in modo che i miei glutei aderissero al suo basso ventre e le mie gambe fossero appoggiate sulle sue. In quella posizione, con le gambe divaricate ed il perizoma scostato, esponevo il mio sesso, inumiditosi per la montante eccitazione, allo sguardo di Michele che lentamente prese a toccarsi l’evidente gonfiore che si notava sotto i suoi jeans.
Io potevo sentire il sesso di Dario gonfiarsi sotto i miei glutei e mi presi una piccola rivincita muovendomi lentamente e quasi impercettibilmente per stuzzicarlo ulteriormente.
Chiusi gli occhi, assaporando le intime carezze di Dario e la sensazione del suo pene duro sotto i miei glutei, cercando di immaginare quello che Michele stava provando.
La situazione era come sospesa. Non si sentiva una sola parola, non un suono’ solo la palpabile eccitazione che aleggiava nella sala.
Lo squillo del telefono mi fece sobbalzare e la prima cosa che vidi riaprendo gli occhi fu la mano di Michele che stringeva il suo sesso duro, muovendosi ritmicamente.

Dario restò al telefono solo pochi secondi ma terminata la conversazione mi fece alzare.
– Michele, io devo assentarmi un’oretta, resta pure qui con Daniela.
Poi si avvicinò a Michele e scambiò con lui alcune brevi frasi a voce tanto bassa che io non riuscii a sentire.
Dario mi prese poi per mano e mi condusse nell’atrio.
– Mentre sono fuori devi tenere compagnia a Michele’ metterlo a suo agio’
– Ma io’ – provai a dire.
– Tu niente Daniela! Devi eccitarlo e farlo venire con la tua bocca. Bada però che non lo devi scopare!!! Hai Capito?
– Si, ho capito, farò come vuoi.
Quando Dario lasciò la casa restai per qualche minuto nell’atrio, imbarazzata ed impaurita da come si stava evolvendo la situazione. Però desideravo compiacere Dario ed ancora oggi non riesco a spiegarmene il perché. Lui non mi dava nulla, non mi donava affetto, non mi donava amore. Anzi’ voleva il mio corpo, la mia mente, la mia obbedienza’ ed ora? Ed ora voleva anche che dessi piacere ad un altro uomo!
Tutto questo lo comprendevo già allora ma nonostante ciò non potevo impedirmi di desiderare di compiacerlo in ogni modo e non riuscivo a capire quanto fosse per me autodistruttiva quella situazione.
Mi feci comunque forza e tornai in sala.

Dario doveva già avere accennato la cosa a Michele, visto che mi stava aspettando con i calzoni abbassati ed il pene eretto in bella mostra.
– Spogliati Daniela, fammi vedere il tuo corpo.
Avrei voluto rifiutarmi di farlo ma non ci riuscii.
Presi a spogliarmi meccanicamente ed in pochi secondi restai nuda davanti a Michele.
– Che figa che sei! Hai un culo da favola!
Mi sentii quasi offesa da quei complimenti ma avevo ancora nelle orecchie la voce di Dario che mi ordinava di dare piacere a Michele e di farlo sentire a suo agio.
– Ti piace davvero il mio culo Michele?
– Si, mi piace un casino. Vorrei palparlo, baciarlo, morderlo.
Mi avvicinai a lui e voltandomi mi inchinai spingendo i miei glutei all’indietro.
Le mani di Michele aderirono a ventosa alla pelle dei miei glutei e la sua lingua arrivò diritta la buchetto, prendendo a leccarlo.
Lo lasciai fare per un poco poi mi voltai, inginocchiandomi tra le sue gambe.
– Vuoi succhialo Daniela?
– Si.
– Dai allora, fammi sentire come lo succhi. Dario dice che sei bravissima, che succhi da vera puttana.
Quell’ultima frase mi mandò in bestia. Così Dario aveva parlato anche di questo con Michele. Bene! Allora l’avrei subito accontentato. Avrei succhiato e baciato il pene di Michele con tutta la passione di cui sarei stata capace. Gli avrei lasciato in ricordo indimenticabile di me e della mia bocca.

Mi chinai sul suo sesso e cominciai a baciarlo sul glande, scendendo lungo l’asta sino a giungere ai testicoli che leccai con infinita dolcezza.
I gemiti di Michele aumentarono di tono e io, lasciata scorrere la lingua sul pene, aprii la bocca e lo avviluppai, iniziando un movimento dal ritmo lento, roteando la lingua.
Il sesso di Michele era diventato durissimo e le venuzze erano ora evidentissime lungo l’asta, Il glande era purpureo quando cominciai a succhiarlo avidamente, accarezzandogli contemporaneamente i testicoli.
Michele prese a farfugliare frasi sconnesse.
– Daniela sei fantastica’ che bocca!… si dai succhiami il cazzo’ mmmmm’. Si dai succhialo!
Non ero eccitata! Ero solo decisa a soddisfare Michele nel miglior modo possibile, un modo che non avrei mai donato a Dario.
Michele venne con un grugnito ed io bevvi tutto lo sperma che mi riversò direttamente in bocca.
Quando il fiotti di sperma si esaurirono ed il pene iniziò ad afflosciarsi mi presi una piccola rivincita anche su Michele e balzandogli addosso lo baciai, insinuando la lingua ancora col sapore del suo seme nella sua bocca. Lui cercò di ritrarsi ma io non smisi sino a quando non fui certa di avergli regalato parte del suo stesso piacere.
Michele si rivestì e dopo avermi salutata se ne andò
Restai li ad attendere il ritorno di Dario.

Quando rientrò, Dario mi disse di aver già parlato con Michele e che mi ero comportata abbastanza bene.
Non so il perché ma ne fui fiera.
Dario non volle fare sesso con me quella sera’ anzi, mi congedò, dandomi appuntamento per la sera dopo e che aveva chiesto anche a Michele di partecipare alla serata.

Quando fui a casa capii che la presenza di altre persone avrebbe potuto essere una costante in quello strano rapporto e la sera dopo, quando mi recai a casa di Dario’. Ma questo lo leggerete nel 3′ capitolo di questa confessione.
‘già, quando arrivai a casa di Dario.

Inutile stare qui ora a tediarvi raccontandovi l’ennesima disputa tra le due Daniela, l’una contraria all’intera assurda storia e l’altra, deleteriamente desiderosa di compiacere l’uomo che godeva nell’abusare del suo corpo e della sua mente.

Dario venne ad aprirmi e dopo un fuggevole bacio mi accompagnò in sala dove Michele stava sorseggiando un liquore. Lo salutai con un bacio sulla guancia.
Dario mi prese per mano conducendomi in una parte della casa che non avevo mai visitato.
Entrammo in una grande stanza dalle pareti color blu notte, sul pavimento una soffice moquette di uguale colore. Sulla parete di fondo, per quasi tutta la sua estensione, uno specchio rifletteva l’intera stanza, al centro della quale faceva bella mostra di se un unico enorme letto ricoperto da una trapunta anch’essa blu notte.
La luce soffusa proveniva da alcune applique sapientemente occultate e tutt’attorno sul pavimento erano sistemate decine di cuscini di diverse dimensioni e colori.
Alle pareti, e la cosa mi fece rabbrividire, erano sistemati ganci e strani strumenti che in passato avevo solo immaginati, leggendoli descritti su libri riguardanti l’inquisizione e le torture alle streghe. In un angolo della stanza un ‘cavallo’ del tutto simile a quello utilizzato nelle palestre mi sembrava fuori posto con il resto dell’arredamento.

Dario mi aveva lasciato solo il tempo di assimilare il contenuto della stanza prima di spogliarmi, lasciandomi in breve completamente nuda.
Ero nervosa e il mio nervosismo crebbe a dismisura quando Dario mi sistemò sugli occhi una specie di maschera che, fungendo da benda, mi impediva di vedere.
Istantaneamente si acuirono gli altri miei sensi e presi ad ascoltare con attenzione i rumori che percepivo attorno a me.
Dario mi fece spostare e dopo pochi secondi sentii sulla schiena il freddo della parete. Mi alzò il braccio destro ed attorno al polso sentii chiudersi una sorta di bracciale che impediva al mio braccio di staccarsi dal muro. Medesima cosa fece con l’altro braccio. Ora avevo le braccia sollevate ed allargate e il fatto di non poter vedere accresceva la tensione che già provavo.
Anche le gambe vennero serrate alle caviglie e seppur divaricate mi consentivano di appoggiare bene i piedi a terra in modo da non pesare sulle braccia.
Così legata ripensai ai film dell’orrore che per la verità ho sempre cercato di evitare. In quel momento sapevo che non avrei potuto impedire che mi accadesse nulla ed una parte di me mi rimproverava aspramente di aver accettato quella condizione non solo servile ma potenzialmente pericolosa. Un’altra parte di me, forse quella più immatura, si fidava di Dario, sicura che non avrebbe fatto nulla di pericoloso contro di me.

Per un tempo che mi parve non finire mai non successe nulla, poi sentii quattro mani che iniziavano a vagare sul mio corpo. Evidentemente Michele doveva aver raggiunto Dario ed ora entrambi stavano esplorando il mio corpo. Le loro mani toccavano le mie spalle, il mio seno, il mio ventre, il mio sesso.
Il fatto di essere legata e privata della vista acutizzava le sensazione che provavo.
Sentii un calore appena pronunciato sulla mia intimità e subito dopo il caldo contatto con una lingua che mi fece inarcare la schiena.
Quella lingua ignota stava giocando con la mia intimità, percorreva le grandi labbra insinuandosi a tratti in me mentre un’altra lingua assaporava ora la mia in un umido, bollente bacio.
L’eccitazione che provavo si spense istantaneamente quando la lingua che giocava con la mia clitoride lasciò il posto ai denti che si chiusero, lanciandomi un’ondata di dolore intenso. Durò solo un attimo ma mi lasciò stordita.
– Allora Michele, ti piace la mia nuova schiava?
– Moltissimo’ ha un bel corpo e una bella fica’ proprio da mordere!
Io ascoltavo quelle voci come se provenissero da due estranei.
– Michele, che ne dici di scoparla?
– Certo non mi dispiacerebbe divertirmi un po’ con lei.
– E tu Daniela? Hai voglia di farti scopare da Michele?
Avrei voluto rispondere con un secco no ma preferii restare in silenzio.
Una stretta violenta al capezzolo mi fece irrigidire ed emettere un gemito di dolore.
– Ti ho fatto una domanda! Vuoi che Michele di scopi?
– Si, lo voglio. ‘ Sussurrai quelle parole singhiozzando.

Venni sciolta dai legacci che bloccavano i miei arti e condotta sul letto dove mi fecero sdraiare a pancia in su e a gambe divaricate.
– Dai Michele, scopala.
Dopo brevi istanti sentii il corpo di Michele aderire al mio ed il suo pene appoggiarsi alla mia fessura. Con un colpo deciso entrò in me e cominciò a muoversi velocemente, godendo della mia intima resistenza.
All’orecchio il sussurro della voce di Dario.
– E’ bello vederti scopata da Michele. Sta preparando la strada al mio cazzo.
Io, sotto i poderosi colpi di Michele, cominciavo a sentire una strana eccitazione nascermi dentro, diversa da ogni altra io avessi mai provato.
Sapevo che a Michele non importava nulla del mio desiderio, della mia eccitazione. Sapevo che gli importava solo scoparmi e godere del mio corpo e, forse, era proprio questo che mi eccitava, essere un corpo usato solo per procurare piacere.
Quel pensiero aumentò a dismisura la mia eccitazione e cominciai a gemere sotto i suo colpi.
– Ti piace il cazzo di Michele vero?
– Si ‘ risposi.
– Ti piace come ti scopa?
– Si.
– Sei proprio una troia’. una fantastica giovane troia.
– Si Dario’ sono la tua troia ‘ Pronunciai quella frase cercando di sottolineare il TUA in modo che comprendesse che quello che stavo facendo era solo per fargli piacere, per obbedire ai suoi ordini.
– Certo Daniela, sei la mia troia, la mia schiava.
Michele nel frattempo aveva assunto un ritmo sincopato e dai gemiti che emetteva capii che era prossimo a venire.
Dopo pochi istanti infatti uscì dal mio sesso e accostò il pene alla mia bocca eiaculando. Gli schizzi di sperma mi entrarono in bocca solo in parte, riversandosi perlopiù sul mio viso.

Stavo ancora immaginando il suo pene che eiaculava su di me quando un altro corpo aderì al mio ed un altro pene entrò in me.
Non poteva essere che Dario. Il suo pene, che ricordavo enorme, mi squarciava e pulsava in me regalandomi fitte di dolore eccitantissimo.
Sentivo i suoi grugniti mentre affondava in me con colpi decisi e brutali mentre io inarcavo il bacino per riceverlo sino in fondo.
Finalmente Dario mi stava possedendo, scopando, stuprando.
L’orgasmo mi folgorò imprevisto ed imprevedibile mentre Dario, muovendosi possentemente in me mi stringeva violentemente i capezzoli. Lo sentii tendersi e poco dopo il suo bollente seme inondarmi l’intimità. Dario emise un rauco grido di piacere prima di appoggiarsi con tutto il suo peso sul mio corpo.
In quel preciso istante provai una sensazione di trionfo e di felicità per averlo fatto godere del mio corpo.
Mi lasciarono li, bendata e colma dei loro umori per un tempo infinitamente lungo.

La maschera mi venne tolta dal viso e mi trovai a fissare gli occhi di Dario, seduto al mio fianco.
– Sei stata proprio brava Daniela, mi compiaccio.
– Anche a me &egrave piaciuto quando mi hai presa.
Dario era completamente nudo e per la prima volta potevo vedere il suo corpo non coperto dagli abiti.
Il collo taurino, le spalle possenti, l’addome prominente, il pene floscio e comunque enorme, le gambe muscolose.
Dario si era accorto del mio esame.
– Ora lecca tutto il mio corpo Daniela, voglio assaporare la tua lingua.
Lo disse sdraiandosi sul letto ed io cominciai a dedicarmi a lui, al suo corpo.
Leccai la sua mano destra succhiandogli ogni singolo dito, percorsi il suo avambraccio sino al gomito e poi proseguii sino alla spalla. Da li la mia lingua raggiunse la gola prendendo poi a percorrere la spalla ed il braccio sinistro sino a dedicarmi in egual maniera alla mano sinistra. Staccai la lingua dalla sua pelle solo per ricominciare a leccarlo sulla nuca, scendendo lungo la schiena, soffermandomi prima sulle scapole, raggiungendo poi lo spazio fra i glutei. La tappa successiva fu l’esterno della sua coscia destra che percorsi verso il basso sino al ginocchio e poi sino alla caviglia. Particolare sensualità usai nello succhiare e leccare il suo piede prima di risalire verso il suo sesso che saltai a pi&egrave pari per leccare prima la sua gamba ed il suo piede sinistro.
Avevo leccato tutto il suo corpo ed ora non mi restava che concentrarmi nuovamente sul suo pene che era nuovamente diritto e turgido.
– Prima di succhiarmi il cazzo leccami il culo. ‘ Lo disse girandosi su di un fianco e sollevando una gamba in modo da rendermi agevole il raggiungere il suo orifizio.
Avvicinai il mio viso al suo fondoschiena e con la lingua presi a sfiorare la pelle quasi grinzosa del suo ano. Ogni volta che la mia lingua lo sfiorava i suoi glutei si tendevano ed io mi compiacevo dell’eccitazione che evidentemente provava.
– Ora andiamo a fare una doccia.
Non mi lasciò nemmeno un istante per realizzare ciò che aveva detto che, quasi strattonandomi, mi portò in una stanza da bagno la cui porta era mimetizzata in una delle pareti.

Un gigantesco box doccia ci ospitò entrambi e Dario mi fece inginocchiare davanti a lui orinandomi di riprendere a leccargli e succhiargli il pene.
Obbediente mi inginocchiai e ripresi a succhiarglielo con tutta la voluttà di cui ero capace.
Dario si appoggiò ad una parete del box e con le mani mi diede il ritmo.
Io percorrevo con la lingua quel pene enorme, succhiandone ogni millimetro e solleticando con la punta della lingua i testicoli.
Dario venne con un nuovo consistente fiotto di sperma che si riversò sul mio viso, colando sul mio seno.
Stavo per alzarmi quando Dario mi spinse nuovamente in ginocchio ed io vidi sgorgare dal suo pene l’urina dorata che mi raggiunse con un getto poderoso.
Il suo liquido bollente si riversò sul mio viso, sul mio corpo. Non mi aspettavo nulla di simile e non essendo preparata alcune gocce di urina mi entrarono negli occhi provocandomi un bruciore irresistibile. Nella bocca sentivo il sapore salato del suo effluvio e repressi un conato di vomito.
Mai mi ero sentita più umiliata. Non avrei mai creduto possibile di diventare l’orinatoio di un uomo. Ripresi istantaneamente ad odiare quell’individuo per il quale accettavo tanto degrado.

Facemmo la doccia in silenzio ed io mi lavai più e più volte per ripulirmi dall’umiliazione.
Ero davvero shockata da quell’ultima umiliazione e la mia risolutezza vacillava ora riportandomi a quella depressa indecisione che tanto mi aveva tenuta in ostaggio.

Quando ci fummo rivestiti tornammo in sala e prima che io potessi sedermi Dario mi congedò.
– Ora vattene. Non chiamarmi. Non venire qui. Mi farò vivo io quando avrò bisogno dei tuoi servigi. Ciao.
Non c’era nulla da replicare e con un semplice ciao di rimando lasciai la casa.
Nei giorni seguenti, ogni volta che uscivo di casa o da scuola cercavo con lo sguardo la figura di Dario ma non la scorsi mai. In quel periodo non era ancora giunta l’epoca dei cellulari e sapevo che non mi avrebbe mai telefonato a casa, correndo il rischio di trovarsi a parlare con i miei genitori.
Alla trepidazione dei primi giorni, cadenzati dal mio desiderio di rivederlo, seguirono giorni di profonda introspezione nei quali cominciavo a prendere coscienza di quanto fossi vicina a perdere sia il controllo, sia quel poco di stima per me stessa e dignità che ancora mi era rimasta.
Più il tempo passava e più il fatto di non essere contattata da Dario, invece di deprimermi, mi dava un senso di sollievo. Giunsi infine a sperare che non mi avrebbe più contattata.
Cominciai a frequentare nuovi posti, nuova gente e il mio umore, altalenante ma sempre assai tetro, cominciò a tornare ai livelli di sempre. Mi sentivo bene come da tempo non mi capitava. Anche gli studi, che avevano subito un deleterio rallentamento, ora andavano meglio e tutto sembrava girare nel modo giusto.

Un sabato mattina, al termine delle lezioni, passeggiavo tranquillamente con una mia compagna di classe guardando le vetrine, commentando con lei le ultime mode in fatto di abbigliamento.
– Ciao Daniela.
La voce proveniva da dietro e non avevo certo bisogno di voltarmi per sapere di chi fosse!
Dario era li, a un passo da me e mi fissava con il suo sguardo che mi riportava sull’orlo dall’abisso.
– Posso parlarti un attimo? ‘ il suo tono era gentile ma io che lo conoscevo sapevo che non era una domanda la sua, ma un ordine!
Pregai Elena, la mia amica, di scusarmi e la salutai.
– Non mi hai nemmeno presentato alla tua amica ‘ disse Dario continuando a seguire con lo sguardo Elena che si allontanava.
Venni presa da un eccesso di gelosia e scattai in avanti, sopravanzando Dario di qualche passo. Un angolo di me inoltre aveva paura che anche alla mia amica potesse capitare una storia tanto assurda come quella che mi aveva attanagliata.
– Questa sera ti aspetto alle 8 a casa mia. ‘ un altro ordine.
– Mi spiace ma stasera ho un altro impegno. ‘ non era vero ma non avevo alcuna voglia di ritrovarmi con lui e con chissà chi altro a casa sua.
– Non mi interessa se hai altri impegni, devi venire!
– Ho detto che ho un altro impegno! ‘ ribattei brusca.
La sua mano si poggiò repentina sul maglioncino che copriva il mio seno e si chiuse, artigliandolo e facendomi scendere lacrime di dolore.
Eravamo in mezzo alla gente ma lui aveva fatto scudo con il suo corpo e nessuno poteva vedere la sua mano provocarmi dolore. Aveva anche avvicinato il suo viso al mio orecchio.
– Senti troia, non farmi incazzare! Ho detto che devi venire. Ok?
– Si ‘ Lo dissi più per far cessare quel dolore lancinante che per convinzione e lui se ne accorse.
– Mi vuoi sfidare? Vuoi sfidare il tuo padrone?
– No, non voglio sfidarti ‘ questa volta ero sincera. Non volevo sfidarlo, desideravo solo che smettesse quel dolore e glielo dissi.
Lui allentò la presa e io tornai a respirare.
– Allora, verrai?
– Si, verrò!
Dario non disse altro e senza nemmeno salutarmi si allontanò tra la folla.

Quella sera mi presentai a casa sua nell’abbigliamento meno sensuale possibile: jeans di un paio di taglie più grandi della mia, un paio di scarpe da ginnastica ed un maglione dal collo alto.
– Ma come cazzo ti sei vestita?
Fu questo il saluto di Dario quando venne ad aprirmi.
Quasi mi trascinò nella ‘sala dei giochi’, come sapevo essere chiamata, mi ordinò di spogliarmi.
Obbedii e quando restai completamente nuda Dario mi applicò la solita mascherina che mi rendeva cieca.
Mi aspettavo di essere legata alla parere o di essere gettata sul letto ed invece fui fatta posizionare sul ‘cavallo’.
Fatto a foggia di cavalletto, consentì a Dario di legarmi le braccia lungo i due sostegni anteriori e le gambe su quelli posteriori che scendevano a terra divaricandosi. Il mio busto, dall’ombelico alle spalle, poggiava sul piano del cavallo mentre la mia testa restava al di fuori come anche il mio bacino. Le mie gambe formavano un angolo di novanta gradi con il mio busto e con le punte dei piedi riuscivo appena a sfiorare il pavimento.
Restai in quella posizione per qualche minuto senza sentire alcun rumore o percepire alcuna presenza nella stanza.

Sentii la porta aprirsi e alcuni passi dirigersi verso di me. Una mano si poso sulla mia schiena percorrendola verso l’alto. Non sapevo di chi fosse quella mano ma il tocco era delicato e quasi dolce. La stessa mano salì sino ad insinuarsi tra i miei capelli e da dolce si fece rude.
Stringeva i capelli e contemporaneamente sentii un odore muschiato invadermi le narici e le mie labbra venire in contatto con qualcosa che capii immediatamente essere un pene in erezione. La stretta ai capelli rallentò solo quando aprii la bocca iniziando a baciare quel pene ignoto. Non riuscivo ad immaginare chi fosse. Stavo cercando di cogliere qualsiasi segnale che mi rivelasse l’identità di quell’uomo quando il mio sesso prese ad essere leccato da un’abile lingua che lo percorreva.
Cominciai a perdere cognizione di quello che stava succedendo nella stanza e questo a causa dell’eccitazione che si era accesa in me e che ora mi stava pervadendo.
Il pene che stavo succhiando pulsava e proprio quando cominciavo a credere che sarebbe esploso nella mia bocca, si allontanò venendo però immediatamente sostituito da un altro. Realizzai che c’erano tre uomini attorno a me ma quando sentii la voce di Dario ad una certa distanza ed un’altra voce che a lui rispondeva, capii che di uomini dovevano essercene almeno cinque.
La lingua che stava esplorando il mio sesso si staccò ed io mi concentrai sul pene che entrava ed usciva dalla mia bocca.
Due mani si posarono sui miei glutei e dopo un attimo un pene caldo mi penetrò facendomi sussultare. Seppur eccitata non ero ancora completamente bagnata, nonostante l’opera della lingua che sino a poco prima aveva leccato il mio sesso. Ai primi attimi di ruvido dolore fecero seguito ondate di piacere trasmesse da quell’asta durissima che si muoveva dentro di me.
Altre mani erano sul mio corpo ed una in particolare scese sino ad incontrare la fessura tra i glutei, arrivando in breve a sfiorarmi il buchetto.

Sono sempre stata molto sensibile a quel particolare tocco e sino ad allora non avevo accettato alcun tipo di penetrazione anale, limitandomi ad accettare solo il soffice contatto con la lingua dei miei partner.
In quel momento invece un dito mi penetrò fulmineo e i miei muscoli anali si contrassero in uno spasmo di dolore che mi fece involontariamente serrare le mascelle, mordendo il pene che avevo in bocca.
Un gemito di dolore.
– Maledetta stronza’ mi ha morso il cazzo!
Un ceffone violento mi colse del tutto impreparata e dopo il cristallino dolore sentii un calore intenso avvolgere la guancia colpita.
Quella scena doveva essere sembrata divertente agli occhi dei presenti poiché colsi risate soffocate provenire da loro.

Intanto, dietro di me, il pene nella vagina ed il dito nell’ano continuavano a muoversi e quella duplice penetrazione cominciava a piacermi a tal punto da portarmi al limite dell’orgasmo, che riuscii però a trattenere.
Sentii il pene uscire dalla mia vagina e dopo un attimo un pene entrare prepotentemente nella mia bocca ed eiaculare abbondantemente. Un altro riflesso incondizionato mi impose di deglutire quel liquido amarognolo. Era sicuramente il pene dell’uomo che sino ad un istante prima mi stava penetrando.

Immediatamente un altro pene entrò in me nello stesso momento in cui il dito usciva dal mio ano. La sensazione era diversa’ il sesso che mi penetrava ora era più corto ma decisamente più grosso e mi provocava ondate di intenso piacere.
Ormai ero in uno stato tale di eccitazione che non desideravo altro che essere posseduta in ogni modo possibile. Volevo godere, volevo essere scopata!

Persi il conto dei cambi e mi sembrò che gli uomini che mi possedevano fossero una moltitudine. Ogni volta che uno stava per venire usciva dal mio sesso per venirmi in bocca e subito un altro prendeva a penetrarmi con rinnovato vigore.
I muscoli delle cosce e dell’inguine mi dolevano sia per la posizione in cui mi trovavo, sia per la continua tensione determinata dalle penetrazioni.
Quando ricevetti in bocca l’ennesimo fiotto di sperma e nessuno mi penetrò, mi rilassai esausta, sperando che finalmente tutto si fosse concluso.
Nonostante fossi arrivata più volte vicina all’orgasmo non ero riuscita a rilassarmi a sufficienza per farlo esplodere e quindi ero rimasta praticamente insoddisfatta.
Non che la cosa mi importasse’ non vedevo l’ora invece di essere libera di muovermi, rivestirmi ed andarmene.

Quei miei pensieri vennero invece traumaticamente interrotti da un dolore lancinante che dall’ano si irradiava in tutto il mio corpo. Mi sembrava di essere squarciata da un tizzone ardente ed un urlo incontenibile sgorgò dalle mie labbra.
– Com’&egrave stretto il tuo culo’ incredibile’ mi avvolge il cazzo come un guanto!
Io avevo gli occhi colmi di lacrime ed il dolore non tendeva a diminuire. Ogni volta che lui affondava in me, sodomizzandomi con forza, io urlavo per il dolore.
Non provai alcun tipo di piacere, il dolore non diminuì nemmeno un poco e quando, dopo un tempo che mi parve interminabile, l’ignoto sodomizzatore riversò il suo seme sulla mia schiena nuda mi parve di non poter più avere la forza di rialzarmi.
Il dolore pulsante che mi attraversava era troppo profondo perché provassi sollievo immediato semplicemente a causa della definitiva estrazione di quel sesso maschile dal mio ano violato.

Due mani pietose mi slacciarono i legacci ed io, appena ritrovate un poco di forze, mi tolsi la mascherina.

Dario e i quattro ‘amici’ erano già rivestiti. Sorridevano tutti e con orrore vidi che versavano del denaro nelle mani di Dario, ringraziandolo per la serata.

Ero stata venduta’ prostituita a mia insaputa!
Sentivo il mondo crollarmi addosso. Mi sentivo immonda, sporcata nell’animo per colpa sua! Si, la colpa di tutto ciò era solo sua’ di Dario, al quale avevo donato me stessa e la mia cieca obbedienza.

Trovai la forza di alzarmi, di rivestirmi con i miei indumenti, sparsi sul pavimento e di avvicinarmi all’uscita della ‘sala dei giochi’.
– Sei stata davvero molto brava Daniela’ meriti un regalino!
Lo vidi prendere una banconota dal rotolo di denaro che aveva in mano e porgermelo.
La vista mi si annebbiò per un attimo e poi una furia fredda e determinata mi pervase sin nel più profondo io.
– Vai a farti sfottere, bastardo!

Provai una piacevolissima sensazione di dolore quando il mio pugno si abbatté sul suo viso e un impeto di trionfo mi invase nel vedere un fiotto di sangue sgorgare dalle sue narici.
Non ancora soddisfatta gli assestai un calcio al basso ventre e lo vidi cadere a terra ansimante stringendosi le parti intime.
– Con me hai chiuso maledetto figlio di puttana. Non arrischiarti a farti rivedere perché ti ammazzo!

Me ne andai momentaneamente trionfante da quella immonda casa e dal suo teatrino degli orrori e non rividi mai più Dario nonostante per un certo periodo abbia vissuto con il timore di sue rappresaglie.

Quelli che ho narrati sono solo gli episodi più significativi di una relazione assurda che durò per circa sei mesi e dalla quale usci psicologicamente distrutta.
Per quasi un anno non sopportai il minimo contatto intimo con alcun uomo e solo il mio trasferimento in un’altra città per frequentare l’università mi concesse lo spazio per superare quel periodo della mia vita che annovero tra i più bui.

Da allora mi sono concessa numerose volte a diversi partner sia maschili sia femminili e in alcune occasioni ho accettato giochi di ruolo ai quali però mi sono sottoposta sempre e solo fino ad un certo punto, pronta a sfoderare le unghie quando da gioco, la situazione si trasformava in qualcosa di diverso che non ero, non sono e non sarò mai più così stupida da accettare.

In estrema sintesi credo che quell’esperienza, sicuramente per molti versi traumatica, mi abbia fatta crescere e mi abbia dato la possibilità di conoscere la parte più oscura di me, la parte più remissiva e di capire come non sia mai moralmente accettabile svendersi.

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