Giovedì mattina, oggi abbiamo deciso di fare una gita insieme.
Per poter fuggire dalla monotonia degli incarichi lavorativi, e per farci una risata insieme.
O almeno, questo è quello che le ho detto, nella realtà questa gita nella mia testa ha tutt’altro scopo.
Ci vediamo presto, entrami con lo zaino e il pranzo al sacco. Scarponi per camminare, un giubbotto (che di questi tempi arriva il fresco) e pantaloni pesanti.
La camminata fino al lago procede amabilmente, e tra una tema e l’altro arriva il sole cocente. Si sa, in certi orari anche con buona intenzione, camminare è proibitivo.
Approfitto della pausa per tirare fuori dallo zaino la prima sorpresa della giornata.
“Mi sembrava strano che oggi non si facesse nulla”, dice lei a vedere il mio ghigno mentre scavo nello zaino.
“Per favore, girati e abbassati i pantaloni”
La sua faccia fa capire che non è propensa a fare questa cosa, chiunque potrebbe spuntare dal sentiero. Ma con un mio secondo sguardo demorde, girandosi si slaccia i pantaloni.
Mi trovo davanti le sue natiche coperte solo dalla mutande, ma non è che ora mi interessi farci nulla di particolare. Sposto leggermente il lembo di stoffa per aver acceso al suo ano. Il dilatatore anale fa sempre un po di fatica ad entrare, la sento gemere. Su e giù, con un piccolo sforzo alla fine entra.
“E ora?”, mi chiede con un tono un po stizzito, come se si aspettasse altro.
“Ora ti tiri su i pantaloni, e riprendiamo il cammino”.
Ancora non è il momento giusto per entrare in azione penso, tempo al tempo. Camminare in quello stato la farà bagnare gradualmente.
Passa qualche ora di cammino, la sua faccia tenta di mascherare compostezza, ma so bene che se la toccassi ora sarebbe fradicia.
Finalmente arriviamo a destinazione, davanti a noi si apre una distesa di acqua immensa.
La fine di quella tortura? Divertente, ma no. Siamo giusto all’inizio.
Lo spazio che abbiamo è immenso, certo è da condividere con qualche altro montanaro qui e li. Sono certo che il più vicino sia a svariate centinaia di metri di distanza.
Essendo già passato di qui un paio di volte ho potuto studiare uno spazio appartato del lago.
Faccio strada ancora per qualche minuto nel bosco, e ci troviamo davanti a un fiume li vicino.
Mettiamo un telo e ci sediamo, lei tira fuori il cibo e io il mio.
Fa un gesto per dare un morso al panino, ma immediatamente la fermo.
“Senza le mani”, mi guarda con uno sguardo di odio.
Poggia il panino sul telo e tirandomi un’altra occhiataccia inizia il suo pasto con le mani dietro la schiena.
Mentre do qualche morso ai miei panini, prendo i suoi polsi e le metto un paio di manette.
A questa cosa non reagisce minimamente, anzi sembra quasi compiaciuta dalla cosa. Dico sembra perché cerca sempre di mantenere le apparenze.
Scegliendo il luogo in anticipo sapevo già cosa la natura poteva offrimi. Mentre lei è intenta a dare morsi a destra e a manca, io mi alzo.
Mi dirigo verso un’albero attaccato al fiume, vi faccio passare una corda e ci faccio un nodo stretto.
Facendo qualche salto sulle rocce riesco ad arrivare dall’altra parte del fiume, per fortuna che gli scarponi sono impermeabili.
La corda che è abbastanza lunga arriva dall’altro capo del fiume senza problemi.
Arrivato li faccio un’altro nodo su un’albero li vicino.
Prima di completarlo inserisco una carrucola, il gioco è fatto.
Una corda tesa tra due capi del fiume, con sopra una carrucola che si muove agilmente.
Torno da lei che mi guarda con faccia confusa, ha visto tutta la scena, ma non sa che intenzioni io abbia.
Una volta arrivato da lei la metto sulle mie ginocchia, e con calma meticolosa la spoglio di quello che indossa.
Lei si lascia prendere perché curiosa di come si evolverà la situazione. Arrivato all’intimo noto con piacere che mettere il plug con qualche ora di anticipo è servito, una distinta macchia si fa largo nelle sue mutande.
Prendo dallo zaino un’ultima corda e la lego attorno ai suoi polsi, in prossimità delle manette. La carico in spalla e mi muovo verso la carrucola, faccio una rapida prova e tutto regge senza segni di cedimento.
Lei è sempre con una faccia più confusa, questa espressione si trasforma rapidamente in paura quando la spingo a metà del fiume con un colpo sulle natiche.
La carrucola la fa viaggiare di qualche metro, mettendola in una situazione dove l’acqua della corrente le finisce direttamente in faccia senza darle tregua.
Mi sposto nella sua direzione godendomi lo spettacolo dei suoi movimenti buffi e impacciati, le sue gambe sembrano le pale di un’elicottero da quanto veloci le fa muovere.
La prendo per i capelli alzandole la testa da quella tortura, lei sputa un po’ di acqua e mi fissa (per quel poco di occhi che riesce ad aprire essendo già diventati rossi).
“Cosa sei?” le dico con voce decisa.
“La sua schiava” mi risponde con freddezza.
Mollo la pressa facendole rifare lo spettacolo di tessuti aerei che avevo visto prima.
La riprendo, la guardo con decisione, sa chi è al comando in quel momento.
“Sei il mio giocattolo, dillo”
“Sono il suo giocattolo”
La immergo un paio di volte, giusto così perché posso.
“Ripetilo”
“Solo il suo giocattolo”
Con un’altro colpo sulla natica la rispedisco indietro, seguendola con la coda degli occhi vedo che va sull’albero da cui eravamo partiti.
Torno indietro e la slego, la riporto indietro, le rimetto i vestiti a posto e siccome si è fatto tardi smonto la sua e la mia roba.
L’esperienza la ha stancata un po’, così ho deciso che per il suo bene questa sera la passeremo al rifugio di questo lago.
Il racconto è di fantasia, per poter parlare con me: DaIlDom@proton.me
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grazie amore
Non credo di aver avuto il paicere, ma grazie intanto della lettura.
Leggendo i tuoi racconti continua a venirmi in mente Potter Fesso dei Gem Boi