Sandra preparava la cena a casa, i figli intenti a fare i compiti e suo marito al computer, nello studio. Una visita di un amico passato in auto, che doveva riferire qualcosa a Max, lo costrinse a uscire di casa. Lei ne approfittò, col PC finalmente libero, per inviare un paio di mail. Nella concitazione suo marito aveva lasciata aperta una cartella, che catturò la sua attenzione. Per poter esaminare poi con maggior agio il contenuto, ricopiò rapidamente tutto in una cartella e si allontanò dalla scrivania prima del ritorno di Max. Si chiese, in seguito, se quella cartella si trovasse inavvertitamente sul desktop del computer di esclusivo utilizzo di loro due, oppure ci fosse una maliziosa volontà di fargliela rinvenire. L’impatto immediato le suscitò tristezza, poi una rabbia che a stento riuscì a trattenere, si sentì avvampare.
Max aveva creato un mondo immaginario che la vedeva protagonista di tradimenti, di avventure erotiche nelle quali, per usare un pallido eufemismo, lei si comportavo molto disinvoltamente. La struttura della narrazione consisteva nell’innestare su elementi reali – viaggi di lavoro, vacanze, incontri occasionali, amicizie -, storie fantasiose in cui la realtà veniva distorta, stravolta. In queste invenzioni Sandra era la protagonista che aveva come unico obiettivo quello di soddisfare la propria lussuria, mentre lui si era ritagliato il ruolo di marito ignaro che veniva tradito, oppure di coniuge ben consapevole e che addirittura si adoperava per favorire gli incontri adulterini della moglie. Max arricchiva le storie con immagini di Sandra, talvolta rielaborate con programmi di ritocco fotografico -, che lui stesso aveva scattato e in cui lei appariva nel suo fulgore di quarantenne in abiti molto discinti o addirittura nuda.
Sandra immergendosi nella erotica narrazione, lentamente, finì con l’esserne morbosamente attratta, tanto da ritagliarsi momenti dedicati a questa lettura. Analizzò la deriva dalla realtà di suo marito, che preferiva una condizione fantastica alla concretezza di un rapporto carnale con lei che, pur non tramontato, sembrava aver perso di interesse e vigore. D’altro canto anche lei doveva ammettere una certa insoddisfazione per il loro menage sessuale, troppo abitudinario e privo del fuoco di un tempo. Così si ritrovò ad invidiare la Sandra immaginaria, nonostante la povertà di personalità, la grettezza di sentimenti con cui veniva ritratta. Addirittura si identificò col personaggio, tanto da farne proprie le emozioni, i turbamenti, i rimorsi impastati con una lascivia bruciante, che realizzavano un mix erotico entusiasmante. Pur non giustificandolo pienamente, comprese il marito che, nel suo desiderio di recuperare una sessualità più piena, di fronte alle difficoltà si rifugiava nell’immaginario.
Un fatto di cronaca locale riferiva di una casa di appuntamenti in cui esercitavano il loro mercimonio alcune signore bene della nostra città: ciò aveva dato lo spunto a Max per imbastire un piccante racconto che colpì particolarmente Sandra: come previsto, lei era stata inserita fra le protagoniste che si comportavano da puttane per vivere nuove e proibite emozioni. Era eccitata dalla descrizione degli incontri, misteriosi e imprevedibili, e tanto più quanto i clienti fossero rozzi e volgari. Le piaceva l’idea di trovarsi nuda sul letto di una stanza al buio e, col cuore che palpitava, avvertire qualcuno di cui ignorava l’identità, avvicinarsi, toccarla, giocare con le sue rigogliose mammelle, leccarle fra le cosce la figa sempre più bagnata; le pareva di gustarsi i sapori di quei membri che prendeva in bocca, da quelli più soft a quelli decisamente intensi e rustici.
Questa narrazione diede l’estro, l’ispirazione di creare anche lei una cartella in cui dar sfogo a sue considerazioni prendendo spunto dalle fantasie di Max, da cui traspariva una sua voglia, ridestata dal suo inconscio, di trasgressione.
Max, sempre più frequentemente accedeva alla cartella, non protetta da password, morbosamente eccitato da quei files che trasudavano di perversioni compresse, inibite che si palesavano sempre più audacemente.
Quel gioco che era stato finora ambiguo, ora diventava manifesto, si svolgeva a carte scoperte e generò fra loro un intrigante, malizioso, ambiguo duello in cui i loro desideri più lascivi, inconfessati venivano messi a nudo.
Accadde una sera, mentre lei fuori per una cena con amiche, che Max trovò invece delle solite considerazioni sui sentimenti eccitati ed eccitanti di sua moglie, sulle sue voglie inespresse, una narrazione dettagliata. L’incipit descriveva una situazione che solo una settimana prima si era verificata e cioè la necessità di liberare da un giorno all’altro un vasto lastricato da ingombranti oggetti, per dar modo a una ditta di svolgere lavori urgenti. Solo Sandra riusciva ad essere presente quel giorno, ma non potendo spostare carichi pesanti si era ricorsi all’aiuto di Khalid un ragazzo marocchino tuttofare sempre disponibile. Fatte queste premesse il racconto si dipanava in un crescendo si emozioni.
“ ….Era quasi mezzogiorno e avevamo entrambi lavorato duramente sotto il sole quando finimmo il lavoro. Il ragazzo marocchino era stato molto efficiente nel movimentare quei grossi pesi – nonostante la sua figura esile palesava una notevole forza – , io avevo dato una mano e diretto le operazioni.
Anche per farmi perdonare del mio modo troppo perentorio di dare ordini, che poteva averlo ferito nel suo amor proprio, lo invitai in casa.
– Khalid vieni a bere qualcosa di fresco prima di ritirare il tuo compenso.
Avvertivo il bisogno di togliermi i fuseaux e la t-shirt bagnati e rilassarmi sotto un bel getto d’acqua.
– Non vedo l’ora di ficcarmi sotto la doccia.
Vidi l’espressione del suo volto mutare alle mie parole, diventare ferina, carica di una non celata cupidigia; i battiti del mio cuore crebbero in frequenza e mi sembrò di avere il respiro corto.
Mi balenò nella mente l’idea che la situazione in cui mi trovavo non avrebbe sfigurato nei racconti di Max: sola in casa con un giovane che certamente non era stato indifferente ai miei glutei inguainati da attillati fuseaux, ai miei seni che si muovevano morbidamente sotto la t-shirt indossata senza reggiseno. Mi resi conto che il mio abbigliamento poteva essere provocante e chissà quali pensieri avevo indotto nel ragazzo! Ne fui confermata notando il rigonfiamento della tuta di Khalid, all’altezza del pube. Provai una strana tensione.
Volsi le spalle a Khalid per racimolare nella borsa, appoggiata sul tavolo, il denaro per il compenso pattuito e congedarlo.
Senza preavviso due mani dalla stretta ferrea mi afferrarono da dietro, a coppa, i seni al si sopra della maglietta e mi strinsero dolorosamente i capezzoli.
Quante volte nelle fantasie di Max avevo ceduto preda della mia lussuria, quante volte avevo sognato di identificarmi col personaggio inventato, privo di inibizioni, di cui ero stata l’ignara ispiratrice. Avrei dovuto protestare, ribellarmi e invece le mie gambe iniziarono a tremare, un calore invase il mio ventre: ero ormai succube di quell’eccitazione che mi dominava.
Da dietro il ragazzo mi baciava, leccava il collo, provocandomi brividi lungo la schiena, mi sollevò e sfilò la t-shirt impastandomi le tette e pizzicandomi i capezzoli.
– Kha…Khalid….ti prego…
– Signora ammetti che ti piace.
Mi piaceva, eccome se mi piaceva. Fu come sciogliermi, cedere ai miei istinti più primordiali che i racconti di mio marito avevano tratto dal mio profondo emotivo. Gemevo sotto l’azione di quelle mani che mi frugavano ovunque.
La mia intimità stillava per il piacere. Non avevo la volontà, la forza di oppormi.
La mia arrendevolezza lo incoraggiò:
– Signora mi hai provocato mettendoti in mostra tutta la mattina. Credo che tu cercassi da me qualcosa…. sei una gran puttana. -. Mi sibilò all’orecchio.
Avvertivo la potente erezione della verga di carne che premeva in corrispondenza del solco dei miei glutei. Mi teneva immobilizzata e mi sospingeva in avanti; poi postosi davanti a me che non avevo la forza di reagire, si spogliò: sgranai gli occhi. Ciò che mi impressionò era il contrato fra quell’uomo dal corpo esile, magro e il suo membro le cui dimensioni erano decisamente sproporzionate rispetto al resto: osservavo come ipnotizzata quella scura propaggine che pareva avere vita propria, uno scuro, grosso serpente di carne. Sicuro, Khalid mi comandò – le parti si erano invertite ed era lui a dare ordini – di prendergli in bocca il suo enorme cazzo privo di prepuzio: ebbi un moto iniziale di disgusto per l’afrore che emanava ma iniziai a succhiare fino ad apprezzarne il sapore selvatico. Era straordinaria quella carne pulsante che mi lievitava dentro. Lui spingeva la sua verga rendendomi faticoso il respiro, poi la estrasse gocciolante della mia saliva e, con un gesto improvviso e violento, mi spinse sul bordo dell’ampio divano del soggiorno, mi strappò con un colpo secco gli slip, mi sfilò i fuseaux che aveva precedentemente abbassato alle mie caviglie.
– Si Khalid sono tua, prendimi, lo voglio -. Ormai bruciavo di un desiderio incontenibile, preda della mia devastante lussuria.
Tenendomi sollevate e allargate le gambe, in forza della sua energica presa sulle mie caviglie, esponeva la figa alla mercé del suo scettro di carne che mi penetrò senza indulgere ad alcuna tenerezza. Avrei tanto desiderato che la sua bocca e la sua lingua avessero leccato e succhiato la mia fessura fradicia e odorosa, ma ora miagolavo, strillavo per quell’uccello maestoso che mi invadeva, apriva e mi sbatteva con una furia che mai avevo provato in vita mia.
Ero tutta presa, decisa ad assecondare arrendevole, schiava sottomessa, quell’uomo, volgare, dominatore, che mi provocava un piacere fisico indescrivibile. La sua trivella veniva estratta per poi essere infissa più profondamente, con un vigore che sembrava inesauribile. Il grande specchio del soggiorno rifletteva l’immagine del mio corpo dalla pelle chiara, sovrastato, schiacciato da quel segaligno individuo bruno e della sua mirabile proboscide che mi trapanava impietosa. Il mio volto tradiva piacere, un abbandono lascivo, il suo era una maschera di trionfante orgoglio ghignante. Mi contraddissi: gridai che mi faceva male, che mi stava squartando, che per pietà la smettesse e subito dopo lo implorai che non si fermasse; in preda a un orgasmo che mi scuoteva le viscere urlai che godevo troppo, che il suo cazzo era il più grosso che avessi mai visto, che mi aprisse pure come una cozza, che era il mio padrone ed io la sua troia. Pensai che Max non poteva reggere il confronto col giovane marocchino a cominciare dalle dimensioni del membro, e ancor di più con la feroce, fantastica voglia animalesca di possedere una donna e del piacere che le poteva recare. La mia mente volava, sognante, la mia razionalità non dominava più il mio cervello sostituita da una passionalità disinibita. Ero una femmina gratificata, adorante di quel meraviglioso cazzo, sopraffatta dai ripetuti orgasmi, dimentica di tutto. Ondate di sperma caldo invasero il mio grembo, spruzzandomi la pelle del ventre, imprimendo il sigillo della sua conquista sul mio corpo espugnato. Ero abbandonata sul morbido tappeto con le cosce oscenamente aperte, bagnate da rivoli di seme maschile che il mio corpo restituiva all’esterno. Lui, in piedi, mi guardava con sufficienza; non pago, pretese afferrandomi rudemente per i capelli, animale assatanato, che gli prendessi di nuovo in bocca il cazzo, che glielo succhiassi facendolo gonfiare fino a farlo esplodere in nuovi getti che in parte ingoiai e in parte mi imbrattarono il viso, i capelli. Tutto questo per sottolineare la mia condizione di umiliata.
Si rivestì e prima di andarsene gettò sul mio corpo nudo, con alterigia, il denaro che avevo preparato per lui, mostrando superiorità nei miei confronti. Intendeva farmi comprendere, con tale gesto, che quei soldi erano il prezzo della mia prestazione da puttana quale lui mi considerava.“
Finito che ebbe di leggere, Max si sentì travolto dalla tempesta che lui aveva messo in moto in sua moglie.
Gli era molto piaciuto dirigere, suscitare e orientare, stabilire il limite fino a cui spingersi in quel gioco erotico, ma ora che chi dava le carte era sua moglie non era più sicuro, ma piuttosto smarrito, assalito da dubbi e paure.
Perfidamente e usando i suoi metodi Sandra, spiazzandolo, lo poneva di fronte a un dilemma.
Il tradimento era una finzione, una provocazione erotica o la pura e semplice realtà?
Quanto vorrei che il live action di disney fosse più simile a questo racconto! Scherzi a parte: divertente, interessante, bel…
grazie amore
Non credo di aver avuto il paicere, ma grazie intanto della lettura.
Leggendo i tuoi racconti continua a venirmi in mente Potter Fesso dei Gem Boi
grammaticalmente pessimo........