la storia riprende da dove era stata interrotta anni fa, cercando di dare continuità e linearità con la storia originale
è un opera di un fan per altri fan del racconto,
per idee e suggerimenti contattami joepunk93@proton.me
Il Primo Passo Verso la Vittoria
Il giorno dopo mi svegliai con la mente in tumulto, un groviglio di pensieri che mi aveva tenuto sveglio quasi tutta la notte. Elena dormiva accanto a me, il suo respiro calmo e profondo, come se nulla l’avesse scalfita. Io, invece, ero un fascio di nervi. La gabbietta mi stringeva senza pietà, un dolore sordo che pulsava dai testicoli, un promemoria costante della mia resa. Ogni movimento, anche il più lieve, mi faceva sussultare, come se il mio corpo protestasse contro quella prigione di plastica. Ma non era solo il dolore fisico a tormentarmi; era il caos interiore, i ricordi vividi della sera prima che mi travolgevano senza sosta.
Ripensavo a Marco, alla sua presenza dominante, al modo in cui era entrato in camera con quella sicurezza naturale, come se il mondo fosse suo. Lui che mi ordinava di spogliare Elena, di prepararla per lui, poi ripensai ai momenti con Franco. La vergogna mi aveva bruciato la pelle: toccare un altro uomo in quel modo, con delicatezza, come un rituale intimo, era umiliante. Ma la paura si mescolava a un’eccitazione perversa, insopportabile. La gabbietta pulsava, il dolore era acuto, ma lo controllavo, respirando piano, stringendo i denti per non gemere. E poi c’era quel pensiero che mi ossessionava: non avevo mai sfiorato l’ano di Elena, mai. Non avevo mai osato, non avevo mai nemmeno pensato di chiederglielo. Era un territorio proibito, intimo, che avevo sempre rispettato, quasi venerato. E ora… Era una sensazione che non avevo mai provato con lei, un’intimità che non avevo mai reclamato. E questo mi faceva sentire… piccolo, inadeguato, ma anche stranamente privilegiato.
Ripensai ai gemiti di Elena, mentre Marco la possedeva per la prima volta. Non era mai stata così con me. Mai così… porca, volgare, abbandonata. Con me, il nostro sesso era stato dolce, romantico, quasi timido. Non avevo mai tirato fuori quella parte di lei, quella donna che supplicava, che gridava parole crude, che si sottometteva con una passione che non conoscevo. Forse era colpa mia. Forse non avevo mai saputo accendere quella scintilla, non avevo mai avuto il coraggio di dominarla, di spingerla oltre i limiti. Marco ci era riuscito in una sera, con una facilità che mi umiliava. Lui aveva liberato qualcosa in lei, una natura che io non avevo mai sospettato, e ora mi chiedevo: era sempre stata lì, nascosta, in attesa di un uomo come lui? O ero io che non ero stato abbastanza? Non abbastanza uomo, non abbastanza audace. Questa consapevolezza mi bruciava, ma mi eccitava. Vederla così, sottomessa, sporca, desiderosa… mi faceva male, ma mi faceva anche pulsare nella gabbietta, un misto di vergogna, paura e desiderio che non riuscivo a controllare.
Elena si mosse nel sonno, girandosi verso di me. Il suo seno sfiorò il mio braccio, e il dolore nella gabbietta si fece più acuto. Strinsi i denti, respirando piano per non svegliarla. Dovevo resistere. Loro ci stavano “liberando”. Elena mi amava ancora, me lo aveva detto, ma in un modo diverso, limpido, senza le ombre del desiderio represso. E io? Io la amavo abbastanza da accettarlo? Da volerla vedere soddisfatta da altri, da veri maschi, mentre io restavo… Pisellino? Quel nomignolo mi feriva, ma mi faceva fremere. Era la mia resa, il mio nuovo ruolo. La gabbietta lo rendeva reale: non ero più un uomo, non sessualmente. Ero un servitore, un cagnolino, come aveva detto Marco. E quella consapevolezza mi terrorizzava, ma mi eccitava in un modo che non capivo. Forse era questo il Cammino: accettare che il mio desiderio era legato alla mia inferiorità, al mio ruolo di spettatore.
Elena aprì gli occhi, sbattendo le palpebre. Mi vide, sorrise debolmente. “Buongiorno… ”
Arrossii, “Buongiorno, amore.”
Lei si stiracchiò, le lenzuola scivolarono giù, rivelando il suo corpo nudo. La guardai, e il dolore pulsò ancora. “Come ti senti?” .
Lei esitò, mordendosi il labbro. “Un po’ dolorante…
Annuii, cercando di non immaginare i dettagli. “Ti ha fatto male?”
“Sì, all’inizio. Ma poi… è stato bello. Intenso. Educatore Z è molto esigente ma anche generoso” Arrossì. “Mi dispiace se ti fa soffrire sentirmelo dire.”
Scossi la testa. “No… è il Cammino. Dobbiamo accettarlo.”
Passammo la mattinata in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri. Elena si preparò per il pranzo, indossando un abito semplice ma sexy, come piaceva a Marco. Io la guardavo, invidiando ogni curva del suo corpo, sapendo che non era più mio. Non lo era mai stato, non davvero, non come lo era per Marco.
Al pranzo, Marco ci raggiunse al tavolo. Si sedette accanto a Elena, baciandola sulla guancia. “Come va, piccola?” le chiese, ignorandomi inizialmente.
“Bene, grazie,” rispose lei, arrossendo.
Lui mi guardò. “E tu, Pisellino? La gabbietta ti dà fastidio?”
Arrossii, controllando che nessuno sentisse. “Un po’… sì, Marco.”
“È normale,” disse, scrollando le spalle. “Ti ci abituerai. È per il tuo bene. Dimmi, cosa provi oggi? Dopo ieri sera?”
Tremavo, la vergogna che mi bruciava. “Io… sono confuso. Ho paura… ma sono eccitato. Non capisco perché.”
Lui rise piano. “Perché stai imparando il tuo posto, Pisellino. E ti piace. Non è vero?”
“Sì…” ammisi, abbassando lo sguardo. “Ma… mi vergogno.”
“Bravo, ammettilo,” disse. “La vergogna è parte del Cammino. Ora andiamo in camera. È ora di cominciare.”
Ci portò nella sua stanza, chiudendo la porta. “Pisellino, in ginocchio qui,” disse, indicando il pavimento ai suoi piedi. Obbedii, il cuore che martellava.
“Elena, spogliati per me.”
Lei annuì. “Sì, Marco.” Si sfilò l’abito lentamente, rivelando il suo corpo nudo. Arrossì, ma aprì le gambe istintivamente.
Marco sorrise. “Brava. Pisellino, prendi il lubrificante.”
Lo presi dal comodino, le mani tremanti. Vergogna, paura, eccitazione: un vortice che mi consumava. La gabbietta pulsava, il dolore acuto, ma lo controllai, respirando piano.
Marco si slacciò i pantaloni, tirando fuori il suo membro semi-eretto, già impressionante. “Pisellino, lubrificalo. Delicatamente. Preparalo per lei.”
Arrossii violentemente. “Io… sul tuo… cazzo?” balbettai, il cuore in gola.
“Sì,” disse lui, calmo. “Fallo. È il tuo compito. Mostrale quanto sei bravo a servire.”
Elena mi guardò, gli occhi lucidi. “luca… è okay?”
“Sì,” mormorai, la voce rotta. L’eccitazione era insopportabile, nonostante il dolore. Tremavo: vergogna per toccare il membro di un altro uomo, paura di non essere all’altezza, ma soprattutto eccitazione. Presi il lubrificante, versandolo sulle dita. Il suo cazzo era caldo, pulsante, grosso. Iniziai a spalmare il gel, dall’asta al glande, massaggiando piano. Lui gemette leggermente. “Bravo, Pisellino… così… delicatamente, come se fosse il tuo.”
“Marco… mi vergogno tanto,” dissi, la voce tremante. “Non ho mai… toccato un uomo così.”
“Lo so,” rispose lui, sorridendo. “Ma ti piace, vero? Dimmi cosa provi.”
“È… caldo… duro… mi eccita,” ammisi, sentendo il dolore nella gabbietta intensificarsi. “Ma ho paura… per Elena. Non voglio che le faccia male.”
“Non le farò male,” disse lui, gemendo mentre continuavo. “Le piacerà. Vedi come ti guarda?”
Elena ansimava, osservandoci. “Luca… sei bravo… grazie…”
“Continua, Pisellino,” disse Marco. “Dimmi, hai mai toccato l’ano di Elena prima?”
Arrossii ancora di più. “No… mai. Non ho mai… osato.”
“E ora lo farai,” disse lui. “Per me. Per il suo piacere. Non è eccitante?”
“Sì…” mormorai, il cuore che batteva forte. “Grazie” “Ma… mi sento… inferiore.”
“È giusto così,” disse lui. “Ora basta. È pronto.”
Pensai a quanto fosse assurdo: non avevo mai sfiorato quella parte di Elena, e ora mi veniva concesso di penetrarla con le dita, ma solo per prepararla a un altro. Era un privilegio amaro, un’intimità rubata, ma per il piacere di Marco, non il mio. Eppure, questo mi eccitava. La gabbietta mi faceva male, ma controllavo il dolore, lasciandomi travolgere dall’eccitazione.
“Ora, Elena,” disse Marco. “Sdraiati sul letto, a pancia in giù. Pisellino, lubrificala tu.”
Elena obbedì, sdraiandosi, le natiche esposte. Versai altro lubrificante sulle dita, avvicinandomi al suo ano. Era roseo, stretto, intoccato da me fino a quel momento. Lo sfiorai, e lei gemette. “Ah… Luca… piano…”
“Ti fa male?” chiesi, massaggiando delicatamente.
“Un po’… ma continua,” mormorò. “Per Marco…”
Inserii un dito, piano, sentendo la sua resistenza. Era caldo, stretto. Lei spinse indietro. “Sì… così…”
“Marco… è… stretta,” dissi, la voce tremante. “Non voglio farle male.”
“Non le farai male,” rispose lui. “Dilatale bene. Due dita ora.”
Aggiunsi un secondo dito, ruotandoli lentamente. Elena gemette più forte. Pensai a quanto fosse diversa con lui: con me non aveva mai emesso suoni così crudi, mai usato parole volgari. Era colpa mia? Non avevo mai saputo tirare fuori questa sua natura, questa voglia di essere dominata, di essere… usata. Marco l’aveva liberata in una sera, mentre io, in anni, non ci ero riuscito.
“Basta,” disse Marco. Si posizionò dietro di lei, il membro lubrificato pronto. “Pisellino, guida il mio cazzo dentro di lei.”
Tremavo: vergogna assoluta, paura che facesse male a Elena, ma eccitazione che mi annebbiava la mente. Presi il suo membro, lo appoggiai al suo ano. “Pronta?” chiesi a lei.
“Sì… fai piano, Marco… ti prego,” disse lei, la voce tremula.
“Marco… sii gentile,” supplicai. “Non l’ho mai… toccata lì”
“Lo so,” disse lui, sorridendo. “Per questo sarà speciale. Guida.”
Spinse, e io guidai, sentendo la resistenza. Elena gridò: “Ah! Fa male… è troppo grosso!”
“Respira,” disse Marco, spingendo piano. Il glande entrò, dilatandola. Elena urlò: “Dio… Marco… sei enorme… ah!”
“Marco… la stai aprendo tutta,” mormorai, eccitato e spaventato. “È… stretta…”
“Sì, ma lo vuole,” rispose lui, gemendo. “Vero, Elena?”
“Sì… ah… spingi… prendimi,” gemette lei, piangendo.
“Marco… è… bellissima così,” dissi, la voce rotta. “Ma… non è mai stata così con me.”
“Perché tu non sei me, Pisellino,” disse lui, affondando lentamente. “Guarda come si apre per me.”
Elena piangeva, ma spingeva indietro. “Marco… ti prego… sto per… posso venire?”
“No,” disse lui, secco.
“Ti prego, Marco… fammi venire… il tuo cazzo mi sta… spaccando… ah! Ti supplico…”
“Supplica meglio,” ordinò lui, rallentando per torturarla.
“Marco… ti imploro… il tuo cazzo è così grosso… mi fa impazzire… fammi venire… sono la tua puttana… per favore!” urlò lei, il corpo che tremava.
“Non ancora,” disse lui, spingendo più forte. Il suono della carne contro carne riempiva la stanza.
“Marco… ti supplico… non resisto… sto impazzendo… fammi venire… sono tua… usami!” pianse lei, le mani che stringevano le lenzuola.
“Brava,” disse lui. “Ora vieni.”
Elena urlò, il corpo che convulsionava in un orgasmo violento. “Sì! Vengo… ah! Grazie… Marco!” Il suo ano si contrasse intorno al membro di lui, che gemette di piacere.
“Pisellino, guarda come gode,” disse Marco, accelerando. “Toccale il clitoride, falla venire ancora.”
Ebbi un brivido, potevo partecipare al piacere. Obbedii, infilando una mano sotto di lei, strofinando il suo clitoride bagnato. Elena urlò di nuovo: “Ah! Luca… Marco… sto venendo ancora… ti prego, Marco, posso?”
“Supplica ancora,” disse lui, sbattendola con forza.
“Ti imploro… il tuo cazzo mi riempie… sono la tua serva… fammi venire… per favore!” gridò lei.
“Vieni,” ordinò lui.
Elena esplose in un altro orgasmo, urlando, il corpo che tremava.
Marco grugnì: “Ora io… prendi il mio sperma.” Venne con un gemito profondo, riempiendola, il suo membro che pulsava dentro di lei.
Io ero in ginocchio, la gabbietta che mi torturava, ma controllai il dolore, eccitato oltre ogni limite. Vergogna e paura si mischiavano all’eccitazione: avevo toccato l’ano di Elena per la prima volta, ma solo per darla a lui. E lei… lei non era mai stata così porca, così volgare con me. Era colpa mia. Non avevo mai saputo liberarla.
Marco si ritrasse, ansimando. “Bravi. Domani un altro. Pisellino, puliscila.”
Obbedii, leccando il suo ano dilatato, pieno di sperma. Elena gemette: “Grazie… Amore mio.”
“Marco… è stato… intenso,” dissi, la voce tremante. “Non l’avevo mai vista così… non con me.”
“Lo so,” rispose lui. “È il Cammino. Tu servi, lei gode. Ti piace, vero?”
“Sì…” ammisi, il dolore nella gabbietta lancinante, ma controllato. “Mi piace… ma mi fa male.”
“Bravo, Pisellino,” disse lui. “È solo l’inizio. Ora continua a leccare”



Splendido, aspettavo da tanti anni un seguito, complimenti !
In effetti quella serie di racconti ha proprio lasciato il segno, e si sente la mancanza di un seguito. Complimenti per l’omaggio alla storia e all’autore.
Buona nott, bel racconto e avvincente ma non riesco a trovare il/i precedenti, mi aiuta? Grazie
Ottima idea il tuo tributo a quel racconto così intenso… Sarai in grado di pareggiare l’intensità dell’originale? Buon lavoro!