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omaggio a schiavi della setta – capitolo 2 – preparazioni

By 15 Novembre 2025No Comments

grazie ai tanti commenti arrivati
prosegue la trama secondo le indicazioni della storia originale

I giorni successivi furono un vortice di emozioni e umiliazioni, un susseguirsi di sessioni che segnarono il nostro Cammino in modo indelebile. Marco aveva pianificato tutto con precisione, come un regista spietato, e ogni “preparazione” dell’ano di Elena era un passo verso la sua completa sottomissione – e la mia. Dal secondo al settimo uomo, ogni incontro fu un’ulteriore prova della mia impotenza e della sua trasformazione. La gabbietta mi torturava senza sosta, un dolore costante che controllavo a fatica, mentre l’eccitazione cresceva in modo perverso, alimentata dalla vergogna e dalla consapevolezza che non potevo possedere Elena, né darle ciò che Marco e i suoi uomini le offrivano. Non ci fu mai permesso di venire, né a me né a lei, e questo rese ogni momento ancora più intenso, una frustrazione che ci univa e ci separava allo stesso tempo.

Il secondo uomo era un tipo robusto, con un membro spesso ma non troppo lungo. Marco mi ordinò di lubrificarlo, come sempre. Le mie mani tremavano mentre spalmavo il gel sul suo cazzo, sentendo il calore e la durezza sotto le dita. La vergogna mi bruciava, ma l’eccitazione era innegabile, un pulsare doloroso nella gabbietta. Elena, sdraiata a pancia in giù, gemeva piano mentre lo preparavo. Marco, seduto su una poltrona, osservava con un sorriso soddisfatto. “Pisellino, assicurati che sia ben lubrificato. Non vogliamo far male alla nostra ragazza, vero?”

“No, Marco,” risposi, la voce tremante.

L’uomo entrò in lei lentamente, dilatandola con cura. Elena ansimava, stringendo le lenzuola. “È grosso… ah… piano…” Marco non le permise di venire, interrompendo ogni supplica con un secco “No.” Io guardavo, in ginocchio, il dolore nella gabbietta che si mescolava all’eccitazione di vedere Elena aprirsi per un altro.

Il terzo era un uomo più giovane, con un membro lungo e sottile. Lubrificarlo fu più facile, ma la vergogna non diminuiva. Marco mi fissava, commentando: “Pisellino, sembri proprio bravo a maneggiare cazzi. È il tuo talento naturale?”

Arrossii, sentendo un brivido di eccitazione a quelle parole umilianti. “Io… faccio solo quello che mi dici,” balbettai.

“Frocetto,” disse l’uomo ridendo, mentre finivo di lubrificarlo. Quel termine mi colpì come una scossa, e sentii un’onda di eccitazione nella gabbietta, così intensa che dovetti respirare profondamente per non far notare il mio tremore. Controllai il dolore, focalizzandomi su Elena. Lei gemette forte quando l’uomo la penetrò, il suo ano ormai più abituato ma ancora stretto. “Marco… ti prego… posso venire?” supplicò.

“No,” rispose lui, inflessibile. “Resisti.”

Io guardavo, il cuore che batteva forte, eccitato e umiliato dal mio ruolo di servitore.

Il quarto era un uomo più maturo, con un membro medio ma particolarmente largo. Lubrificarlo fu un’agonia: le mie mani scivolavano sul gel, e Marco commentò: “Pisellino, sembri un professionista. Ti piace, vero?”

“No… io… è per Elena,” mentii, sentendo il dolore nella gabbietta intensificarsi. L’eccitazione era insopportabile, ma la controllavo, respirando piano. Elena urlò quando l’uomo entrò, il suo ano dilatato al massimo. “Fa male… ah… ma… continua…” Marco la osservava, impassibile, negandole l’orgasmo nonostante le sue suppliche disperate. Io, in ginocchio, sentivo il mio desiderio frustrato, la gabbietta che mi torturava senza sosta.

Il quinto uomo aveva un membro simile a quello di Marco, grosso e intimidatorio. Lubrificarlo mi fece tremare: ogni volta che toccavo un altro uomo, la vergogna si mescolava a un’eccitazione perversa. Marco mi guardava, divertito. “Pisellino, stai diventando bravo. Forse dovresti farlo di mestiere.”

“Non… non dire così, Marco,” mormorai, ma il mio corpo tradiva l’eccitazione. Elena gemette forte mentre l’uomo la penetrava, il suo corpo che si adattava a ogni spinta. “Marco… ti supplico… fammi venire…” pianse.

“Non ancora,” disse lui, freddo. Io guardavo, il dolore nella gabbietta ormai una costante, ma controllato dalla mia determinazione a non cedere.

Il sesto uomo non era particolarmente dotato, il suo membro più piccolo rispetto agli altri, ma era incredibilmente resistente. Lubrificarlo fu rapido, ma Marco mi provocò ancora: “Pisellino, anche un cazzo piccolo merita cura. Mostrami quanto sei devoto.”

“Sì, Marco,” risposi, la voce rotta. L’eccitazione mi travolgeva, ma controllavo ogni reazione, respirando profondamente. L’uomo penetrò Elena con un ritmo lento ma incessante, durando minuti interminabili. Elena urlava, il suo ano dilatato che si contraeva intorno a lui. “Marco… ti prego… è troppo… fammi venire!”

“No,” rispose lui, osservando con attenzione. L’uomo continuò, instancabile, fino a venire con un gemito profondo. Elena era esausta, ma Marco non le concesse nulla. Io, in ginocchio, sentivo il dolore pulsare, ma lo controllavo, eccitato dalla sua resistenza.

Il settimo era un uomo muscoloso, con un membro spesso e corto. Lubrificarlo fu un’ennesima prova di umiliazione. Marco mi fissava: “Pisellino, sei il miglior assistente che potessi desiderare. Ti eccita, vero, preparare cazzi per la tua donna?”

“Sì… no… è per il Cammino,” balbettai, sentendo il dolore e l’eccitazione mescolarsi. Elena gemette forte quando l’uomo la prese, il suo ano ormai più abituato ma ancora sensibile. “Marco… ti supplico… lasciami venire…” pianse.

“Non ancora,” disse lui, implacabile. Io guardavo, la gabbietta che mi torturava, ma controllavo il dolore, eccitato dal mio ruolo di spettatore impotente.

L’ottavo uomo era un tipo alto, con un membro lungo e curvo. Lubrificarlo fu come sempre un’agonia: le mie mani tremavano, la vergogna mi consumava, ma l’eccitazione era più forte che mai. Marco sorrise: “Pisellino, guarda come sei bravo. Sei nato per questo.”

“Non… non è vero,” mormorai, ma il mio corpo diceva altro. Elena era sdraiata, le natiche esposte, il suo ano ormai dilatato ma ancora stretto. L’uomo la penetrò lentamente, facendola urlare. “Marco… ti prego… è troppo… fammi venire!”

“No,” disse lui, per l’ennesima volta. L’uomo la prese con forza, riempiendola con spinte decise. Elena piangeva, ma spingeva indietro, il suo corpo che si adattava a ogni movimento. Io guardavo, il dolore nella gabbietta insopportabile, ma controllato, l’eccitazione che mi faceva tremare.

Quando l’ottavo uomo si ritrasse, Elena crollò sul letto, ansimando, il corpo tremante per la stanchezza. Era terribilmente provata, la pelle lucida di sudore, i capelli scompigliati, le natiche arrossate. Ma nei suoi occhi c’era una luce nuova: felicità, orgoglio.

Io, in ginocchio, la guardavo. La gabbietta mi torturava, il dolore acuto, ma controllato. Ero eccitato, umiliato, ma anche orgoglioso di lei. Non avevo mai sfiorato il suo ano prima di queste sessioni, e ora l’avevo fatto, ma solo per prepararla ad altri. E lei… lei non era mai stata così porca, così volgare con me. Era colpa mia, lo sapevo. Non avevo mai saputo tirare fuori quella parte di lei. Ma ora, vedendola così, provata ma felice, capii che il Cammino ci stava cambiando. Elena era pronta per Educatore Z, e io… io ero pronto ad accettarlo, anche se significava perdere un altro pezzo di me stesso.

“Pisellino,” disse Marco, alzandosi. “Puliscila.”

Obbedii, leccando il suo ano dilatato, ancora caldo e pieno di sperma. Elena gemette piano: “Grazie… Luca.”

L’ultima sera di preparazione arrivò come un fulmine, portando con sé un misto di tensione, paura e un’eccitazione perversa che mi consumava. Elena, dopo l’ottavo momento, sembrava trasformata: esausta, provata, ma con una luce di orgoglio negli occhi. Era soddisfatta della sua resistenza, convinta di essere pronta per Educatore Z. Io, invece, ero un groviglio di emozioni, intrappolato tra vergogna, paura e un desiderio malato che la gabbietta rendeva insopportabile. Il dolore pulsava costantemente, acuto, ma lo controllavo a fatica, mentre l’eccitazione cresceva a ogni umiliazione. Non ci era stato permesso di venire, né a me né a lei, per tutta la settimana, e questa frustrazione ci teneva al confine della follia, uniti e divisi al tempo stesso.

Marco, chiudendo la porta con un gesto deciso. “Questa è l’ultima prova,” disse, il tono calmo ma carico di autorità. “Elena, stasera completerai la tua preparazione per Educatore Z. Pisellino, dimostrerai la tua devozione al Cammino. Sei pronto?”

Elena annuì, tremando leggermente. “Sì, Marco. Sono pronta.”

Io abbassai lo sguardo, la gabbietta che pulsava dolorosamente. “Sì, Marco,” mormorai, la voce spezzata.

“Bravi,” disse Marco, sedendosi sulla poltrona. “Vediamo quanto siete disposti a cedere.”

La porta si aprì, e entrarono Simone e Angela. Simone era alto, muscoloso, con un’aria arrogante che mi fece stringere i denti. Angela, al suo fianco, era snella, con un sorriso subdolo che sembrava leggermi dentro. All’inizio pensai che Angela fosse lì solo per assistere, per guardare Elena essere usata da Simone.

Ripensavo ai racconti di Elena su Simone e Angela, quella sera di mesi prima. Mi aveva descritto, con voce tremante, come Simone l’avesse umiliata con forza, mentre Angela la provocava con parole taglienti, spingendola a supplicare. Quei racconti mi avevano ferito, ma anche eccitato in modo confuso. Ora, sapere che erano loro gli ultimi due incaricati da Marco per preparare Elena mi faceva ribollire di rabbia e terrore. Non avevo idea di quanto sarebbe stato umiliante. La rabbia mi montò dentro: mi sembrava un’umiliazione crudele, un affronto a Elena, già piegata da una settimana di prove estenuanti. Ma poi capii, con un brivido di orrore, che Angela non era lì per guardare.
“Pisellino, in ginocchio,” ordinò Marco, indicando il pavimento. Obbedii, il cuore che martellava. Elena si spogliò senza bisogno di ordini, il suo corpo nudo esposto, le guance rosse di imbarazzo ma con una determinazione ferrea.

Angela si avvicinò a Elena, il sorriso subdolo che si allargava. “Oh, Elena, guarda come sei… disponibile,” disse, la voce melliflua ma tagliente. “Pronta a offrirti completamente, vero? Dimmi, ti piace essere così… aperta per noi?”

Elena abbassò lo sguardo, tremando. “Sì, Angela… per il Cammino.”

Marco intervenne, il tono sornione. “Brava, Elena. E tu, Pisellino, cosa provi vedendola così? Sii sincero.”

Arrossii, la vergogna che mi bruciava. “Io… sono spaventato, Marco. Ma… eccitato. Non voglio, ma lo sono.”

Marco rise piano. “Onesto. Mi piace. Ora osserva, Pisellino. Angela ha un ruolo speciale stasera.”

Angela si tolse la gonna, rivelando uno strapon nero, lucido, già fissato ai suoi fianchi. Il mio stomaco si contrasse. Non era lì per guardare; era lì per possedere Elena, per umiliarla – e umiliare me – ancora di più.

“Pisellino,” disse Angela, voltandosi verso di me con quel sorriso subdolo. “Vieni qui, caro. Lubrifica il mio… giocattolo. Ma non con le mani. Usa la bocca, come una brava… assistente.”

Arrossii violentemente, il cuore che mi esplodeva nel petto. “Io… con la bocca?” balbettai, la vergogna che mi travolgeva.

“Proprio così,” disse Angela, avvicinandosi. “Fallo scivolare bene, per il bene della tua adorata Elena.”

Marco annuì, divertito. “Obbedisci, Pisellino. Mostra quanto sei devoto. Dimmi, ti piace l’idea di servire così?”

“Non… non lo so, Marco,” mormorai, tremando. “Mi vergogno… ma… lo farò.”

“Bravo,” disse Marco. “Fallo con cura.”

Tremavo, un misto di vergogna, paura e – maledizione – eccitazione. La gabbietta mi torturava, il dolore acuto, ma lo controllai, respirando profondamente. Mi avvicinai, inginocchiandomi davanti ad Angela. Il suo strapon era freddo, di silicone, ma sembrava vivo sotto le sue mani. Lo sfiorai con le labbra, esitando. “Forza, caro,” disse Angela, spingendolo contro la mia bocca. “Fallo come si deve. Dimmi, Pisellino, ti piace servire una donna così potente? Scommetto che la tua gabbietta ti sta implorando di smettere.”

Aprii la bocca, lasciando che lo strapon scivolasse dentro. Lo leccai, sentendo il sapore del silicone e del lubrificante. Angela sorrise, subdola. “Oh, guarda, Elena. Il tuo fidanzato è proprio… talentuoso. Non trovi che sia adorabile, così sottomesso?”

Elena gemette piano, guardandomi. “Luca… sei bravo…” mormorò, e quelle parole mi ferirono e mi eccitarono allo stesso tempo.

“Brava… assistente,” disse Angela, tirando fuori lo strapon dalla mia bocca. “Ora guarda come preparo la tua donna per Simone.”

Elena si sdraiò a pancia in giù, le natiche esposte, il suo ano già dilatato ma ancora sensibile. Angela lubrificò ulteriormente l’ano di Elena con le dita, con una precisione quasi clinica. “Che bel lavoro hanno fatto gli altri,” disse. “Ma non è ancora abbastanza per me. Dimmi, Elena, ti piace essere… plasmata così, davanti al tuo Pisellino?”

“Sì… Angela,” gemette Elena, tremando.

Angela spinse lo strapon contro l’ano di Elena, entrando lentamente ma con decisione. Elena gridò: “Ah! È duro… Angela… piano, ti prego…”

“Silenzio,” disse Angela, il tono subdolo. “Prendilo e ringrazia.” Affondò con un ritmo costante, il silicone che scivolava dentro e fuori, dilatando Elena ancora di più. Elena urlava, un misto di dolore e piacere. “Angela… Marco… ti prego… posso venire?”

“No,” disse Marco, dalla poltrona. “Supplica.”

“Angela… Marco… vi supplico… mi sta… dilatando… fammi venire!” pianse Elena.

“Non ancora,” disse Angela, sorridendo. “Dimmi che sei grata per questo.”

“Sono grata… Angela… ti prego…” gemette Elena.

Marco intervenne: “Non basta, Elena. Convincimi.”

“Marco… sono tua… sto facendo tutto per il Cammino… ti supplico… lasciami venire!” urlò Elena.

“Non ancora,” disse Marco, inflessibile. Angela continuò, sbattendola senza sosta, finché non si fermò, soddisfatta. “Brava,” disse, ritraendosi. Elena ansimava, esausta, il corpo tremante, al confine dell’orgasmo ma negato.

Marco si alzò. “Ora tocca a Simone. Pisellino, preparati a guardare da vicino.”

Simone si spogliò, rivelando il membro più grosso che avessi mai visto. Era enorme, spesso, venoso, spaventoso. Mi guardò con disprezzo. “Non voglio che mi tocchi, Pisellino. Sei indegno di sfiorarmi.”

Arrossii, la paura che mi travolgeva. “Marco… è troppo grosso,” balbettai. “Farà male a Elena… ti prego…”

Marco rise, sornione. “Paura, Pisellino? Per questo starai dietro di lui. Imparerai cosa significa un vero uomo. Dimmi, cosa provi ora?”

“Ho paura, Marco,” ammisi, tremando. “Ma… sono eccitato. Non voglio, ma lo sono.”

“Bravo,” disse Marco. “Ammetterlo è progresso. Ora guarda.”

Mi fece posizionare dietro Simone, il suo sedere nudo a pochi centimetri dal mio viso. Ero terrorizzato: quel membro avrebbe distrutto Elena. Lei lo guardò, gli occhi spalancati. “Simone… per favore… piano…”

Simone non rispose. Si posizionò dietro di lei, il glande contro il suo ano dilatato. Spinse, e Elena urlò: “Dio! È enorme… fa male! Simone… piano!”

Simone affondò lentamente, centimetro dopo centimetro, il suo membro che dilatava Elena oltre ogni limite. Ogni tanto, durante i movimenti, il suo sedere sbatteva contro il mio viso, un’umiliazione crudele che mi faceva tremare di vergogna e eccitazione. La gabbietta mi torturava, il dolore acuto, ma lo controllai, respirando profondamente.

Elena piangeva, spingendo indietro. “Simone… ti prego… è troppo… Marco, posso venire?”

“No,” disse Marco. “Supplica meglio.”

“Marco… ti supplico… mi sta spaccando… sono tua… fammi venire!” urlò Elena.

“Non ancora,” rispose lui, inflessibile.

Simone accelerò, sbattendola con forza. Il suono della carne contro carne riempiva la stanza. Elena urlava, il suo ano teso al massimo. “Marco… ti imploro… sono al limite… lasciami venire!”

Quando Simone grugnì, prossimo all’orgasmo, Angela si avvicinò a me. “Pisellino, ora partecipi.” Mi afferrò per i capelli, spingendo la mia testa contro le natiche di Simone. “Lecca le sue palle, caro. Fallo godere, o ti faremo pentire.”

Piansi, la vergogna che mi travolgeva. L’eccitazione era insopportabile, la gabbietta un’agonia. Obbedii, avvicinando il viso alle palle di Simone. L’odore mi colpì subito: un misto di sudore muschiato, intenso, quasi soffocante, con un sentore maschile che mi fece girare la testa. La pelle era calda, leggermente umida, ricoperta da una peluria ruvida che mi pizzicava le labbra. Leccai, sentendo la texture ruvida dei peli contro la lingua, il sapore salato del sudore che mi invadeva la bocca. Ogni movimento di Simone faceva oscillare le sue palle contro il mio viso, pesanti, piene, il calore che irradiava da esse un’umiliazione vivida. Piangevo, le lacrime che scorrevano mentre la mia lingua scivolava sulla pelle tesa, esplorando ogni piega, ogni ruga. Il sudore mi colava sul mento, l’odore maschile mi riempiva i polmoni, e l’eccitazione mi travolgeva, nonostante la vergogna. La gabbietta mi faceva malissimo, un dolore lancinante che controllavo a fatica, respirando profondamente, cercando di non cedere al desiderio malato che mi spingeva a continuare.

Marco mi incitò: “Bravo, Pisellino. Lecca con devozione. Fagli sentire quanto sei grato. Se fai il bravo, avrai un premio.”

“Marco… è… umiliante,” mormorai tra le lacrime, la bocca piena del sapore di Simone.

“Lo so,” disse Marco, sornione. “Ma ti piace, vero? Dimmi la verità.”

“Sì…” ammisi, piangendo. “Mi piace… ma mi vergogno.”

“Perfetto,” rispose lui. “Continua.”

Simone venne con un gemito profondo, riempiendo Elena. Lei urlò, ma non le fu concesso di venire. Quando Simone si ritrasse, si voltò verso Elena e le diede due sberle in pieno viso. “Non mi hai ringraziato subito,” ringhiò. “Ingrata.”

Elena pianse, portandosi una mano alla guancia. “Grazie… Simone… scusa…”

Poi si voltò verso di me, gli occhi pieni di disprezzo. “E tu, Pisellino, hai leccato da schifo.” Mi colpì con due sberle, forti, che mi fecero bruciare il viso. “Se non fosse per Marco, ti farei esercitare per settimane con Franco, quel porco.”

Piansi, la vergogna e l’eccitazione che mi travolgevano. La gabbietta mi faceva malissimo, ma controllai il dolore, tremando. Marco intervenne, sornione. “Calma, Simone. Pisellino sta imparando. Migliorerà, vero, Pisellino?”

“Sì… Marco,” mormorai, le lacrime agli occhi.

“Ne sono sicuro,” disse Marco, sorridendo. “Ora, Pisellino, puliscila.”

Obbedii, leccando l’ano dilatato di Elena, pieno di sperma. Lei gemette piano: “Grazie… Pisellino.”

Elena crollò sul letto, distrutta, stanca, il corpo tremante dopo una settimana al confine dell’orgasmo. Ma nei suoi occhi c’era orgoglio, una fierezza che mi colpì. Marco si avvicinò a lei, parlando a bassa voce, un dialogo intimo che non riuscivo a sentire. Ero curioso, disperatamente curioso di sapere cosa si stessero dicendo, ma non potevo avvicinarmi. Angela e Simone mi avevano circondato, tenendomi in ginocchio.

Angela si chinò verso di me, il sorriso subdolo. “Allora, Pisellino, ti piace essere la nostra piccola assistente? Dimmi, come ti senti a leccare le palle di un uomo mentre scopa la tua donna? Ti è piaciuto il loro sapore?”

Arrossii, piangendo. “Io… mi vergogno… ma… lo faccio per Elena.”

Simone rise. “Patetico. Dimmi, Pisellino, ti eccita essere così inutile? La tua gabbietta ti sta torturando, vero?”

“Sì…” ammisi, la voce rotta. “Ma… lo sopporto.”

Angela rise piano. “Che bravo cagnolino. Scommetto che sogni di essere usato così ogni giorno. Vero?”

Piansi, l’eccitazione che mi travolgeva nonostante l’umiliazione. Guardai verso Elena e Marco, desideroso di sapere cosa si stessero dicendo, ma Angela mi afferrò il mento, costringendomi a guardarla. “Occhi su di me, caro. Non sei degno di sapere cosa dicono i grandi.”

Marco si voltò verso di me, sorridendo. “Pisellino, parlerò con Educatore Z. Siete pronti.”

Elena, distrutta ma fiera, mi guardò con occhi pieni di emozione. Non sentii le sue parole, ma capii che era orgogliosa – di sé, ma soprattutto di me. La gabbietta pulsava, il dolore insopportabile, ma l’eccitazione e l’orgoglio per lei mi davano forza. Il Cammino ci aveva spezzati, ma ci aveva anche uniti in un modo che non capivo. E ora, il prossimo passo ci aspettava.

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